La terra di Punt

L'avvenimento del quale la regina fu più più fiera fu l'invio di una squadra esplorativa verso la Terra di Punt; una regione identificata con quella parte della Somalia che è situata sulla costa orientale dell'Africa, all'altezza del Golfo di Aden.

Questa regione, ricca di alberi di incenso, di gomme e resine, di mirra e ambra, di oro, lapislazzuli, avorio, e di legno pregiato, è la regione Cinnamomifera, talvolta chiamata la regione aromatifera degli antichi.

A quel tempo, la provincia dello Yemen, sulla costa sud occidentale dell'Arabia, era un importantissimo punto di incontro per il commercio indiano ed asiatico. Lì i Fenici, gli Arabi, e gli Aramei trasportavano le mercanzie delle grandi nazioni commerciali dell'Oriente attraverso il mare e la terra verso la Mesopotamia, la Siria, l'Egitto, e verso le coste dell'Asia Minore.

Qui trovava il suo mercato anche il prezioso prodotto della Terra di Punt; che, trasportato dalla costa orientale dell'Africa sulle coste arabe, veniva fatto pervenire al grande porto egiziano di Touaou attraverso una complessa rotta, dal quale poi veniva portato a Tebe.

Le iscrizioni lasciano credere che Hatshepsut sia stata ispirata da un diretto comando di Amon stesso:

Detto da Amon, Signore dei troni delle Due Terre: "Vieni, vieni in pace, figlia mia, la bella, che sei nel mio cuore, Faraone Maatkare...

io ti darò Punt, tutta quanta... Guiderò [i tuoi soldati] per terra e per mare, sulle rive misteriose che conducono ai porti dell'incenso, il territorio sacro della terra divina, la mia dimora di delizie...

Prenderanno quanto incenso vorranno. Caricheranno le loro navi di alberi di incenso ancora verde [cioè fresco] e di tutte le cose buone di quella terra fino a soddisfare pienamente i loro cuori.

Per questo la regina decise di mandare una spedizione lungo le coste della Somalia; e a questo scopo costruì e mise in mare 5 navi, le più grandi e meglio equipaggiate che si fossero mai viste sulle rive del Nilo.

Queste navi furono costruite con una chiglia stretta, la poppa e la prua molto alta sopra l'acqua. La lunghezza era di circa 70 piedi, e sono evidentemente prive di cabina.

Una piattaforma rialzata con una balaustra, eretta sia poppa che a prua, serviva per poter guardare avanti e dietro e al di sotto di probabilmente c'era un qualche tipo di riparo per gli ufficiali.

Queste navi non avevano ponti, in quanto lo scafo era studiato per l'utilizzo dei rematori in coperta. Le estremità dei tavolati che formavano i sedili erano fissati alle costolature della nave.

Ci doveva essere sicuramente una stiva sotto i piedi dei rematori per lo stoccaggio delle provviste, ma questo, naturalmente, rimaneva sotto il livello del mare e quindi non risulta nei disegni.

C'era solo un albero infisso nel mezzo della nave, e legato saldamente alla chiglia. Costruito con il massiccio tronco di una palma, doveva misurare in altezza circa 8 metri. Ogni nave montava una singola vela, e aveva due pennoni a cui legarla, di cui quello in cima dritto e quello in basso curvo.

Il timone era formato da due lunghi remi, fissati fermamente ad un supporto sulla piattaforma posteriore, e messo in funzione da un lungo bastone curvo.

L'equipaggio consisteva in trenta rematori, quindici su ognuno dei due lati, quattro addetti a mantenere il ritmo della vogata, due timonieri, un pilota, un sorvegliante dei rematori, e un capitano.

Un piccolo distaccamento di soldati, circa otto o dieci soldati e un ufficiale, accompagnarono la spedizione in qualità di guardia d'onore per il convoglio mandato dalla Regina Hatshepsut al Principe di Punt.

Contando sia i marinai che i soldati, la spedizione consisteva in circa 210 persone, distribuite su cinque navi.

Ogni membro dell'equipaggio ha il suo posto sulla nave. I rematori si siedono ai remi. Gli addetti a tenere il ritmo della vogata stavano in piedi alle loro spalle sulla piattaforma di prua, dirigevano la salita e la discesa dei loro remi, intonando un canto al quale si univano anche gli altri. Il timoniere si posizionava a poppa, e impugnava il lungo bastone curvo che governava il timone. Il capitano, con il bastone del comando in mano, è in piedi sulla piattaforma a prua, mostrato mentre guarda nella direzione verso cui è diretta la nave.

La grande spedizione è partita, ed erano evidentemente spinti da un vento favorevole, e tutto sembrava essere a posto per il successo del viaggio.

Ogni parte della nave rappresentata nelle illustrazioni è disegnata con precisione, fin nei minimi dettagli. Possiamo vedere come i pennoni siano accoppiati, e dove siano legate le cime che tengono tese le vele; e vediamo anche il grande cavo che passa sopra le teste dei rematori, al quale, senza dubbio, era attaccata l'ancora.

Alcune ipotesi devono per forza tenere conto delle convenzione dell'arte egiziana. Le vele, che ci appaiono parallele alla lunghezza della nave dovevano essere ad angolo retto con essa ma un disegnatore dei tempi di Hatshepsut era ansioso di rappresentare ogni parte del suo soggetto allo stesso modo in cui la figura umana veniva rappresentata con il corpo visto frontalmente assieme con la gambe e la testa di profilo.

L'acqua che queste navi fendono è, come usuale, rappresentata da linee a zigzag. Questa in origine era dipinta di blu chiaro, e rappresentava il Nilo, in quanto il blu era il colore simbolico della acqua fresca. Anche i pesci disegnati sono i pesci del Nilo. L'accuratezza nel disegno di questi pesci compensa la sproporzione delle loro dimensioni, paragonate a quelle dell'equipaggio del vascello. Alcuni di questi pesci avrebbero potuto inghiottire un paio di rematori senza nessun problema!

L'originale scultura murale mostra l'intera squadra navale ed è accompagnata da alcune colonne di testo esplicativo:

"Partenza dei soldati del Signore delle Due Terre che attraverseranno il Grande Mare sulla Giusta Via verso la Terra degli Dei, in obbedienza del volere del re degli Dei, Amon di Tebe. Egli comandò che gli venissero portati i meravigliosi prodotti della Terra di Punt, per questo egli ama la Regina Hatshepsut più di tutti gli altri re che hanno governato queste terre".

Prima di continuare nel nostro viaggio verso la Terra di Punt, è buona cosa considerare la rotta che la squadra dovette percorrere per raggiungere la sua destinazione. Molti dei corsi superiori di queste sculture e dei dipinti murali sono mutilati senza pietà così da spezzare la continuità del racconto. Per quanto sia nettamente affermato che le navi ritornarono a Tebe per scaricare il loro carico alla fine della spedizione, è andato perso il nome del porto da cui salparono. Sembra plausibile che il punto di partenza e il punto di arrivo del loro viaggio fosse lo stesso e questa supposizione è confermata dal colore blu dell'acqua e dalla presenza dei tipici pesci del Nilo.

Ma quale percorso seguirono quando si lasciarono alle spalle "Tebe dalla cento porte"? E' assolutamente improbabile che lo squadrone abbia disceso il Nilo, navigato verso ovest attraverso lo Stretto di Gibilterra, seguito la costa ovest dell'Africa, doppiato il Capo di Buona Speranza, e raggiunto le coste somale attraverso il Canale di Mozambico e vicino alle coste del Madagascar.

Una tale avventura in questo periodo della storia navale, sarebbe molto più stupefacente della stessa costruzione delle piramidi o dei templi dell'Egitto. Significherebbe infatti, che la squadra navale della Regina Hatshepsut fece per ben due volte la completa circumnavigazione del continente africano.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, dobbiamo scartare completamente questa ipotesi. A questo punto ci sono rimaste solo due alternative: trasportarono le navi attraverso il deserto fino ai porti egizi sul Mar Rosso; utilizzarono un'antica via d'acqua, oggi scomparsa, che collegava il Nilo con il Mar Rosso.

La prima ipotesi lascia al sottoscritto molti dubbi: non si riesce a capire le necessità di un simile sforzo. Non sarebbe stato molto più semplice utilizzare le navi direttamente dal Mar Rosso e usare una più semplice carovana per il rimanente tratto di deserto?

Più intrigante la seconda ipotesi, ma difficilmente dimostrabile. Sappiamo che durante il regno di Seti I, secondo Faraone della XIX Dinastia, e padre di Ramses II esisteva un canale navigabile che dal Nilo raggiungeva il Mar Rosso.

Questo antico canale partiva, così come l'attuale Canale di Suez, dalle vicinanze dell'antica Bubastis; si faceva strada lungo il letto di un preistorico ramo del Nilo e si svuotava dentro la conca che ora è conosciuta con il nome di Lago Timsah.

Quando fu disegnato l'attuale Canale di Suez fu, infatti, seguito corso dell'antico canale progettato dai faraoni, il letto del quale è ancora rintracciabile. Questo canale è rappresentato in una delle più celebrate sculture murarie del grande tempio di Karnak, ed è chiamato Ta-Tena (denat), ossia "il tagliante".

Poiché il faraone Seti è raffigurato, mentre attraversa un ponte sopra questo stesso canale al ritorno da una campagna militare in Siria, è stato universalmente considerato l'autore di questo importante lavoro ingegneristico. Non c'è, comunque, nessuna prova che giustifichi questa asserzione. Ciò per la stessa regione per la quale non si può affermare che Napoleone Bonaparte fu il costruttore delle piramidi, solo perché c'è un dipinto in cui è rappresentato mentre le contempla.

Il canale avrebbe potuto esistere, e con tutta probabilità già esisteva, molto prima del periodo di Seti I.

Nella scena seguente, la spedizione ha raggiunto la sua destinazione. Il viaggio è stato omesso, le navi sono ancora una volta mostrate all'ancora, e gli antichi artisti, in uno dei pochi esempi conosciuti di rappresentazione paesagistica nell'arte egiziana, ci hanno attentamente rappresentato il caratteristico scenario del paese sconosciuto verso il quale avevano fatto rotta.

 

 

Il terreno è pianeggiante e fittamente boscoso, le capanne coniche degli abitanti sembrano costruite in gran quantità. Una mucca riposa pacificamente all'ombra di un albero sulla destra, e un uccello, riconoscibile dalle caratteristiche penne della sua coda come un Cinnyris Metallica, vola verso sinistra.

Dei cinque alberi che sono rappresentati, due hanno l'aspetto convenzionale delle palme da dattero. I tronchi e i rami degli altri tre sono disegnati con molta più cura e precisione. Una linea disegnata intorno ad ognuno indicata il contorno del fogliame, i dettagli del quale sono lasciati all'immaginazione.

Si è supposto che il paesaggio rappresenti una qualche zona delle coste del Mar Rosso; ma Maspero ha posto varie ragioni per dimostrare che qui siamo sulle rive di un fiume. Gli ultimi tre alberi nominati, per esempio, riproducono precisamente la struttura di un sicomoro odorifero, che non cresce sulle coste del mare, ma su i bordi di un fiume, perciò ne deriva che lo squadrone egizio, dopo aver risalito il Mar Rosso e girato attorno al promontorio chiamato Ras-el-Fil, abbia fatto rotta verso la foce del fiume.

L'acqua nell'originale è dipinta di verde, quindi sembra chiara l'intenzione di indicare un fiume soggetto alla marea; in quanto gli egiziani usavano il verde per indicare il colore dell'acqua marina e il blu per l'acqua fresca. I pesci, è stato osservato, non sono egiziani, e tra di essi si vede una piccola tartaruga, animale sconosciuto alle acque del Nilo.

Le capanne dei nativi sono costruite sugli alberi sono due palme da dattero da frutto e tre alberi di mirra, riconoscibile dal fogliame dell'ultimo che è rappresentato da un linea che tocca gli apici dei rami.

L'uccello che vola sulla sinistra è stato identificato con la specie "Cinnyris metallica", nativa della Somalia, grazie alla particolare forma delle lunghe penne della coda delle quali solo una è stata disegnata dagli artisti egiziani.

 

Il convoglio prese terra, accompagnato dalla sua scorta militare, predispose su di un tavolo i regali che avevano portato con sé come dono per il Principe di Punt: questi regali consistono di collane di perline, braccialetti, collane, un ascia e una daga da cerimonia. Possiamo supporre che le perline fossero fatte di splendido e variegato vetro, nella manifattura del quale gli Egiziani della Diciottesima e Diciannovesima Dinastia eccellevano particolarmente. I collari e i braccialetti sono dipinti di giallo, il colore dell'oro.

Il capo spedizione è in abiti civili e si appoggia al suo bastone del comando. I soldati sono armati con lancia e ascia, e portano un grande scudo rotondo, quindi il normale equipaggiamento della fanteria egiziana. Il loro capitano non porta lo scudo, ma è armato di un arco, in aggiunta alla lancia e a l'ascia di coloro che lo seguono.

L'iscrizione proclama che questi sono

"tutte le buone cose della Sua Maestà, che abbia vita, salute e forza, destinati ad Hathor, Signora di Punt".

Successivamente possiamo vede l'avvicinarsi del capo dei nativi, accompagnato dalla sua famiglia e dai servitori. Il loro avvicinarsi con le braccia in alto è da intendersi non come segno di non belligeranza quanto di vero e proprio atto di omaggio.

Il capo veste una collana ornata di grandi perle, ha una piccola daga alla cintura e porta un abito molto simile a quello indossato dagli Egiziani. Al contrario di loro, comunque, ha la barba, leggermente curva verso l'alto, come quella con cui gli Egiziani rappresentavano i loro dei e i faraoni morti. L'iscrizione scolpita davanti a lui proclama che egli è "il Grande di Punt, Parihu" un nome apparentemente derivante da una radice araba.

Egli è accompagnato da sua moglie, da due suoi figli e da una figlia davanti ad ognuno dei quali è scolpita una breve iscrizione. I due giovani sono semplicemente descritti come "i suoi figli" e la ragazza come "sua figlia".

La sua sposa, un personaggio molto particolare, è descritta come "sua moglie, Ati". Indossa un vestito giallo, bracciali, cavigliere, ed una collana di perline alternate e un catenina le gira attorno alla gola. I suoi capelli, come quelli di sua figlia, sono legati con una fascia sulla fronte. Il suo aspetto è sgradevole e la sua guancia è sfigurata da due linee tatuate su entrambi i lati della bocca. È incredibilmente obesa, le sue braccia e il suo corpo sono appesantiti da rotoli di grasso. Sua figlia, sebbene evidentemente molto giovane, mostra una tendenza verso lo stesso genere di deformità.

Questo strano ritratto della Principessa Ati ha dato adito a molte discussioni, ed è ancora in dubbio se esso rappresenti un segno di qualche strana malattia o se, al contrario, debba essere inteso come un particolare tipo di bellezza. Maspero suggerisce che la Princessa Ati possa aver sofferto di elefantiasi; ma Mariette è dell'opinione che gli artisti Egiziani non abbiano rappresentato solo la moglie di un capo, bensì il tipo di donna più ammirato dalla razza somala. È, infatti, opinione di molti studiosi che Ati sia un esempio del più alto tipo di bellezza femminile per il popolo di Punt, ciò in accordo con il gusto dei nativi di certe parti dell'Africa Centrale. Ad esempio ricorda molto da vicino la descrizione della moglie favorita del fratello del Re di Karagou, fatta da Speke (l'esploratore che scoprì le sorgenti del Nilo) in un suo libro, la quale era così grassa che il suo peso non le permetteva di rimanere in piedi diritta.

La carnagione dell'intera famiglia è dipinta con un color rosso mattone, e i loro capelli sono neri, quindi gli stessi colori usati per i membri della spedizione. Tutto lascia intendere che gli abitanti di Punt fossero di una razza molto simile a quella egizia.

La sovrapposta iscrizione geroglifica dichiara:

"qui vennero i Grandi di Punt, lo loro schiene piegate, le loro teste piegate, a ricevere i soldati della Sua Maestà".

Seguono poi le parole che si suppone provengano dalle loro labbra:

"Come siete arrivati in questa terra sconosciuta agli uomini dell'Egitto? Provenite dalle strade del cielo? O avete navigato il mare di Ta-nuter? Dovete aver seguito il percorso del sole. Per quanto riguarda il Re dell'Egitto, non ci sono strade che siano inaccessibili alla Sua Maestà; noi viviamo dell'aria che egli ci fornisce".

Un asino, sellato con una pesante imbottitura, e tre servitori che portano corti bastoni sono le retroguardia della processione. Al di sopra delle orecchie di questa bestia pesantemente carica è scolpito in caratteri geroglifici "il grande asino che porta sua moglie"; il grande asino, se ci si può fidare delle proporzioni usate dall'artista egiziano, non sembra poi così adatto a trasportare la mole che lo sovrasta!

 

L'uomo che guida l'asino e coloro che lo seguono, portano tutti la barba curva che è sempre vista, nell'arte egiziana, come una caratteristica dei nativi di Punt. Sul pilone scolpito di Horemheb, a Karnak, troviamo un Principe di Punt di 160 anni dopo, con caratteristiche molto simili a quelle di Parihu. Egli porta la stessa barba curva, ed anche lo stesso copricapo molto stretto, che sembra sia il segno distintivo del comando.

I doni portati da Hatshepsut sono offerti dal capo spedizione al Principe di Punt. In cambio quest'ultimo si occupò del carico delle navi per il ritorno, riempendole con speciali prodotti della sua terra. L'iscrizione specifica che il Capo di Punt accumulò i suoi tributi sulla riva del fiume.

Nei bassorilievi meglio conservati, vediamo i marinai egiziani trasportare mediante lunghe stanghe, ognuna delle quali portate da quattro uomini, alcuni alberelli. Per proteggerne le radici utilizzano dei canestri di vimini nei quali è posta della terra (lo stesso modo in cui tutt'oggi si trasportano le piantine da trapiantare).

I marinai sono accompagnati verso la nave dai nativi che trasportano tronchi di ebano, oppure conducono alcune scimmie e addirittura una giraffa. In un posto dove una frattura nel muro ha rovinato il bassorilievo, ciò che rimane di un iscrizione dimostra che tra gli animali imbarcati per il piacere di Hatshepsut dovettero esserci anche un elefante e un cavallo.

Questa regina, senza dubbio, divise questo suo vivo interesse per ogni forma di uccelli, bestie e piante straniere con il suo figliastro Thutmosi III, la cui passione per queste cose ci è stata tramandata in molti testi.

Un rapido commento fatto mediante corte iscrizioni è sparpagliato qua e la tra le figure.

"Stai fermo sulle tue gambe, Bohu!" dice uno dei portatori.

"Tu lasci troppo peso sulle mie spalle" ritorce Bohu.

Sopra gli alberelli che sono stati trasportati nei canestri, c'è scritto "Nehet Ana"; che significa il Sicomoro di Ana.

In altri punti vediamo gli alberi completamente cresciuti. Il tronco è massiccio; la foglia è spiccatamente ovale; e le giunzioni tra il tronco e i larghi rami sono mostrate come piccole protuberanze di color rame di forma irregolare, rappresentanti le gomma resinosa che era stillata attraverso le spaccature.

Un passaggio in Plinio, al quale Mariette si riferisce in modo speciale nelle sue memorie su Deir-el-Bahari, mostra che il sicomoro odorifero possa non essere altro che l'albero di mirra, la gomma del quale era portata agli antichi dalla cosiddetta "Terra dei Trogloditi".

E ora, mentre i marinai egiziani, assistititi dai nativi, caricano alacremente le navi, il convoglio di Hatshepsut offre un ricevimento ufficiale al Principe Parihu, a sua moglie e alla sua famiglia.

Grandi cerimonie accompagnano questo festoso addio. Un enorme cumulo di mirra, due vassoi carichi di massicci anelli d'oro, una pila di zanne di elefante sono portati in dono da Parihu, probabilmente come regalo d'addio al convoglio.

La Signora Ati è abbigliata come prima, ma la gamba destra di Parihu è coperta dalla caviglia fino al ginocchio da una fitta serie di anelli di metallo. Sono nella retroguardia i figli di Parihu, dei quali uno porta una ciotola colma di polvere d'oro, un servitore che porta un grande vaso sulle spalle e l'asino, che ancora ha il poco invidiabile privilegio di portare la Signora Ati.

Il cumulo di mirra è rappresentato qui in maniera molto sommaria con una semplice linea, ma in altri soggetti la forma leggermente irregolare dei pezzetti di mirra è definita in modo molto più elaborato.

La spedizione sta di fronte al suo padiglione e apparentemente sta invitando i suoi ospiti a partecipare al banchetto che, per ordine di Hatshepsut, è stato preparato per loro.

Questo consisteva, in accordo con l'iscrizione che l'accompagna, di:

"Nel porto dell'incenso di Punt, per l'inviato del re e i suoi soldati fu allestita sulla riva del mare la tenda in cui potesse ricevere i capi di questo paese e offrire loro pane, birra, vino, carne, frutta e tutte le cose buone della terra d'Egitto, secondo quanto era stato ordinato dal faraone [vita, forza, salute] "

Nell'interessante immagine presente qui sopra è possibile vedere i marinai egiziani mentre portano gli alberelli nelle ceste, caricano grandi giare. Tutti portano rapidamente a bordo le merci attraverso un'asse inclinata che presumibilmente arriva a terra, anche se non mostrata nell'immagine.

I ponti sono già ricoperti del loro prezioso carico, tra cui possono essere osservate tre grandi scimmie, che a quanto pare si sentono perfettamente a casa loro!

Il capitano è rappresentato sulla piattaforma a prua mentre emana i suoi comandi; e non si deve lasciar sfuggire la naturale azione dell'uomo di fronte a lui, che urla gli ordini portandosi una mano alla bocca.

La lunga iscrizione scolpita in colonne verticali in entrambi gli angoli del disegno si interpreta come segue:

"le navi furono caricate con le meraviglie della Terra di Punt, e con tutti i tronchi di ebano; con cumuli di mirra e piante della stessa; con ebano e puro avorio; con oro e verdi agate trovate nella Terra di Amu…e con i nativi di Punt, le loro donne e i figli. Nessun re, sin dall'inizio del mondo, aveva portato simili meraviglie".

Mentre le ultime due navi terminano di caricare, le altre tre hanno già salpato l'ancora, e sono mostrate mentre un gagliardo vento gonfia le loro vele. Una piccola iscrizione attesta che questo è

"il pacifico e florido viaggio dei soldati di Sua Maestà che tornarono a Tebe, portando con loro gli uomini di Punt. Loro portano le meraviglie della Terra di Punt che nessun altro Re dell'Egitto aveva mai portato prima, in considerazione della grandezza del Signore degli Dei, Amen, Signore di Tebe".

Il viaggio di ritorno, così come quello di andata, non è mostrato; e l'avvenimento successivo di questo curioso racconto nella pietra si svolge a Tebe. Non ci è mostrato nulla dell'arrivo della flotta, né dell'approdo ai moli; ciò che rimane della scena consiste principalmente nella processione di sacerdoti, soldati e marinai. L'ordine con cui la processione avanza è molto confuso.

Le iscrizioni geroglifiche in questa parte della costruzione sono gravemente mutilate, tanto che i soggetti devono essere spesso interpretati senza potersi avvalere dei commenti scritti.

E' possibile che essa non rappresenti affatto il ritorno della spedizione da Punt, bensì una delle cerimonie che dovettero accompagnare la consegna al tempio dei prodotti di Punt.

L'unità della composizione storica è danneggiata dall'introduzione di altri tributari stranieri oltre a quelli provenienti da Punt; da cui si conclude che l'artista per produrre un effetto più brillante, abbia introdotto rappresentanti di altre nazioni che in altre occasioni avevano deposto i loro tributi ai piedi di Hatshepsut.

In una scena vediamo la Sacra Barca di Amon, portata da venticinque sacerdoti e preceduta da portatori di libagioni, portabandiera e sacerdoti che portano mazzi di fiori di loto.

In un altra, sono mostrati i marinai della spedizione mentre marciano in fila indiana armati di asce e portano nelle loro mani gli alberelli di mirra. Un suonatore di tamburo viene dietro e l'iscrizione dice che:

"i marinai dello squadrone reale gridano di gioia. Proclamano ad alta voce, i cieli si rallegrano. Possa Amon dare una lunga vita a sua figlia, la costruttrice del suo tempio".

Dietro ai marinai arriva una ambasceria di Punt, i nativi si riconoscono per le tipiche barbe ricurve. Alcuni di loro portano alberi di mirra, altri grossi vasi, probabilmente pieni di povere d'oro; altri, ancora, due specie di scimmie indigene di Punt.

A questa parte della processione dovevano appartenere le figure degli uomini che conducono un cavallo, una giraffa e un elefante, che, come abbiamo menzionato prima, sono andate distrutte. In ultimo arrivano altri marinai che portano anch'essi piantine di mirra.

Provenienti dalla direzione opposta, come se arrivassero per festeggiare i marinai, sono rappresentati i corpi di alcuni giovani soldati, provenienti da non meno di tre differenti reggimenti.

Sono armati con asce, archi, e scudi; mentre alcuni, che apparentemente appartengono alle truppe nubiane, brandiscono un boomerang. Tutti portano verdi rami in segno di festa.

Oltre a questa processione, che potrebbe essere chiamata "la Processione di benvenuto", c'è un altro interessante corteo che potrebbe essere distinto con il nome di "La Processione della regina".

Per prime ci sono le truppe della guardia della regina, chiamate nell'iscrizione i soldati di "Per-aa", ossia del palazzo.

Poi seguono i flabelliferi della regina, che portano i tipici lunghi ventagli simbolo del loro incarico. Dopo di loro arrivano i portatori di sandali e due stallieri che accompagnano i leopardi da caccia della regina.

Il suo trono, condotto da dodici portatori, arriva per ultimo. Il trono, con il suo poggiapiedi, si trova su una piattaforma portatile, ed è evidentemente usato come una portantina e non solo come mero emblema della sovranità.

L'iscrizione sotto la sedia descrive la Regina come "il dio buono" e elenca i suoi titoli come "Signora delle Due Terre" etc.

Hatshepsut viene presumibilmente portata presso il tempio di Amon, dove è mostrata nella scene successive, mentre, in piedi e con lo scettro in mano, si trova di fronte al dio Amon.

L'iscrizione che occupa lo spazio tra queste due figure è posto in forma di dialogo tra il dio e la Regina Hatshepsut, ricorda il motivo della spedizione e il proclama della regina di esplorare le vie verso Punt, dove si poteva trovare mirra in abbondanza per le cerimonie del tempio:

"Il faraone in persona, sovrano dell'Alto e del Basso Egitto, Maatkare, prende i prodotti preziosi di Punt, e le cose migliori della terra divina, offrendo i doni dei territori meridionali, i tributi del vile paese di Kush, le casse [d'oro e pietre preziose] del paese dei negri ad Amon-Ra, Signore del Trono delle Due Terre. Il faraone Maatkare, è vivente, prospera, è piena di letizia, regna sul territorio come Ra, in eterno"

Il dio, in risposta, si congratula con lei per il successo della sua spedizione, e dichiara che egli stesso con Hathor, la Signora di Punt, ha guidato gli esploratori egiziani verso la terre degli alberi di mirra.

Un bue viene sacrificato ad Amon, l'atto viene raffigurato in un bassorilievo, ma, sfortunatamente, il blocco seguente è andato perso, quindi parte dell'immagine non è più visibile.

Qui possiamo vedere l'altare del dio pieno di offerte, tra le quali possiamo notare un quarto di bue, un'oca e vari tipi di dolci. Quattro sacerdoti alzano le loro mani in adorazione; un altro porta un piccolo palco, mentre altri due tagliano a metà un bue macellato.

Dopo di ciò il tributo di Punt è formalmente trasferito al tesoro del tempio; la mirra è misurata e registrata dai servitori del tempio; mentre i sacchi di polvere d'oro, le barre di elettro, i lingotti di oro puro, e le zanne di avorio sono convenzionalmente pesati alla presenza di Horus da niente di meno dello stesso Thoth.

La cerimonia nel Tempio di Amon si avvia alla conclusione, la spedizione, accompagnata da un distaccamento di truppe composte dal fiore dell'esercito egiziano, attraversa il Nilo e procede a rendere omaggio ad Hathor in quella parte del tempio a Deir el Bahari a lei dedicata.

E in questo modo, al suono di trombe e tamburi, con l'ondeggiare di verdi rami, la grande processione sbarca sulla riva opposta del Nilo, e seguita dalla folla si avvia lungo il viale di sfingi, inoltre gli obelischi e le entrate, fino a raggiungere il terrazzo superiore del Grande Tempio, dove la regina stessa li accoglie alla presenza di Hathor la Bella, la Signora delle montagne Occidentali, la patrona della Terra di Punt.

Questo documento è proprietà di Mauro Arcadio
Material Copyright © 2001 Mauro Arcadio