Come si celebrava il BATTESIMO nella comunità primitiva? le grosse differenze di oggi

Strutture fondanti del cristianesimo primitivo

Gli storici sono sostanzialmente certi che la comunità cristiana ha cominciato a battezzare da subito. In altre parole, questo segno, il battesimo, è presente sia nelle comunità giudaico-cristiane, sia in quelle ellenistico-cristiane, fin dagli inizi.

Non altrettanto si può dire (anticipando gli argomenti delle prossime lezioni) degli altri segni liturgici. Per fare un po' di luce su questo problema possiamo affermare che cinque sono le strutture fondanti per la primitiva comunità cristiana:

1) Predicazione

2) Battesimo

3) Eucaristia

4) Remissione dei peccati

5) Diaconia (servizio quotidiano al prossimo)

1 Il cuore di tutto il cristianesimo è la prima: la predicazione. Attraverso la predicazione si ascoltano i testimoni che hanno conosciuto il Rabbi Gesù. Quando cominceranno a morire i testimoni, si ascolteranno quelli che li hanno conosciuti personalmente, che li hanno avuti come maestri; poi si diffonderanno i vari bigliettini su cui saranno annotati gli insegnamenti più importanti. Questi foglietti, da cui nasceranno i vangeli, sono tenuti in gran considerazione, perché contengono le parole del Rabbi in cui le comunità vedono il Messia atteso dall'inizio dei tempi. Poi questi ebrei eretici andranno oltre, perché diranno che il Rabbi da essi seguito, non solo è il Messia atteso, ma: “Questo Gesù Dio l'ha resuscitato e noi tutti ne siamo testimoni” (Atti 2,32).

La predicazione si faceva ad extra (rivolta cioè ai non cristiani), ma solo con intento conoscitivo (dare l'annuncio, la buona novella), non impositivo. Si faceva anche ad ntra, ossia all'interno, ai fratelli già convertiti, per farli crescere nella fede.

2 La predicazione, accolta, meditata, masticata, poteva portare al battesimo che era un rito di iniziazione, un gesto per indicare che si accettavano le parole del Rabbi Gesù. Chi accoglieva la predicazione era accolto dai presbiteri che erano gli anziani nella fede (il termine presbitero deriva dal greco e significa anziano).

Luca ci ricorda in qualche modo lo spirito in cui viveva questa primitiva comunità “Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.” (Atti 3,42). In realtà una delle caratteristiche della chiesa primitiva è che si faceva teologia dappertutto, nel senso che anche la gente comune era interessata ad argomenti teologici; non c'erano specialisti in materia.

3 Quelli che erano stati iniziati alla comunità, che si rifacevano alle parole del Rabbi Gesù ed aspettavano l'ultimo giorno, celebravano un altro segno, un rito di comunione, di fraternità: l'Eucaristia.

4 La remissione dei peccati avveniva in un modo diverso da come avviene ora; non c'erano, per intenderci, quegli strani arredi di legno, chiamati confessionali, costruiti apposta per esaltare la forma strettamente privata in cui avviene da secoli la confessione dei peccati.

5 La diaconia (il termine è di derivazione greca e vuol dire stare a lato del tavolo, in sostanza fare il cameriere) riassume tante forme di servizio. È una struttura molto singolare che ha portato gli studiosi a fare un rapporto tra la comunità cristiana e quella degli Esseni, i monaci di Qumran.

Una di queste forme di servizio si evidenzierà maggiormente: l'unzione degli infermi.

In sintesi: La predicazione (ad extra), se accolta, porta al rito di iniziazione (battesimo). I presbiteri accolgono il nuovo fratello e tutti insieme celebrano un rito di comunione (Eucarestia). Della nuova vita fanno parte integrale la remissione dei peccati e la diaconia. La predicazione continua anche dopo (ad intra), non più a scopo conoscitivo, ma per edificazione.

Il battesimo di Giovanni

Dai vangeli sinottici risulta che Gesù non abbia mai battezzato. E neanche che abbia ordinato di battezzare. L'analisi testuale di frasi come quella di Matteo 28,19 ha stabilito che la prima parte “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni” è attribuibile al maestro, mentre la seconda “Battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” è della comunità. Non solo, ma non ha neanche chiesto agli apostoli di farsi battezzare.

Però è certo che si è fatto battezzare da Giovanni perché suo discepolo. L'episodio è ricordato da tutti e quattro gli evangelisti, che si soffermano anche su altri particolari della vita di Giovanni (Mt 3,1-17; 4,12; 11,2-19; 14,1-12; Mc 1,4-11; 6,14-29; Lc 1,5-25; 57-80; 3,1-22; 7,18-35; Gv 1,19-42; 3,23-30; 10,40-42).

Giovanni, detto il Battista, è una figura affascinante, sicuramente storica. Si potrebbe definire un eremita politico. Eremita, perché viveva solitario nel deserto e politico, perché nelle sue invettive colpiva i costumi, i comportamenti della gente. Di lui sappiamo diversi particolari forniti da tutti e quattro gli evangelisti; dalla nascita, sia pure inserita nel midrash dei racconti dell'infanzia (Luca 1,5-25; 57-80), alla morte (Marco 6,14-29; Matteo 14,1-12). Matteo racconta pure (forse è un'elaborazione della comunità) di una commissione mandata da Giovanni il quale vuol capire chi sia veramente questo Gesù, che pur essendo dei suoi non è venuto con lui nel deserto; se sia veramente quello che tutti stavano attendendo (Mt 11,2-19).

Ha un grande seguito; tutti vengono a lui a confessare i peccati, a farsi sferzare e a ricevere questo segno interessante: un tuffo nell'acqua del Giordano che simboleggia la purificazione o, meglio, la conversione (Matteo 3,1-12). Il termine deriva dal greco bapto che significa immergere o lavare.

Il fatto di lavare il corpo nell'acqua non era originale: ci riporta a comunità alternative nate nel 2° secolo A.C. nel mondo ebraico, gli Esseni (termine che vuol dire i purificati) che si erano ritirati sulle rive del Mar Morto. Erano caratterizzati da una rigida vita ascetica nel celibato, da forte spiritualità, che si esprimeva anche nel rifiuto del sacerdozio ufficiale, dal quale erano separati perfino nel calendario religioso. Si consideravano “figli dell'Alleanza” perché prendevano sul serio l'alleanza di Dio con Abramo. Giovanni il Battista potrebbe venire da queste comunità (sembra che il nome voglia significare l'esseno), però mentre i lavacri sacri che gli Esseni compivano ogni giorno avevano un significato di purificazione (non tanto legale, come nella tradizione rabbinica, quanto ispirato ai profeti), il suo battesimo è un'investitura di lotta, una preparazione alla lotta escatologica finale. Per questo Giovanni il Battista pratica un battesimo di conversione, perdono dei peccati in vista dei tempi finali. Una forte differenza sta nel fatto che mentre gli Esseni riservavano il lavacro strettamente alla loro comunità, il Battista porta fuori quest'usanza e la estende a tutti.

Il battesimo cristiano

Il battesimo è istituito come segno a partire da Giovanni il Battista e passa poi nelle comunità cristiane. Il Battista non sapeva a che cosa avrebbe portato l'investitura, la comunità cristiana lo sa. La ragione per cui lo faranno anche i discepoli di Gesù è perché lui s'è fatto battezzare. Il significato, però è diverso.

Si viene battezzati nel nome di Gesù (Atti 10.48). Più tardi si userà la formula trinitaria. Non si tratta più di lavacro, ma di una forma d'adesione all'ultimo messaggero del Regno:

immergersi nel nome di Gesù significa immergersi nella sua autorevolezza, impegnarsi nel Regno in suo nome. Suppone assoluta fiducia in Gesù.

C'è differenza anche dal battesimo delle comunità esseniche di Qumran, dove era il monaco che s'immergeva. Nella comunità cristiana i presbiteri dicevano “Ricevi il battesimo…” (nessuno s'inizia da solo!): il catecumeno (chi si appresta a ricevere il battesimo) s'immerge, la comunità lo avalla. Da quel momento diventa responsabile; il senso di questo sostantivo è “che deve dare risposta”, rispondere di ciò che fa.

Il catecumenato non ha regole precise all'inizio. Ci sono spesso conversioni entusiastiche, spontanee ed immediate (lo vediamo soprattutto negli Atti degli Apostoli), lo Spirito scende veramente dove vuole (esempio Atti 10,44-48).

Verso la fine del II secolo nasce il catecumenato. Il sostantivo di derivazione greca katè-ekeo = riprodurre un'eco, richiama un tempo di preparazione in cui la predicazione deve riprodurre un'eco di ritorno. Questo periodo è almeno triennale e diviso in sette fasi. C'è uno scrutinio (questo termine tecnico usato in campo scolastico nasce dalla comunità cristiana), che è un tempo di due o tre anni, in cui il catecumeno è sotto osservazione (viene, appunto, scrutato, osservato dalla comunità), per vedere se risponde alla predicazione. Forte è il senso di responsabilità. Si chiede che la predicazione abbia degli effetti, per esempio nell'uso del denaro, nel praticare la giustizia, nell'assistere i poveri, nel rifiuto del giuramento all'imperatore (l'imperatore era considerato divino, quindi giurare a lui significava non dare a Cesare solo ciò che gli spetta, ma anche ciò che appartiene a Dio, il culto di latria).

Nel IV secolo, cominciando dalla comunità d'Antiochia, nascerà la quaresima come ultima fase del catecumenato: negli ultimi 40 giorni tutta la comunità è coinvolta nella preparazione dei catecumeni. I battesimi si facevano sempre nella notte di Pasqua, quindi la quaresima coincide con i 40 giorni che precedono questa festa.

Il termine sacramento dato a tutti i segni cristiani, all'inizio era attribuito solo al battesimo. La derivazione è latina: sacramentum è il giuramento militare che fanno i soldati dell'Impero Romano. Analogamente il battesimo cristiano è la preparazione all'ultimo combattimento, alla venuta del Regno.

Dopo il IV secolo prevarrà la visione di Agostino: il battesimo serve a togliere il peccato originale.

Strutture del rito

Il sacramento del battesimo ha una liturgia all'interno.

Il battesimo dei catecumeni si fa una sola volta l'anno a Pasqua. Si sceglie questa festa, perché ricorda la risurrezione di Cristo: il catecumeno, immergendosi nell'acqua, muore con lui e, riemergendo, risuscita con lui, rinnovato.

In seguito si farà anche a Pentecoste. Alla fine del IV secolo anche a Natale.

1 Il primo gesto viene compiuto al termine dello scrutinio: l'iscrizione del nome che è un accogliere la persona che si appresta ad entrare nella comunità. Il nome veniva scritto in una tavoletta. In alcune chiese in quest'occasione il nome che aveva il catecumeno veniva cambiato: da qui è venuta la nota usanza dei frati.

Dopo l'iscrizione c'era la grande veglia di Pasqua.

2 Il primo gesto della veglia era il rito dell'effatà (che vuol dire apriti! dalla guarigione del sordomuto descritta in Marco 7,32-35); nelle chiese di Milano e Roma avveniva fuori del luogo in cui si battezzava.

Subito dopo c'era l'ingresso: i catecumeni venivano completamente spogliati per essere pronti all'immersione. Uomini e donne. Alcune chiese obbligavano le donne a mettere un piccolo velo… Il vecchio abito, simbolo della vecchia mentalità, veniva lasciato fuori.

3 Il primo atto che si faceva all'interno era la rinuncia a Satana, in altre parole a tutto (beni, opere, culto) ciò che gli si riferiva. “Rinunzio a te, Satana, al tuo servizio e a tutte le tue opere” scrive Ippolito nel III secolo sulla sua Traditio Apostolica al n. 21. Questa era l'apotaxis cui si contrapponeva la sinaxis, l'adesione a Cristo

. 4 Il quarto segno è quello degli oli. Il corpo nudo veniva unto completamente con l'olio dell'esorcismo. Questo segno richiama la preparazione alla lotta: nel mondo greco-romano i lottatori si ungevano i muscoli per far scivolare le mani dell'avversario, così il battezzando è reso invulnerabile alla logica di Satana. Poi c'è l'unzione con l'olio profumato (il crisma) che richiama la missione profetica del battezzato. Egli, inoltre, viene unto come re (ovviamente nel senso di servizio), come annunciatore.

5 Finalmente arriva la mattina e i catecumeni fanno la professione di fede. Si chiede: “Credi in Gesù di Nazareth?”; più tardi si arriverà alla cosiddetta formula trinitaria, si chiederà in altre parole anche la fede nel Padre e nello Spirito. Già in Ippolito, nell'opera citata, troviamo una formula trinitaria implicita:

“Dica il battezzante, imponendogli la mano sulla testa, così: “Credi in Dio Padre onnipotente?” E il battezzando dice “Credo”. E subito, tenendogli la mano sul capo, lo battezza (immerge) una volta. Poi gli dice: “Credi in Cristo Gesù, Figlio di Dio, nato dallo Spirito Santo e da Maria vergine, crocifisso sotto Ponzio Pilato, morto e risuscitato il terzo giorno, vivo, dai morti, e asceso al cielo e che siede alla destra del Padre per venire a giudicare i vivi e i morti? … E di nuovo dica: “Credi nelle Spirito Santo, nella Santa Chiesa e nella risurrezione della carne?”E il battezzando dica: “Credo”. E così, per la terza volta sia battezzato”.

Subito dopo c'è il bagno, non solo l'immersione totale nella vasca, ma i presbiteri versano anche altra acqua sul capo. In alcune chiese, nel III secolo, i presbiteri fanno una grande preghiera sull'acqua.

Il gesto, unitamente alla professione di fede, indica un aderire completamente alla logica di Cristo di tutto l'essere (l'acqua va dappertutto).

6 Dopo l'immersione il vescovo segna con l'olio sulla fronte: “Ricevi il dono dello Spirito”. Con l'imposizione delle mani da parte dei presbiteri, il battezzando riceve il mandato: “Vai ad iniziare la lotta per il regno”. Il neofito viene rivestito con una veste bianca (onde il nome di candidato), simbolo della vita nuova.

Bibliografia

LEONARDO BOFF “I sacramenti della vita” - Edizioni Borla

SALVATORE MARSILI “I segni del mistero di Cristo” (Capitolo II Il Battesimo)