"Far
parte di un CORO significa praticare un esercizio di PAZIENZA che alla fine
porta come pregevole premio la CREATIVITÀ".
(P.Cilento)
'Far
stare insieme delle persone in modo che formino un GRUPPO (con le loro
personalità, Ie loro motivazioni, i loro problemi, le loro vocazioni a
comunicare, le loro voci) significa far sì che l' INDIVIDUO, rimanendo
individuo e sentendosi arricchito e maturato nella sua realtà di individuo,
sperimenti di essere organo creativo di un gruppo, gruppo come organo composito
che per vivere ha bisogno della vita del singolo, anzi è la materializzazione
potenziata della vita del singolo. In questo senso il CORO, lungi dal
mortificare l'individuo, lo promuove e lo valorizza nella sua unicità
creativa."
(B.Streito)
"Gli ingredienti base per una buona cucina corale sono:
COSCIENZA
implica senso di responsabilità, preparazione, aggiornamento
OPEROSITA’ implica amore per il proprio lavoro, capacità di dare e di darsi, capacità di gioire insieme
ORDINE
implica intelligenza strutturale, equilibrio, conoscenza
(B.Streito)
"
La prassi musicale è una forma di CONOSCENZA
SIMBOLICA:
essa si presenta come mediatrice verso una sfera di esperienza altrimenti
inaccessibile, che non può comunque mai esaurire se non perpetuandosi in
continuazione come prassi; regno quindi della ridondanza, di una ripetizione che
non significa mai identità, ma ripresentarsi incessante delle infinite varianti
che sempre accennano l'indicibile".
(G.Moschetti )
"
Gesto e frase musicale sono una cosa sola. In questa prospettiva il respiro non
è più un mezzo attraverso il quale si f a musica, ma si fa musica, così come
la musica si fa respiro".
(G.Moschetti )
"
Il SUONO si determina qualitativamente,
mentre la NOTA dà solo informazioni quantitative. Sapere a
memoria una frase musicale assomiglia di più al ripercorrere una strada ogni
volta più ricca di particolari che al recitare una serie di note consecutive.
Quando la parte è STUDIATA a MEMORIA, quando cioè ('immagine comincia ad avere
una sua autonomia nella coscienza, è sufficiente che io la evochi perché essa,
quasi da sola, si presenti e si sviluppi. Ogni volta scoprirò in essa qualcosa
di nuovo e di imprevisto ed una nuova sfumatura andrà a sovrapporsi alte
precedenti. Ogni ripetizione diventa così una sorta di nutrimento con il quale
l’immagine cresce e si f a più completa".
(L.M. Lorenzetti )
"
La CULTURA del CANTO CORALE non è un lusso estetico bensì una necessità del
vivere civile per la creazione di nuovi e proficui rapporti sociali. Accorda
inoltre a ogni uomo la possibilità di essere creativo e dare con ciò senso e
gratificazione alla propria esistenza. Il riscatto da
una
condizione depauperante, da una quotidianità pregna di abulia e priva di
conoscenze, si offre potenzialmente ad ogni persona che decida di far parte di
un gruppo corale. Rinunciare a questa esperienza significa perdere
"UNA" delle possibilità per rendere la sofferenza esistenziale più
sopportabile".
(L.M.
Lorenzetti)
" E altrettanto ARTIGIANA è l'officina del corista e del direttore di coro, soprattutto se questa esperienza di formazione avviene e viene mantenuta in un clima di DILETTANTISMO non nel senso negativo e deteriore con cui viene usato solitamente questo termine, ma in quello estremamente positivo e fecondo che è la sua traduzione letterale: di FARE CON DILETTO".
(L.
M. Lorenzetti)
"
Il FRASEGGIARE: l'eloquenza della musica.
Cantare significa esistere, significa disegnarsi nel mondo. Far nascere un suono significa dar vita alla presenza, così come farlo morire significa chiudere con questa presenza, significa molto da vicino morire. Il presentarsi del suono è un apparire al mondo, è un gesto per il quale occorre sempre qualcosa che somiglia al coraggio, è un momento nel quale occorre sempre chiudere gli occhi e dirsi "via!". Ma chiudere una frase è anche più difficile. Ogni frase musicale è una vita, un microcosmo con il suo asse del mondo, il suo centro di riferimento, i suoi tramonti, le sue aurore. Sarà facile far nascere una frase se si avranno le idee chiare sul suo morire; una nascita contrastata ed incerta al contrario si accompagna sovente ad una conclusione squilibrata. La frase conclude bene quando il pensiero della sua morte convive tranquillamente e senza drammi con quello del suo nascere, fin dall'inizio. Chiudere una frase è sempre un adombrare il problema della morte, ha qualcosa dell'ultimo respiro, è pur sempre un commiato, un momento difficile: prima, difficile per dargli un significato, poi difficile per toglierglielo".
(G.Moschetti)
"La
VOCE UMANA costituisce non solo un mezzo di comunicazione interpersonale ma
anche un potente fattore di COINVOLGIMENTO EMOTIVO che cronologicamente appare
ancora prima del linguaggio umano. E' verosimile ipotizzare che la fusione della
propria voce nel coro possa ricostituire una situazione gratificante connessa ad
una condizione di cui il soggetto serba memoria a livello puramente emotivo.
Alludo al ritorno unificante simbolico con la figura materna".
(P.Cilento)
"L'appartenenza
al GRUPPO comporta inevitabilmente una perdita temporanea e parziale del sé e
ciò costituisce contemporaneamente per l'individuo un RISCHIO (declino
dell'identità) e una GRATIFICAZIONE collegata alla sicurezza emotiva (non c'è
più la solitudine personale). Istanze emotive, estetiche, religiose,
intellettuali, creative, di ricerca di identità e di appartenenza sociale
giocano tutte un ruolo di volta in volta differente a seconda dei problemi
personali non risolti del corista".
(P.Cilento)
"Allora mi pare che si possa dire - parafrasando Freud - che la parola non sa di sapere il corpo: il CANTO è situazione di incontro fra CORPO E PAROLA; è INCONTRO umano in uno spazio silenzioso da animare con l'accomunamento dei suoni-corpi di ciascun cantore. Nel canto corale c'è l'azione del dono e contro-dono dei suoni-corpi di ciascuno; un tessuto dialogante fra una diversità di mondi interni; una esperienza - che non esito a definire terapeutica - di armonizzazione delle diversità/eterogeneità delle storie dei corpi-suono. E' per tutto ciò che ritengo che colui che canta esprime la propria corporeità-sensualità, si muove, danza, vive il linguaggio non verbale e verbale della vita: ed è per questo che chi canta non può non aver fatto i conti con il proprio corpo ed i suoi silenzi parlanti.
L'esperienza
corale assomiglia molto al viaggiare, a un raccontarsi ognuno i propri
suoni-mondo-conoscenza, i propri suoni-sogno-fantasia, i propri pensieri e
sentimenti."
(
L.M. Lorenzetti )
"Dai
cantanti, uomini e donne, si possono imparare parecchie cose, ma non credere a
tutto quello che ti dicono."
(R.Schumann)
"Il
gruppo corale svolge AZIONE TERAPEUTICA a propria insaputa e senza alcuna
intenzione precostituita. Esso acquisisce L'antica funzione di assistenza e di
disponibilità verso il singolo membro quale era quella, in origine, del
terapeuta. Il corista è alla ricerca di una comprensione o di un completamento
o di un chiarimento di sé per cui esce dagli stretti condizionamenti sociali
che fino ad allora L'hanno inibito, per immettersi in uno spazio di
comunicazione diverso per qualità di linguaggio (la MUSICA) e per codice
relazionale (la VOCE). "
(P.
Cilento )
"Nessuna
pratica è più feconda, dal punto di vista culturale, di quella dell'arte
vocale e corale, perché ci riporta alle sorgenti stesse della musica".
(E.Ansermet)
"Ecco
allora uno dei grandi compiti del lavoro psicologico: modulare il linguaggio
plasmandolo sulla complessità psicologica, rendendolo malleabile ed espressivo
come quello musicale, riavvicinarlo aI canto. La parola, il suo corretto uso,
l'appropriata intonazione: la giornata dello psicologo è fatta di queste cose,
il suo compito principale è promuovere un linguaggio nel quale circoli la
musica. Non si tratta d'insegnare alla lettera a far musica: si tratta di
destare la musica interiore ala linguaggio, di riportare alla parola quanto
abbiamo esiliato nella musica."
(G.Moschetti)
"Noi
pensiamo molto meno di quanto sappiamo. Sappiamo molto meno di quanto amiamo;
amiamo molto meno di quanto si possa amare. E così siamo molto meno di ciò che
siamo."
(R.
Laing)
'La
musica rappresenta il recupero dell'esperienza originaria che da sempre è alla
base della tendenza umana a sognare di avere un'anima. E' pertanto definibile
come accensione dell'anima."
(F.Fornari)
"Si
ricordi che nell'ESECUZIONE la cosa principale di cui preoccuparsi è COMUNICARE
con chi ascolta. Ogni attività musicale è "ad altros", viene fatta
per essere capita e -goduta dagli ascoltatori. Se nelle prove si
lavora in solitudine, giustamente ma anche un po' freddamente attenti al meglio,
nell'esecuzione si è di fronte agli altri e si devono ricercare modi più
spontanei, comunicativi, sciolti, come in un dialogo caloroso, non più
impacciati da preoccupazioni di ordine tecnico: nell'esecuzione conviene
"dimenticare tutto" che non sia la gioia di cantare e di partecipare
il proprio canto. Dimenticare tutto, nel senso che è preferibile una
sottigliezza in meno ma un insieme vivace, vitalmente ritmico ed espressivo, ad
una perfezione gelida, incapace di parlare a chi ci ascolta. Se la tecnica è
stata adeguatamente appresa la si attua senza pensarci sopra, ma se al contrario
non è stata assimilata, rischia di trasformarsi in una ulteriore preoccupazione
e in ostacolo alla buona esecuzione. Insomma per cantare bene occorre una
tecnica e un'anima e bisogna fare in modo che le due cose insieme non manchino
mai."
(V.
Doneffa)
"Una
voce significa questo: c'è una persona viva, gola, torace, sentimenti che
spinge nell'aria questa voce diversa da tutte le altre voci. Una voce mette in
gioco l'ugola, la saliva, l'infanzia, la patina della vita vissuta, le
intenzioni della mente, il piacere di dare una propria forma alle onde sonore.
Ciò che ti attira è il piacere che questa voce mette nell'esistere come voce,
ma questo piacere ti porta ad immaginare il modo in cui la persona potrebbe
essere diversa da ogni altra quanto è diversa fa sua voce."
(I.
Calvino)
"ACUSTICA
SECCA: quella che ha poco o nulla risonanza, in grado di far risaltare
nitidamente il discorso musicale più complesso e articolato (contrappunto,
sovrapposizioni di voci, giochi imitativi... ). E' pericolosa perché alla
stessa maniera mette a nudo impietosamente anche le minime imperfezioni. Le
cause della secchezza sono dovute principalmente all'assorbimento delle onde
sonore da parte dell'ambiente (architettura che interrompe la loro corsa,
abbondanza di panneggi e addobbi, materiali assorbenti... ).
ACUSTICA RISONANTE: caratterizzata da risonanza che, quando è troppa, accavalla i suoni, le linee melodiche e le stesse armonie creando confusione. Gli stessi cantori si sentono disorientati dall'abbondanza dei riverberi, non capiscono più nulla. Il rimedio più comune ed efficace è il ricorso a rivestimenti assorbenti. La presenza di persone nell'ambiente in questione corregge in parte la risonanza eccessiva.
L'acustica
ideale per un coro polifonico è quella dell'ambiente non troppo secco e con un
minimo di alone di risonanza: in tal modo il suono risulta CHIARO e nello stesso
tempo LEGGERMENTE OVATTATO."
(V.
Donella)
“Torna
alla mente Aristotele, per il quale il RITMO è sintomo di armonia e l'armonia
è nel creato, nel cosmo, nell'universo. Ritmico è il succedersi del giorno e
della notte, ritmico è il rincorrersi delle stagioni ma, in senso più vasto,
assolutamente ritmico è tutto l’andamento del sistema solare, il movimento
dei pianeti, delle stelle comete, delle galassie, il Big-Bang iniziale. Ritmico
è il respiro dell'uomo ed anche il suo battito cardiaco. Ritmico è il
susseguirsi delle maree, delle migrazioni degli animali, il salire e lo scendere
del plancton dalle profondità degli abissi marini. Hanno un ritmo il ciclo
mestruale ed il periodo fecondo della donna; i fenomeni riproduttivi delle
piante e degli animali, la caduta delle foglie e lo spuntare di nuove gemme. Dal
puntuale rincorrersi dei pianeti alla sessualità: questo è ritmo."
(R
Carrozzini)
"Per
spiegare i principali comportamenti emotivi che costituiscono le basi dinamiche
del gruppo, l'autore assume concettualmente tre categorie di STRUTTURE-FUNZIONI:
1-"CULTURA
DEL GRUPPO”, cioè gli aspetti del comportamento del gruppo che sembrano
nascere dal conflitto tra la mentalità di gruppo e i desideri del singolo. La
mentalità di gruppo, intesa come espressione della volontà unanime dello
stesso, può condizionare conflittualità o permissività nei confronti del
singolo a seconda che il gruppo assuma come prassi atteggiamenti razionali
oppure rapporti improntati su di una base emotiva.
2-"GRUPPO
Dl LAVORO”, si riunisce per "fare qualcosa" e ciascun membro
collabora secondo le proprie capacità. La cooperazione è volontaria e richiede
anni di esercitazioni per poter sempre partecipare in modo proficuo al lavoro
collegialmente programmato. Ciò richiede un metodo di organizzazione razionale
che si può definire scientifico.
3-"ASSUNTI
Dl BASE”, fanno capo a processi istintuali di forte tendenza emozionale e
pertanto possono condizionare positivamente o negativamente il gruppo di lavoro.
Bion ne distingue di TRE TIPI:
1)
DIPENDENZA - si riferisce allo stato emozionale dei singoli coristi i
quali sperano di avere dal "leader
del coro" protezione, accettazione e consenso.
2)
ATTACCO-FUGA
- è l'opposto del precedente e il leader può essere investito di attributi
negativi e reso responsabile delle proprie tendenze aggressive o delle
propensioni all'isolamento o all'ansia permanente.
3)
ACCOPPIAMENTO - è la situazione più ricca di possibilità in quanto i
membri del gruppo, per un processo di maturazione della personalità, creano
un'atmosfera di attesa, carica di promesse creative sia nei confronti dei
colleghi che in quelli del leader.
Dopo
queste premesse risulta più agevole comprendere come si possa creare in un
gruppo un'atmosfera di collaborazione o di conflittualità a seconda della
prevalenza o dell'alternanza dei vari assunti di base sopra citati. Se un gruppo
corale continua a dimostrare vitalità a distanza di molti anni dalla sua
nascita, vuol dire che nonostante (e partenze forzate di alcuni membri e le
entrate di quelli nuovi, viene mantenuto al proprio interno un prevalente
assunto di base di accoppiamento che, come si è detto, è quello più
favorevole alla creatività e alla collaborazione, per il tipo di rapporto che
si stabilisce all'interno del gruppo e anche -cosa più importante- per il
legame tra i membri e il leader del coro."
"Nulla
è più inconcludente che teorizzare in musica. Esistono certamente delle leggi,
matematicamente esatte, ma esse non sono la musica bensì i suoi arnesi come i
principi del disegno e la
scienza dei colori, la tavolozza ed il pennello, non sono la pittura. L'essenza
della musica è RIVELAZIONE, che non si può definire."
(H.
Heine)
"Nel
periodo BAROCCO si distinguevano almeno quattro tipi di DIAPASON:
1
“CORNET-TON” diapason degli ottoni e strumenti a fiato in genere:
supera anche di tre toni quello moderno
2 “CHOR- TON” diapason del coro e della
voce nella musica sacra: dipendeva dall'organo e variava quindi da luogo a
luogo, ma di solito con valori inferiori di un tono o mezzo tono rispetto ad
oggi
3
“KAMMER-TON”
diapason della musica da camera che ha subito più di una variazione, in alto e
in basso
4
“OPER-TON” diapason dell'opera che per comodità della voce era
basato su valori abbastanza
bassi, al disotto del diapason odierno."
"Il
canto crea rapporti, incontri, scambi, circuiti, fra istanze opposte ed
esprimenti conflittualità: razionale ed irrazionale, conscio e inconscio, mente
e corpo, natura e cultura, parola pronunciata e parola ascoltata .... Il cantare
è un modo di disporsi di fronte al suonoparola-corpo-altri: la parola cantata
parla tacendo di sé nei suoi sensi più comuni, abituali, convenzionali. E' un
disporsi ad abitare la parola al di fuori dei suoi luoghi comuni: è sentirsi
fuori luogo, in un luogo in cui è possibile produrre comunicazione e conoscenza
senza aggiunta di nuovi vocaboli, ma con nuovi sensi che quelli di sempre. Al
linguaggio delle parole che decidono prima come le cose sono e pronunciandole le
chiudono in se stesse, il linguaggio del canto le trasforma indefinitivamente
e quindi le dubita. La conoscenza autentica nasce dalla ignoranza accogliente il
dubbio e lo stupore che si rinnova ogni volta. Il linguaggio del canto (di
quello corale, in particolare) - e con esso il mettersi assieme, il trovare un
accomunamento per usarlo musicalmente in una unità- complementarietà corale-
riscopre l'origine della parola: origine che solo lontanamente si specchia nella
sua etimologia, ma che da vicino e intimamente, si specchia nel suo spessore
antroposociale, simbolico, sensuale, sentimentale. Esodo e ritorno, chiamare e
richiamare, il canto in gruppo si prospetta come quel dispositivo assembleare
(agorà) dove la parola-suono è un bene comune che accomuna il gruppo, dove
ciascun membro vi ritrova il proprio senso e il senso appropriato da
con-dividere con gli altri. L'insieme dei confini, dei limiti, delle altrui
diversità, identità, similarità, vengono a comporre l'insieme, la coinonia di
gruppo e la sua esperienza. Così il possibile non-senso, fuori senso,
altro-senso, al di là del senso di cui il singolo è portatore contamina il
senso del gruppo, allo stesso modo in cui il senso del gruppo contamina quello
della singola persona. In tale possibilità di circolazione-circuitazione di
non-senso e di senso, di personale e di gruppale, di comune e di diverso, di
unità e molteplicità, vengono a determinarsi condizioni per possibilità
in-audite, inconsuete, inedite: possibilità di comunicazione meta-comunicante,
possibilità di reciprocità nella diversità."
(L.
M. Lorenzetti )