Europa sotto tiro

 

 

E’ partito l attacco, malamente velato dalle dichiarazioni ufficiali di gradimento,  degli Stati Uniti all’unità dell’Europa.

L’amministrazione Bush non ha atteso che l’euro divenisse la moneta comune dei quindici paesi dell’Unione e potesse – diciamo potesse – cominciare a far qualche concorrenza al dollaro nelle riserve di alcuni Stati, agevolando rapporti commerciali e  investimenti, e ha mosso  le sue pedine, agevolato dalla debolezza e dalla  miopia della sinistra europea e dalle reazioni provocate dalla folle ferocia  del terrorismo, per dimostrare  che l’antico consigliere della Casa Bianca Stiglitz sbaglia, quando, a proposito della globalizzazione, parla di “una governance senza governo”: un governo del mondo esiste ed è quello americano.

Cercare a Torino e nei rapporti tra Roma e Lingotto i motivi della uscita di Ruggiero dalla Farnesina  significa non vedere che la assunzione degli Esteri da parte Berlusconi  non è che uno dei tasselli di un gioco ben più vasto, di cui Berlusconi ha tentato di apparire in prima persona comprimario  non solo per ambizione ma per la possibilità (estranea a Ruggero) di coprire con richiami nazionalistici la vecchia tendenza dell’Italia ad offrirsi come cliente o vassallo  della gens di Washington. Il  gioco  è cominciato con il colpo dato dall’amministrazione USA alla Nato e alla partnership europea nella risposta militare all’attacco dell’11 settembre: gli Stati Uniti hanno voluto fare da soli accettando all’inizio, in posizione subordinata mezzi e truppe di singoli Stati europei, e poi accantonandoli o rifiutandoli esplicitamente e, in taluni casi, umiliandoli .

 E’ stato certamente un grave errore di Blair non capire ciò e dare in un primo momento una piena copertura al disegno di Bush. Ma Blair non è mai stato un europeista convinto, anche per l’obbligo  di  tenere conto  dell’orientamento dei cittadini  inglesi. E Blair governa un paese in cui la destra, pur nelle sue peggiori espressioni conservatrici, non ha nostalgie fasciste o naziste se non in piccole minoranze. Ha certamente anch’egli sottovalutato le conseguenze dell’appoggio  dato ai bombardamenti indiscriminati condotti  in Afghanistan  contro una intera popolazione civile, ma certamente ben più grave della sua è stata la sottovalutazione, da parte di molti dirigenti della sinistra, che pur ostentano la loro intelligenza e furbizia, della crisi che tale appoggio avrebbe aperto nelle file dei DS italiani, ridotti ormai al balbettio,  e della spinta che dalle decisioni prese dal socialdemocratico Schroeder sarebbe  venuta in Germania alla componente più retriva della democrazia cristiana tedesca : quella  guidata da Edmund Stoiberg,  leader della  CSU bavarese, quella di Strauss per intenderci, antico avversario dell’europeista Adenauer.

Il risultato dell’ennesima ferita che la sinistra ha inferto a se stessa è sotto gli occhi di tutti: la destra avanza in tutta Europa raccogliendo e organizzando il malcontento che ogni innovazione comporta – e quella dell’euro non è una innovazione da poco – e  non a caso l’operazione Berlusconi   è scattata esattamente nel momento in cui la destra, con Aznar, assumeva la presidenza del Consiglio dei ministri europei. Solo degli ingenui  possono vedere in ciò delle banali e casuali coincidenze.

 Ma veramente non ha insegnato nulla agli improvvidi leaders della sinistra italiana ed europea che hanno applaudito gli indiscriminati  bombardamenti a tappeto su uno dei più poveri paesi del mondo  ed hanno taciuto di fronte alla deportazione in catene, senza processo, di centinaia di afghani, - gli stessi che erano stati armati da Washinton contro l’URSS - il fatto che dopo aver essersi appellati  alla grande alleanza contro il terrorismo, una alleanza che chiamava in causa in primo luogo l’Europa, ma anche la Russia di Putin e perfino la Cina, ci siamo trovati, per dirla con Jean Daniel, “ alle prese con una manifestazione di imperiale sufficienza di una crociata antiterroristica puramente americana”? All’inizio sembrava che ciò che desse fastidio agli inquilini della Casa Bianca  fosse l’ONU, ma poi è apparso chiaro che anche la Nato e l’Europa andavano accantonate.  “ Gli Usa – citiamo ancora Jean Daniel – hanno opposto un puro e semplice rifiuto a tutte le offerte di aiuto militare “ ( solo Berlusconi , Martino e gli attuali dirigenti dei  DS non lo hanno capito) e  “alla fine si sono limitati a concedere allo zelante Tony Blair l’ingrata direzione delle forze di mantenimento della pace”.    Mentre essi iniziavano in una posizione strategica dell’Afghanistan la costruzione di una base militare americana permanente dalla quale controllare e condizionare ogni decisione in materia di oleodotti e gasdotti. Operazione molto più conveniente che occuparsi della crisi Argentina o  tentare di rimuovere una delle cause del terrorismo e cioè la sfacciata e provocatoria invasione operata da Sharon dei territori palestinesi.  Sharon è un ebreo ma in nome della unità della destre potrà dare un’utile mano ai postfascisti e odierni razzisti  nonché agli Stati Uniti,  per  contrastare e rendere difficile la vita della sinistra europea ( nonché del Pontefice romano )  e facilitare una generale  deriva a destra antieuropeista.  

            Cosa fare a questo punto ? Stare ad assistere ad un gioco che in assenza di grandi iniziative politiche di risposta porterà a risultati scontati, quelli auspicati da tutte le multinazionali americane, o reagire con una grande iniziativa europeista che solo la sinistra unita può assumere?

Il PSE, la componente  del Partito popolare che si richiama all’europeismo di Adenauer e di De Gasperi, la destra liberale  dovrebbero essere  in grado di farlo o almeno di tentarlo e di spiegare che se l’Europa verrà bloccata all’inizio del percorso,  l’euro rischia di diventare solo un vincolo   (come lo sono stati in certi momenti lo SME, l’Ecu ) e di restare, al massimo, un mercato unico invece che il primo passo verso una feconda integrazione di ciò che di meglio ogni popolo, cultura  e religione dell’Unione può dare al fine di garantire all’unità creata dall’euro la forza di comuni ideali di pace, libertà, eguaglianza e giustizia.

Ma questa spiegazione, per essere efficace e convincente,  esige che siano denunciate e messe allo scoperto, senza timori reverenziali,  le componenti di un gioco che coinvolge ormai tutti i paesi del mondo e tutti i continenti e che la caccia a Bin Laden , uno dei mostri del fondamentalismo islamico incoraggiato organizzato e armato dagli Stati Uniti  nel centro dell’Asia   in funzione antisovietica ma anche in funzione antimusulmana, cessi di essere la giustificazione per l’accantonamento di ogni principio di diritto internazionale  e il trasferimento di ogni potere, su scala mondiale, al comitato  di sicurezza della Casa Bianca.

Bush ha del resto dimostrato in alcuni casi di essere un buon giocatore e di sapere prendere atto con realismo delle risposte che riceve.  Può modificare le sue posizioni – specie se si riaprirà finalmente negli Stati Uniti una dialettica politica - anche nei confronti dell’Europa se questa si dimostrerà realmente unita nelle iniziative politiche, militari  ed economiche e non disposta a farsi comprare a piccole fettine.

          Il compito di Prodi in questa situazione non è facile ma, con l’impegno di tutti, il Presidente della Commissione può essere il valido coordinatore di un cammino che vada oltre l’euro. E l’euroscetticismo  può dare un contributo non piccolo se diventerà pungolo ed utilizzerà per le sue critiche e per la proposizione di regole comuni la trasparenza e l’ immediata possibilità di confronto che l’euro ha dato ai vari mercati, da quello dell’energia a quello azionario a quello del lavoro.

          Quando qualcuno nella fase pericolosa dello SME ( l’Argentina e le svalutazioni operate dall’Italia insegnano quale è il rischio di un cambio fisso con una moneta forte)  osservò che dare priorità assoluta ed esclusiva agli accordi monetari senza contemporaneamente aprire un discorso istituzionale sulla futura Europa e senza avviare misure di superamento delle diseguaglianze tra Stati e zone regionali implicava gravi rischi, questo qualcuno fu accusato di antieuropeismo.  Ora una difficile transizione si è conclusa, non senza il pagamento di duri prezzi da parte dei lavoratori e del ceto medio,  e l’euro c’è. E’ l’ora di dimostrare che le preoccupazioni di questi qualcuno - e tra essi c’erano, alla fine degli anni ’70, uomini della statura morale e culturale di Paolo Baffi -  sono realmente superate. Chi vuole intendere intenda e si rimbocchi le maniche, se non altro partendo dalle misure indicate da Guido Rossi, per andare il più rapidamente possibile ad una regolamentazione europea fondata su saldi valori e capace di garantire a tutti uguali diritti, quei diritti che gli europeisti italiani veri avevano assunto come bandiera della loro battaglia.                                  

 

                                                                                                        Luciano Barca