L’olio di zio Libero
L'ulivo
è il primo di tutti gli alberi " Olea prima omnium arborum est " scrive
nel "DE RUSTICA" Giunio Moderato Columella (I secolo d.C.),
uno dei più grandi esperti di agricoltura di tutti i tempi. In effetti
l'origine della coltivazione di questa pianta, tipica del Mediterraneo, si
colloca nella notte dei tempi.
Le ricerche archeologiche hanno consentito di collocarne le prime tracce al V millennio a.C. nei
pressi di Haifa, in Israele. Ed in effetti e' proprio
Molto più tardi (V sec. a.C.) così scriveva lo storico greco Tucidide: "
I popoli del Mediterraneo cominciarono ad uscire dalla barbarie quando
incominciarono a coltivare la vite e l'ulivo " ed infatti le prime forme di civiltà occidentali si
manifestarono proprio nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo orientale e
che detennero il primato nella olivicoltura e nella produzione di olio:
Grecia, Turchia, Siria e Palestina fecero di questo prodotto la fonte primaria
della loro civiltà e della loro ricchezza come testimoniano i reperti
archeologici ed i documenti del passato.
A Creta, nel palazzo di Cnosso (il mitico Labirinto di Minosse),
sono emersi dagli scavi i depositi di enormi anfore (Pithoi) alte anche due
metri, adibite esclusivamente alla conservazione dell'olio; ed a Festo sono
stati ritrovati resti di torchi, presse e persino tavolette di argilla su cui
erano registrati i luoghi di produzione e di destinazione dell'olio. Gli
affreschi del palazzo di Cnosso riproducono spesso piante e rami di ulivo ed un
sigillo fittile, ritrovato sempre a Cnosso, rappresenta una nave con rami di
ulivo.
Il commercio marittimo di olio era,
infatti, la base dell'economia dei Cretesi che esportavano in tutto il
Mediterraneo, e particolarmente in Egitto, il loro prodotto il cui uso era distinto
in alimentare, balsamico e rituale. Proprio in Egitto, nella tomba di
Ramsete III (1184-
In Palestina, Ebrei e Filistei coltivarono ulivi e produssero olio già dal
E' comunque
Il mito attribuisce ad Atena il merito di aver donato questa pianta agli uomini
dell'Attica i quali, a loro volta, gratificarono la dea assumendo l'ulivo come
sacro simbolo della stessa divinità e della città di Atene ad essa dedicata.
La mitica pianta dominava sull'Acropoli, protetta da leggi divine ed umane e
molti altri miti narrano di punizioni esemplari inflitte dagli dei a chi avesse
osato mancare di rispetto al sacro albero.
A partire dall'VIII sec. a.C., con la colonizzazione greca dell'Italia
meridionale, la coltivazione dell'ulivo viene introdotta in quella che verrà
chiamata Magna Grecia: testimonianze iconiche, su monete e vasi del VI e V sec.
a.C. ne documentano, per quell'epoca, la notevole diffusione e la straordinaria
produzione di olio.
Saranno poi i Romani a
diffondere in tutto il loro impero, quindi anche nel bacino nord-occidentale
del Mare Nostrum, la coltivazione dell'ulivo il cui
prodotto finirà per assumere un ruolo sempre più sostanziale nell'economia
generale dell'Impero tanto che produzione e vendita saranno sottoposte al
controllo diretto dello Stato. L'olivicoltura continua, naturalmente,
anche dopo la caduta dell'Impero Romano ed il conseguente involversi dei
costumi e dell'economia, anche se la produzione e la commercializzazione
dell'olio subiscono una drammatica crisi. Dopo il 1000, saranno le spinte religiose e politiche a riavviare le
attività in virtù soprattutto delle ricche donazioni di uliveti fatte
alla Chiesa da Longobardi, Normanni, Svevi e Angioini e saranno le repubbliche
marinare a riattivare il commercio internazionale di olio; nel XIII sec. i
Veneziani ne stabiliscono il prezzo: 3 ducati per
ducato per
La tradizionale millenaria
coltivazione dell'ulivo solo nella nostra epoca ha ricevuto nuova linfa grazie
alla moderna Scienza Agronomica ed alla disponibilità di nuovi mezzi tecnici;
questi permettono una meno faticosa preparazione del terreno, una più agevole
raccolta delle olive ed una più efficace e responsabile lotta antiparassitaria
fatta con insetticidi idrosolubili per proteggere la salute dei consumatori.
Sempre più frequentemente gli olivicoltori scelgono, a questo scopo, la
coltivazione biologica.
L'olio di oliva è un
componente fondamentale e tipico della dieta mediterranea.
Il termine "olio di oliva" comunemente è usato in maniera generica
per definire tutti gli oli derivanti della lavorazione delle olive; in realtà questo termine racchiude una
gamma di prodotti diversi per qualità e caratteristiche.
DALLE OLIVE ALL'OLIO
TIPOLOGIE DI PRODOTTI CHE SI
TROVANO QUESTE IN COMMERCIO
COMPOSIZIONE CHIMICA
L'olio di oliva è per la
quasi totalità composto da trigliceridi (98 - 99%), gli acidi grassi più
rappresentati sono l'oleico (65 - 80%) il linoleico (<13%) ed il palmitico
(7 - 15%).
Ricco in giusta misura di acidi grassi insaturi, così come richiesto dalla
moderna dietologia, contiene tra i costituenti minori, ma non per questo meno
importanti, oltre al beta-carotene (provitamina A) ed i tocoferoli (vitamina
E), tutta una serie di sostanze antiossidanti (composti fenolici, ecc.)
importantissime sia per la conservazione dell'olio, sia dal punto di vista
nutrizionale ed antinvecchiamento (antagonisti dei radicali liberi). Importanti
sono altresì i fitosteroli per la loro azione regolatrice sull'assorbimento del
colesterolo.
L' "olio extravergine di oliva", per le sue doti peculiari e per la
sua bassa acidità, è il miglior tipo di condimento da usarsi a crudo.
L' "olio di oliva" e l' "olio di sansa di oliva", essendo
miscele di oli raffinati e oli vergini, presentano alcuni componenti tipici
degli oli vergini in percentuali inferiori.
COSA È UN OLIO EXTRAVERGINE A DENOMINAZIONE D'ORIGINE
Vengono riconosciute come
"denominazioni di origine" le denominazioni relative agli oli
extravergini di oliva prodotti in zone geografiche delimitate e le cui caratteristiche
merceologiche derivano prevalentemente dalle condizioni proprie dell'ambiente
di produzione e dalle varietà di olive impiegate.
L'OLIO D'OLIVA IN CUCINA...
Gli oli di oliva vanno
preferibilmente usati a crudo, ma si comportano ottimamente anche nelle cotture
a fuoco moderato e per friggere. L'olio extravergine di oliva è l'unico olio
ottenuto integralmente dalla sola spremitura del frutto; ogni regione d' Italia
ha i suoi extravergini, con precise caratteristiche di aroma e sapore: con il riconoscimento
degli oli extravergini a Denominazione di Origine, il consumatore ha la
possibilità di scegliere il prodotto che più soddisfa i suoi gusti e le sue
esigenze. Tutti gli oli (compresi quelli di semi) sottoposti a trattamenti
termici energici (cottura o frittura) si alterano, con perdita di valore
nutritivo e formazione di composti tossici (acroleina). Gli oli di oliva, per
il basso contenuto in acidi grassi polinsaturi, sono tra i più adatti per le
fritture.
Alcune raccomandazioni
per friggere:
LE FRODI PIÙ FREQUENTI
L'olio d'oliva è sempre
stato soggetto a frodi e sofisticazioni per l'alto costo di produzione rispetto
a tutti gli altri oli.
In particolare le frodi più comini sono:
OLIO
D'OLIVA: DENOMINAZIONE D'ORIGINE PROTETTA ( D.O.P. )
Uno
dei grandi problemi alimentari della nostra epoca è la sofisticazione dei
prodotti destinati al consumo di massa; il clamore suscitato qualche anno fa dalla
scoperta di un ampio commercio di vini adulterati con elementi chimici, che li
rendevano addirittura mortali per i consumatori, meriterebbe, purtroppo, di
avere un'eco anche per quel che riguarda l'olio di oliva. La maggior parte dei
consumatori spesso ignora ciò che c'è dietro ad un prodotto e le sue scelte di
acquisto e di consumo sono più spesso determinate dalla convenienza del prezzo
piuttosto che dalla qualità del prodotto stesso ed è quello che accade anche
per l'olio.
Se un bracciante agricolo, in una giornata di lavoro ( che gli
viene pagata circa 43 euro più i contributi ), raccoglie poco più di 1 quintale
di olive da cui si ricaveranno circa
Nella prima ipotesi il problema è determinato dal fatto che le leggi italiane garantiscono norme molto
attente sulle modalità di coltivazione e di raccolta delle olive mentre non lo
sono sempre le leggi di altri Paesi, soprattutto quelli extracomunitari, dove, per
altro, le spese di coltivazione sono molto meno onerose per i produttori.
L'olio
d'oliva extravergine prodotto con olive italiane è molto più "extravergine"
di quello ottenuto da oli provenienti ad esempio dal Marocco o dalla Tunisia,
paesi da cui importiamo comunque il doppio delle olive prodotte in Italia:
basti pensare agli inevitabili guasti che quelle olive avranno subìto nel
passaggio da un paese all'altro prima di essere molite in Italia: ne deriverà
un olio di più elevata acidità che potrà essere corretto artificialmente e
immesso sul mercato come extravergine di prima spremitura.
Poiché l'Unione Europea, con un Regolamento Olivicolo Comunitario, permette di
riconoscere come italiano l'olio prodotto negli oleifici italiani anche con
olive extracomunitarie, è facile immaginare quale spietata concorrenza di
prezzo si possa fare su questo prodotto a scapito della qualità. Se poi nella
bottiglia venduta a così conveniente prezzo c'è di tutto, compresa qualche
traccia di extravergine, è evidente che la salute del consumatore corre qualche
rischio.
A
tutela della qualità del loro prodotto, insidiata da una produzione industriale
non sempre corretta e da una speculazione commerciale poco rispettosa dei
diritti dei consumatori, gli olivicultori italiani hanno chiesto per anni ed
ottenuto solo recentemente dall'U.E. il
riconoscimento del D.O.P. ( Denominazione di Origine Protetta ) e dell'I.G.P. (
Indicazione Geografica dei Prodotti agroalimentari ) che dovrebbero garantire
la qualità e la genuinità del prodotto.
Tra Puglia, Toscana, Liguria, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Campania,
Sicilia e Veneto, il nostro paese produce 6.600.000 quintali di olio di oliva
ed i migliori di questi oli hanno ottenuto il diritto di fregiarsi del
prestigioso D.O.P. che ha premiato l'impegno e l'operosità dei produttori più
onesti.
L'Italia detiene il 40% del mercato comunitario degli oli D.O.P. e I.G.P. e
questo riconoscimento pone il nostro al primo posto tra i paesi europei
produttori di olio di alta qualità e pone l'olio a Denominazione di Origine
Protetta accanto agli altri grandi prodotti che rendono celebre nel mondo il
made in Italy.
L'olio d'oliva in cottura
A temperatura elevata, e in presenza dell'ossigeno
atmosferico, i fenomeni di ossidazione, che i grassi subiscono anche a
temperatura ambiente, accelerano notevolmente il loro corso.
L'intensità del processo ossidativo è proporzionale al grado di insaturazione
del grasso (al suo contenuto in acidi grassi mono e polinsaturi), mentre la sua
azione viene contrastata dalla presenza di sistanze antiossidanti; soltanto
l'olio d'oliva reagisce in modo molto stabile all'attacco combinato
dell'ossigeno e delle alte temperature. L'entità delle alterazioni che i grassi
subiscono quando sono sottoposti a cottura dipende da altri due fattori
decisivi:
Più
elevata è la temperatura, più facilmente si assiste ad alterazioni dei grassi,
che nei casi estremi, possono essere responsabili di effetti tossici.
Ogni grasso possiede un proprio specifico livello di tolleranza delle alte
temperature, definito punto di fumo: oltre a tale livello termico, il
glicenrolo, che con gli acidi grassi forma i trigliceridi, si decompone,
formando l'acroleina, sostanza estremamente dannosa per il fegato.
Tale livello non deve essere mai superato; è bene ricordare che l'olio d'oliva
ha uno dei punti di fumo più elevati fra tutti gli oli, tollerando temperature
prossime ai 180o.
Ancora più determinante del livello termico risulta però essere la durata del
tempo di cottura: se dopo 20 minuti
di esposizione a temperature non troppo elevate si verificano nei grassi le
prime alterazioni, è solo dopo lunghi periodi di riscaldamento che si producono
veri e propri effetti tossici, con la formazione di prodotti di degradazione
quali monomeri ciclici e perossidi; anche in questo caso l'olio d'oliva ha un
indice di degradazione sensibilmente più basso rispetto agli altri oli
vegetali.
Quando,
nel febbraio 1952, il professore americano Ancel Keys giunse a Napoli in compagnia della moglie con la macchina
carica di attrezzi di laboratorio, si proponeva una indagine sui consumi
alimentari che fornisse dati comparativi a quelli da lui raccolti negli Stati
Uniti in relazione al rischio di malattie dell'apparato cardiocircolatorio.
Bastarono
pochi mesi per stabilire che il "il regime alimentare a Napoli era
povero di grassi e che soltanto le persone ricche subivano attacchi cardiaci".
Alcuni anni dopo si recò a Creta, e constatò anche là l'assenza quasi totale di
malattie coronariche, nonostante il regime alimentare medio derivasse quasi il 40% delle calorie dai grassi.
Partì da queste considerazioni il famoso Seven Countries Study, uno
studio comparativo dei regimi alimentari di 14 campioni di soggetti, di età
compresa tra 40 e 59 anni, per un totale di 12.000 casi, in sette paesi di tre continenti (Finlandia,
Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Jugoslavia). Dal 1960 ad oggi
indagini medichee hanno paragonato la dieta quotidiana dei soggetti esaminati
con l'incidenza di cardiopatie ischemiche (infarti e trombosi), alla ricerca di indicazioni preziose
relativamente alla dieta ideale per prevenire o ridurre il rischio di tali
malattie, che nel mondo occidentale rappresentano la principale causa di
decesso.
I dati raccolti parlano chiaro: tra le popolazioni del bacino del Mediterraneo,
che si cibano in prevalenza di pasta, pesce, prodotti ortofrutticoli e
utilizzano esclusivamente olio d'oliva come condimento, la percentuale di
mortalità per cardiopatia eschemica &ehrave; molto più bassa dei soggetti di
paesi come
Le conclusioni di quello studio (suffragate da altre indagini epidemiologiche,
ad esempio quella condotta in Giappone, in cui si paragonavano le abitudini
alimentari locali con quelle di giapponesi immigrati nelle Hawaii e negli Stati
Uniti che avevano "occidentalizzato" la loro dieta) affermavano
incontestabilmente un legame tra dieta povera di grassi saturi e minor rischio
di infarto. Inoltre, gli italiani e i greci vivono mediamente più a lungo dei
finlandesi e delgi olandesi. Una dieta di tipo Mediterraneo non è
necessariamente povera; anzi, l'apporto calorico dei grassi è mediamente
alto, ma è rappresentato quasi totalmente da olio d'oliva: su queste basi
l'alimentazione risulta più equilibrata di molte delle "diete
dimagranti" offerte dalla pubblicità come soluzione per ogni problema.
Gli effetti benefici
dell'olio d'oliva
Già
Galeno - medico greco vissuto nel II
secolo dopo Cristo, consideato il "padre" della medicina - assegnava
all'olio d'oliva delle virtù terapeutiche nel combattere i "mali del
ventre", mentre Dioscoride lo considerava
particolarmente adatto nella composizione delgi unguenti, nonchè indicato per
lo stomaco "essendo un corettivo". Usato nelle cure di
bellezza perchè preveniva l'avvizzimento, il cuoio capelluto dalla forfora e
anche la caduta dei capelli, venne in secoli più vicini a noi consigliato anche
per la cura delle artriti, della gotta e dei reumatismi in genere.
La scienza moderna riconosce all'olio d'oliva pregi e virtù indiscussi, anche
se più come alimento-medicamento che come componente di medicinali.
E' a tutti gli effetti considerato difesa naturale nella prevenzione delle
malattie dell'apparato digerente, dell'invecchiamento osseo, delle malattie
cardiovascolari, dell'arterosclerosi e di alcuni tipi di tumori.