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I L   P A E S E

Panorama di Laconi

 

 

                                 C E N N I    S T O R I C I

Come i recenti ritrovamenti archeologici ampiamente testimoniano, la storia di Laconi, e del suo territorio, si perde nella notte dei tempi, fin da epoca prenuragica; ma la certezza "storica" possiamo appurarla nel periodo romano con lo storico greco Strabone che nel I^ sec. in uno dei pochi  frammenti della sua opera storica ai noi pervenuti  parla  dei "(L)aconites", popolo della Sardegna.

Prova della presenza di un centro abitato l'abbiamo nel IX sec., data ormai comunemente accettata per datare il Castello medioevale: se nel IX secolo vi era un castello, certamente nelle immediate vicinanze era anche un paese.

Il primo documento storico in cui compare ufficialmente il nome "Laconi" risale comunque ad epoca posteriore e precisamente al XIII sec.: una Bolla pontificia di Onorio III, dell' 11 giugno 1224, cita infatti che "in Lacon.... Ecclesias Sancti Martini et Sancti Sperandi.et Sancte Sofiae de Sarchidiani cum omnibus possessionibus suis, Ecclesiam Sancti Ruxori de Laconmajore cum omnibus possessionibus eius..." sono confermate nei diritti e nei privilegi di Trogotorio Arcivescovo arborense. (ScanoCod. dipl., I, 59).-

Come parte politicamente attiva in avvenimenti storici troviamo citato Laconi solo alla fine del XIV sec. quando il 24 gennaio 1388 partecipò, con propri delegati ("Francesco Sabiu, sindicus actor, e Leonardo Chero, con 8 giurati e 49 notabili"), alla firma del trattato di pace tra il giudicato di Arborea e gli Aragonesi.

 Laconi  nei secoli precedenti aveva fatto parte del giudicato di Arborea  e di quel giudicato era parte importante vuoi  per la posizione geografica, vuoi per la presenza nel territorio di un maniero medioevale ben fortificato e fungeva da cuscinetto tra il Giudicato e le Barbagie. Era quindi più che naturale che il feudo di Laconi seguisse le sorti del Giudicato e dopo la sconfitta degli Arborea da parte degli Aragonesi, tutte le terre di Laconi passassero sotto la giurisdizione del regno di Aragona. Sotto gli Aragonesi Laconi rimase  fino al 1421 anno in cui Alfonso II d'Aragona l'assegnò, assieme a Genoni e Nuragus, a Giovanni De Sena. Nel 1479 l'anno dopo la vittoria di Macomer e la privazione del feudo inflitta al visconte di Sanluri, il re Alfonso II concede le varie regioni - compresa quella di Laconi- a  Enrico Enriquez, suo zio  materno; da questo il marchesato "statim magne date pretio Petrus ed Ludovicus Castelvì sunt secuti" (FARA, de reb. sard., IV, 136).

Dei Castelvì i documenti storici sono alquanto avari, e solo  l'ultimo Castelvì marchese di Laconi,  Agostino , assassinato nel 1668, viene comunemente ricordato dagli storici.

Scrive di questi lo storico R. Bonu ""Di questo marchese sia consentito ricordare il passato generalmente burrascoso e la parte importantissima che egli svolse nelle vicende isolane nel sesto decennio del sec. XVII. Rinomato per fatti d'arme compiuti in Catalogna nel 1642 e in Palermo nel 1648, accusato di intrighi e di sollevazioni, poi dell'omicidio di un nobile e di vari scontri con il marchese di Villasor, si presentò al carcere di Sassari nel luglio del 1656; uscitone poco dopo in libertà provvisoria dietro cauzione di mille ducati e l'accettazione degli arresti nella casa d' abitazione, un giorno fece fuoco dalle finestre con i propri servi contro le guardie governative, sopraggiunte per osservare i molti sconosciuti, riuniti presso la casa. Dopo il triste bilancio di un morto e di vari feriti, il marchese si rifugiò presso i gesuiti; arrestato e chiuso nella torre dell'Elefante, fu graziato il 1° dicembre del 1664.

Due anni dopo si schierò con altri animosi contro il versamento incondizionato del donativo alla corona e propugnò che tali aiuti finanziari fossero dati con la contropartita di cariche pubbliche da riservare ai sardi. Mandato a tal fine alla corte di Madrid e rientrato in Sardegna nell'aprile del 1668, benché non fosse riuscito nell'intento, ebbe applausi da quando sbarco a Portotorres fino al suo ritorno a Cagliari. In una notte di plenilunio, fra il 20 e il 21 giugno di quell'anno, il Castelvì fu ucciso:  gli esecutori materiali furono due servi dello stesso marchese, tali Marc'Antonio Ghiani da Gadoni e Ignazio Usai da Seulo, che svelarono il delitto per avere l'impunità. Da una parte fu ritenuto mandante in omicidio il viceré, conte di Camarassa (delitto politico); dall'altra invece furono accusati come autori la vedova del marchese, Donna Francesca Zatrillas di Sietefuentes e il nobile Silvestro Aymerich (discusso delitto passionale).""   Silvestro Aymerich, che nel frattempo aveva sposato la marchesa di Laconi Donna Francesca Zatrillas, accusato di aver partecipato all'assassinio del viceré Camarassa, riparò con altri nobili a Nizza, ma, convinto a rientrare in Sardegna, venne ucciso nell'Isola Rossa assieme ai nobili Francesco Cao e Francesco Portugues. Le loro teste infisse su un tridente vennero esposte nella torre di S. Pancrazio in Cagliari e vi rimasero fino al 1688.  Dal matrimonio della vedova Zatrillas con don Silvestro Aymerich era nato Gabriele Antonio che diede vita al ramo Aymerich del marchesato di Laconi.""

Una bella Xilografia di Laconi del 1853 

Circa l'influsso del marchesato nella vita laconese citiamo ancora quanto osserva l'ex parroco padre Eusebio Cirronis nel suo libro "Laconi e il suo Santo": """ Non possiamo scrivere  di Laconi né comprendere la storia dei laconesi senza richiamare il marchesato......L'essere stato Laconi sede e titolare di un marchesato, che, ...era uno fra i più potenti e gloriosi del regno, conferì al paese una posizione di preminenza non solo fra i paesi vicini, ma anche in terra sarda e fuori, procacciandogli speciali privilegi: la notorietà e la rinomanza, del resto, riflettevano quelle godute dai marchesi che si succedettero nel possesso ed amministrazione del marchesato. Per questo motivo Laconi non é stato mai dimenticato né omesso nella cartografia sarda più antica; il suo nome era conosciuto in ogni ambiente sociale e ripetuto nella classe nobile e meno nobile o plebea, per essere il feudo di uomini illustri ed influenti in ogni ramo della vita sociale.

La benemerenza e rinomanza di costoro si riflettevano sul paese, sul territorio di Laconi e sui suoi abitanti, per cui si può benissimo dire che l'impegno dei marchesi, per rendere più bello ed attraente il paese con costruzioni imponenti, come il palazzo marchionale, il giardino della villa, il parco e lo stesso edificio comunale, era sorgente di "beni comuni", che concorrevano a conferire al popolo una condizione di vita più agiata rispetto a quella dei paesi vicini. Non é fiori luogo ricordare che Laconi fu il primo paese -parliamo di paesi non di città capoluogo- ad avere la luce elettrica"" 

Gli Aymerich hanno governato il marchesato di Laconi fino all'abolizione dei feudi. Il Marchese di Laconi ha avuto sempre parte importante nella storia della Sardegna e tra i tanti marchesi che si sono susseguiti nel feudo, alcuni meritano particolare ricordo: 

--don Ignazio Aymerich Branciforte, ricordato in una lapide  della chiesa parrocchiale e datata MVCCCXXIII (1823), perchè si fece carico, col rettore Dottor F. Cabras di un intervento radicale di ampliamente e ristrutturazione della chiesa parrocchiale;

--don Ignazio Aymerich Rispoli, nipote del precedente, fu Senatore del Regno d'Italia alla sua costituzione. Convinto assertore della adesione dei Sardi al nuovo Regno, si fece promotore di petizioni in tal senso. Nei suoi scritti e negli interventi in aula del Senato del Regno difese sempre strenuamente gli interessi dell'isola e dei sardi. Si deve principalmente al suo interessamento la costruzione delle FF. CC Sarde..  A Laconi, dove è stato pur lunghi anni sindaco, costruì il Palazzo marchionale su progetto dell'architetto Gaetano Cima ed il palazzo Comunale.