Guido
Seborga, giornalista,letterato, poeta pittore, nacque a Torino
nel 1909. Il suo vero cognome è Hess, figlio dell’alpinista
Adolfo, che con Kind introdusse lo sci sulle nostre montagne. La
scelta dello pseudonimo Seborga, piccolo paese ligure
dell'entroterra di ponente, è legata all'amore per il mare e a
quello che considerava un punto di riferimento nel ritorno
dei suoi viaggi
all'estero.
Bordighera e il
suo entroterra sono lo sfondo dell’attività di letterato, il
fascino della Valle delle Meraviglie e del mare del ponente
ligure sono preciso riferimento al segno ideografico della sua
pittura.
La
formazione di Guido avvenne nella
Torino antifascista di Augusto Monti (di cui era stato
allievo) e di Felice Casorati, di Gobetti e poi di Mila e di
Bobbio, conosciuti fin dai tempi del D’Azeglio, ma la sua
insofferenza all'ordine lo spinse a cercare nuove
esperienze a Berlino, poco prima dell'avvento del
nazismo, poi a Parigi, luogo amatissimo.
A
Torino strinse amicizia con Umberto Mastroianni arrivato nel '28
da Roma, con Luigi Spazzapan, Mattia Moreni, Oscar Navarro, Raf
Vallone,
Vincenzo Ciaffi
, Albino Galvano, Piero Bargis.
I
lunghi portici di via
Po, corso Vittorio e via Pietro Micca
furono l’ambiente in cui questo gruppo passeggiando
discuteva di tutto in totale libertà, protetto dall'oscuramento
bellico. Racconta A. Cazzullo (I ragazzi di via Po, 1997) che
tali discussioni ripresero nel dopoguerra lungo il medesimo
percorso oppure ai tavolini del
bar Patria
di piazza Castello o, più tardi , al
caffè Torino
“..gli piaceva stare al caffè. Si stava bene insieme..”
ricorda Edoardo Sanguineti nel suo intervento nel numero de “
La Riviera Ligure
” dedicato a Seborga (maggio 2004). E c’erano anche Augusto
Monti e Amedeo Ugolini e il futurista Mino Rosso.
Fece
parte del gruppo antifascista torinese
di Casalegno, Ciaffi, Navarro, Silvia Pons, Anna
Salvatorelli, Raf Vallone,
Giorgio Diena
che, fondendosi con
il nucleo di GL di
Giorgio Agosti
e Galante Garrone, diede vita nel 1942 al Partito d’Azione (
G. De Luna, Storia del Partito d’Azione 1997). La matrice
antifascista lo indusse all'azione, alla diserzione dalle guerre
e alla partecipazione alla lotta partigiana nelle brigate
socialiste "Matteotti", del cui direttivo fece parte
fino agli anni settanta. Fu tra i componenti del
C.L.N.
Dall'azione
diretta passò nel primo dopoguerra all' attività politica nel
Partito Socialista, di cui aveva tentato la ricostruzione ancora
prima della guerra. A Roma con Basso diresse la rivista
"Socialismo" ed entrò nelle vicende della direzione
del partito, occupandosi anche della propaganda del Fronte
Popolare.
Già
presente dagli anni '30 sui maggiori periodici culturali
italiani (Circoli, Campo di Marte, Prospettive, Letteratura,
Maestrale), redattore dei quaderni “Il Dado” e
“Girasole” di Maria Luisa Spaziani,
nel dopoguerra contribuì alla riapertura della redazione
torinese del " Sempre Avanti" poi ridiventato
"Avanti", fu giornalista sui quotidiani e sulle
riviste della
sinistra italiana
e internazionale, occupandosi dei temi della cultura e
dell'impegno, della critica d'arte e dell'attualità.
Partecipò
a Torino con Ada Gobetti, Franco Antonicelli, Casorati, Mila, ,
Umberto Mastroianni, Menzio,
Norberto Bobbio ed
altri alla fondazione dell'Unione
Cultura
le a cui dette un contributo anche negli anni successivi.
Seborga fu tra gli
organizzatori dell'allestimento del “Woyzeck” di Buchner
interpretato da Raf
Vallone, con cui nel
’46 riaprì il teatro Gobetti.
Nel
febbraio del 1951 al CUT (Centro Universitario Teatrale ) fu
messo in scena il suo dramma “Spartaco”
A
Parigi, dove fu direttore di "Italia Libera" e
collaborò a "Europe" e "Editions de Minuit",
scrisse per i giornali italiani di quell'ambiente di intensa
attività culturale e artistica dei surrealisti, del Café
Flore, di Sartre, Vercors, Artaud, Eluard, Tzara, di Picasso, di
Severini e Franchina e che lui ben conosceva dall'anteguerra,
raccontando di teatro, cinema, musica, letteratura, pittura.
Nel 1948
Mondadori pubblicò nella prestigiosa Medusa degli italiani
"L'uomo di Camporosso", nel 1949 "Il figlio di
Caino" accolti dalla critica italiana e straniera con
interesse e giudizio positivo. Letterato di forte intonazione
realista, Seborga racconta di un mondo di diseredati che
combattono per la sopravvivenza, in una terra aspra e dura, in
cui lavoro è fatica e difendere le proprie convinzioni diventa
pericoloso in un'epoca di regime.
Seguono
altri quattro titoli tradotti in diverse lingue e un diario
uscito nel '68.
Tutti
questi romanzi furono ripubblicati.
I
personaggi di Seborga fanno parte del dramma del vivere sia nel
bene che nel male, per cui non sono possibili evasioni se non a
rischio della mistificazione e pertanto della complicità con la
società e con se stessi. Per Seborga il pericolo è la violenza
sull'uomo da parte dalla società tecnico-industriale, a cui
egli oppone il rigore di una moralità gobettiana che si
richiama all'impegno civile .
Affiancò
all'attività di scrittore quella di poeta, presente fin dagli
anni giovanili e approdata nel 1965 alla prima di tre raccolte
" Se avessi una canzone" in cui dominano il mare, il
sole, il vento, le aspre valli di confine di una terra di ulivi
e viti, selvaggia come i suoi abitanti. E' lo stesso mondo
presente nei racconti. Partecipò all'esperienza
politico-musicale del gruppo torinese di Cantacronache, nato per
una proposta musicale alternativa alla canzonetta di consumo.
Altre poesie furono musicate negli anni seguenti.
Il
suo amore per la città di Bordighera si manifestò negli anni
anche con una concreta e attiva partecipazione alla vita
culturale del ponente ligure. Seborga, negli anni '50-'
60, a
Bordighera, fece parte dell'organizzazione e della giuria, che
più volte presiedette, del premio di letteratura e pittura
"Cinque Bettole" insieme a personaggi di rilievo quali
Calvino, Vigorelli, , Betocchi, , Balbo, Sbarbaro ,
Bo, Pivano, Tecchi in cui furono premiati, fra gli altri
Berto, Caproni,
Natta, Tomizza, e i giovani
Gambarotta e Biamonti. Contribuì negli anni ’60 –
’70 alla creazione e allo sviluppo dell’Unione
Cultura
le Democratica di Bordighera nei cui locali furono organizzate
mostre, dibattiti, conferenze, opere teatrali.
Se
i versi furono il leit-motiv che percorse tutto l'arco della sua
vita, fin da bambino fu affascinato dalle incisioni rupestri
della Valle delle Meraviglie, che costituiscono il legame ideale
fra poesia e pittura: dagli anni '60, nella sua casa di
Torino in corso Galileo Ferraris, riprese a disegnare e
dipingere creando nelle "ideografie" una forma di
pittura originale che unisce il segno dinamico e le nere
silhouettes di figure arcaicizzanti alle contrastanti accensioni
cromatiche degli sfondi in cui esse si profilano.
Come
pittore visse un periodo di grande entusiasmo e di attività
molto intensa, nel quale restò vicino ai giovani con cui era
sempre disposto a mettere in comune le sue conoscenze e a
collaborare alle loro iniziative culturali e artistiche. Furono
allestite molte sue mostre tanto nelle gallerie torinesi quanto
a Milano e all’estero.
Si
ammalò gravemente e morì a Torino nel 1990, dopo una vecchiaia
che l'aveva duramente colpito, limitandogli in modo
insopportabile quella libertà e quella autonomia alla quale
aveva tenuto per tutta la vita.
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