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Alla sala Germi l’inqueitante commedia di Riccardo Talesnik, in prima assoluta

PUO’ VINCERE LA RIVOLTA AGLI INGRANAGGI DEL MONDO MODERNO?

La carica destabilizzante che può esercitare chi cerca di sottrarsi agli ingranaggi del mondo moderno e il muro che si oppone al "sovversivo": è il nucleo drammatico della commedia tragicomica La fiacca dell’Argentino Riccardo Talesnik, tradotta dallo Spagnolo in Genovese. Lo spettacolo, rappresentato con successo all’estero, è una novità assoluta per l’Italia ed è allestito dalla compagnia "Misci e ma’ acciappèi" sabato 24 alle ore 21 alla sala Germi in vico Boccanegra. La vicenda è d’inquietante attualità: Nestore, impiegato modello, si sveglia una mattina senza la minima voglia di andare a lavorare. Le insistenze sempre più pressanti (dei familiari prima, dei colleghi e del datore di lavoro poi) a "compiere il suo dovere" non fanno che rafforzare in lui lo spirito di ribellione ai tentacoli della società. La scelta fatta crea a Nestore non pochi problemi, da una prevedibile crisi coniugale ad altrettanto immaginabili difficoltà economiche, ma gli frutta anche la notorietà: giornali e TV cominciano ad interessarsi al suo caso, qualche collega lo emula. Ma proprio quando la situazione sembra ribaltarsi e il suo "ammutinamento" acquistare popolarità e seguito, l’eversione sociale del protagonista subisce un colpo insostenibile. Lo spettacolo è frutto della sperimentazione in cui si cimenta da qualche tempo la compagnia, stimolata dal sodalizio artistico con l’attore argentino Carlos Linlaud, regista della messinscena. La sfida è tanto coraggiosa quanto stimolante: proporre al pubblico del teatro dialettale un lavoro straniero, un’ambientazione "esotica" –verranno eseguiti anche brani musicali argentini-, puntando tutto sul valore del testo e dei personaggi. Questi spiccano per un’interiorità acutamente colta dall’autore: Nestore (Nico Lombardo) rivive la spensieratezza dell’infanzia e, al posto delle fabbriche vede estendersi campi da pallone, tutto rapito dalla propria utopia; sua madre (Rosangela Tosi) ricorre sottilmente al ricatto psicologico, ricordando al figlio fannullone quale lavoratore infaticabile fosse il padre buonanima. Forte rilievo, nonostante la fugace apparizione in scena, ha il padrone dell’azienda (Roberto Migliazzi), che incombe, sinistramente invisibile tra le quinte della ditta, su tutta la vicenda, fino a tirarne le fila con un geniale colpo di scena: egli offre a Nestore, riavvicinato dalla famiglia per la popolarità acquisita, un tozzo di pane e gli notifica che il resto è sulla sua scrivania, e Nestore si precipita, vinto dalla fame, al suo posto di lavoro. L’ultima parola è sempre, nella vita quotidiana, di chi ha i soldi.

Irene Liconte