italiacuba.jpg (23268 byte) Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba Cubaband.gif (7566 byte)
  

Associazione Nazionale
Su
Parlamento
1895-1905

Nuestra America

1895 - 1905 : L’Italia per Cuba

Prof. ENZO SANTARELLI

Sulla fine del 1968, Antonio Melis ha avuto il merito di presentare l’opuscolo Los mambise italianos di Ferdinando Ortiz, in cui il grande etnologo dell’isola caraibica dava conto fra i primi della "campagna filocubana, condotta con successo dal popolo italiano" onde "fissare per sempre una pagina di storia, che è anche nostra, perché fu scritta per noi"(1).
Ortiz non aveva altra fonte - oltre a qualche più diretta ma frammentaria conoscenza acquisita per esperienza personale - che un numero unico in folio, L’Italia per Cuba, che recava come sottotitolo "nel III Anniversario della Repubblica Cubana" e si dichiarava "pubblicazione commemorativa per cura del Comitato Centrale Italiano per la libertà di Cuba" (2). Il numero unico, compilato e redatto da Felice Albani, edito a Roma il 20 maggio del 1905, attingeva ai carteggi, alle risoluzioni, agli echi di stampa, ai bilanci finanziari e associativi del 1896-1898. Vale anche come testamento politico di quel centro di iniziativa, di cui Albani era stato con ogni probabilità il più alto ispiratore (3).
L’Italia per Cuba riproduce in primo luogo una relazione ufficiale del Comitato Centrale Italiano sopravvissuto fino al 1905 e datata 24 febbraio; un carteggio in parte autografo del 1897 con il dottor Bètances, rappresentante a Parigi - per i paesi dell’Europa - delle forze insorte; un resoconto della commemorazione di Antonio Maceo tenuta a Roma al principio del medesimo anno, oratore ufficiale il vecchio Giovanni Bovio; il testo della conferenza pronunciata da Francesco Federico Falco, segretario del Comitato, a Santa Clara nel settembre del 1899; gli elenchi dei deputati, cittadini, giornali e circoli che, "con l’obolo o con l’opera in differente modo contribuirono allo sviluppo dell’agitazione italiana in favore dell’indipendenza di Cuba". Fra i "pezzi minori", ma forse persino più importanti - come vedremo - sono da segnalare uno scritto del socialista romano Silvio Drago, lo stralcio di una lettera dello stesso Albani sull’intervento degli Stati Uniti, una documentata notizia intorno alla spedizione - rimasta a metà - dei volontari e infine un programma d’azione culturale, da cui traspare il pensiero del Falco.
Se si deve dare un giudizio, L’Italia per Cuba non solo fornisce a Ortiz i dati analitici che egli cita e riassume, ma costituisce una delle fonti a stampa più organiche, sia per ricostruire le linee di una iniziativa di solidarietà essenzialmente repubblicana e di impronta "garibaldina", sia per verificarne l’ampiezza e la risonanza in seno al movimento democratico italiano di fine secolo. L’agitazione ha inizio - con un certo ritardo sugli eventi cubani - nel corso del 1896 (4). Il 7 maggio 1898 i volontari italiani si imbarcarono alla volta di New York per raggiungere Cuba, dove avrebbe dovuto attenderli e guidarli il colonnello Gustavo Martinotti; ma il 2 agosto sono costretti al ritorno in patria. La vicenda si inserisce dunque in un periodo particolarmente travagliato per l’Italia, fra la sconfitta di Adua e i moti del maggio 1898, e coincide anche con il movimento originato dalla guerra per Creta e con le spedizioni di Amilcare Cipriani e Menotti Garibaldi in Grecia, dove nello scontro di Domokos, era caduto Antonio Fratti.
Scrive Felice Albani: "Vera pagina di storia è dunque per noi la presente pubblicazione: e a tale titolo la offriamo agli amici d’Italia e di Cuba, devoti, d’intelletto e amore, alla grande causa della libertà della giustizia e della fratellanza per i popoli e tra i popoli" (5).
L’Albani già leader intorno al 1893-94 del Partito repubblicano socialista formato dalla sinistra dell’antico Patto di fratellanza delle società operaie, e reduce dalla campagna di Grecia si propone fra l’altro di rendere omaggio a Fratti e a Bovio, anche lui scomparso, che erano stati fra i massimi sostenitori dell’iniziativa, e all’amico Falco, "il segretario, l’anima e - sui campi di lotta - il campione" del Comitato Italiano (6); e di propagandare il dono di una targa scolpita da Vettore Ferrari offerto a Cuba con un indirizzo redatto da Barzilai.
Indubbiamente l’impianto del numero unico e il tono della raccolta documentaria sono intrisi di retorica e di arcaismi, di cui sono prova l’"apologia" di Maceo pronunciata da Bovio e la prolissa conferenza tenuta dal Falco nel teatro di Santa Clara (7). L’Albani - ora a capo di un isolato Partito mazziniano italiano - sembra sorvolare sui dati più attuali e ostici: nessun cenno, ad esempio, alle delusioni patite dai cubani a causa della politica nordamericana; ma il suo rimane un internazionalismo di ispirazione democratica e nazionalitaria sinceramente professato, di cui sentiva di dovere continuare la tradizione:
"Fin dai tempi della sua rivoluzione, l’Italia porse il braccio di fraterno ausilio alle nazioni insorte per rivendicare la propria indipendenza, accorrendo in Grecia, in Ispagna, nell’America del Sud, In Polonia, nei Balcani e finalmente ancora in Grecia (...), così, nella misura dei casi e delle circostanze, l’Italia della democrazia non fu insensibile al santo grido di riscossa del Popolo Cubano" (8).
Antonio Fratti, nel dicembre del 1896, aveva ascritto il nome di Maceo al "martirologio dei popoli oppressi" e lo aveva messo assieme Con Santarosa e Pisacane, Mameli e Oberdan, il che offre un’idea degli impulsi postrisorgimentali che animavano la solidarietà repubblicana a favore di Cuba (9). "I preti di Roma - aveva aggiunto - parlano dei diritti secolari della Spagna, e ne parlano anche tanti nostri scettici giornalisti monarchici". La causa della liberazione dell’isola era dunque sentita e propagandata in termini peculiari italiani, per riaffermare tutto un programma di democrazia, secondo pregiudiziali ideologiche e di partito ormai consolidate. Josè Martì diveniva per Bovio "il Mazzini dei cubani" (10). Il mito della Roma del popolo, l’idea delle libertà nazionali e il motivo della fratellanza latina formavano l’involucro dottrinario dei capi; la lotta che si era accesa oltre Atlantico, era ricondotta a risvegliare le sorti dell’idea repubblicana nella penisola. Lo stile di Bovio, quando traccia il mandato con cui si accredita la missione in partenza per l’Avana è più che paludato: "Il Comitato Cubano sedente in Roma, convinto che l’insurrezione di Cuba, raccomandata alla civiltà dall’eroismo dei ribelli contro la ferocia degl’invasori, merita dalla Roma de’ Plebisciti un plauso, delibera mandare al governo cubano il dott. Francesco Federico Falco, membro del Comitato, con questo voto: "Che Cuba, proclamatasi indipendente, determini con plebiscito la forma politica della sua nuova vita" (11).
Francesco Federico Falco, l’emissario italiano, era poi rimasto, nell’isola anche dopo gli avvenimenti del 1898 e del 1901 (l’emendamento Platt), e qui aveva dato vita a La Cultura latina,
"revista cientifica internacional" apparsa nel novembre-dicembre 1902 con un programma di "rinascenza dell’Umanismo latino, svolto per ora nelle scienze sociologiche e loro affini", che aveva trovato ascolto in Gabriel Tarde e in Cesare Lombroso, negli statunitensi Barrows e Baldwin e in altri "cientificos" del Messico, Venezuela e Argentina (12). Il Falco aveva assunto la cittadinanza cubana, ma non sembra fosse troppo sensibile alle condizioni in cui l’indipendenza di Cuba era stata decurtata da parte degli Stati Uniti. Nel positivismo e dottrinarismo della sua cultura - stando agli scarsi documenti di cui disponiamo - prescindeva dai dati di una realtà sociale e nazionale assai più drammatica di quella prefigurata dal suo slancio idealistico: Cuba era una "nuovissima nazione americana" che assurgeva a "Stato libero", una "repubblica latina" che era riuscita ad imporre ai nordamericani il ritiro dal paese: "Una legge non scritta, ma viva in tutte le coscienze democratiche, aveva trovato obbedienza sagace nei direttori del governo degli Stati Uniti, per virtù del carattere cubano (...) e la fermezza di questo popolo otteneva il suo trionfo finale senza altre prove di sangue, e senza ulteriori sacrifici, ma anzi tributando un singolarissimo diploma di gloria alla nazione (Stati Uniti) che abbandonava il campo" (13).
In questo unico accenno che si spinge sul presente, senza troppo allontanarsi dal momento celebrativo dell’epopea cubana (il testo è della fine del 1902 e ha valore programmatico auspicando l’intesa fra "i più valenti compagni di scienza e di lavoro non solamente dei paesi latini dell’Europa e dell’America, ma anche dei paesi anglosassoni e del Giappone") si avvertono i limiti di fondo di un impianto politico e culturale in evidente ritardo sulla realtà nuova dell’imperialismo e anche sui fermenti antimperialistici della più avanzata cultura latino-americana del tempo.
Più aperta e moderna, per quanto qui si può intravedere, la posizione espressa dall’ala socialistica del movimento italiano relegata e rimasta però ad un livello subordinato. Silvio Drago formava un punto di collegamento (intorno al 1895) fra l’Asino Podrecca e Galantara, la Federazione socialista romana e il gruppo repubblicano-collettivista del Futuro Sociale, che era animato da Felice Albani.
Secondo Drago, i cubani insorgevano contro il "parassitismo economico" della Spagna; "l’emancipazione di nuove e grandi energie produttive" urtava con "la conquista, la signoria e lo sfruttamento degli stranieri"; dunque una lotta che non interessava soltanto Cuba, ma poteva essere accostata al recente e fresco anticolonialismo della parte popolare italiana (14) . E’ però all’egemonia ideologica di Felice Albani, che si devono le ombre e le luci in cui si aggira e si muove l’intero movimento.
Nell’Italia per Cuba Albani pubblica una sua lettera di risposta ad un telegramma del Falco, datata 14 aprile 1898. Ne esce una direttiva politica che investe scelte strategiche da operare di fronte al fatto nuovo, imminente dell’intervento nordamericano. L’appiattimento della visuale idealistica prende ora rilievo e denuncia presupposti - e chiusure - di tipo dogmatico: "Una buona volta che essi (Stati Uniti) agiscono da vera Repubblica e una buona volta un popolo forte e potente mette la sua potenza e la sua forza al servizio d’una causa buona, in difesa degli oppressi. Dovremmo esitare noi a testimoniare i nostri sensi di solidarietà - solo per degli apprezzamenti soggettivi e temerari: ad esempio perché gli americani del Nord sono ricchi sfondati, ecc. ecc.? (15).
Il progetto politico - già difficile e arduo nella realizzazione - a questo punto anziché temprarsi rischiava di indebolirsi , specialmente in prospettiva, come di fatto accadde. Secondo Albani, che qui veramente si atteggia a leader morale e politico dell’impresa ed esercita autorevolmente il suo consiglio sul Falco, l’intervento degli Stati Uniti spostava radicalmente i termini con cui era stata, in precedenza, impostata l’intera questione. Si dava "il caso raro e augurale d’una grande potenza che fa sua la causa dell’oppresso"; perciò la spedizione dei volontari veniva a perdere il suo significato.
"Andare in 500 o in mille a pretendere di aiutare 200 o 300.000 in lotta contro si o no 50 o 60 mila, parrebbe una forzatura, e non naturale spontaneità; al fatto verrebbe meno il pericolo, e col pericolo la poesia e la gloria che furono sempre l’aureola dei nostri sacrificati" (16).

Riepiloghiamo: il 6 aprile 1896 - quasi certamente un anno dopo l’inizio dell’insurrezione cubana - si costituisce il Comitato Centrale Italiano; è passato appena un mese dalla caduta di Crispi; nel 1897 l’idea e il programma di un corpo di volontari si rafforzano; ma Cuba è lontana e il richiamo di Candia infinitamente più vicino: il tentativo pro Cuba entra nel concreto nella misura in cui da un lato giungono a compimento le spedizioni in Grecia, dall’altro divengono più frequenti i
dispacci sulla repressione spagnola. All’inizio del ‘98, questo complicato itinerario fa sentire ancora la sua influenza. La lettera di Albani è inoltre ricca di riferimenti retrospettivi, ricerca precedenti e insegnamenti nell’esperienza risorgimentale italiana, mentre nella grande repubblica d’oltre Atlantico si compie una incomprensibile rivoluzione imperialistica....La democrazia italiana, fortemente ideologizzata, che sa comprendere e combattere gli aspetti arcaici e autoritari monarchica e confessionale è sprovveduta di fronte a una situazione coloniale come quella di Cuba, e viene colta di sorpresa. Se mai altri, come Olindo Malagodi, dal suo osservatorio inglese, o più tardi Luigi Negro, saranno atti a intendere e discutere le novità del fenomeno imperialistico (17)
Nell’aprile del 1898 - dunque - non era più il caso per un serio "partito d’azione" di insistere nella spedizione: tuttavia, se dieci, venti o cento giovani intendevano partire, non si doveva scoraggiarli: solo se "il conflitto fra gli Stati Uniti e la Spagna non dovesse andare a fondo" la questione sarebbe stata riesaminata, per risolverla coi nostri tradizionali criteri"; intanto era opportuno che il Falco affrettasse la sua partenza, per recarsi di persona "fra il Governo insorto cubano" (18). Insomma, veniva a prevedere un’impostazione riduttiva, di tipo diplomatico.
Per altro le alternative - che avrebbero potuto essere meno provinciali e più rigorose in prospettiva - non offrivano margini troppo diversi, dalle soluzioni consigliate. Il reclutamento era giunto a buon punto, tanto che il 7 maggio - su un piroscafo del Lloyd germanico - il primo drappello poteva partire per gli Stati Uniti. Fu poi la condotta delle autorità nordamericane a impedire o rendere difficile il trasferimento a L’Avana; ma anche la delegazione della Giunta rivoluzionaria di New York, che si era dichiarata disposta all’equipaggiamento, venne meno ai suoi impegni. Quarantuno uomini erano partiti dall’Italia, altri 34 si erano iscritti alle liste dei volontari (19).
Le sottoscrizioni avevano fruttato 1.400 lire, la vendita dell’opuscolo La lotta di Cuba e la solidarietà italiana altre 600; per la stampa, i comizi, la corrispondenza si erano spese oltre 2.000 lire (aprile 1896- aprile 1898) (20). Forse, l’opera di propaganda svolta nel paese fu il dato più positivo dell’iniziativa; essa si era innestata su una situazione non facile, straordinariamente ricca, in quel periodo, di tensioni politiche e di una emergente ondata di scioperi. Gli elenchi dei sottoscrittori pubblicati da Italia per Cuba comprendono più pagine, fitte di centinaia di nomi e forniscono la mappa del volontariato illuminando uno degli aspetti più interessanti dell’agitazione (21) . Al vertice figurano deputati di parte repubblicana, socialista e radicale: 38 nel suo complesso, calcolati in più anni. Fra i più noti, oltre a Bovio e a Fratti, Matteo Renato Imbriani, Napoleone Colajanni, Andrea Costa, De Felice Giuffrida, il colonnello Gattorno, Ettore Socci, Nicola Barbato, Felice Cavallotti, Edoardo Pantano, Angelo Celli, Salvatore Barzilai, Enroico De Marinis, Giuseppe Marcora. Il modo in cui si era formato il primo Comitato Centrale, con rappresentanze del Parlamento , dei consigli della capitale, del Comitato delle donne italiane, della Camera del Lavoro di Roma, della Massoneria, dell’Associazione "Italia irredenta" (barzilai per Trieste, Tolomei per il Trentino), del Corpo Volontari Garibaldini e del mondo della cultura dimostra però che il movimento era fermamente e quasi per intero nelle mani dei repubblicani. Le adesioni di base toccavano talvolta ambienti socialisti e anarchici; parecchio più larghe quelle della stampa: una quarantina di testate, quasi tutte di settimanali locali (e non quotidiani come travisa Ortiz), con l’aggiunta di qualche giornale e rivista. Anche qui l’asse del movimento di solidarietà si incentrava a Roma, con il Futuro Sociale, la Rivista popolare di Colajanni, L’Asino, il Messaggero, la Tribuna, l’Avanti!; e a Milano con l’Italia del popolo, il Secolo e la Critica Sociale. Tuttavia, ben 17 volontari su 41 erano partiti dal Mezzogiorno.
Per l’orditura del movimento, specie in alcune regioni centrali, era stata importante l’opera di alcuni fogli di provincia, come il Lucifero di Ancona, la Sveglia democratica di Pesaro, Il Popolano di Prato, Il Pensiero di Siena, il Pensiero Romagnolo di Forlì. Ortiz aveva mostrato di apprezzare questa documentazione, e ne aveva tratto delle tabelle statistiche a base territoriale. Il primato delle adesioni collettive (associazioni e circoli) spettava a Foligno, dove non mancava il patrocinio del Comune, seguita da Livorno, quello delle adesioni individuali alla Toscana (440), alle Marche (421) e al Lazio (417). Anche scorrendo l’elenco ufficiale, paese per paese, si ha l’impressione che vi si rifletta la geografia politica della organizzazione radical-repubblicana. A Penne, il luogo natale di F.F. Falco si contano oltre la metà di tutte le adesioni degli Abruzzi; a Pesaro una quarantina di nomi femminili sono il frutto di un’associazione intitolata a Sara Nathan e occupano quasi per intero la lista cittadina, Massa Marittima, nel grossetano supera di gran lunga qualsiasi altro centro della Toscana, e lo stesso avviene in Puglia con Molfetta; la Romagna sopravanza il resto dell’Emilia e i sottoscrittori di Perugia e di Ancona sono numerosi quasi quanto quelli di Roma, mentre l’elenco di Pavia copre per circa i tre quarti le lise riempite nelle province lombarde. Solo Roma, fra i grandi centri, ha un posto preponderante rispetto alla sua regione. Se si aggiungono alcune diecine di adesioni dall’Alleanza repubblicana universale in Argentina, fra gli emigrati di Buenos Aires e di Mar de la Plata, si giunge a un totale di 2.895 unità.
Qua e là, specialmente a Pavia, figurava qualche più notevole aliquota di donne, mobilitate da un appello lanciato attraverso la stampa il 15 settembre 1896 (22).
La massa delle adesioni sembra però provenire da quelle società popolari in cui si manteneva ancora viva, in un clima di tardo garibaldinismo, l’educazione politica repubblicana. Spigolando fra gli elenchi, figurano infatti associazioni in questo senso indicative già dal loro nome: "Libertà e lavoro" a Parma, "Giuseppe Mazzini" a Brescia e altrove, Federazione Repubblicana di Milano e in diversi capoluoghi, "Circolo repubblicano socialista" a Urbino, "Fratellanza artigiana " a Torino, "Lega mazziniana" a Mercato Saraceno, a cui si aggiungono un Circolo socialista e uno di anarchici a Foligno, ecc. Non è improbabile che in seno ai repubblicani prevalesse una coloritura di sinistra, mentre il raggio delle adesioni - e forse qualche iniziativa locale - si spingeva qua e là verso frange di democrazia borghese illuminata o verso avanguardie di classe operaia organizzata: a Livorno sono presenti le logge massoniche "Dovere" e "Felice Orsini", a Perugia si sottoscrive nel corso di una "conferenza del 1° maggio", a Bari fa propaganda il giornale Spartaco, a Sesto Fiorentino aderiscono "cinque operai", a Faenza "una famiglia di repubblicani rivoluzionari".
Il Falco nel discorso di Santa Clara, e Fernado Ortis, nell’opuscolo sui combattenti italiani a Cuba, possono citare una diecina di italiani che, individualmente, al di fuori della spedizione repubblicana, trovandosi nell’isola o avendola raggiunta, si erano impegnati nelle guerriglie del 1895-1898 o comunque nella lotta a sostegno dell’indipendenza cubana, talora a prezzo della vita. Scarne notizie, che solo in parte corrispondono a un elenco preciso; ne affiorano alcuni nomi: Alfonso Cancellieri, Oreste Ferrara, Francesco Lenci, Guglielmo Patriccione, Francesco Pagliuchi e Ugo Ricci, che combatte a Matanzas ed è uno degli ufficiali di Maceo. Ortiz include nel numero anche Falco; di altri non rimanevano i nomi, anche se non se ne era persa del tutto la memoria.
__________________
(1) Cfr. Antonio Melis, Fernando Ortiz e la cultura italiana, in "Ideologie. Quaderni di storia contemporanea", 1968, n. 5-6, pag. 194-206 (quaderno speciale dedicato alle radici storiche della rivoluzione cubana). L’opuscolo di Ortiz era uscito in prima edizione nel 1905.
(2) Debbo alla cortesia - e al dono - dell’amico Luigi Goglia la conoscenza di questo numero unico oggi difficilmente rintracciabile.
(3) Comitato Centrale del 1905: Felice Albani, Adele Albani Tondi, Salvatore Barzilai, Ettore Ferrari, Federico Gattorno, Emilio Nissolino, Ferruccio Tolomei, Federico Zuccari.
(4) Articolazione del Comitato Centrale nel 1896: Barzilai, Bovio, Fratti e Zuccari (per il Parlamento), Gattorno (Consiglio Provinciale di Roma); Ferrari, Nissolino e Zuccari (Consiglio Comunale di Roma), Ferrari (Massoneria italiana), Adele Tondi Albani (Comitato delle Donne Italiane), Nissolino (Camera del Lavoro di Roma), Albani, Gattorno e Tolomei (Corpo volontari garibaldini), ancora Ferrari in rappresentanza dell’"Arte", Barzilai e Tolomei ("Italia irredenta") Albani e Falco (per la stampa).
(5) Cfr F.A. Riassunto ed epilogo, "L’Italia per Cuba", XX maggio 1905, pag. 2.
(6) Ferruccio Tolomei, Giovanni Bovio e Antonio Fratti, Lettera aperta, "L’Italia per Cuba"
(7) Cfr. L’Italia a Cuba e la psicologia della rivoluzione. Discorso di Falco nel teatro di Santa Clara. 24 settembre 1899. Ibidem, pp. 7-10.
(8) Cfr. F..A. Riassunto ed epilogo, cit.
(9) Antonio Fratti, L’eroe cubano (da "il Futuro Sociale", 16 dicembre 1896), in "L’Italia per Cuba", cit.p. 3.
(10) Cfr. La solenne commemorazione di Antonio Maceo a Roma. 28 febbraio 1897, Ibidem, pag. 5. A Roma si era formato un circolo repubblicano Antonio Maceo; al comizio del 28 febbraio erano presenti duemila persone.
(11) Cfr. la nota al citato discorso di Falco su "L’Italia per Cuba e la psicologia della rivoluzione", loc.cit. p.10.
(12) Cfr. Cuba latina in "L’Italia per Cuba", pp.10-12
(13) Cfr Cuba latina
(14) La parola d’un capo socialista italiano per la libertà cubana, ibidem, p. 6 Articolo del settembre 1896, dal "Futuro sociale".
(15) Cfr. La causa cubana. L’intervento degli Stati Uniti. Il dovere dei repubblicani d’Italia. Lettera di Felice Albani, ibidem, pag. 6. La sottolineatura è nel testo.
(16) Dalla lettera di Felice Albani in La causa cubana, cit.
(17) Cfr. ad esempio: O.M. (Olindo Malagodi con ogni probabilità), Gli Stati Uniti e Cuba. in "Critica Sociale", 1898-99 e Silvio Negro, Nuova situazione sociale? L’imperialismo americano e O.M." ibidem, 1901.
(18) Cfr. La causa cubana, cit.
(19) Elenco dei volontari giunti negli Stati Uniti: Cornale Giovanni, Molineri Oreste (Torino), Arsino Guido (Asti), De Molli Carlo, Gallo Nicola, Paravicini Ernesto (Milano), Corti Antonio (Pavia), Alippi Salvatore (Lecco), Binda Giuseppe (Como), Borgia Virgilio (Mantova), Toratto Antonio (Roncegno, Trento), Bassi Emilio, Bono Battista (Venezia), Ravasini Mario (Trieste), Piccirilli Ferruccio (Massa Carrara), Gemignani Luigi (Viareggio, Lucca), Tieri Nicola (Bologna), Baldini Francesco (Parma), Geraci Francesco, Taparelli Gilberto (Reggio Emilia), Pasini Federico (Pesaro), Anastasi Ciro, Vecchiotti Fortunato (Ascoli Piceno), Bottini Pasquale (Campobasso), Niccoli Francesco (Rieti), Ferretti Placido (Isola dei Liri), Mastelloni Raimondo, Violante Francesco (Napoli), Cardillo Alessandro, Di Gennaro Angelo, Greco Angelo, Macchiarolo Luigi, Panella Domenico, Ucci Carmine (Benevento), Vecchioni Raffaele (Nola, Napoli), Cervone Francesco (Caserta), Migliarini Giuseppe, Pizzariello Giovanni (Potenza). Jersale Francesco (Bitonto, Bari), Padula Cesare (Lecce), Flesca Giuseppe (Reggio Calabria).
(20) Cfr. Relazione del Comitato Centrale Italiano. La sua opera, come si svolse e come termina, in "L’Italia per Cuba", pag. 2.
(21) Gli arruolati presso il Comitato nazionale di Roma, pronti a partire per Cuba, erano come si è detto altri 34. Ne indichiamo la provenienza: Torino, Genova, Milano, Mantova, Padova (in numero di sette), Trieste, Livorno, Viareggio, Forlì, Roma, Guinasco di Novara, Chiaravalle di Ancona, Pontassieve (Firenze), Mola di Bari, Trani, Giarre (Catania), Sant’Arcangelo di Romagna. Renato Brocchi forse capeggiava il gruppo padovano. Palmiro Tomberi, a Livorno, sembra avesse un seguito piuttosto numeroso.
(22) Il Comitato delle donne era forse formato,oltre che dalla Albani Tondi, da Paolina Fontana Mauro, Maria Montessori, Emilia Marabini, Eva De Vincentiis, Debora Ghirga.