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Storie di Genova
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Il Secolo XIX
Michelangelo Dolcino e la sua
Genova
di Lucia Compagnino
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Da
Il Secolo XIX
del 26 ottobre 2003
Michelangelo Dolcino
e la sua Genova
di Lucia Compagnino
Per molti genovesi Michelangelo Dolcino è prima di
tutto l'autore di "E parolle do gatto", il dizionario evergreen delle parolacce
in dialetto che diceva, esprimono l'anima più autentica dei nati sotto la
Lanterna. Un testo che unisce il rigore filologico della ricerca dotta
all'immersione ne vissuto quotidiano che tanto piaceva all'autore: «Molte
espressioni sono state catturate sull'autobus, in coda a qualche sportello, allo
stadio - raccontava soddisfatto- per non dimenticare il contributo fornitomi da
gasisti genovesi».
Ma accanto al celeberrimo dizionario, che rimane il suo più grande successo, lo
scrittore e insegnante Dolcino (1929-1993) ha cantato Genova e la Liguria in una
ventina di saggi, molte commedie e innumerevoli collaborazioni giornalistiche a
Il Lavoro, La Gazzetta de Lunedì, Il Giornale. E proprio da una selezione di
quegli articoli, stesi fra gli anni Sessanta e la sua morte, di cui l'anno
scorso ricorreva i decennale, nasce Storie di Genova (Fratelli Frilli,
pag. 197, euro 15), a cura di Fabrizio Calzia, il primo tomo delle nuovissime
"Cronache Ligustiche" che prevedono altre quattro antologie dolciniane: un
secondo volume di Storie di Genova, uno di Storie di Liguria, legate a vicende
della Repubblica, poi le Storie dei Liguri oltre i confini, dalle crociate alle
colonie genovesi, e infine le Storie di Genoani che testimoniano la fede
calcistica dell'autore.
E saranno ancora episodi di quella petite histoire che Dolcino fece oggetto di
tutta la sua produzione letteraria, ricostruiti con ricerche accurate e
restituiti in stile ironico. Come quelli contenuti in questa prima raccolta. La
storia della sedicente spia cinese che nel Settecento stilò un rapporto tutt'altro
che lusinghiero sulla nostra città: «Genova non ha nulla di grande, tolto gli
edifici. Fra questa magnificenza fastosa di palazzi si vedono dei piccoli
individui seppelliti nel loro nulla», scriveva l'illuminista Ange Goudar,
aiutato probabilmente dal tombeur des femmes Giacomo Casanova. E ancora: «i
genovesi non parlano, fischiano. Di tutti i dialetti quello di Genova è il più
incomprensibile. I professori di lingue affermano che i genovesi parleranno
molto in avvenire, essendosi messi da parte una grande provvista di vocaboli;
poiché da due mila anni che hanno l'uso della favella, si mangiano metà delle
parole».
Fino alla lunga cronaca della prostituzione a Genova: dal Medioevo quando i
bordelli erano concentrati nella zona dove poi sorse la magnifica via Garibaldi,
agli anni Cinquanta, quando per legge scomparvero gli storici "Lepre" nel vico
omonimo, "Sottomarino" in vico La Vezzi, che Paolo Villaggio chiamava U-Boot, e
"Squarciafico", vicino a San Lorenzo, famoso anche all'estero. Piccole storie
quotidiane e amene curiosità marginali, estratte dal cuore dei grandi eventi di
cui si occupa la saggistica più blasonata, che ce li rendono così più
accessibili, nel solco di una tradizione che fa capo nientemeno che al grande
Erodoto.
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