..............In poche parole ..

 

Questo sito, ancora in costruzione, ha la modesta ambizione di voler diventare un riferimento per tutti coloro (chimici e non) che sentono l'esigenza di affrontare concretamente il problema della sicurezza negli ambienti e negli impianti chimici.

Il termine sicurezza legata al concetto di rischio è nato nei primi anni '50 con lo sviluppo di una nuova e per allora sconosciuta tecnologia nucleare. Con il passare degli anni i tecnici nucleari hanno sviluppato questi concetti adatandoli alle loro nuove ricerche e scoperte per dimostrare come con opportune considerazioni (di frequenza di accadimento e magnitudo di un eventoi) si poteva ridurre notevolmente il rischio di incidente in un impianto nucleare.

Lo sviluppo di questo concetto nel settore nucleare (ma non solo) si è evoluto al punto da fondersi con la disciplina che l'ha creato, per diventare uno strumento che ha consentito di progettare, costruire e condurre impianti nucleari sicuri quanto, se non superiori, qualsiasi altra tecnologia.

Purtroppo con il declino della tecnologia nucleare, questa disciplina, ha dovuto scindersi dalla sua forsa motrice (cioè la progettazione di impianti Nucleari) e cercare di sopravvivere (o far sopravvivere le persone he l'hanno creata) adattandosi, alcune volte egregiamente (es. ing. aereonautica) altre volte con risultati assolutamente insufficienti (es. industria chimica) a nuovi settori.

Recentemente il recepimento (con molto ritardo) delle direttive comunitarie sulla sicurezza sui luoghi di lavoro ha contribuito a creare ancora più confusione in materia con la nascita, dal poco o niente, di un esercito di tecnici (esperti in sicurezza) con licenza di prescrivere, per la gioia di qualcuno, occhiali di protezione, guanti, salvavita, e quanto altro ancora.

Certamente queste normative sono state utili per diffondere le parole Sicurezza, Rischio, Magnitudo ma non lo sono state invece per questa disciplina e per chi è costretto a lavorare in impianti ad alto rischio potenziale (come quelli chimici), affidandosi alle dicerie di improvvisati quanto inesperti Tecnici di Sicurezza, (che tra l'altro si assumono anche poche responsabilità) che prescrivono assurde S.O.P. impongono D.P.I. ma, che però non hanno la minima idea, di quello che c'è dentro il reattore e di quello che può succedere se per qualche motivo si ferma l'agitazione, si buca una serpentina di raffreddamento o si rompe il termostato.

Non sanno ad esempio che qualsiasi accorgimento (dal reattore in vetro plastificato al disco di rottura) sarebbe inutile di fronte ad una improvvisa reazione runaway con vaporizzazione del solvente e formazione di prodotti potenzialmente tossici, ed i cui DT e DP adiabatici sarebbero tali da distruggere qualsiasi reattore, di qualsiasi materiale esso sia.

Certo con questo non voglio dire che non deve essere fatta alcuna formazione su i concetti basilari di sicurezza ed igiene nei luohi di lavoro ma voglio però focalizzare l'attenzione sul fatto che anche il settore chimico dovrebbe, al pari di quello che è stato fatto con l'ingegneria nucleare, crearsi degli strumenti analitici attraverso i quali prendere padronanza della chimica che, sparsa nel corso degli studi, certamente conosciamo (la termochimica, la legge di Hess, i vari DH di formazione di decomposizione, ecc....) ma che però non siamo abituati a considerare.

Dobbiamo renderci conto della pericolosità della reazione che da 20 anni facciamo ad occhi chiusi, e sappiamo essere banale, ma che domani per un semplice imprevisto, il prodotto ottenuto, magari cristallizzato, durante l'essicamento esplode.