Molto da segnalare    di    Alessandro Zucchini

 SI CHIAMA "RAS" il progetto della Regione Autonoma della Sardegna per il censimento dei propri beni culturali. RAS non è comunque il mitico acronimo "Rien A Signaler" della Legione Straniera. Anzi, in questo caso ci sono proprio molte cose da "segnalare". Con qualche difficoltà perché, come spiegano i colleghi sardi negli articoli che seguono, le esperienze pregresse nel settore della catalogazione non erano state "le più felici".  Quali sono allora le garanzie (scientifiche, metodologiche) "messe in campo" dall'Istituto per i beni culturali?   È utile a questo punto ricordare brevemente i passaggi che hanno portato l'IBC e CRC ad acquisire conoscenze sulla gestione di progetti catalografici a larga scala (territoriale, temporale nonché finanziaria) con l'utilizzo delle metodologie catalografiche predisposte dell'ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Fra i compiti assegnati dalla Regione Emilia Romagna all'IBACN, viene indicato all'ari 2 lettera a): "provvede alla costituzione  ell'inventario regionale dei beni artistici, culturali e naturali e, a tal fine, definisce programmi e metodologie uniformi per il censimento di detti beni ed elabora il materiale in relazione alle esigenze della Regione, delle Province e dei Comuni". Nel perseguimento di questo obiettivo l'IBACN ha anche partecipato a partire dal 1987 ai progetti speciali attivati dallo stato nel settore della catalogazione dei beni culturali (Vedi dettaglio nel riquadro).   Alla fine del 1995 con questi progetti erano state prodotte, collaudate, archiviate e consegnate alla committenza 61.000 (sessantunomila! ! !) schede catalografiche con foto e disegni sui beni storico-artistici, archeologici e architettonici. La scheda oltre al modello cartaceo è anche stata informatizzata. Per  la sola parte riguardante la L.145/92 di competenza della regione, si sta provvedendo ad digitalizzare le foto allegate alle schede catalografiche.   È per non disperdere il patrimonio di professiona lità formate con il primo progetto relativo ai "giacimenti culturali" (10 MLD, 100 addetti, 3 anni di  lavoro, migliaia di schede prodotte, e collaudate dalle Soprintendenze a norma ministeriale, copertura completa di un'area di otto comuni nel   Reggiano) che viene costituito il Centro Regionale  per il Catalogo e la Documentazione (CRC) che  vede la quota maggioritaria (69%) in possesso   dell'IBACN, il 20% del Comune di Bologna e il  restante 11 % a privati.   CRC è stato ed è esecutore, in alcuni casi in "associazione temporanea di imprese", degli altri progetti  catalografici  a larga scala finanziati   esclusivamente dallo Stato o cofinanziati da Stato e Regione.  Negli incontri avuti con i funzionari sardi a partire  dal marzo 95 ci è stato descritto il progetto  Censimento dei beni culturali della Regione  Autonoma della Sardegna, indicando chiaramente,  quali erano gli obiettivi, le risorse e i nodi da sciogliere per renderlo "esecutivo". I funzionar! sardi hanno assistito al corso di formazione, che CRC ha tenuto nel giugno del 95, per i catalogatori che dovevano essere attivati nell'ambito delle attività riferite alla L.R. 20/90 in materia di musei. In quella sede si illustravano le modalità organizzative e operative per la gestione dei progetti  e  il  sistema  informativo/informatico  a   supporto dell'attività di catalogazione. Nella stessa occasione sono stati anche illustrati i risultati del progetto "84/90", gestito dallo stesso CRC, appena concluso e collaudato. Questi primi scambi di informazioni, e l'evidente affinità di strumenti e obiettivi fra il loro progetto e quelli citati in precedenza, erano un valido terreno per iniziare un confronto più approfondito che verificasse la "trasportabilità" in Sardegna del nostro "modello organizzativo e operativo". Ma perché in un progetto di catalogazione, quindi con evidenti e fondamentali contenuti scientifici, si è discusso principalmente del "modello organizzativo e operativo"? Non basta forse assicurarsi il numero necessario di professionisti sulle varie tipologie della catalogazione (che non mancano affatto  in Sardegna) e attivarli sul territorio?.  La risposta sta nella differenza che esiste fra catalogare la collezione di un museo per produrre una  pubblicazione e fare la stessa cosa ma con l'obiettivo anche di farne una componente del più vasto e obbligatoriamente uniforme "Catalogo Unico dei  Beni Culturali della Regione ....". Non viene coinvolta in questa sostanziale differenza la validità   scientifica (intesa come disciplina) della catalogazione, che deve essere la stessa, ma tutti i processi  ante e post che rendono "normalizzata" questa  operazione (il rispetto delle norme catalografiche  ministeriali è condizione necessaria, ma non sufficiente) e fanno sì che gli stessi dati vengano trasferiti   elettronicamente  all'ICCD  e  entrino  a  fare   parte  del "Catalogo Unico dei Beni Culturali d'Italia".  Non solo. Gli stessi dati sono la base per l'arricchimento dei "vocabolari specifici" delle voci catalografiche, del repertorio degli Autori e della  Bibliografìa. Questo arricchimento non è fine a se  stesso, ma è rimesso in circolo alla partenza per  ogni nuova campagna catalografica (anche banalmente per evitare di rifare continuamente le stesse cose). Questi concetti sono patrimonio da diversi anni del mondo delle biblioteche, dove è regola di vita , vista la "serialità" dei libri , attenersi alle strette norme di catalogaziene per raggiungere l'obiettivo del Catalogo Unico, ma la "non serialità" di altri beni non può essere usata come scusante per la mancata normalizzazione della catalogaziene.  Il  modello  organizzativo  e  operativo  che  si   intende  adottare in Sardegna ha come base quanto appreso  da CRC nella gestione logistica dei progetti catalografici su larga scala in Emilia-Romagna e le esperienze dirette dell'Istituto per gli aspetti informatici rivolti alla divulgazione del proprio patrimonio. Il  risultato,  credo  non  banale,  di   queste esperienze è l'accessibilità, con vari livelli di riservatezza, delle informazioni archiviate, sia in forma cartacea che elettronica. Altro elemento chiaro e vitale per le biblioteche, un po' meno per gli altri. Da adesso in poi il progetto è ribattezzato BAS "Beaucoup A Signaler".

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