La critica di Nic Giaramida
Ricordo quanto ebbe a dire Luciano Minguzzi: "Le arti non si insegnano, nessuno diventa artista attraverso la scuola ed è questa una verità che non ha bisogno di "verifiche"; le regole servono a studiare e magari a capire, solo fino ad un certo punto, oltre non possono e non devono andare. indubbiamente la linea e il verso potranno uscire più puliti, tecnicamente più perfetti, ma senza l'estro, lo stile, il recondito intendimento dell'artista nulla si potrà fare: l'invenzione e la creazione rappresentano un mondo che non può essere assolutamente casuale"
Questa premessa era necessaria per
illustrare meglio e "capire" Salvatore Giambanco: un pittore distinto
che nega la necessita del preziosismo tecnico per potersi esprimere con la
massima libertà, non da ribelle ma da profondo conoscitore e studioso del mondo
che lo circonda, e per mondo intendo non solamente quello fisico ma anche quello
umano e sociale; in funzione di questo intendimento va vista l'arte di
Giambanco..... |
Da
tutto questo nasce la rabbia verso gli sfruttatori di sempre di una Sicilia nata
povera e sempre vissuta nel dramma della solitudine e dell'isolazionismo.
Interpreti di una società offesa e umiliata vivono la propria "commedia umana" in un clima di inesorabile destino e di tolstoiana fatalità. Attraverso l'umiltà delle figure e dei paesaggi giambanchiani s'erge gigantesca una ricchezza morale che nessuna arroganza "omnida" potrà mai distruggere né scalfire.
L'autore pertanto
procede con volontà alla denunzia della storia e i personaggi da accusati
divengono, come per incanto, accusatori non inneggiando alla rivoluzione
ma ammonendo con l'indice puntato che s'eleva dal lavoro dei campi e che
pare volesse dire:"...giorno verrà, verrà giorno in cui...".
Il tema, pertanto , del paesaggio siculo o della gente dei campi non sta a
dimostrare in mondo che va scomparendo, d'altronde sarebbe mostrare una
spiegazione banale e fin troppo semplicistica poiché il contadino qui
non è rappresentante del mondo del lavoro, bensì un mezzo per
rappresentare l'epica battaglia dell'uomo contro le preponderanti forze
del male e dunque del classismo e dell'egemonia di pochi.
....pittore di rara "sensibilità" artistica percepisce e trascrive i moti dell'animo arrivando a produrre in noi la sensazione di "luce" traducendo che anche le agavi hanno un linguaggio ed uno spirito propri e osservano, partecipando, l'odissea dell'uomo. Lo
spazio non diviene cavità vuota né solo fatto visivo ma realtà vissuta e
"creata" fino all'ipotesi che è la natura che tende a imitare
l'artista. |
Nic
Giaramida
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