Cenni di storia

 

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La zona fin dal X secolo a.C. fu abitata dagli equi, un popolo di guerrieri che fronteggio i romani nelle loro mire espansionistiche fino al 465 a.C. anno in cui fu definitivamente debellato. Le terre  degli equi, furono attribuite da Roma ai propri veterani e ai reduci: tra esse vi erano l'odierno Pisoniano, San Vito, Capranica e buona parte del territorio prenestino. In epoca romana San Vito si chiamava Vitellia, poiché, come afferma Svetonio, la località fu difesa contro gli equi, che tentavano di conquistarla, dalla famiglia dei Vitelli; in epoca precedente aveva assunto anche altre denominazioni come Bola e Treba. Riguardo all'origine del nome odierno, è citato un Castrum Sancti Viti in un documento della Curia prenestina. La denominazione fu sicuramente prescelta dai monaci benedettini, che vollero dedicare il paese a San Vito e nello stesso tempo conservare la radice del nome dell'antica Vitellia. I romani, dunque, abitarono questi siti per molti secoli e vi costruirono delle ville sontuose. Le prime invasioni barbariche non risparmiarono i centri disseminati tra i monti prenestini e quindi anche l'antica Vitellia, che alla fine del VI secolo subì la dominazione longobarda. Di questa è rimasta solo qualche debole traccia in alcune denominazioni che ancora oggi sopravvivono. Nel IX secolo San Vito subì le terribili scorrerie dei saraceni che invasero le coste e l'entroterra laziale durante il pontificato di Leone IV, penetrando fino al territorio sublacense. Durante gli scontri un gruppo di bellicosi discendenti degli antichi equi decise di affiancare le orde saracene per distruggere Vitellia, rimasta fedele a Roma. Alcuni abitanti, tuttavia, prima che la città fosse cinta d'assedio, riuscirono a mettersi in salvo sulla rupe dove oggi sorge San Vito le cui profonde caverne naturali costituirono un sicuro rifugio. Vitellia fu distrutta, ma i suoi abitanti scampati alla strage iniziarono, con l'aiuto dei monaci benedettini, la ricostruzione di un nuovo centro che andava sorgendo proprio lì dove si erano rifugiati. Sulla sommità della rupe fu eretta una fortezza intorno alla quale si formò l'abitato. Inizialmente il centro fu feudo dei monaci di Subiaco, fino all'anno 1180 quando subentreranno i Colonna . Questi si preoccuparono subito di rendere il castello inespugnabile, con nuove opere di fortificazione e circondandolo con una strada detta La Difesa, lungo la quale circolavano di continuo sentinelle armate. Il borgo che si costruì intorno al maniero risale al XIV secolo ed è rimasto pressoché intatto. Si ritiene che nel castello di San Vito Romano sia nato Oddone Colonna, divenuto poi papa col nome di Martino V, del quale tuttavia anche Roma e Genazzano rivendicano i natali. Ma fino ad alcuni decenni orsono si leggeva in un sala del castello di San Vito "Hic natus est Oddo anno 1365". In tutta la zona prenestina, dopo l'elezione di papa Martino V, crebbe notevolmente la devozione nei riguardi di San Martino ed in suo nome furono erette molte edicole: una di esse, detta "cona di San Martino" si vede ancora in San Vito. La famiglia Colonna rimase feudataria del paese fino al 1565, quando un suo celebre discendente, Marcantonio, gravato dai debiti, fu costretto a cedere alcune proprietà. San Vito fu acquistato dai Massimo, ma dopo appena dieci anni, nel 1575, passò nelle mani dei Theodoli, che l'acquistarono per 20.000 scudi romani. Al cardinale Mario Theodoli si deve la progettazione e la realizzazione di "Borgo Mario", che sorse sopra un piano artificiale, creato pareggiando le punte del roccione e riempiendo i dirupi, ad un livello più alto della parte antica dell'abitato. Fu aperta così una lunga e ampia strada che presto fu fiancheggiata da gradevoli edifici, quali il Convento dei Carmelitani, oggi palazzo comunale e la chiesa di San Rocco. Carlo Theodoli, erede del Cardinale Mario, dette mano alla sistemazione del castello: a lui si deve la caratteristica forma di nave, il rivestimento con muro a scarpa e gli abbellimenti all'interno. La parte nuove del palazzo fu nobilitata con una raccolta di quadri d'autore e le sale del piano terra vennero affrescate. Il palazzo è tuttora proprietà privata, merita una visita la zona del paese che gli è arroccata attorno.