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Vicoli
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pickwick.it
Vicoli - Enrico Ratto
di Mauro Pedretti
La Frusta Letteraria
Vicoli - Enrico Ratto
di Piero Sorrentino
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Da pickwick.it
Vicoli - Enrico Ratto
Un buon esordio per un noir giovane
con una originale ambientazione nel già
variegato paesaggio del thriller italiano
di Mauro Pedretti
Il "noir" è spesso una scrittura di genere che dà l'opportunità
di esprimere, rimanendo all'interno di una struttura che potremmo chiamare
"gialla", uno sguardo lucido e profondo al groviglio di relazioni sociali e
personali dei suoi personaggi nella loro localizzazione ambientale. La città
rimane principe nel mistery e nel noir, in quanto in essa si concentrano e hanno
sfogo tensioni altrimenti represse o spesso senza occasioni per essere espresse.
Più ci si trova a stretto contatto, più le situazioni diventano "gialle"
a causa di una molteplicità di moventi, di desideri, di casualità che intessono i
legami tra persone appartenenti a ceti sociali anche molto differenti. Ecco dunque che
in Italia, alle città si legano diverse scuole di giallisti: Milano, Bologna, Roma.
Altre ancora, come Genova, forse non hanno incontrato ancora i
loro cantori del genere. Eppure Genova, con i suoi vicoli e il suo dedalico
centro storico, ha tutti gli elementi per diventare un'altra città del noir. A
partire da quella incredibile commistione sia razziale che sociale che si
incontra da subito solo passeggiando nei carruggi del centro storico e nelle
piazze poco adiacenti.
Enrico Ratto, con questo suo primo romanzo, ci porta proprio in
quei luoghi, seguendo gruppi universitari della Genova bene che si muovono come
insensate marionette, manovrate da forze occulte sullo sfondo di una città che
cela enigmi e misteri. Una prova agile e sbarazzina, condita di una ironia a
volte sottile per bocca del protagonista che in prima persona insegue piste e
ragazze. Per scoprire che non è tutto oro quello che luccica.
Un buon esordio per un noir giovane con una originale
ambientazione nel già variegato paesaggio del thriller italiano.
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Da La Frusta Letteraria
Vicoli - Enrico Ratto
di Piero Sorrentino
L'incipit di "Vicoli", fulminante, non va fatto assolutamente
leggere a Snoopy: "Era una notte buia e tempestosa". Sono decenni che il cane di
Charlie Brown tenta di scrivere un romanzo che cominci così, ma purtroppo i tentativi
del bracco disegnato dall'indimenticato Charles Schultz si rivelano sempre infruttuosi, e si
arenano miseramente subito dopo la riga d'attacco.
Invece Enrico Ratto ci è riuscito, e a partire da
quell'incipit ha scritto "Vicoli", il suo romanzo d'esordio. "Un noir
tutto genovese", avverte la fascetta che avvolge il libro. E in effetti gli
ingredienti del noir classico ci sono tutti: l'eroe-investigatore, torme di
belle donne, pseudo-associazioni culturali che si rivelano alla fine coacervi di
criminali della peggior specie, coltelli luccicanti e pistole col colpo in
canna, famiglie della buona borghesia che fungono da paravento per la copertura
di traffici illeciti, e morti, tanti morti (innocenti e non).
Ma "Vicoli" non si ferma qui. Non siamo al cospetto di un "semplice" noir:
il genere fondato da Dashiell Hammett e Raymond Chandler è in questo caso
utilizzato quasi come pretesto, come punto di partenza per un'operazione
certamente pił ardita, e sottile, della stesura - già difficile di per sè - di un
romanzo. Al di là della "forte" struttura narrativa (derivata dagli
inevitabili confini che l'incasellamento in un genere letterario con una precisa
identità e riconoscibilità qual è il noir porta con sè), è
possibile intravedere in "Vicoli" un tipo di analisi che potrebbe definirsi
"sociologica": il tentativo compiuto dall'autore - tentativo pienamente riuscito, secondo me
- è stato quello di raccogliere dati, osservare, classificare gli aspetti distintivi
di quella particolare e spesso impenetrabile classe sociale che risponde al nome
di "studenti universitari". Se poi si somma, come nel caso del romanzo,
alla condizione di studente quella di "figlio di famiglia-bene", ci si trova
davanti a un essere nella maggior parte dei casi assolutamente odioso, da cui
stare quanto più possibile alla larga (e Fermo, il picaro-eroe-protagonista che
viaggia sui bus di Genova sempre sprovvisto di biglietto, questo lo scoprirà a
sue spese).
Insomma, come ci aveva gią detto Milan Kundera in un suo
saggio ("L'arte del romanzo", Adelphi 1995.), un romanzo rappresenta
straordinariamente la sensibilità dell'epoca in cui è stato scritto, ed è di
conseguenza un indicatore assai valido delle caratteristiche dell'Universo
Simbolico in cui è stato prodotto: nel caso di "Vicoli", l'Universo Simbolico di
cui si nutre il libro è costituito (per restare nell'ambito di metafore
astronomiche) da quella proliferante, oscura e sconfinata galassia degli
studenti universitari, delle decine e decine di associazioni che operano (per
fortuna non sempre come quella del romanzo !) nelle facoltà italiane, dei
rapporti spesso non troppo chiari tra studenti e professori (che, nei
casi-limite, possono arrivare alla vera e propria connivenza. Un nome per tutti:
Marta Russo), e delle famiglie della media e alta borghesia che troppo spesso
giustificano senza alcun motivo le lunghe e infruttuose permanenze dei loro
amati pupilli nelle aule universitarie.
Naturalmente l'intreccio romanzesco di "Vicoli" non può che portare alle estreme
conseguenze tutti questi aspetti, plasmandoli, esasperandoli, fino ad arrivare addirittura al traffico
di droga e agli omicidi, ma questo, mi pare, è un aspetto secondario: quello che va
sottolineato è il talento (ancora "scontornato", certo, ma solo per questioni
puramente anagrafiche) dell'autore, le sue intuizioni ("L'esperienza è un antico
ricordo che riesce a perfezionarti giorno dopo giorno. Ti accompagna fino
all'ultimo minuto e arriva in tempo per presentarti il conto quando ormai della
perfezione non te ne fai più niente. L'esperienza è abbonamento giornaliero ad
un lifting che ti migliora in continuazione, fino all'ultimo, per permetterti di
morire con il falso aspetto di un ventenne"), la sua scrittura ritmata e
funambolica - che si regge senza sbavature sulla corda tesa del linguaggio
d'azione dandosi equilibrio con Hemingway in una mano e Andrea G. Pinketts
nell'altra - zeppa di giochi di parole, calembours, dai dialoghi vivaci e mai
scontati, che saltano fuori dalla pagina e ti trascinano lungo i "Vicoli" sempre
un po' umidi e bui e affascinanti di "quel piccolo universo che è
Genova".
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