Sandino
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Narcomafie
Sandino
di Elisa Speretta

Corriere Magazine
Il generale degli uomini liberi
di Ugo Splendore

Il Giornale del Piemonte
Il Sandino piemontese è un imprenditore

di Christian Benna

News Italia Press
Un rivolese in Costa Rica rilegge Sandino

 


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Da Narcomafie - Novembre 2003

Sandino
 

di Elisa Speretta

Il termine “sandinista”, estrapolato dal vocabolario rivoluzionario, evoca ai più l’omonimo Fronte di Liberazione, la guerriglia e il Nicaragua. Più fumosa è invece la conoscenza dell´uomo cui si rifà l’aggettivo, Augusto César Sandino, eroe della resistenza contro l’occupazione statunitense del suo Paese nei primi decenni del Novecento. Maurizio Campisi, profondo conoscitore dell’America centrale, dove vive e lavora, ce ne offre una biografia ricca di particolari, in cui spiega in modo chiaro le intricate vicende della guerra civile nicaraguense. A delineare la figura di Sandino sono le sue gesta, ma anche le corrispondenze e gli scritti lasciati, da cui trapela il radicatissimo amore per la propria terra e per l’ideale cui voterà tutta la vita. In moltissimi lo seguirono, stregati dal suo carisma, e ancora oggi il suo nome è un simbolo ed una bandiera. Sandino, però, non fumai un mito irraggiungibile: Campisi ce lo descrive piuttosto come un eroe popolare, concreto e testardo, “il generale” degli uomini e delle donne comuni, capace di restituire unità e identità a un popolo provato da decenni di sudditanza nei confronti dello straniero e dei tiranni locali ad esso venduti. Ma proprio quando la lotta sandinista sembrava aver raggiunto il suo scopo con la firma della pace, Sandino, per ordine del Ministro americano a Managua, fu assassinato dai fedelissimi del traditore Anastasio Somoza, futuro dittatore riconosciuto dagli Usa. Si riapriva in Nicaragua l´ennesima stagione di violenza, e l´eredità del leader della guerriglia veniva fatta propria - non sempre fedelmente - dagli oppositori di molti regimi, fino ad oggi, a settant’anni da quella data. L’autore ci restituisce invece proprio l’essenza del messaggio sandinista: l’anti-imperialismo e l’orgoglio nazionale.
 

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Da Corriere Magazine - novembre 2003

Il generale degli uomini liberi
 

di Ugo Splendore

Ogni tanto, più o meno ogni due anni, dalla Costa Rica torna in Italia un figlio della città di Rivoli che ha scelto di fare l’emigrante al contrario e di trasferirsi all’ombra del tropico. Per andarsene da un Paese che non gli ispirava più fiducia, soprattutto. Per amore, anche. Per scommettere su se stesso, con quel coraggio che non sempre i trent’anni foraggiano.
Maurizio Campisi ha 41 anni, ma ne dimostra dieci di meno. Quei famosi trent’anni. Vive al tropico, vive da «tico», cioè da costaricano verace, ed è la dimostrazione che, in fondo, giornalisti non solo si nasce o si diventa, ma si rimane. Campisi è stato cronista del giornale Rivoli15 negli anni Ottanta, direttore della Gazzetta di Venaria (di cui è stato co-fondatore) e di Rivoli15 tra il 1991 e il 1992. Nel 1993 ha lasciato l’Italia, destinazione San Josè. Per vivere ha messo da parte la penna e si è messo a produrre prelibatezze a base di frutta: marmellate, succhi, sciroppi. In Costa Rica se c’è una cosa che non manca, quella è la frutta. L’impresa è ben avviata, ora si chiama Alifruti SA ed esporta in tutto il Sudamerica. Distribuzione propria, con camion e autisti. In fabbrica lavorano una quindicina di operai, che aumentano nelle stagioni dei raccolti della frutta. Le marmellate prodotte sono di guayaba, ananas, mora, fragola e papaya. All’inizio è stata dura: «Abbiamo cominciato davvero da zero, con pentole e fornelli a gas – ricorda Campisi - Adesso abbiamo marmitte che producono 400 chili di marmellata ogni ora e mezzo, la linea è automatizzata. Insomma, abbiamo fatto grandi passi».
Nel 1996 si è sposato con Claudia Segura, italo-peruviana, e oggi è padre di un bambino, Humberto Mauricio: un anno e 8 mesi di energia allo stato puro. Vivono in un piccolo paese chiamato Escazù, a cinque minuti d’autostrada dalla capitale San Josè. I primi anni sono stati d’ambientamento, nei confronti di tutto. E anche a dimensione di avventura. Come quella volta che… «Come quella volta che sono rimasto isolato sulla costa atlantica, perché la pioggia si era portata via un paio di ponti tra me e la civiltà. Ho passato la notte in auto, al bordo di una strada che si era trasformata in un fiume, in piena foresta. Quando sono riuscito a riprendere il viaggio, il giorno seguente, la tormenta mi ha raggiunto un'altra volta e la furia del vento si è portata via il tergicristallo superstite. Quindi, immagina: di notte, vento e pioggia, nessuna luce e io con la testa fuori dal finestrino per cercare di vedere dove andavo. Ho più volte pensato che sarei finito in un burrone. Comunque, sono arrivato a casa salvo. In totale 200 chilometri, mica Trofarello-Poirino…».
Potrebbe essere la storia dell’imprenditore dal fiuto finissimo per gli affari, supportato da un grande spirito. Potremmo fermarci lì. Invece questa storia prosegue tra le tastiere dei computer, le penne e i notes per prendere appunti. Prosegue nella voglia di scrivere. Oggi Campisi collabora con «Diario», «D di Repubblica» e «Narcomafie». È corrispondente dall’America Centrale per il quotidiano uruguayano La Juventud. Nel 2002 ha pubblicato, per Fratelli Frilli Editori di Genova, «Centroamerica - Reportages», una raccolta dei suoi lavori giornalistici. È in uscita, per lo stesso editore, la sua traduzione in italiano di «Adiós muchachos», memoria della rivoluzione sandinista scritta da Sergio Ramírez, ex vicepresidente del Nicaragua sandinista. E proprio su Sandino, eroe nicaraguense simbolo della lotta rivoluzionaria, Campisi ha concentrato le sue ultime attenzioni letterarie scrivendone la biografia «Sandino - Il generale degli uomini liberi». L’ha presentata in Italia a metà ottobre. Genova, Milano, Aosta, Torino. Anche nella sua Rivoli, che lo abbraccia ogni volta con grande affetto.
Insomma, un imprenditore-scrittore che crede molto nel ruolo di coloro che lavorano, di coloro che studiano e di coloro che scrivono. Ha preso una laurea in Costa Rica e ora insegna letteratura italiana del 900 all’università di San Josè. Dopo il periodo alla frutta, è tornato a prendere in mano la penna. Per fare cose sottovoce, ma di grande forza e bellezza. Reportages. Roba bella, ma anche pericolosa perché certe volte la verità offende.
Con una grande disinvoltura, come se fosse centroamericano da una vita, nel primo libro Campisi ha raccolto storie di desolazione, baraccopoli e sfruttamento di una terra che nel nostro immaginario è un giardino di frutta, sole, musica, mare e belle donne, e che di fatto è il cortile sporco, imbarazzante, degli Stati Uniti.
Un viaggio suggestivo tra la gente, il lavoro, la società del Centroamerica, ma soprattutto tra le enormi contraddizioni che lo caratterizzano. Una fotografia durissima, a volte, dei problemi di quel continente che va dal Messico a Panama e che in un territorio grande una volta e mezzo l’Italia concentra sette nazioni. «Sono arrivato qui nel 1993 – racconta – quando era ancora in corso il conflitto in Guatemala. El Salvador aveva appena firmato gli accordi di pace e il sandinismo aveva esaurito la sua spinta rivoluzionaria. Si andava verso una nuova era, ma soprattutto si cercava la democrazia. Invece l’accettazione del sistema neoliberale che cosa ha fatto? Ha permesso ai conservatori di mantenere il potere ed ha portato ad una invasione di modelli stranieri che hanno messo a rischio le culture nazionali».
Basta e avanza per capire che groviglio di contraddizioni sia questa regione: sviluppo economico non supportato da un sistema culturale adeguato. Il che ha generato mostri. Narcotraffico indisturbato lungo le coste della Costa Rica, uno stato che viene considerato, per la sua neutralità, una sorta di Svizzera dell’America Latina. Non ha esercito, ha un livello d’istruzione ben più alto dei suoi vicini. Eppure neanche questo lo sta salvando dall’invasione economica di altri Paesi, su tutti gli Stati Uniti e l’Italia. L’Uomo del Monte viene da lì, dai bananeti, dalle piantagioni. Una bella fetta della Costa Rica è in mano a Donatella Zingone, seconda moglie dell’ex ministro degli esteri Lamberto Dini. Supermercati, fabbriche, zone franche, importatrici, il tutto sotto il marchio Grupo Zeta.
Per conoscere, Maurizio Campisi ha viaggiato ed esplorato il Centroamerica. Ha intrecciato amicizie. Ha raccontato delle baby gang di Panama, giovani che uccidono anche per degli spiccioli, e dei pesticidi americani che hanno pulito le piantagioni di banane dalla Costa Rica all’Honduras ma hanno anche reso sterili migliaia di lavoratori e costretto molte donne ad abortire. Cancro per lavoro. In cambio, dopo le cause intentate alle aziende produttrici del pesticida, due soldi. La miseria di una vita. E’ l’andazzo del Centroamerica dove la libertà, schiacciata dal peso dei mercati economici, è più apparente che reale.
In questo contesto, Maurizio Campisi ha continuato a denunciare con la penna. Tra le poppate notturne del primogenito Humberto e la modernizzazione della sua azienda tuttifrutti, tra qualche articolo di colore (come quello sui misfatti sui campi sudamericani dell’arbitro Byron Moreno) e interviste che valgono la pena (bellissima quella a Eden Pastora, il Comandante Zero che in Nicaragua alla fine degli anni 70 scalzò il dittatore Somoza ma subito dopo si mise a combattere proprio i sandinisti che avevano condotto con lui la rivoluzione, e il motivo era perché non gli andava la politica intrapresa dalla nuova giunta di governo), Campisi ha scritto il secondo libro, quello su Augusto César Sandino, una delle figure più famose dell’America Centrale e Latina in generale del quale il prossimo febbraio ricorre il settantesimo anniversario dell’assassinio.
Eroe tragico e romantico, Sandino è entrato negli anni passati nella storiografia marxista. Invece il Sandino di Campisi viene proposto in una nuova veste, che ne riscopre il significato popolare, il suo spirito nazionalista ed anti-imperialista. Augusto César Sandino, è stato il precursore della lotta all’Impero. È cresciuto in un Paese occupato che ha preso le armi per reclamare il diritto all’autodeterminazione del suo popolo. Una figura attualissima nel panorama internazionale.
Gli Stati Uniti sono rimasti per vent’anni in Nicaragua, indecisi se costruire o no un canale tra i due oceani, mentre si verificava la capacità di quello di Panama. Oggi la storia si ripete, anche se con altri interpreti. Come il petrolio, fonte di reddito e di comando. Come Bush il Giovane. Iraq e Afghanistan? Distributori. Terre strategiche per l’economia.
«Riscoprire Sandino – ha spiegato Campisi nella sua uscita rivolese - è come rivedere, alle origini, l’azione di una potenza imperialista, gli Stati Uniti, che a distanza di un secolo continua ad usare gli stessi metodi e la stessa politica di inizio 1900, con Roosevelt. Oggi come ieri, lo scontro tra gli Stati Uniti e i suoi nemici è uno scontro tra culture, tra una cultura che vuole predominare su un’altra, imponendo prima con la persuasione e poi con la forza le proprie prerogative».
Ma non basta. «Sandino, il generale degli uomini liberi», pur essendo una biografia risulta di fatto un romanzo che passa dalla descrizione di un Nicaragua molto paesaggistico e suggestionante al contesto storico di un’epoca di intrighi internazionali e di forti ideali che davvero vale la pena leggere per capire fino in fondo dove risiedano i problemi di questo «subcontinente» che è l’America Centrale. Una terra dove un rivolese che da ragazzo suonava in un gruppo rock niente male, i Sick Rose, è diventato grande: papà, imprenditore, voce autorevole dell’informazione e della cultura. E dove è rimasto un giornalista. Coerente e assetato di verità.
 

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Da Il Giornale del Piemonte - 27 ottobre 2003

Il Sandino piemontese
è un imprenditore

 

di Christian Benna

Dalle nebbioline padane agli altipiani soleggiati del Costa Rica. Sogno di cambiare, utopia del viaggio come panacea di tutti i mali, voglia del tepore equatoriale: sono pensieri che prima o poi balenano a tutti nella testa e invitano a un repentino cambio di rotta. L’aveva raccontato per immagini il regista Gian Maria Taverelli in “Non è qui il paradiso”, mescolando un brutto affare di cronaca nera all’affresco di una certa torinesità alla continua ricerca di un altrove, e l’ha scritto sulle pagine della sua storia personale Maurizio Campisi, giornalista nato a Rivoli, con un passato nel rock e trapiantato a San José da ben dieci anni. Complici il caso e l’amore lo scrittore piemontese ha trovato in Costa Rica il suo Edorado, ma sarà di nuovo tra noi domani sera per presentare alle 18.30, presso la Libreria Torre Abele di via Pietro Micca 22, il suo secondo libro sul Centroamerica: “Sandino il generale degli uomini liberi”, edito da Fratelli Frilli Editori di Genova.
Dopo “Centroamerica. Reportages” che illuminano i lati oscuri di un continente finito a lungo nel dimenticatoio, Campisi porta alla ribalta la figura del condottiero nicaraguense degli anni '20, ucciso settant'anni fa, e incuriosisce per la sua singolare esperienza di piemontese nel mondo. Sbarcato senza una ragione precisa in Costa Rica, piccolo gioiello latino americano incastonato tra il Pacifico e Atlantico, Maurizio Campisi vi ha trovato la futura moglie, si è inventato imprenditore tirando su un azienda di marmellate ed è diventato una delle voci italiane più autorevoli sul continente.
Racconta l’autore: “Mi è sempre piaciuto scrivere, e qui in Italia sentivo che non avrei potuto farlo nel modo in cui avrei voluto, almeno non nell’ottica di ampi orizzonti che stavo cercando. E poi la Costa Rica mi ha ricordato un significato di gioventù, il candore e l’innocenza di un popolo simile all’Italia dei nostri nonni”. Paese che impressionò anche Cristoforo Colombo, leggenda vuole che battezzò il litorale Costa Rica y Castilla de oro per i preziosi monili d’oro degli indigeni, e impressiona ancora oggi per il suo essere “Svizzera del Centroamerica”, relativamente stabile e pacifica, a differenza dei suo turbolenti vicini. Dal 1948 le caserme di San José ospitano centri di cultura e musei, dopo la rinuncia del governo di allora ad avere una difesa nazionale. Scherza Campisi, ma non troppo: “L’hanno fatto per eliminare la tentazione del golpe militare”. Già perché il Nicaragua del suo “Sandino” sta agli antipodi del concetto di oasi di pace e libertà, oppresso com’era da infinite dittature familiari e messo in ginocchio da una dura guerriglia. “Nel mio libro ho cercato di sfatare il mito di un Sandino marxista, troppo superficialmente appioppatogli dai suoi detrattori. Il condottiero nicaraguese, di origine contadina, è stato un nazionalista e un profondo antimperialista che si è schierato contro l’aggressione militare degli Stati Uniti al Nicaragua”.
Nel racconto della vita di Sandino, che si dipana con la lucidità dello trattato storico ma con la verve del romanzo, Campisi ha cercato, e ci è riuscito, di trovare un legame tra il Centroamerica di ieri e il Medio Oriente di oggi. “Ma soprattutto è la spiritualità di Sandino che mi ha colpito, intrisa di valori assoluti come l’amore della patria, la voglia di libertà e il non arrendersi mai”.
Lontano mille anni luce dalla sua “epopea musicale”, giornalista a 1170 metri sul livello del mare, Campisi confessa di non salire più su un palco da tempo e di dedicarsi totalmente alla sua azienda e allo scrivere, ma da queste parti c’è più d’uno che se lo ricorda come musicista rock nella band dei Sick Rose. Campisi si schermisce e ricordando accenna ad un sorriso: “Oggi sono una persona seria e ho anche i capelli corti. Il gruppo è esistito finché ci siamo divertiti, poi quando si è tentato di strumentalizzare il nostro lavoro tutto è finito”. Giovedì Maurizio Campisi tornerà nel suo Costa Rica, ma per appassionati e curiosi, sarà presente martedì alle 18 presso il Centro Studi Sereno Regis di Via Garibaldi 13 per la conferenza: “La democrazia in Centroamerica: dalla speranza alla disillusione”.
 

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Da News Italia Press - 17 ottobre 2003

Un rivolese in Costa
Rica rilegge Sandino

 

Maurizio Campisi, classe 1962, giornalista, scrittore e imprenditore in Costa Rica ha presentato a Rivoli, sua città natale, il suo ultimo libro: "Sandino, il generale degli uomini liberi".

Rivoli - "Sandino non era un marxista, ma solo un nazionalista". A sostenerlo è Maurizio Campisi, giornalista rivolese doc trapiantato in Costa Rica da dieci anni, durante la presentazione della sua ultima fatica letteraria: "Sandino, il generale degli uomini liberi", edito per Fratelli Frilli Editori.
Campisi, dopo il suo primo libro "Centroamerica. Reportages", offre una lucida istantanea su un mondo, quello degli Stati istmici, davvero poco conosciuti dall'opinione pubblica internazionale. L'analisi che ci offre il giornalista piemontese affonda sì le sue radici nei lontani anni Venti/Trenta della guerriglia di Sandino contro l'occupazione americana, ma a partire da quelle esperienze propone una rilettura del mondo contemporaneo.
"Il Medio Oriente di oggi è solo una riedizione del centroamerica, vecchio cortile degli Stati Uniti, anche se oggi non è cambiato un granché". Dal suo osservatorio speciale di San José, Campisi, ex-musicista rock di buon successo con i Sick Rose e costaricense per caso e per amore, racconta di un mondo sommerso, dimenticato dai media internazionali, ma che la tutto il fascino di un Paese giovane e innocente.
"Quello che mi ha colpito all'arrivo in Costa Rica è stata l'incredibile leggerezza del Paese, tipico della gioventù. Un'atmosfera quasi naif che mi ha ricordato l'Italia dei nostri nonni". Scrittore, giornalista, ma anche imprenditore, Campisi si è convertito alla cultura della piccola e media impresa, nonostante gli studi umanistici presso l'Università di Torino, mettendo su un'azienda di marmellate ed export di frutti tropicali, la Alifruti Sa.
"Perché di scrivere non si vive nemmeno in Costa Rica, ma almeno posso farlo come meglio voglio, collaborando con Narcomafie, D, il supplemento di Repubblica e Diario, nonché con la Juventud di Montevideo." Tra un impegno e l'altro è nato l'ultimo libro sulla figura di Sandino, e sulla stessa scia del primo racconta i lati oscuri del Centroamerica, ma anche le speranze e la forza della gente.
Ma perché un libro su Sandino? "Mi sembrava che nel paeseggio letterario italiano mancasse un'opera di questo genere, così ho cercato di recuperare le fonti negli archivi di Managua (1920-1934) per capire come siano andate
davvero le cose". La conclusione è stata netta: "Sandino non era un marxista, come tutti lo dipingono, non poteva esserlo essendo di origini contadine. Sandino è stato un antimperialista, il primo, e non Che Guevara come in tanti sostengono, a inventarsi la guerriglia contro il già potente esercito americano di inizio secolo."
Voglia di libertà, nazionalismo e il non arrendersi mai sono i valori che hanno affascinato Campisi in questo lungo viaggio nel tempo, tra le pieghe della storia nicaraguese . Ma non solo: "Sandino era dotato di una spiritualità ancora poco intesa dagli storici."
Ed oggi, dopo l'esperienza fallimentare del Frente Sandinista in Nicaragua e il liberalismo con il piede spinto sull'acceleratore, dove va il CentroAmerica? "Esistono differenze molto grosse tra l'America Latina, ma sono tutti Paesi che risentono dell'indluenza Usa. E oggi va sempre peggio, complice l'incapacità di questi stati a mettersi insieme, unirsi."
A quando la trilogia sul Centroamerica? Campisi ci pensa su e dice di non avere progetti in cantiere, anche se, stando ai fatti di Cuba, potrebbe riguardare la fine del castrismo nell'isola caraibica. Il giornalista-imprenditore di Rivoli, è in tour "italiano" per la presentazione del suo libro ancora per pochi giorni: Milano e Torino le prossime mete, e poi tornerà al caldo del Costa Rica.
 


 

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