CATECHESI di Martedì 20 Marzo a GOITO tenuta da Don Domenico Sigalini 

Non volli sapere che Cristo Crocifisso: riscoprire la fede

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Voglio aiutarvi oggi a ridire la vostra fede nel figlio di Dio, a partire dal volto che ci presenta per accogliere la nostra adesione: il volto del Crocifisso. Mi faccio prestare le parole di un ragazzo che così mi scriveva in questi giorni: "… Ho 18 anni, non sono cattolico e non lo sarò mai, non credo in dio nè in nessun altra forma di esistenza sovrannaturale o perfetta. Sono un razionalista, credo ed ho fede in ciò che mi viene dimostrato, non in ciò che mi viene fatto credere... Io sono cattivo quando la società mi chiede di esserlo, sono buono quando voglio essere buono, mi comporto secondo le mie necessità, ma anche secondo le necessità degli altri…. Sul forum sul delitto di Novi ho detto che o pensato di uccidere i miei genitori ed ho descritto come l'ho pensato, ma mi sono autoregolato ed ora sono in pace con me stesso e con il mondo: adeguato quando è indispensabile, indipendente quando voglio io, nei limiti del possibile. Attingo ai miei valori dalla filosofia e dalla letteratura, e rispetto la sovranità della matematica sulla mente umana. Insomma, vivo la mia vita con un equilibrio ed una maturità che in tanti altri invece non vedo. Eppure, sapete quale è il bello? Non sono cristiano, non credo in nulla, vivo la mia vita con il solo ausilio del mio cervello e del mio corpo. Ci riesco. Ora mi chiedo: voi cattolici a cosa vi attaccate? Carissimo, della tua lunga lettera mi ha provocato molto la seconda parte, di cui evito di riportare le tue considerazioni sul delitto di Novi, che andrebbero ad alimentare la già triste catena di chi li vuol imitare. C'è qualcosa che ci accomuna: la matematica e la voglia di capire. La matematica l'ho studiata per 4 lunghi anni fino alla laurea e l'ho insegnata divertendomi un sacco per altri 25. Avevo tra gli altri un professore ateo, forse come te, che alla fine di certe lezioni bellissime di logica matematica molto onestamente diceva: "io arrivo fin qui; da qui in poi tocca a voi preti". Si rendeva conto che la matematica è un perfetto gioco di ipotesi e tesi, di ragionamenti rigorosi da cui non ci si può scappare, ma la vita non è tutta entro queste sequenze: c'è qualcosa che va oltre. E non sono di quelli che vogliono che tutto quello che facciamo debba avere qualche funzione. Io sono per il gioco, per la gioia di esprimersi gratis. Le sequenze matematiche sono belle in sè, non hanno bisogno di essere utili per essere belle. Le più grandi scoperte degli uomini, pensa all'invenzione del calcolo binario, sono avvenute per gioco, in questo caso perché Leibniz aveva voglia di giocare. Quasi 4 secoli dopo i suoi divertimenti sono diventati capaci di supportare il linguaggio dei computer, che è alla base di tutto il mondo moderno. Ma il gioco di ipotesi e tesi mi aiuta a capire la realtà? Un linguaggio logico, perfettamente consequenziale come piace a te, mi dà ragione del dolore, della morte, della felicità, dell'amore, della simpatia, del male? Io mi voglio dare una ragione. Voglio sapere se con i miei ragionamenti intacco la vita concreta. Il cristiano vuole darsi una ragione e la cerca in una persona, non in una sequenza logica, la cerca in Gesù Cristo e decide di fare come lui: amare tutti, non odiare nessuno, a costo di essere perdente, messo in croce. E' il solo modo di avere vita e felicità senza fine. Io sono sicuro che se sarai sempre rigoroso con la tua ricerca, prima o poi ci incontreremo proprio qui. Ciao d. Domenico "… Caro Artemis, hai 18 anni, come me, e come me, a quel che ho capito, ami la matematica e il suo mondo... fin qui niente da ridire, anzi, mi fa piacere trovare una persona che come me, e come Don Domenico, ritiene le sequenze matematiche Belle, per definizione. Ti scrivo perché voglio chiederti solo una cosa: ti è mai capitato di trovare qualcosa che, con tutta la tua buona volontà, non sei riuscito a spiegarti? E se si, una volta arrivato alla conclusione che con la tua Ragione non puoi dare una risposta a questo perché, ti sei mai accorto che anche il fatto di accantonare la questione, ti lasciava una sensazione di non-risolto, di non-compiuto? A me si: l'anno scorso la mia migliore amica mi ha presentato una ragazza cardiopatica, da cui andava a fare servizio scout: Giorgia (questo il suo nome), non poteva correre, non poteva salire le scale, non poteva affaticarsi, non poteva fare il 90 % delle cose che una ragazza di 18 anni vorrebbe fare. Ma nonostante questo nei suoi occhi vedevo una luce e una dolcezza che mi sembravano estranee, una voglio di vivere che io, proprio perché capace di fare tutto ciò che voglio, non sentivo! Il 13 dicembre 2000, ho rivisto quegli occhi, ma non c'era luce, non c'era dolcezza. C'era il vuoto, perché il 13 dicembre il cuore di Giorgia si è fermato. E credimi, nessun ragionamento matematico, nessuna logica, nessuna tesi ti può spiegare perché le tue gambe tremano quando accarezzi la guancia di una tua amica, e la senti più fredda del marmo. Nessun teorema ti dirà mai il perché, perché una ragazza piena di vita come lei ora è distesa in una cassa da morto dietro a un muro di mattoni. Niente e nessuno mi ha mai risposto quando piena di rabbia ho urlato al cielo "Perché lei?? Perché non hai preso me? Perché?" Solo la fede in un uomo che si è lasciato inchiodare ad un legno povero, solo le lacrime di gioia di una donna davanti ad un sepolcro vuoto mi hanno aperto un barlume di speranza, mi hanno dato la forza di credere che Giorgia in questo momento corre, salta, fa tutto quello che il suo povero cuore non le ha permesso di fare qui in mezzo a noi. voi cattolici a cosa vi attaccate? Io, in quanto cattolica, in quanto credente, mi attacco a un pezzo di legno, mi afferro ad una mano sanguinante, prendo forza e coraggio per andare avanti dall'annuncio di un giovane: "Colui che era morto non è qui!" La Ragione per definizione, è limitata: lo dici tu stesso, che credi solo in ciò che ti viene dimostrato... E per il resto? Per il resto, per quanto mi riguarda, c'è la fede. E quella non ti verrà mai dimostrata, nessuno te la potrà mai insegnare. Giulia." Quello che noi vogliamo approfondire stasera è questo: "perché ci attacchiamo a un pezzo di legno Le domande di Nicodemo Un giorno c'era un altro giovane assillato da domande profonde sulla vita. Incapace di trovare qualcuno che lo aiutasse, molto chiuso nella sua posizione sociale , da non osare mettersi come tutti alla ricerca, Nicodemo. Ve lo ricordate? A me pare che assomigli a tanti giovani che amano la notte. Ce ne sono tanti oggi che cominciano a vivere solo di notte. Il giorno è troppo pieno di compromessi, è troppo regolato da altri. Dal giorno bisogna difendersi, mettersi le cuffie, durante il giorno fare l'indispensabile, inserire il pilota automatico. Di notte invece sono io che vive, che sente le emozioni, che decide di fare quello che voglio. Non ho impegni, non ho compiti, non ho orari. Posso stare con gli amici da cui mi ha separato la settimana, posso sognare in libertà, far uscire quello che devo continuamente tenermi dentro per difendermi. Proprio per questo esce anche il bisogno di bontà, il bisogno di Dio. Nicodemo non riesce più a tenersi dentro tutto; è stufo marcio, non ce la fa più a vivere da solo e va da Gesù. Dove sta il segreto della vita? Come posso avere vita piena? C'è ancora una possibilità di non lasciarci morire il cuore? A chi posso alzare lo sguardo per avere davanti qualcosa, qualcuno per cui vivere? La vita è proprio fatta di continui adattamenti? Mi hai messo in cuore un desiderio così grande e non mi posso adattare alle luci artificiali. I laser che vedo penetrare la notte, indicano con precisione una direzione, ma si perdono nel nulla. C'è qualcuno che sa puntare il laser nella direzione giusta? E Gesù, che ama la notte di Nicodemo gli dice e dice ancora a chiunque sta cercando: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia vita piena, senza fine, al massimo". Ma che direzione indica il laser di Cristo? Indica la croce. Sembra un controsenso, ma se guardi alla croce trovi la strada della vita. Se nei tuoi sogni appare la croce, non cancellarli stanno diventando realtà. Allora è tutto risolto? basta guardare la croce come gli ebrei guardavano il serpente di bronzo nel deserto per cominciare a star bene? Non è un po' troppo miracolistico o magico il discorso? Che cosa significa esattamente guardare la croce? Prima bisogna conoscere chi sta su quella croce e perché. Voi, ragazzi, lo conoscete Gesù Cristo? Non state a pensare come ve lo abbiamo fatto imparare a catechismo. E' mica come Mazzini o Garibaldi o Cavour. Sapete che è la fine del mondo?! Voi siete trasgressivi? Lui è trasgressivo più di voi. Voi siete affogati in casa? Lui se l'è cavata, perché aveva in cuore un'idea che gli bruciava dentro e non lo lasciava più tranquillo: non sopportava più il ritratto di Suo Padre che gli "uomini di chiesa" continuavano a vendere e il mondo infelice a cui stavano tutti adattandosi. Voleva un mondo più pulito, più vero, più autentico, più umano. Lo chiamava regno dei cieli per non confonderlo con le pubblicità del tempo. A voi non piace il galateo? Lui l'ha ribaltato. Voi credete che la società sia una manica di ladri, lui l'ha affrontata e ha fatto di tutto per cambiarla. Voi vi sentite soli, di nessuno, senza un cane che quando occorre vi ascolti e vi dia pace? Provate ad ascoltarlo quando dice: Io sono la vita! Oppure "venite a me voi tutti che siete affaticati… cioè "passate di qua quando non ne potete più e non capiterà mai che io abbia qualcosa d'altro da fare che abbracciarvi, ascoltarvi, coccolarvi". A voi piace la bellezza? Ma Gesù era bellissimo, era buonissimo, non ha lasciato da solo nessuno, aveva uno sguardo che ti inchiodava, una gioia nel volto che ti trascinava. Ricordate sul Tabor? È troppo bello stare qui. È troppo bello quello che contempliamo. È troppo bello riuscire a vedere Gesù così. È la esclamazione spontanea di Pietro, su quel monte, in quella scena solo per qualcuno davanti a Gesù che si era mostrato nella sua identità di figlio di Dio, nella sua indescrivibile originalità e bellezza. Non c'è possibilità di descrizione, si può dire qualcosa solo delle vesti bianchissime. Ma che cosa c'entrano le vesti? Quel fascino che Gesù già esercitava su Pietro e i suoi amici, quella simpatia, che crea attorno a sé, quell'amicizia che ti prendeva, quel sentirti guardato con amore, con sincerità, con trasporto non è niente di fronte a questa visione della sua bellezza infinita. E noi, stiamo a pesare su quali vantaggi ci possono venire dall'avere fede in Gesù, dalle preghiere, dalla vita quotidiana. Qualche sparata giornalistica supportata da ricerche ancor più serie ci avverte che la preghiera fa bene al cuore, che avere fede allunga la vita, che chi segue un codice morale vive meglio. Abbiamo proprio ridotto la fede in Gesù alla pubblicità di un prodotto: ti allunga la vita. Ma Gesù è bello perché è lui, è affascinante perché è lui. Non è un talismano portafortuna, non è una vetrina da rompere in caso di incendio o di pericolo, non è strumentale a nessuna nostra piccola o grande pretesa. Si può star bene anche senza andare a messa alla domenica, si può essere buoni anche senza essere cristiani, si può campare fino a cent'anni senza pregare, si può vivere di ingiustizia tutta la vita e farla franca. Ma la bellezza di Gesù è un'altra cosa, il suo amore è al di sopra di ogni immaginazione, la gioia che dà non è paragonabile a nessuna cosa al mondo, la sua Parola è una spada che penetra in profondità, la sua vita è pienezza, i suoi sogni sono l'eternità, il suo sguardo è forza, i suoi sentimenti una compagnia, il suo volto è uno squarcio di cielo, le sue mani sono sostegno. Voglio avere una vita piena. Se sulla croce ci sta uno così voglio capire il perché, voglio chiedergli qualcosa. Voglio avere vita piena, voglio una vita alla grande, non mi interessano le mezze misure, non mi adatto al galateo con cui mi state ingessando la vita. Vivo una vita sola e la voglio vivere al massimo. Non mi dire che bisogna tenere i piedi per terra, che devo cominciare a mettere la testa a posto, che è finito il tempo delle pazzie. Non voglio limiti, non m'interessa se è una vita spericolata o piena di guai, io voglio vivere una vita piena. Queste parole o simili, ma sicuramente questa decisione e questa radicalità ha espresso quel giovane a quel Gesù che passava in uno dei tanti viaggi in giro per la Palestina. La frase del vangelo: Maestro che devo fare per avere la vita eterna non traduce per noi oggi questo bisogno di vita piena, anzi la parola vita eterna siamo abituati a sentircela dire solo ai funerali, proprio quando la vita non c'è più e la fede nel futuro vacilla. Gesù dopo aver scandagliato nel cuore di questo giovane, dopo aver chiarito che si tratta di una domanda grossa che si può misurare solo con risposte altrettanto decise, lo guarda. Uno sguardo che ti denuda, che ti mette di fronte a te stesso. Uno sguardo che fa nascere in Gesù amore tenerissimo. Come si fa a non voler bene a un giovane così deciso, che vede così chiaro nella sua vita, che va al nocciolo della questione? Come si fa a rispondere in maniera accomodante o addirittura a ingannare? Come si può trattare da pollo una aquila, mettere occhiali neri a chi vuole e può guardare il sole. Ebbene. Gesù lo guardò, ma lui ha abbassato subito lo sguardo, gli stava leggendo dentro un cuore distribuito a brandelli sulle ricchezze che possedeva. E Gesù allora gli spara una raffica di verbi: Va', vendi, regala, vieni e seguimi E lui? non va, ma se ne torna indietro, gira i tacchi; non vende, ma si attacca ancora di più; non regala, ma va a seppellire nella tristezza; non ritorna, ma s'allontana, non lo segue, si gira, ma resta tremendamente triste. Perché aveva il cuore fasciato da se stesso prima di tutto e dai soldi. La ricchezza ti inchioda sempre, ti toglie gli ideali; è comoda, ma toglie sapore alla vita. Impossibile avere vita piena da ricchi. Solo Dio la può fare compiendo un miracolo. Questi cinque verbi mi dicono già qualcosa sulla croce. Gesù è un uomo deciso Arriva per tutti prima o poi nella vita il momento in cui non puoi stare più a tergiversare, a tenere il piede in due scarpe, in cui devi decidere, in cui tutti i ma, i forse, i ci vediamo lasciamo il posto a un sì o un no. Sarà qualche decisione nella propria vita affettiva, può essere nella scuola o nella scelta del lavoro, nell'assumere qualche responsabilità, nel decidersi per la fede. La società in cui viviamo non ci aiuta molto, perché tutto sembra reversibile, si può tornare indietro da tutto: matrimonio, figli, impegni. Sembra che l'unica cosa inesorabile che continua e che non aspetta le nostre decisione sia il tempo: questo va avanti; sembra lento, ma non ti accorgi che passa e porta con sé anche decisione che non hai preso e alla fine: se tu non hai fatto scelte le ha fatte la vita per te, ti trovi a vivere situazione che tu non hai mai voluto coscientemente e chi ti si impongono. Gesù non è di questi. Marco nel suo vangelo sempre molto essenziale ci scarica addosso un'altra serie di verbi da farci accapponare la pelle, in quanto a decisioni da prendere: taglia, recidi, cava, butta in mare. Si tratta di una mano, di un piede, di un occhio, di un corpo. Sì! sono tutte quelle componenti della nostra vita che cambiano la nostra identità, che danno un volto e un indirizzo ai nostri rapporti con gli altri, alle nostre scelte. La mano può accogliere o strozzare; il piede può portare al bene o schiacciare; l'occhio ti può offrire purezza e candore o può essere iniettato di possesso, di vendetta e sangue; il corpo intero può essere a disposizione per offrire ragioni di vita o venduto a pezzetti per svendere l'amore. Da che parte collochi tutto questo? Un po' di qua, un po' di là a seconda delle occasioni, dei contesti dell'utilità, senza mai scegliere? La tua decisione è navigare a vista? Gesù è una persona decisa: devi scegliere, devi dare alla tua vita la forza indispensabile per esplodere, devi buttarti dalla parte della vita non importa se monco o zoppo o con un occhio solo; la potatura della fede è indispensabile per una vita piena. La potatura è croce Ma se uno è deciso così che cosa gli può accadere? Si può scatenare una festa impegnativa A Gerusalemme quel giorno s'è scatenata l'accoglienza: festa, gioia; qualcuno ha sentito parlare di Gesù, l'ha visto alla televisione, ha capito come sa tener testa ai potenti, ai furbi marpioni, s'è sentito nascere una speranza ormai sepolta dalle frane della vita ed esce di casa, viene travolto da una massa di giovani che scatenano la festa a Gesù. Non c'è il minimo di calcolo e di prudenza in tutto questo. Sono loro i giovani, i soggetti di questa festa. Sono loro che cercano, si entusiasmano, intuiscono, smuovono, fanno nascere in chi li incrocia sogni spenti, nostalgie, amore. Sono pronti a battersi per qualcosa, per qualcuno. Sono la voce della coscienza, della natura, del mondo. La gente per bene è stizzita e dice a Gesù di porre fine a questa gazzarra indegna di un momento solenne come la Pasqua, che esige raccoglimento, concentrazione, forse astrazione. Non fanno conto che i dipendenti proprio di loro, gente per bene hanno allestito un mercato per fare soldi nel tempio. Gesù dice: se non li lasciate esplodere grideranno le pietre. Che cosa griderebbero? la voglia di vivere, la sete di libertà, il sogno di un mondo pulito, la forza dell'amore. Canterebbero un canto di gioia al Creatore. Diceva un ragazzo qualche anno fa in un suo romanzo: "e ogni mattina Dio srotolava un cielo talmente azzurro con certe nuvole di ovatta candida che era impossibile non gridare di felicità e affacciarsi al balconcino o uscire in strada e resistere alla tentazione di gridargli: grazie capo, non lo dimenticheremo". Gesù è da questa parte, dalla vostra parte e vuol interpretare le vostre aspirazioni: le prende su di sé. Sa che volete essere veri, che incontrerete difficoltà, tradimenti, gente che venderà i vostri sogni e li cambierà in telenovele: paga lui per primo, affronta la croce, perché ogni uomo, ogni giovane nel momento della prova possa contare su di lui, che ha trapassato la morte e l'ha vinta. Gesù anche se resterà solo scommette sul coraggio dei giovani oltre lo smarrimento, la debolezza, l'incostanza e la paura. Ma a lui che cosa capita? Ma prima o poi si stringe il cerchio della morte Attorno a Gesù si stringe il cerchio di chi lo vuol uccidere. È troppo ingombrante la sua presenza. Tutti i giorni non perde occasione per destabilizzare una fede comoda, ha parole che ti penetrano come spada, insinua il dubbio là dove ci eravamo costruiti certezze e equilibri con tanta pazienza. Gesù è sempre Lui, in questi anni, non s'è data nessuna calmata. Va bene qualche bella predica per scaldare gli indifferenti, qualche bella riflessione che anche i preti del tempio ogni tanto offrono, ma adesso è troppo. Non se ne può proprio più! Gesù si è allargato troppo. E comincia la trama, lentamente ma sapientemente gli fanno mancare la terra sotto ai piedi Meglio che muoia lui piuttosto che se ne perdano molti. Gesù lo sa: se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; si chiude in se stesso non dà la vita, si tiene tutto per sé. Chi ama la sua vita la perde; occorre donarla. Ma è dura. Gesù non è uno stoico, che non sente niente, che va avanti imperterrito. Ha un cuore di uomo attaccato alla vita, un cuore giovane sensibile all'amore, all'amicizia. Dice la Bibbia: Cristo… offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime… Ora l'anima mia è turbata. Nel Getsemani è impaurito e angosciato, quasi disorientato, ha il pianto in gola come ciascuno di noi. La sua angoscia però non è quella del dubbio, ma è il dolore che accompagna l'obbedienza consapevole del male che si abbate su di lui. È una angoscia che non mette in crisi la sua fiducia. Sa di avere un padre dolcissimo e in queste mani si abbandona. Il chicco che muore non si consuma in una terra cruda e spietata, ma nelle braccia di un padre che dà vita. Guardare la croce allora è sentirla piantata nelle braccia di un Padre. Avessimo tutti un padre così! Ma la preghiera che tutti ricordiamo, che abbiamo imparato da bambini dice proprio: Padre nostro. Ci possiamo contare! Il papa quest'anno ci aiuta a capire che cosa comporta per noi questa croce: Gesù vi cammina davanti e domanda a ciascuno di fare quanto Lui stesso ha fatto. Dice: io non sono venuto per essere servito, ma per servire; così chi vuol essere come me sia servo di tutti. Io sono venuto a voi come uno che non possiede nulla; così posso chiedere a voi di lasciare ogni tipo di ricchezza che vi impedisce di entrare nel Regno dei cieli. Io accetto la contraddizione, l'essere respinto dalla maggioranza del mio popolo; posso chiedere anche a voi di accettare la contraddizione e la contestazione, da qualunque parte vengano. In altre parole, Gesù domanda di scegliere coraggiosamente la sua stessa via; di sceglierla anzitutto "nel cuore", perché l'avere questa o quella situazione esterna non dipende da noi. Da noi dipende la volontà di essere, in quanto è possibile, obbedienti come Lui al Padre e pronti ad accettare fino in fondo il progetto che Egli ha per ciascuno. Rinnegare se stessi significa rinunciare al proprio progetto, spesso limitato e meschino, per accogliere quello di Dio: ecco il cammino della conversione, indispensabile per l'esistenza cristiana. Gesù non chiede di rinunciare a vivere, ma di accogliere una novità e una pienezza di vita che solo Lui può dare. "Prenda la sua croce e mi segua". Prendere la croce non si riferisce primariamente al dovere di sopportare con pazienza le piccole o grandi tribolazioni quotidiane; né, ancor meno, intende essere un'esaltazione del dolore come mezzo per piacere a Dio. Il cristiano non ricerca la sofferenza per se stessa, ma l'amore. E la croce accolta diviene il segno dell'amore e del dono totale. Portarla dietro a Cristo vuol dire unirsi a Lui nell'offrire la prova massima dell'amore. Alla fine però occorre sapere che la storia della croce ha un finale inaspettato. La fede però è sempre un atto intellettualmente onesto e umanamente sensato. Se tutto finisce sulla croce dove è l'onestà e la sensatezza? Quella croce conficcata su una sporgenza di roccia più simile al cranio di un enorme teschio, piuttosto che a una collina, sembra dirci che non c'è niente di nuovo sotto il sole. Fotografa gli ultimi illusi di 2000 anni fa, in attesa di altri che li seguiranno. C'è sempre qualcuno che tenta di uscire dalla monotonia della vita, di dare uno scrollone alle sventure, di osare dare gambe ai sogni, ma la legge inesorabile della morte azzera tutto; quella croce riporta tutti a una infinita partenza. Dice Luca, dopo aver descritta la tragedia del luogo del teschio, dopo aver descritto il finale per nulla americano del personaggio Gesù: "le donne, il giorno di sabato, osservarono il riposo secondo il comandamento". La legge si riprende la rivincita, dopo che se l'era presa la morte. E questa normalizzazione continua. - con le incombenze pratiche di un funerale, che in genere ti offrono un alibi al dolore - con la triste gita fuori porta per dirsi tra amici la delusione - con il gesto nobile di Giuseppe d'Arimatea che tenta di rendere un minimo di onore e un uomo tutto sommato giusto, anche se un po' ingenuo. - con le formalità burocratiche. Pilato viene continuamente disturbato. Ha mai avuto tanto da fare per la morte di un delinquente: prima la moglie che non dorme, poi non va bene la scritta sulla croce, poi sembra morto troppo presto, poi il permesso di toglierlo dalla croce, poi la paura che trafughino il cadavere…… Ma non lo avevano fatto ammazzare per metterci sopra una pietra?! No. La domenica, l'alba di quel giorno dopo il sabato si porta una novità esplosiva. Lui là non c'è più: scoppia la sua presenza ovunque; la santa Sion, il luogo in cui impauriti e delusi si erano rifugiati gli apostoli è in subbuglio. C'è un incrocio di voci, di esperienze sorprendenti. E infine c'è Lui: Gesù. È lui. Non è un fantasma, una sorta di presenza da x-file. Non è la forza del ricordo. Non è un morto ritornato in vita. Lazzaro ci ha sorpreso, ma ha spostato solo la data della sua morte. Lui c'è ed è in vita, una vita nuova piena, inedita: quella di prima tutta in carne pelle ossa, corpo e sentimenti, sguardi e affetti, ma radicalmente nuova, inserita in una esplosiva novità. È un modello nuovo di vivente, l'apice cui doveva giungere la vita, da quando Dio l'aveva creata. Ed è vita definitiva per tutti noi. La fede resiste, cresce, si fortifica, se la doni. Annunciamo la fede che abbiamo oppure abbiamo la fede che annunciamo? È un gioco di parole per domandarci: il dono della fede è qualcosa di consolatorio da tener prezioso, di cui fare scorta e da offrire quando siamo sicuri di averla senza perderla (annunciare la fede che abbiamo) oppure la fede che abbiamo è soltanto quella che siamo chiamati a mettere a disposizione di tutti (abbiamo la fede che annunciamo!), è resa viva e vera solo quando la comunichiamo? I discepoli di Gesù ancora non hanno ben capito la proposta travolgente che Gesù sta facendo, l'hanno ascoltato, ne sono rimasti affascinati, hanno vissuto con lui un po' di tempo e subito si sentono dire: andate! li mandò a 2 a 2 senza pane, né bisaccia, né denaro: solo con un paio di sandali per camminare. Non hanno certezze, sono inaffidabili, i dubbi li assaliranno, la gente non farà il tifo per loro: una cosa è certa capiranno che cosa è il Regno di Dio mentre ne metteranno la vita al servizio; la loro fede crescerà mentre la offriranno come dono. Tante nostre vite di fede sono stanche senza senso perché quando abbiamo dubbi anziché metterci a confronto, anziché osare di coinvolgere altri nella nostra faticosa adesione al vangelo, ci mettiamo allo specchio e continuiamo a guardarci addosso. La fede cresce se la doni, il Vangelo diventa luce anche per te se lo poni sulla finestra perché tutti lo vedano.

 

Sia lodato Gesù Cristo