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‘NA MEXINNA CALIBRÂ

Commedia scoppiettante di battute ed invenzioni sceniche

IL DRAMMA DELLA POSOLOGIA

 

Un uomo in pigiama corre per via Gramsci grondante d’acqua, con un rotolo di carta igienica sottobraccio. Un pazzo? No, è il protagonista di’Na mëxinn-a calibrâ di Giorgio Ottavio Ugolotti, in scena il 27 ottobre alle 21.00 alla sala Germi in vico Boccanegra, con gli attori della Compagnia do Teatro Zeneize Ruspante. Ugolotti, anche regista, interpreta Gian Pittaluga, camallo, mentre Sandra Gambini è sua moglie Marri. Il sipario si apre sull’immancabile rattella serale tra i due maturi coniugi, tardivamente pentiti di non aver voluto figli. Al loro rammarico rimediano subito due vicini, affidandogli il bimbo di pochi mesi, causa un’emergenza. Ma quando Gian e Marri si rendono conto che "il figgiêu o bruxa come ‘n frisciêu appenn-a levòu da poëla" sono presi dal panico e, nel tentativo di curare il piccolo, si imbattono in una medicina dall’astrusissima posologia. Svariate vicissitudini portano al lieto fine con colpo di scena. Il Genovese della commedia è fresco e fantasioso: "tïabûssciön" sono definite da Gian le lunghe unghie di Marri; all’invadenza della Legge tiene testa "a lezze da sciarbella", la ciabatta minacciosamente brandita dalla donna. A motivi tradizionali –battute sulla suocera, vicini insofferenti delle continue liti- si alternano temi impegnativi: il dilemma se godersi la gioventù o metter su famiglia, scorci del lavoro dei portuali, gli ospedali che "ghe n’êmmo a pacchi! Che pöi sacciàn anche funsiunâ o l’è tûtto‘n ätro discorso." Gustosi equivoci nascono dallo "scontro" Italiano-Genovese; ma la vera incompatibilità linguistica è quella tra il parlato comune e il linguaggio specialistico –in questo caso medico.- E del resto chi, medici a parte, consultando il foglietto illustrativo di un medicinale, non si è mai ritrovato o con un vocabolario in mano o intimidito dall’interminabile sfilza di effetti collaterali?

Irene Liconte