Partita doppia. I platani di Villa Albaro
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Genova Vip
Quando il poliziotto diventa scrittore

Il Secolo XIX
Romanzi genovesi tra serial killer e angeli caduti
di Sergio Buonadonna

Genovagando
Partita doppia. I platani di Villa Albaro
di Marco Guidetti

Corriere Mercantile
Uberto, l'anti-poliziotto, investigatore di razza
di Mariacristina Cambri

 

 


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Da Genova Vip - Aprile 2003
 
 
Fabrizio Uberto

Quando il poliziotto
diventa scrittore

 
Nel corso della presentazione avvenuta il 17 gennaio 2003, il regista Giovanni Robbiano lo ha definito “un romanzo singolare, fatto di frammenti ed immagini immediate”. È stato il primo importante giudizio che “Partita doppia, i platani di Villa Albaro” ha ricevuto. Il secondo lo ha dato il pubblico: solo poche copie della prime edizione sono ormai reperibili presso la libreria Rizzoli del Porto Antico, a dimostrazione del notevole successo che l’opera ha fin qui riscosso. Prima di analizzare i contenuti e le caratteristiche di questo libro, interamente ambientato nella nostra città, dobbiamo necessariamente andare alla scoperta dell’autore e le sorprese non mancano. Fabrizio Uberto, nato a Genova 43 anni fa è infatti vice questore e dirigente del Centro d’Addestramento delle Comunicazioni della Polizia di Bolzaneto. Dopo aver frequentato il liceo classico D’Oria si è laureato in Legge e quindici anni fa è entrato in Polizia, spinto forse dalla passione per quei film polizieschi della Genova anni ’70. Una passione che lo ha portato a diventare Commissario capo e Vicequestore aggiunto, con vari incarichi all’ufficio volanti, indagini su spaccio di stupefacenti ed immigrazione, fino al centro di Bolzaneto dove dirige ora la scuola speciale d’addestramento contro i reati informatici. Uberto ama soprattutto del suo lavoro il rapporto umano, il contatto con gli altri, ma anche curioso ed effimero verso i fatti e le situazioni che lo circondano. Già dieci anni fa ha fatto parlare di sé con il suo primo libro “Elogio dell’inquietudine” presentato al “Maurizio Costanzo Show”. “Partita doppia” può essere definito un giallo sentimentale. Protagonista è il giudice Francesco Manteri che, già impegnato nelle indagini su di una catena di delitti opera di un serial killer, si trova ad investigare sulla cara amica Micol, medico appartenente all’alta borghesia. Da quel momento il coinvolgimento emotivo del giudice, che teme di scoprire che l’amica è un’altra vittima dell’assassino seriale, diviene il tema del romanzo. L’autore riesce attraverso il protagonista a rivivere momenti, ripercorrendo immagini che si celano nelle righe del romanzo come frammenti di vita vissuta, amalgamando alla perfezione scene e dialoghi, che con il loro alternarsi creano suggestioni cinematografiche, vicende che ricordano il serial killer Donato Bilancia una sorta di Hannibal di casa nostra. Sfondo di questa storia è la Genova bene, con ambientazione tra Albaro, Corso Italia e il porto; Uberto critica la falsità di certi comportamenti borghesi, la chiusura dei genovesi verso i rapporti umani, una sorta di amore-odio verso la sua città. In definiva siamo di fronte ad un romanzo “esistenzialista”, nel quale la vicenda gialla rappresenta il pretesto per una riflessione profonda sulla vitalità di certe nature, eternamente oscillanti tra il rifugio della razionalità e la tentazione della trasgressione.


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Da Il Secolo XIX del 2 marzo 2003
 
 
Da leggere

Due romanzi "genovesi" tra
serial killer e angeli caduti

 

di Sergio Buonadonna

Genova dagli anni Settanta ai giorni nostri. Una Genova diffidente e borghese dietro i platani di Albaro, una città che cerca trasgressioni e nuovi impulsi nelle notti proibite della Maddalena, una città inquieta e chic dietro le finestre di Castelletto, un uomo e una donna, Francesco e Micol visti dentro lungo il corso del tempo che li ha avvicinati e allontanati, li ha visti crescere insieme e distanziarsi, conoscersi e non integrarsi, convivere insieme cercando di essere amici, amarsi e darsi sesso senza mai comprendersi veramente fino in fondo. E tutto ciò in due piani di racconto, la storia (la loro storia) e il presente.
Micol è stata uccisa da un serial killer? Micol è fuggita verso paradisi artificiali? Micol incombe nella mente, nei giorni, negli incubi e perfino nel sospetto di omicidio nei confronti del giudice Francesco Manteri. Il finale naturalmente è a sorpresa. Ma le sorprese sono più d’una.
L’autore è Fabrizio Uberto, nella vita vicequestore, vicedirettore della scuola di formazione della polizia postale. Genovese, avido di letture e di vita, eppure scrupoloso e riservato, qui al suo esordio narrativo.
Un altro poliziotto che entra nella squadra dei poliziotti scrittori (che buoni risultati sta dando alla narrativa italiana).
Il romanzo Partita doppia, i platani di Villa Albaro (pp. 140, €7,50 ) un noir tutto genovese con incursioni in un perfido ashram torinese e in equivoci pub del Tigullio, presentato venerdì alla Libreria Rizzoli del Porto Antico. E infine l’editore, Fratelli Frilli, cui va dato atto di sperimentare con audacia la via del romanzo, cosa che da queste parti quasi nessuno è disposto a fare. Naturalmente "Partita doppia" non è un capolavoro, ma è una buona partenza per Uberto che potrà meglio affinare la sua tecnica del racconto.
 


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Da Genovagando del 15 febbraio 2003
 
Partita doppia
I platani di Villa Albaro
 
Il trentennale rapporto tra Francesco e Micol, due personalità
torbide e mai compiute, attraverso i cambiamenti del loro corpo
ed il mutamento della società che li circonda fino a quasi soffocarli.
Un amore che non riuscirà mai a prendere le distanze ed una
amicizia che non prenderà mai coraggio tra le luci soffuse della
Genova anni settanta ed i dubbi di un periodo storico confuso.

 

di Marco Guidetti

Francesco Manteri e Micol Sinisi, frutti di situazioni famigliari ipocrite e conflittuali, sono amici di infanzia e come tali affrontano insieme le esperienze ed i traumi dell’esistenza: il sesso, la morte, la gelosia ed i fermenti culturali di un periodo storico fertile e tragico. Mancando del dialogo fondamentale con i genitori, le due fragili personalità cresceranno insicure e complessate. Francesco riuscirà, imboccando la strada della divisa ed in seguito della magistratura, a trovare riparo alle sue incertezze, Micol non sarà mai in grado di trovare un’identità definita e vagherà alla ricerca di una qualsiasi anima gemella che possa aiutarla a trovare una realizzazione, affidandosi spesso a perversi figuri che la porteranno a conoscere la droga e a dare l’avvio ad una serie di omicidi, metronomo della trama. Fabrizio Uberto costruisce una trama appassionante e torbida quanto i suoi protagonisti, utilizzando le tecniche narrative del giallo Simenoniano come il flash-back, la frammentazione grafica tra soliloquio e discorso diretto, non scordando di descrivere le tensioni sociali e i dubbi, vissuti in un’epoca confusa e combattuta, gli anni settanta, e di definire le personalità, inquietanti anch’esse, degli antagonisti. La materna governante Marzia, gli annoiati coniugi Manteri, l’acuto avvocato Zanobini che aiuterà Francesco a ritrovare la ragazza in Grecia, dopo l’ennesimo esaurimento nervoso e che forse le farà rendere conto di avere sempre avuto al suo fianco l’uomo della vita. La storia oscilla di continuo tra il noir ed il giallo sentimentale trovando comunque compiutezza sia nel messaggio di un amore necessario sia nella descrizione, perfettamente orchestrata. Fabrizio Uberto è nato a Genova, dove vive e lavora. Funzionario della polizia di stato, ha esordito come scrittore circa dieci anni or sono con “Elogio dell’inquietudine”, presentato anche al “Maurizio Costanzo Show”.
 


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Da Il Corriere Mercantile del 17 gennaio 2003

Il vice-questore del centro di addestramento della
polizia delle comunicazioni presenta un giallo

Uberto, l'anti-poliziotto
investigatore di razza
Una decina di anni fa con il suo "elogio
della solitudine" aveva incuriosito Costanzo

 

di Mariacristina Cambri

Lo sguardo attento sfugge, ironico, sopra ad un pizzetto quasi classico. Poliziotto, per colpa dell'imprinting giovanile dei film girati a Genova con Franco Nero, e insieme scrittore, per quella vena un po' istrionica e un po' drammatica che ha accarezzato la sua vita fin dalle prime prove in teatro.
E' una vita a doppio binario quella di Fabrizio Uberto, classe '58, vice questore del Centro di addestramento della polizia delle comunicazioni, che domani presenterà la sua prima fatica letteraria, un giallo sentimentale edito dai Fratelli Frilli dal titolo "Partita doppia, i platani di Villa Albaro".
A dire il vero questa sua duplice veste aveva già incuriosito Maurizio Costanzo che una decina di anni fa non si era perso il primo, breve, esercizio di stile e di satira del poliziotto genovese che, con "L'elogio della solitudine" sotto il braccio, era finito sotto i riflettori del Teatro delle Vittorie.
Cose d'altri tempi, accolte con indifferenza dai vertici di Via Diaz. Questa volta è diverso: l'ufficio stampa della polizia ha già chiesto una copia di "Partita doppia" con l'intenzione di piazzarlo al Salone del libro di Torino fra gli scaffali dei poliziotti-scrittori: la divisa non uccide la fantasia.
Ha frequentato il liceo classico Doria, dove ha costruito solidissime amicizie che girano anche fra le pagine del libro, poi la laurea in legge, esperimenti teatrali nelle estati in centro storico e collaborazioni giornalistiche su cultura e costume, "ma non sono unuomo dai tempi stretti come richiede questa professione". Così Fabrizio Uberto quindici anni fa entrò in polizia, anche per la fascinazione esercitata sui suoi anni studenteschi da un certo filone cinematografico. Incarichi all'ufficio Volanti, poi le indagini su spaccio e immigrazione in un commissariato molto "caldo" del centro città fino all'incarico al Centro di addestramento di Bolzaneto. "Non amo l'azione, in questo lavoro mi attrae soprattutto il rapporto con le persone, il contatto con il pubblico" e si definisce un "burocrate illuminato". Ma c'è un'altra parte di lui "che ha delle cose da dire", c'è una vena antoiprofessionale che lo vuole "cultore dell'effimero, curioso verso la vita, verso le situazioni e verso le cose". Dietro alla storia di "Partita doppia", un intreccio fra il ricordo di un'antica relazione e il giallo di una donna scomparsa, dietro alla catena di delitti che introduce anche qualche ricordo di Donato bilancia, "c'è anche un atto di ribellione contro una concezione della vita preconfezionata". Ma, assicura l'autore, non è un libro autobiografico, anche se gli piace pensare a se stesso come al "magistrato che si ritrova più attraverso le esperienze che attraverso le riflessioni", all'uomo che gioca fra realtà e ricordo, fra razionalità e irrazionalità. "In ogniuno di noi c'è il tentativo di conciliare i due poli e credo che questo mi renda anche un bravo poliziotto perché i miei colleghi si rendono conto che sotto la divisa c'è una persona". E come scrittore? "Diciamo che sono un esordiente. Saranno i lettori a giudicarmi".
E il percorso continua, perché Fabrizio Uberto sta già scrivendo altre cose: un racconto di genere grottesco, titolo provvisorio "L'incarico". Le bozze le leggeranno, come sempre, la moglie Adele e gli amici Cinzia e Alberto. Proprio Cinzia e Alberto lo salvarono da una imbarazzante imprecisione... botanica: nel sottotitolo iniziale di "Partita doppia", cioè "I platani di Via Albaro", l'autore non si era accorto che, in realtà, gli alberi lungo quella strada erano... lecci. Precipitosa correzione e il sottotitolo diventò "I platani di Villa Albaro". Un peccato veniale perché il linguaggio della fantasia non conosce la parola errore.


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