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La schiavitù a Cuba: brevi cenni storici e demografici

Carlo Nobili*


 I precedenti

Già nel secolo XV, al tempo dei loro primi contatti con le popolazioni negre della Guinea (attuale Guinea-Bissau), i Portoghesi dettero inizio ad una forma di Tratta, per così dire europea, in quanto gli schiavi catturati in Africa andavano ad incrementare il mercato del lavoro servile nelle città lusitane.

Nel 1441 Antam Gonçalvez, spintosi con la sua "piccola nave" fin sulla costa sud dell’attuale Marocco (la colonia spagnola di Río de Oro), per compiacere il suo regale padrone – il Principe Enrico del Portogallo, detto il Navigatore –, catturò, con l’aiuto di un altro avventuriero portoghese, Nuño Tristão, dodici abitanti di quella terra e li portò schiavi a Lisbona.

Solamente due anni dopo il fenomeno comincia ad assumere però connotati e proporzioni che andranno a prefigurare quale sarebbe stato il tragico seguito: dopo che le isole Canarie avranno fatto da trampolino di lancio, nel 1443, grazie alle sistematiche spedizioni dell’italiano Lanzarotto Marocello, dei portoghesi Gil Eannes, Alfonso Gonçalves de Baldaja e Nuño Tristão verso quelle stesse terre, ben 235 Africani furono inviati in Portogallo come schiavi e questa stessa prassi si adottò, da lì in avanti, per soddisfare la necessità di manodopera interna.

Da allora fino alle soglie della Scoperta dell’America la Tratta portò dall’Africa in Europa circa 800 neri ogni anno.

 


Nel 1452 la Bolla di Papa Niccolò V, Dum diversas, concedeva al Re del Portogallo, Alfonso V (Sintra 1432 – 1481), di ridurre in schiavitù tutti i Mussulmani dell’Africa; nel 1455 (8 gennaio) lo stesso Papa indirizzava al Principe portoghese Enrico il Navigatore e al Re Alfonso una Bolla, la Romanus Pontifex, che autorizzandoli a insediarsi sulle coste africane fino alla Guinea, di fatto garantiva loro il monopolio della rotta verso le Indie, ma soprattutto gettava le basi dei moderni sistemi di dominazione schiavisti e razzisti.

La Bolla, i cui princìpi verranno poi ribaditi con la successiva Aeterni Regis Clementia del 21 giugno 1481, proclamava:

Immensa è la nostra gioia nell’apprendere che il nostro caro figlio, Principe di Portogallo [...] ha recato il Nome di Dio nelle terre più remote e sconosciute e ha condotto fra le braccia della Chiesa Cattolica perfidi nemici di Dio e di Cristo, quali i Saraceni e gli Infedeli [...] Noi, dopo cauta deliberazione [...] abbiamo concesso al Re Alfonso il diritto, totale e assoluto, di invadere, conquistare e soggiogare tutti i paesi dominati dai nemici di Cristo, Saraceni o Pagani [...] Desideriamo [...] che lo stesso Re Alfonso, il Principe e tutti i loro successori, occupino e posseggano in diritto esclusivo le isole suddette [dell’Oceano], i porti ed i mari che diremo in seguito, e vietiamo a tutti i fedeli Cristiani di violare [...] la sovranità del detto Alfonso e dei suoi successori. Fra le conquiste già fatte, o che si faranno, tutte quelle che si estendono fino al Capo Bojador e al Capo Non, alla costa di Guinea ed a tutto l’Oriente sono in perpetuo ed in avvenire sotto la sovranità del Re Alfonso.


Come conseguenza diretta di queste "investiture" vengono ad intensificarsi i viaggi di esplorazione e, intorno a quegli anni, sorge e diviene fiorente a Lisbona un emporio di schiavi neri provenienti dall’Africa.

Dal 1460 il Portogallo importa circa 700-800 schiavi l’anno.

L’arcipelago di Madeira, al largo della costa occidentale dell’Africa, colonizzato subito dopo la sua scoperta – avvenuta ad opera di Enrico il Navigatore nel 1425 –, contava già alla fine del XV secolo ben 2.000 schiavi adibiti al lavoro nelle piantagioni di zucchero, su una popolazione totale di circa 17.000-20.000 abitanti.


Malgrado questi precedenti, che comunque non andarono al di là della soglia atlantica, costituita dalle isole al largo della costa occidentale dell’Africa, la Tratta canonica, quella atlantica, sembra cominciare, ad opera degli Spagnoli, sin dal 1510, anche se già nel 1505 (13 anni dopo la prima traversata di Colombo), gli archivi parlano di una caravella salpata da Siviglia con alcune attrezzature minerarie e 17 schiavi negri destinati al lavoro nel Nuovo Mondo.

È del 1518 la prima autorizzazione concessa dal sovrano spagnolo Ferdinando II d’Aragona per il trasporto di 4.000 africani, presi schiavi sulla costa della Guinea.


Dopo questa data il commercio divenne sempre più un’istituzione e un aspetto essenziale dell’impresa ispano-americana.

Il sistema cominciò a mostrare tutto il suo rilievo già intorno al 1592, quando per cercare di soddisfare una domanda di schiavi resa praticamente inesauribile dall’olocausto di quelli che morivano durante la traversata atlantica o stremati dalle fatiche del lavoro nelle miniere e nelle piantagioni, la corte spagnola concesse a Pedro Gómes Reynal, per circa un milione di ducati, una licenza della durata di nove anni per il trasporto di 4.250 schiavi l’anno, per un totale di 38.250 schiavi.

Nella concessione (contratto d’asiento) era stipulato che almeno 3.500 dei 4.250 schiavi dovessero sbarcare vivi, in caso contrario vi era una penale di dieci ducati per ogni schiavo in meno dei 3.500.

Era soltanto l’inizio: tra il XVII e il XVIII secolo 3.500.000-4.000.000 di Africani furono trasportati come schiavi attraverso l’Atlantico; tra il 1600 e il 1870 si arriva ad un totale di 9.250.000; il 60% di essi fu destinato alle piantagioni di zucchero dei Caraibi; qui nel 1750 all’incirca 9 uomini su 10 sono schiavi e dal 1790 continueranno ad arrivare sulle isole 50.000 schiavi ogni anno per far fronte alla sempre più elevata richiesta di manodopera da utilizzare nel "campo".


Gli Africani a Cuba

La prima menzione dell’esistenza di negri schiavi a Cuba si ha sin dai tempi del conquistador e primo governatore dell’isola, Diego Velázquez de Cuellar: nel 1512 infatti un documento ufficiale autorizzava l’introduzione nell’isola di 300 schiavi africani, mentre già nel 1533, durante il secondo governo di Gonzalo de Guzmán (1535-1538), si ha invece notizia di negros horros (schiavi che avevano riscattato a pagamento la propria libertà) in rivolta assieme agli indios contro gli Spagnoli nel Jobabo.

Dopo questa, altre rivolte negre vengono segnalate nel 1538 (Santiago de Cuba), nel 1540 (Bayamo), nel 1606 (Sancti Spíritus e Trinidad), nel 1669 (La Habana), nel 1677-1731 (El Cobre), nel 1726 (La Habana), nel 1748 (Cabo Cruz), nel 1791 (Quiebra Hacha), nel 1795 (Puerto Príncipe) e nel 1798 (Trinidad).


Già nel 1554 la popolazione nera superava a Cuba quella bianca, risultando inferiore però a quella indigena; per avere un quadro più chiaro è interessante leggere i dati della tabella che segue.

Popolazione di Cuba nell’anno 1554

Città

Abitanti bianchi

Indios

Negri

  • Bayamo

30

400

200

  • Puerto Príncipe

14

235

160

  • La Zavana

10

80

120

  • Sancti Spíritus

19

108

14

  • La Habana

40

120

200

TOTALE

113

943

694


Ancora nel XIX secolo i censimenti vedono una maggioranza di popolazione negra e mulatta su quella bianca, nel 1827 (393.436 contro 311.051, ossia il 55,85% vs il 44,15%) e nel 1841 (589.333 contro 418.291, ossia il 58,49% vs il 41,51%), mentre la tendenza opposta comincia a rivelarsi sin dal censimento del 1861 (793.484 bianchi contro 603.046 negri e mulatti, ossia il 56,82% vs il 43,18%).

Nei successivi censimenti si ha questa situazione: 1877, popolazione bianca (B)= 988.624 pari al 64,97%, mulatta e negra (MN)= 489.249 pari al 32,41%; 1887 B= 1.102.889 pari al 67,59%, MN= 528.598 pari al 32,41%; 1899 B= 1.052.397 pari al 66,91%, MN= 505.543 pari al 32,14%; 1907 B= 1.428.176 pari al 69,70, MN= 608.967 pari al 29,72%; 1919 B= 2.088.047 pari al 72,28%, MN= 748.811 pari al 27,16%; 1931 B= 2.856.956 pari al 72,10, MN= 1.079.106 pari al 27,23%; 1943 B= 3.553.312 pari al 74,37%, MN= 1.206.342 pari al 25,24%; 1953 B= 4.243.956 pari al 72,81%, MN= 1.568.416 pari al 26,90%.

I dati per il 1825 sono quelli forniti da Alexander von Humboldt, che stabilisce anche in 455.00 il numero delle persone libere (64%), 325.000 bianchi e 130.000 negri e mulatti.

Per il precedente censimento del 1817 lo studioso indica invece in 630.980 l’intera popolazione dell’isola, 290.021 bianchi, 115.691 negri e mulatti liberi e 225.268 schiavi.


Questa è invece la media annuale degli Africani introdotti a Cuba come schiavi tra il 1790 e il 1871.

Media annuale degli schiavi introdotti a Cuba nel periodo 1790-1871

Periodo

Media annuale

  • 1790-1800

9.500

  • 1801-1820

13.000

  • 1821-1851

22.300

  • 1851-1871

8.000


Interessante è pure leggere i dati che si riferiscono ad alcuni anni dello stesso periodo perché essi mostrano come a partire dall’ultimo decennio del XVIII secolo vi sia stato un aumento delle entrate di genti africane, fino a raggiungere la cifra più alta tra gli anni che vanno dal 1820 al 1840, per poi decrescere a partire dagli anni ’50.

Popolazione di Cuba in alcuni anni del periodo 1792-1877

Anno

Totale popolazione

Schiavi

Percentuale

  • 1792

273.939

84.456

30,8 %

  • 1804

432.000

138.000

31,9 %

  • 1817

635.000

239.000

37,7 %

  • 1825

715.000

260.000

36,3 %

  • 1827

704.000

286.000

40,7 %

  • 1841

1.007.624

436.495

43,3 %

  • 1846

898.754

323.759

36,0 %

  • 1855

1.044.185

366.421

35,0 %

  • 1862

1.396.470

370.553

26,5 %

  • 1877

1.434.747

199.094

13,8 %


Le due tabelle che seguono sono invece relative al numero di schiavi africani importati a Cuba dall’anno 1780 al 1820 e dal 1821 al 1873, anno in cui sbarca, presso la costa nord di Pinar del Río, l’ultima nave negriera di cui si ha notizia: sono passati oltre cinquanta anni da quando (30 maggio 1820), è stata dichiarata illegale la Tratta di schiavi, secondo il Trattato Anglo-Spagnolo del 1817.

Ancora nel 1855 la Corte spagnola, ignorando le pressioni internazionali, aveva dichiarato ufficialmente che la schiavitù, questa forma speciale della proprietà nell’isola di Cuba, era considerata essenziale, per cui "se será respetada como debe serlo", ossia alimentando il suo mercato con l’arrivo, sempre e comunque, di nuovi bozales.

Schiavi africani importati a Cuba dal 1780 al 30 maggio 1820 (fine della Tratta legale)

Anno

Entrate

Totale

  • 1780-84

6.000

– – – –

  • 1785-89

9.232

15.232

  • 1790

3.177

18.409

  • 1791

10.622

29.031

  • 1792

10.670

39.701

  • 1793

4.721

44.422

  • 1794

5.205

49.627

  • 1795

7.290

56.917

  • 1796

7.139

64.056

  • 1797

6.824

70.886

  • 1798

2.501

73.387

  • 1799

6.148

79.535

  • 1800

5.181

84.716

  • 1801

2.073

86.789

  • 1802

18.290

105.079

  • 1803

12.089

117.168

  • 1804

11.164

128.332

  • 1805

6.248

134.580

  • 1806

5.493

140.073

  • 1807

3.206

143.279

  • 1808

2.009

145.288

  • 1809

1.452

146.740

  • 1810

8.340

155.080

  • 1811

7.939

163.018

  • 1812

7.601

170.619

  • 1813

5.962

176.581

  • 1814

5.401

181.982

  • 1815

12.289

194.271

  • 1816

23.671

217.942

  • 1817

28.301

246.243

  • 1818

24.576

270.819

  • 1819

18.436

289.225

  • 1820

21.110

310.365

Schiavi africani importati a Cuba dal 1821 al 1873 (anno d’arrivo dell’ultima nave negriera)

Anno

Entrate

Totale

  • 1821

6.145

316.500

  • 1822

4.500

321.000

  • 1823

2.000

323.000

  • 1824

7.000

330.000

  • 1825

6.400

336.400

  • 1826

4.500

340.900

  • 1827

4.800

345.700

  • 1828

10.600

356.300

  • 1829

10.300

366.600

  • 1830

11.700

378.300

  • 1831

12.500

390.800

  • 1832

9.800

411.600

  • 1833

11.000

425.200

  • 1834

13.600

425.200

  • 1835

36.000

461.200

  • 1836

26.100

487.300

  • 1837

25.200

512.500

  • 1838

25.200

537.500

  • 1839

22.500

560.200

  • 1840

13.000

573.200

  • 1841

10.600

583.800

  • 1842

2.800

586.600

  • 1843

7.200

593.800

  • 1844

9.000

602.800

  • 1845

1.200

604.000

  • 1846

1.500

605.500

  • 1847

1.300

606.800

  • 1848

1.500

608.300

  • 1849

7.800

616.100

  • 1850

2.800

618.900

  • 1851

4.500

623.400

  • 1852

7.200

630.600

  • 1853

12.000

642.600

  • 1854

12.500

655.100

  • 1855

5.800

660.900

  • 1856

6.600

667.500

  • 1857

9.400

676.900

  • 1858

16.000

692.900

  • 1859

28.000

720.900

  • 1860

24.985

745.900

  • 1861

23.964

769.800

  • 1862

15.000

784.500

  • 1863

7.507

792.400

  • 1864

6807

799.200

  • 1865

7.000

806.200

  • 1866

7.000

813.200

  • 1867

7.000

820.200

  • 1868

6.000

626.200

  • 1869

5.000

831.200

  • 1870

4.000

835.200

  • 1871

3.000

838.200

  • 1872

2.000

840.200

  • 1873

1.000

841.200


Questa ulteriore tabella dà infine conto del numero totale (ovviamente approssimativo) di Africani, distinti per etnia, entrati a Cuba dall’inizio della Tratta fino al 1873.

Numero di Africani (per etnia) arrivati a Cuba durante la Tratta

  • Congo

400.000

  • Yoruba

275.000

  • Ibo/Ibibio/Ijaw

240.000

  • Ewe/Fon

200.000

  • Altri

185.000

TOTALE

1.300.000


A Cuba, tra gli schiavi che vivevano nel barracón non vi erano solo differenze di nazione di provenienza, ma, in qualche maniera, anche di status.

Quelli a cui erano riconosciute speciali capacità di adattamento ottenevano, infatti, un posto nella casa dei padroni, dove erano, tutto sommato, ben trattati.

La differenza tra le loro condizioni e quelle di chi lavorava nel campo era talmente forte che il castigo peggiore che potesse capitare ad un domestico era quello di essere mandato a lavorare la canna nei campi.

Quando un "negrito era lindo y gracioso", dice Esteban Montejo (l'ex-schiavo intervistato da Miguel Barnet), era molto probabile che fosse mandato a lavorare in casa.

Gli schiavi domestici godevano di un trattamento sicuramente meno pesante di coloro che erano utilizzati nel campo.

In realtà, il negro di casa (cuciniere, domestico, cocchiere, balia), ricevendo direttamente l’influenza del bianco, poteva godere di una vita quotidiana e sociale certamente ben diversa da quella dell’ingenio o del cafetal (piantagione di caffè).

Questo stato di cose lo portava ad assumere atteggiamenti da bianco, in altre parole si "blanqueaba", cominciava ad apprendere i comportamenti più consoni alle occasioni e la sua capacità camaleontica completava poi il processo di "blanqueamento", facendolo ancora più esigente, in fatto di cortesia ed educazione, dello stesso padrone bianco.

Ricevendo un trattamento migliore, non era raro che coloro che servivano in casa potessero provar addirittura lealtà e affetto per i padroni e i loro figli.

Questo è ciò che scrive sulla negra domestica lo studioso cubano José Luciano Franco Ferrán in La presencia negra en el Nuevo Mundo:

Cuando el negro pasa a vivir a la ciudad, el amo blanco ha introducido en el servicio de su hogar urbano, sobre todo, a las esclavas, cuya atracción no resiste. La mujer negra, a la edad madura, se convertirá en aya y ama, en gobernanta de la familia y educadora de los niños. Poseyendo una inteligencia despierta y libre ya de su inferior complejo cultural, con una gran permeabilidad, adopta la cultura española, habla excelentemente el castellano, es católica, sabe canciones de cuna y leyendas de aparecidos, es diestra en el arte culinario, minuciosa y ahorrativa, un magnífico ejemplar de dirigente doméstica. Le son delegados todos las poderes de la señora sobre, enseñanza religiosa de esta y de los hijos, en fin, es una "matrona" que todas respetan y acatan.


Un’altra categoria era costituita a Cuba dagli schiavi urbani, i quali erano dotati del massimo grado di mobilità e del minimo controllo fra tutti gli schiavi, avevano condizioni di vita che consentivano loro tempi di riposo, di riflessione e attività autonome maggiori, erano esentati dai lavori più pesanti, erano nutriti e vestiti in modo migliore rispetto agli altri; ha scritto Silvio Marconi in Congo Lucumí. Appunti per un approccio sincretico al sincretismo culturale:

In città (e a Cuba, essenzialmente a La Habana, il più grande porto di tutta l’America coloniale spagnola) vi erano schiavi neri che svolgevano ruoli molto differenti: domestici, cocchieri, artigiani, prostitute (che versavano la gran parte del proprio guadagno ai loro padroni), fattorini, scaricatori di porto, manovali impegnati alla lastricatura delle strade o alla costruzione delle fortificazioni, ecc.; molti di questi ruoli si svolgevano a diretto contatto con i propri padroni, dunque anche con gli oggetti della vita quotidiana e con quelli di culto degli stessi, mentre altri si svolgevano in un tessuto urbano ricco di riferimenti iconografici potenzialmente utili per i processi sincretici.[…] in molti casi, gli schiavi urbani potevano guadagnare somme di denaro, sia in accordo coi propri padroni (era il caso delle prostitute), sia esercitando attività autonome, ad esempio artigianali, nel proprio tempo libero; questo fatto consentiva loro di migliorare ulteriormente le proprie possibilità di alimentazione e di vita, talvolta di imparare a leggere e scrivere, talaltra di comperare la propria libertà; vi era poi la possibilità di contatti ben più numerosi sia con i Neri liberti e liberi, sia con coloro, come i marinai della flotta, che erano portatori di elementi culturali relativi alle altre terre (e talvolta alla stessa Africa).


Venivano invece chiamati bozales gli schiavi che ancora non parlavano lo spagnolo, in quanto appena importati dall’Africa.

Nelle Ordenanzas de la Española del 1528 si legge:

Esclavo bozal es aquel que hubiera menos de un año que vino a esta isla de Cabo Verde o Guinea, salvo si tal esclavo fuere ladino cuando de allí viniere, que haya estado algún tiempo conocido en Cabo Verde y en Santomé y que en todos los demás casos que sean cerrados de la dicha habla, estando en esta isla más de un año, sean tenidos por ladinos.

Essi non potevano acquistare la libertà o iscriversi fra i coartados, se non dopo otto anni dal loro arrivo a Cuba.

Esteban Montejo in Biografía de un cimarrón dice di loro:

Li chiamavano bozales, tanto per dirgli qualcosa e perché parlavano nella lingua del loro paese. Parlavano in modo diverso, questo era tutto. Io non li consideravo così, come dei bozales. Al contrario, li rispettavo. Un negro Congo o un Lucumí ne sapeva di medicina più di un medico. Persino più di un medico cinese! Sapevano anche quando una persona stava per morire. Questa parola, bozal, era sbagliata. Ora non si sente più perché, a poco a poco, i negri africani sono scomparsi tutti. Se ce n’è ancora qualcuno, deve essere venti volte più vecchio di me.

Bozal (o bozalón) è a Cuba sinonimo di "selvaggio" e gli Africani appena giunti sull'isola erano chiamati con disprezzo in questo modo poiché parlavano come se avessero una museruola (spagn. bozal = museruola).

Molti bozales diventavano cimarrones e nel periodo che va dal 1831 al 1854 ne furono catturati 339 su un totale di 8.645.

Bozales tra i cimarrones catturati nel periodo 1831-1854

Periodo

Totale dei catturati

Bozales

%

  • 1831-1839

3.514

241

6,85

  • 1840-1849

3.906

76

1,94

  • 1850-1854

1.225

22

1,79


* Carlo Nobili è antropologo americanista del Museo Nazionale Preistorico Etnografico "Luigi Pigorini" di Roma