traccetesto

 

Tracce d'Identità 

 

artisti sardi del primo novecentoTracce .jpg (34087 byte)

    Fulcro nodale di molte delle tendenze e pratiche espressive che individuano le estetiche emerse nel corso del Novecento, il tema, spesso nomadico, dell'identità ritoma prepotente in quest'ultimo scorcio di secolo. Appare quindi legittimo, in un tale contesto, il desiderio di riscoprire e rivalutare, attraverso le tracce asciate dai grandi maestri dell'arte figurativa del primo Novecento isolano, la matrice 'genetica' di un'identità condivisa.

    La mostra ''Tracce d'identità ', pur nella consapevolezza dei limiti imposti da una scelta tematica e tecnica, vuole essere dunque un percorso a ritroso nel tempo, uno sguardo attento alle origini di quella particolare produzione artistica che liberatasi dalle pastoie accademiche e folkloristiche della vieta tradizione ottocentesca sarda, ha tracciato le  coordinate dalle quali hanno successivamente preso avvio le vicende del 'Moderno' nell'Isola.

    Un clima di fermento e rinnovamento culturale attraversa la Sardegna agli inizi del xx secolo, coinvolgendo intellettuali, scrittori e artisti isolani in un processo di pensiero che porterà all'individuazione e al consolidamento di un nuovo concetto di identità – da intendersi ora come recupero progettuale e germinativo di un passato troppo spesso vissuto come eco di arretratezza culturale - e che, conseguentemente, condurrà all'elaborazione di modalità espressive ed estetiche altre rispetto a quelle precedenti, in linea dunque con quanto va ormai definendosi in più parti d'Europa.

    Così, fittamente intrecciata alle trame delle vicende culturali dell'Isola, ma attenta anche alle poetiche che variamente modificano lo scenario artistico del continente europeo, l'arte figurativa del primo Novecento isolano si colloca fra tradizione e innovazione, in una dimensione che concilia le mitologizzazioni risolte in chiave primitiva o monumentalista di Giuseppe Biasi o Filippo Figari con le letture pacate, disincantate o sofferte della realtà quotidiana di Antonio Ballerò, di Carmelo Floris, di Mario Delitala.

    Nei primi decenni del secolo il rinnovato potere seduttivo della tradizione, evocato attraverso  motivi iconografici - processioni, feste campestri, cavalcate, costumi tradizionali - che più volte ritornano pressoché invariati nei singoli artisti, è reso pittoricamente con una varietà di linguaggi spesso desunti dalle poetiche d'oltremare, di certo familiari ai pittori sardi.

     Si possono leggere in quest'ottica, tra gli altri, il periodo divisionista di Ballerò e l'esotismo secessionista di Biasi, come anche l'insolito Déco interpretato 'in stile sardo' da Meikiorre Melis.

    Al fascino straniante di una visione alterata da un filtro potentemente mitopoietico e simbolico, si sovrappone, fino a sostituirvisi poi completamente nel corso degli anni Venti e Trenta, una concretezza realista che ben riflette le circostanze storiche e sociali del tempo, tanto da consentire al rinnovato movimento figurativo isolano, in sintonia con le nuove poetiche dell'arte italiana, di intervenire attivamente nel dibattito artistico nazionale^

    Sono infatti numerosi i pittori sardi invitati a prendere parte ai più importanti appuntamenti espositivi della Penisola - quali, tra gli altri, le prestigiose Biennali di Roma e Venezia, e la Quadriennale di Torino - negli anni del primo dopoguerra. Accanto alle presenze ormai consolidate di Biasi e Ballerò, compaiono così i nomi di Delitala, Felice Melis Marini, e dei più giovani Stanis Dessy e Carmelo Floris, apprezzati protagonisti di quel realismo sociale che si svilupperà nell'Isola negli anni Quaranta e Cinquanta e di cui farà parte anche Giovanni Ciusa Romagna. In questi stessi anni emerge la figura di P:A. Manca la cui opera, distante dai dettami dell'estetica realista, esprime una personale poetica visionaria.

    Le vicende che hanno avuto luogo nell'ambito delle arti figurative, nel corso della prima metà del secolo in Sardegna, rappresentano dunque il tentativo di partecipare alla costruzione  di un'immagine moderna dell'Isola, attraverso il recupero dei valori culturali ed etnici di  un mondo arcaico e delle sue secolari e peculiari tradizioni.

    Solo una piena coscienza della propria identità, infatti, poteva permette alla Sardegna di  esprimersi con libertà e autonomia comunicativa nell'Italia di inizio secolo, come oggi,  quella stessa coscienza identitaria, che la mostra suggerisce nella sua dimensione estetica  e che emerge rinnovata nelle poetiche e nei linguaggi degli artisti sardi della più recente  contemporaneità, sostiene risola in una comunicazione attiva con la variegata e multiforme  complessità del presente.

                                                                                                                      Giannella Demuro

vedi le foto