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Ribaltamento di luoghi comuni o ribadimento?

DON GIOVANNI IMPENITENTE NON CUCCA PROPRIO NIENTE?

Un padre scavezzacollo scarica sul figlio le proprie scappatelle galanti e rischia di compromettere le nozze della figlia Lina a causa della pessima reputazione di Don Giovanni che si è procurato. È Titta Gràmola, protagonista di Se i cavelli fan gianchin, allestita dalla compagnia S.A.D. alla Sala Germi di Vico Boccanegra sabato 1 dicembre alle ore 21. La commedia, dell’autore veneto Silvio Zambaldi, è stata tradotta ed adattata al contesto genovese dal regista Bruno Peytrignet. La vicenda è incentrata sulla "riprovevole" condotta di Titta (Gerberto Pinnuti), vecchio libertino impenitente: per lui ogni gonnella è una calamita irresistibile, giovane o stagionata, sposata o non. Questo gli attira non solo sonore bastonate di mariti, ma anche la reazione scandalizzata della madre e della zia di Giovannino, che rifiutano di acconsentire alle nozze del ragazzo con Lina. Per convincerle a cambiare idea Titta si presenta a casa loro, ma ingarbuglia ancora di più la situazione, non esimendosi, naturalmente, dal corteggiare sia sciâ Orsola (Eliana Goggi) che lalla Margherita (Angela Valle). Travagliato, ma immancabile, il lieto fine. La comicità della pièce esula dalla classica commedia goviana, anche se non mancano richiami alla tradizione genovese, come i coloriti proverbi citati per riprendere il comportamento di Titta: "Se i cavelli fan gianchin, lascia stâ e donne e attaccâte a-o vin" e "No stâ a fâ come o præ Miché ch’o tiava anche a-e grigoe", malizioso paragone ad un cacciatore così accanito da sparare perfino alle lucertole. Ma questi clichés sono occasione di equivoci e risate, non respingono i personaggi nel "codice morale" borghese (si pensi, invece, allo scacco patito dall’avarizia di Pignasecca nella commedia omonima, ed al fallimento dell’ascesa sociale agognata da Giggia ne I manezzi): le nozze di Lina si celebrano nonostante i trascorsi del padre e le inclinazioni dello stesso protagonista prevalgono contro l’opinione di chi considera i vecchi ormai irrimediabilmente tagliati fuori dalle faccende di cuore. Con un dubbio: che si debba leggere nel finale a sorpresa una sorta di contrappasso per l’anziano donnaiolo?

Irene Liconte