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La Pianeta di Leonardo Alagon

Rita Pernice

 

jacquard.jpg (67780 byte)In Sardegna la tessitura della seta è storia recente: prima del XIX secolo nell'isola mancava sia la materia prima che i tessitori esperti in tale lavorazione'. Per soddisfare le esigenze dettate dal prestigio della propria condizione sociale, i membri delle classi più agiate e, soprattutto, i rappresentanti del clero sardo - spesso forestieri e di origine nobile - acquistavano i raffinati prodotti serici delle grandi manifatture continentali che venivano forniti loro principalmente dai mercanti genovesi, attivissimi nell'isola sin dal Xll secolo.

Col passare del tempo, i raffinati vestimenti cadevano in disuso a causa del repentino deterioramento della fibra tessile e per via dei cambiamenti della moda che, anche in Sardegna, subiva i condizionamenti delle sempre più allettanti proposte del mercato europeo; perciò i capi di vestiario in seta venivano disfatti e, in tempi più recenti, i pezzi diversamente utilizzati, per farne corpetti di abiti folkloristici. 

Grazie al valore sacrale che si  attribuiva agli arredi liturgici, molti antichi parati di seta sono stati custoditi nel corso dei secoli e possono ancora essere ammirati quali preziose testimonianze non solo dell'arte tessile del passato, ma anche delle relazioni commerciali tra la Sardegna e i territori – principalmente la Spagna, la Francia e il continente italiano - da cui essi provengono.

           In questa sede verrà presentato, come esempio dell'alta qualità del patrimonio tessile sardo, il più antico e pregiato paramento sacro conservato nell'Aula Capitolare adiacente alla Cattedrale di Oristano, emblema dell'antico fasto della diocesi arborense. La storia di quest'ultima si intreccia con quella civile ed economica della città, che vanta una posizione geografica ideale per la coltura delle terre e l'allevamento del bestiame.

           All'incirca dal X secolo sino al 1478 - anno della battaglia di Macomer, che segnò la definitiva vittoria degli Aragonesi sui Sardi - Oristano fu sede del ricco e potente Giudicato di Arborea, l'unico che riuscì a resistere alla conquista aragonese per quasi un secolo. L'allora felice condizione economica e sociale del Giudicato dovette influire positivamente sulla diocesi arborense, i cui vescovi, grazie alla loro intraprendenza ed ai proventi delle rendite ecclesiastiche, dovevano essere tra i possidenti più ricchi del territorio2.

        È nota la magnificenza, a quell'epoca, degli arredi della Cattedrale, di cui poco è rimasto in seguito al saccheggio del 1637 ad opera del soldati francesi - sbarcati ad Oristano nel  corso  della  guerra  dei -Trent'anni - che trafugarono utensili sacri d'argento, preziosi monili e paramenti liturgici.         

        Alcuni di questi beni furono recuperati dai Sardi, che riuscirono a battere i Francesi nella battaglia del Rimedio e a strappar loro quattro stendardi con l'insegna dell'aquila nera dei Lorena, che ancora campeggiano ai lati del transetto della Cattedrale oristanese. Risulta dunque eccezionale la conservazione del prezioso manufatto serico noto come "la pianeta di Leonardo Alagon" , dal nome dell'ultimo giudice del regno di Arborea che, secondo un'antica tradizione, ne fece dono intorno al 1470 alla Cattedrale di S. Giusta  (nell'omonimo paese vicino a Oristano, sede vescovile dal 1137 al 1515 e successivamente inglobata in quella oristanese).

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