La Veduta della Catena, databile 1472, è
il primo dei prototipi attraverso cui l'immagine di Firenze viene riprodotta
e circola in Italia e in Europa fino al XVIII secolo. Tappa fondamentale
nella storia dell'iconografia della città occidentale, è
la prima rappresentazione conosciuta di una città intera, risultato
non di una proiezione poetica della fantasia, ma di una costruzione
che si vale delle possibilità della prospettiva, come controllo
e come correzione dell'osservazione diretta dal vero.
Dell'opera originale, attribuita a Francesco Rosselli, è oggi
conservato solo un frammento raffigurante la campagna in direzione di
Fiesole; considerato erroneamente perduto durante la seconda guerra
mondiale, è invece tuttora conservato presso la Società
Colombaria di Firenze, come riportato nel testo a corredo di uno studio
realizzato nel 1998 da Altcappenberg sulla copia xilografica attribuita
a Ludovico degli Uberti, incisore fiorentino, conservata presso il Gabinetto
delle Stampe di Berlino. L'originale dovrebbe essere stato realizzato
intorno al 1472, in quanto nell'immagine compaiono sia la facciata di
S. Maria Novella che la palla sulla lanterna della cupola del Brunelleschi,
e sicuramente prima del 1482, non essendovi rappresentata la cupola
di S. Spirito. L'incisione conservata nella città tedesca è
stata invece con ogni probabilità realizzata nei primi anni del
XVI secolo a Venezia, ipotesi comprovata dalla permanenza dell'autore
dal 1503 al1526 nella città e dalla presenza nell'immagine della
"maniére ombrée", tecnica veneziana del primo
'500, di inflessioni tipiche della parlata veneta nelle voci esplicative,
della filigrana, scoperta in un recente assemblaggio, raffigurante una
bilancia alla maniera veneziana di fine '400. Lucantonio degli Uberti
ha inoltre inserito il dettaglio decorativo (a cui gli studiosi hanno
attribuito svariati significati) della catena, chiusa in alto a sinistra
da un lucchetto, e probabilmente anche la figura del disegnatore in
basso a destra, assente peraltro nella tavola dipinta del Rosselli,
derivata dall'incisione, del 1489-95.
Il punto di osservazione principale si trova a sud-ovest della città,
in corrispondenza del campanile della chiesa di Monte Oliveto, ed è
stato rialzato per dare maggiore leggibilità alle emergenze architettoniche
e al tessuto urbano. Nella veduta l'asse centrale verticale viene fatto
coincidere con l'asse della cupola di Santa Maria del Fiore che, simbolo
religioso e civile della città, diventa così elemento
principale e punto costante di riferimento nella rappresentazione della
città stessa; ai margini laterali vengono poste la Porta Romana
a destra e la torre del Serpe a sinistra, che risultano così
praticamente equidistanti dalla cupola, mentre nella realtà il
rapporto tra le due distanze è pari a 1,8. Risulta evidente quindi
una contrazione del settore d'oltrarno, causata da un lato dalla scelta
di collocare centralmente la zona di maggiore rilevanza monumentale,
e dall'altro dal voler sfruttare appieno la lunghezza del quadro; del
resto, la contrazione è resa necessaria dal fatto che l'oltrarno,
posto vicino all'osservatore, tende a sfuggire al cono ottico di 60°,
che, incentrato sulla cupola, abbraccia il campo compreso tra la porta
a Faenza e la facciata di palazzo Pitti. Nella veduta si ritrovano anche
delle alterazioni della posizione reciproca di alcuni edifici monumentali,
come del gruppo S. Marco, S. Maria Novella, S.S. Annunziata; del gruppo
Orsanmichele, campanile della Badia, torre del Bargello; del gruppo
porta S. Niccolo', chiesa del Carmine, S. Spirito.
Osservando la zona al di qua d'Arno, si nota la rilevanza destinata
ai centri religiosi divenuti poli organizzativi del tessuto urbano,
S. Maria Novella nel settore occidentale, S. Croce in quello orientale
e S. Marco e la SS. Annunziata, di cui si accentuano le piazze antistanti,
in quello settentrionale; poco riconoscibile si presenta la struttura
viaria dell'antico nucleo romano, mentre la distanza tra il fiume e
Palazzo Vecchio viene amplificata. Nella zona compresa tra le ultime
due cerchie murarie l'edificazione appare continua lungo le direttrici
viarie che conducono alle porte principali, mentre tra queste molti
sono i lotti ancora liberi; nella rappresentazione il tessuto urbano
risulta contratto presso il ponte delle Grazie, e da notare è
anche lo scorcio prospettico del corso dei Tintori, che dimostra l'uso
di punti di osservazione interni alla città nella realizzazione
dell'immagine. L'Oltrarno appare caratterizzato dalla mole di Palazzo
Pitti, dimensionalmente anche maggiore di Palazzo Vecchio, di S. Spirito
e del Carmine, la cui rilevanza non può essere attribuita unicamente
alla maggiore vicinanza del punto di osservazione; evidente risulta
l'allineamento Ponte Vecchio-S. Felicita-Pitti-S. Felice-porta Romana,
e si riesce a percepire l'asse di collegamento tra Ponte Vecchio e porta
S. Frediano. Boboli è ancora un'area collinare compresa tra le
mura della città.All'esterno delle mura la veduta illustra i
borghi, sviluppatisi dalle porte cittadine verso la campagna; questa
non è descritta come un luogo selvaggio e inospitale, ma ricca
di insediamenti e di vita; nei pressi delle mura, più precisamente
in basso a sinistra, la veduta mostra anche piccoli episodi di vita
quotidiana, caratterizzati da una attenta definizione dei particolari:
barcaioli e pescatori sull'Arno, il mulattiere, la "Sardigna"
destinata a ricevere gli scarti della macellazione e le carogne degli
animali, uomini a passeggio.
Non vi sono legende poste esternamente al disegno, ma ben 88 voci poste
direttamente in corrispondenza degli edifici; per quanto riguarda la
tecnica del disegno, notevole è la resa dei materiali e dei particolari
costruttivi, qualità che permette non solo di comprendere le
individualità architettoniche degli edifici principali, di cui
vengono ad esempio distinte le parti intonacate da quelle bugnate, ma
anche le caratteristiche tipiche dell'edilizia fiorentina comune, come
i tetti a coppi, i marcapiani, la forma delle aperture, gli sporti,
fino a quelle delle mura, costituite da grossi blocchi squadrati e quindi
differenziate dalla muratura delle porte.
Evidente risulta l'intento ideologico: insieme alla "Florentia
bella" di Benedetto Dei, la veduta va letta come strumento celebrativo
per l'oligarchia commerciale e bancaria della seconda metà del
secolo, vincitrice dello scontro con il potere manifatturiero e mercantile;
il rapporto tra Cronica e Catena risulta dunque diretto, appartenendo
entrambe ad un unico progetto illustrativo della città che ha
ormai acquisito il suo aspetto rinascimentale. Alla Catena saranno debitrici
numerose immagini quattro-cinquecentesche, comprendenti, oltre a numerosi
dipinti e fogli sciolti, quelle contenute nelle cosmografie e nelle
prime raccolte di città.