Huacaynan, una visione dolorosa
e tragica
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dicembre 1999 - Linteresse lo si deve anche al maestro Oswaldo
Guayasamín, al di là dellinquietudine che la sua opera inevitabilmente suscita. Il
"Pittore Iberoamericano" ci apre il cammino verso un tema non sconosciuto, ma
abbandonato negli angoli di un - involontario? - oblio.
Il maestro conosceva questa problematica. Fin dal suo personale e orgoglioso cognome
indigeno: Guayasamín , che nel poetico idioma quechua significa "volo di un uccello
bianco".
Forse per il valore didattico che imprime alla sua opera - non è il caso che ci riferiamo
ai valori estetici - intitola la sua prima serie con un nome quechua,
Huacaynan, la cui traduzione significa niente di meno che "Il Cammino del
Pianto".
In Huacaynan - 103 tele - il maestro plasma con precisione la sua visione,
dolorosa e tragica, dellindio americano.
Questo Cammino che passa per il ripudio, la repressione e lisolamento in
cui per secoli si è cercato di mantenere il quechua, un idioma che ancor oggi tredici
milioni di persone parlano quotidianamente in Bolivia, in Perù, in Ecuador, nel nord del
Cile e dellArgentina e nel sud della Colombia.
Il quechua era la lingua del Tahuantinsuyu, lImpero Inca che nel momento del suo
splendore - nei secoli XV e XVI - ha lasciato, tra le altre meraviglie, quella che
probabilmente è la sua più fantastica costruzione urbana, il Machu Pichu, con le sua
gigantesche muraglie che sembrano essere state intagliate nella roccia.
I colonizzatori imposero, è superfluo dirlo, i loro idiomi, lo spagnolo e il portoghese,
ma nonostante la violenza che, come in tutto, perpetrarono, il quechua, relegato e
discriminato, si mantiene vivo.
Il quechua vive non solo nelle comunità indigene, ma anche i massimi esponenti della
cultura lo usano con determinazione: parliamo dellequadoregno Guayasamín, ma
potremo citare anche il cineasta boliviano Jorge Sanjinés, che nel suo film del 1966
Ukamau - che significa Così è - offrì una lucida riflessione
sulla difficile convivenza tra le culture indigene e quella creola (nel 1969 girò
Yawar Mallku cioè Sangue di Condor).
La Casa de las Américas, sempre attenta, nel 1992 istituì un Premio Straordinario per le
Letterature Indigene, in quella prima occasione in quechua, nahuatl e guaraní - assegnato
a Luis Avelais, messicano, per il suo libro di poesia nahuatl Yolteoti (Del
Cuore Divinizzato).
Due anni più tardi la letteratura indigena viene inserita come una categoria nel premio
più prestigioso della regione - ottenuto nel 1994 dal cileno Lorenzo Aillapan con la sua
raccolta di poemi in mapuche Hombre-Pájaro (Uomo-Passero).
E interessante sapere che ora lOrganizzazione degli Stati Americani sta
lavorando su una Dichiarazione sui diritti delle popolazioni indigene.
Lo stesso temine "popolazioni" viene garbatamente posto in dubbio nel caso di
popoli indigeni ai quali verrà riconosciuto, in futuro, il diritto di partecipazione a
"tutti gli ambiti della vita sociale, politica ed economica".
Grazie alla Dichiarazione, avranno anche diritto a preservare la propria identità
culturale "liberi da qualunque tentativo di assimilazione", a una personalità
giuridica e ai "propri costumi, tradizioni, credenze, abbigliamenti e ...
idiomi".
Lidioma quechua - sottolinea un documento dellAccademia Maggiore della Lingua
Quechua, con sede in Perù - è il più completo deposito della cultura tradizionale e
contiene diversi milioni di dati su nomi di località, corsi dacqua, vegetali,
animali, cognomi, mestieri e una varietà di attività economiche.
Il quechua è anche ricco di espressioni poetiche e ogni parola, con luso di
prefissi e suffissi, può avere diversi significati.
Guayasamín, quelluccello bianco che volò, ha indicato il Huacaynan che
da secoli percorre il quechua, una lingua che, nonostante tutto, gli uomini hanno saputo
mantenere viva.
La strada
dellintegrazione
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ottobre 1999 - Si stima che attraversare oggi per via terrestre lAmerica
Centrale, dal Guatemala fino a Panama, richieda non meno di 72 ore, delle quali oltre 20
si perdono in passaggi e incartamenti doganali.
Le difficoltà di comunicazione nellistmo sono tra i principali problemi che devono
risolvere le nazioni che lo compongono, come condizione indispensabile per conseguire
lintegrazione della regione.
Secondo uninformazione della IPS, su questo impegno, Costa Rica, El Salvador,
Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama intendono mettere in moto, alla fine di
questanno, il progetto di costruzione di una strada che collegherebbe le principali
città, porti, aeroporti e gli oceani Atlantico e Pacifico, con lobiettivo di
arrivare a ununione doganale.
Il cosiddetto Corridoio Logistico Centroamericano, che avrebbe una lunghezza di 5.600
chilometri e costerebbe oltre un miliardo di dollari, è una delle priorità del piano di
sviluppo regionale per il nuovo secolo, chiamato Agenda per la competitività e lo
sviluppo sostenibile.
Si tratta del maggior progetto multinazionale che si sia realizzato in Centroamerica.
Lopinione della prima Vicepresidente del Costa Rica, Astrid Fischel, è che
limpatto della strada sarà multiplo, dato che ridurrà i costi delle operazioni di
commercio nellarea, attrarrà gli investimenti stranieri e modernizzerà le dogane.
Questultimo aspetto imprimerà maggior efficienza allinterscambio di beni e di
servizi.
Lesecuzione dellopera è concepita in quattro fasi. Nella prima, che si
chiamerà Via Longitudinale del Pacifico, verranno costruiti 1.700 chilometri
di strada per unire le località di Tecun Umán, nelloccidente del Guatemala, e la
capitale di Panama.
Nella seconda fase si sfrutterebbero i tratti già esistenti della Carretera
Panamericana, alla quale verranno aggiunti nuovi tronconi che metteranno in
comunicazione le principali città della regione, per un totale di 1.400 chilometri.
Infine, le due ultime tappe prevedono la costruzione del Corridoio Atlantico -
di 1.350 chilometri - e dei Corridoi Interoceanici - di 1.100 chilometri - che
uniranno i porti situati sulle coste degli oceani.
Adesso i Governi dellAmerica Centrale aspettano la realizzazione di uno studio di
pre-fattibilità effettuato da Taiwan, il cui costo oltrepasserà i 6 milioni di dollari.
Dopo, cercheranno finanziamenti in settori pubblici e privati e chiameranno a una
licitazione per la costruzione delle opere.
Con la realizzazione di questo progetto, il Centroamerica comincerebbe il nuovo secolo
facendo un passo concreto sul cammino verso lintegrazione e lattenuazione
della povertà, temi che hanno dovuto rimanere relegati, una volta ancora, dopo i disastri
causati dalluragano Mitch alla fine dello scorso anno.
Segnali di allarme all'ONU
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ottobre 1999 - Negli ultimi anni, nelle sessioni dell'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, si sono uditi entusiasti discorsi di quasi tutti i presidenti
latinoamericani sui 'progressi' politici ed economici nei loro paesi. Ma in questa
occasione è stato diverso.
Il narcotraffico e la povertà sono state le parole che hanno contrassegnato gli
interventi dei presidenti dell'area, che hanno assistito al 54° periodo del massimo
organismo mondiale. E sono state ripetute con la stessa insistenza con la quale una nave,
sul punto di naufragare, chiama per un aiuto.
Alberto Fujimori ha detto che la tranquillità nella regione è stata perturbata dai
narcotrafficanti, le cui attività hanno raggiunto in alcuni casi potere sufficiente a
sfidare governi e a destabilizzare l'economia mondiale.
Il tema della globalizzazione è stato pure toccato dal governante peruviano, nel senso
che questa potrebbe condurre a una rinnovata frustrazione se non porta con sé risultati
positivi per i paesi in via di sviluppo.
Il colombiano Andrés Pastrana ha chiesto urgentemente alle nazioni di aumentare le pene
contro i narcotrafficanti e ha assicurato che non ci sarà pace in Colombia mentre questo
fenomeno continua in alleanza con il mercato nero degli armamenti.
Pastrana ha richiesto inoltre misure contro il contrabbando dei prodotti industriali, che
ha considerato come un mezzo per il riciclaggio di denaro e causa di asfissia per le
industrie nazionali. Il presidente colombiano ha chiesto circa 3.500 milioni di dollari in
aiuto estero per i prossimi tre anni per combattere la produzione e il traffico di droga.
Non ha sorvolato l'inevitabile argomento delle relazioni economiche internazionali e ha
detto che le nazioni dovrebbero considerare con serietà e dare priorità alla creazione
di una nuova struttura finanziaria, perché i flussi di capitale senza controllo hanno
portato instabilità economica, disoccupazione, più povertà e, in alcuni casi,
instabilità politica.
Il presidente del Guatemala, Alvaro Arzú, ha detto che il suo paese, come molti altri del
continente, ha sofferto un rallentamento economico e una contrazione finanziaria,
aggravati da un crescente costo delle importazioni del petrolio e dall'impatto
dell'uragano Mitch.
Dopo aver ricordato che in Venezuela l'80 % della popolazione vive nella povertà,
nonostante le abbondanti riserve di petrolio e di altre risorse naturali di cui dispone la
nazione, Hugo Chávez ha ricordato gli sforzi del suo governo per costruire una genuina
democrazia.
E' stata la voce di chi, in rappresentanza della maggioranza - come avrebbe poi detto nel
suo intervento il Ministro degli Esteri cubano Felipe Pérez Roque - non hanno ragioni per
sentirsi tranquilli.
AIDS: una malattia senza frontiere
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ottobre 1999 - Ogni minuto, undici persone nel mondo contraggono l'AIDS, fatto
che significa un totale di 16.000 casi quotidiani.
Il cosiddetto male del secolo non ha frontiere e non è limitato al sesso, all'età o alla
razza. Invece sì, la sua prevenzione e il suo trattamento, e non parliamo di cura perché
all'ombra del terzo millennio ancora non è stata scoperta, dipendono molto dal potere
d'acquisto.
Una recente relazione del Programma delle Nazioni Unite sull'AIDS (ONU-AIDS) indica che
uno ogni cento adulti nel mondo ha l'AIDS (33.4 milioni di persone) e di questi il 95 %
sopravvive o muore nel Sud del mondo in via di sviluppo.
Questa epidemia rappresenta già la quarta causa di morte nel mondo (la prima in Africa).
L'anno scorso 2.2 milioni di infetti dallHIV hanno sviluppato la malattia e sono
morti, di questi 99.000 in America Latina.
Per la regione, compreso il Caribe, tra l'1 e il 2 % della sua popolazione è
sieropositivo all'HIV, vale a dire, ha il virus però non ha ancora sviluppato l'AIDS.
Dati ufficiali del 1997 indicano che 1.3 milioni di latinoamericani e di caraibici sono
registrati come infetti, di questi il 19 % sono donne (33 % per il Caribe).
Il Programma argentino di Lotta Contro l'AIDS, in un'analisi che comprende il periodo
1982-1998 indica che il totale dei casi è di 12.320 e il 50 % è causato dall'assunzione
di droga per via venosa.
Tuttavia, in Brasile e in Centroamerica (dove l'Honduras ha la maggiore concentrazione dei
casi, con 11.000) l'epidemia è associata alla trasmissione eterosessuale, e in Messico
alla omosessualità.
Secondo la Società Iberoamericana di Informazione Scientifica, in Venezuela sono stati
registrati, tra il 1982 e il 1997, 6.768 persone con AIDS, e si avverte che la cifra reale
potrebbe essere di 450.000.
Per il Brasile, nello stesso periodo, il numero si colloca tra 338.000 e 448.000. Secondo
un documento del loro Ministero della Salute, quando la malattia si è manifestata, i
costi dello Stato sono ammontati a 3.600 milioni di dollari.
Lo studio brasiliano segnala che è tra la popolazione emarginata il luogo dove ogni
giorno si registra il maggior numero di contaminati dall'HIV. Nel caso del cosiddetto
'gigante sudamericano' c'è da rallegrarsi che esistano misure legali che obbligano il
governo a offrire le medicine necessarie per il trattamento, dato che il cocktail delle
medicine antivirali - comunica il documento citato - costa 1.200 dollari al mese per ogni
malato.
Durante un Seminario Internazionale sull'AIDS tenutosi a La Habana, il professore
nordamericano Paul Farmes, approfondendo il tema dei costosi trattamenti, ha affermato che
la povertà e le diseguaglianze sociali sono sempre state co-fattori nella trasmissione
dell'HIV e ha lamentato che nonostante si possa contare su medicine efficaci per assistere
i contagiati, il divario tra ricchi e poveri si allarga, non avendo quest'ultimi la
possibilità di pagare una terapia il cui costo annuale diventa di circa 20.000 dollari
per paziente.
Mark Wainberg, presidente della Società Internazionale di Lotta contro l'AIDS, ha detto
che farmaci sviluppati nel Nord America hanno dimostrato la loro efficacia per impedire la
trasmissione dell'HIV da madre a figlio. Si tratta dell'AZT, con un costo di 40 dollari
per dose, e della nevirapina, con un costo di 4 dollari per dose.
A Cuba, come è noto, lo Stato ha tra le sue priorità la salute della popolazione. La
prevenzione e il trattamento dell'AIDS occupa uno spazio particolare e conta su di un
programma speciale. L'Isola ha deciso il trattamento immediato in un sanatorio (ora esiste
anche l'ambulatorio) che, come è stato riconosciuto a livello mondiale, ha riportato
risultati soddisfacenti.
Non è casuale allora che lo scorso maggio al Convegno Subcontinentale dell'ONU sull'AIDS,
Cuba sia stata eletta per la Segreteria Tecnica del Gruppo di Cooperazione Orizzontale sul
HIV-AIDS per l'America Latina.
Dal primo rilevamento nel 1986 fino all'agosto scorso a Cuba sono stati diagnosticati
2.506 sieropositivi all'HIV e 925 malati di AIDS, con 655 morti. Si avverte che l'AIDS
nell'isola è di lenta crescita, e nel 98 % dei casi è trasmesso per via sessuale.
Il dottore Jorge Pérez, direttore del Sanatorio di La Habana (ne esistono 13 nell'Isola),
ha ribadito i costosi trattamenti con i cocktails e le nuove triterapie, che vengono
ancora applicate, compresa quella dell'interferone cubano.
Il direttore esecutivo di ONU-AIDS, durante una visita a La Habana, ha dichiarato che una
delle conseguenze inammissibili del blocco nordamericano a Cuba è che l'Isola non può
acquistare i medicinali più recenti per questa malattia, che letteralmente possono
salvare vite e migliorare le condizioni di salute di questi pazienti.
Nonostante ciò, Cuba è uno dei pochi paesi al mondo che ha un candidato-vaccino contro
l'HIV (ne esistono 20, in Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia) approvati
dall'Organizzazione Mondiale della Salute.
Sul terreno della ricerca per ottenere un vaccino preventivo, gli svantaggi del Sud sono
pure critici.
Lo stesso Comitato Scientifico Assessore dell'Iniziativa Internazionale per Un Vaccino
contro l'AIDS spiega che esistono diversi ceppi dell'HIV che causano l'AIDS, e un vaccino
per immunizzare da uno di questi non necessariamente protegge da un altro.
I ceppi A, C, D, ed E, che prevalgono nelle regioni più colpite (Africa subsahariana e
Asia meridionale) - precisa - non fanno parte della maggior parte delle ricerche che
tentano di ottenere un vaccino. Queste si dirigono verso il ceppo B che abbonda - bisogna
dirlo? - nel Nord America, nel Sud America e in Europa.
Non c'è da aggiungere altro. Ma, attenzione, l'AIDS non rispetta frontiere. Anche se
nell'America Latina il ritmo di propagazione dell'HIV-AIDS è stato minore di altre
regioni del mondo in via di sviluppo, l'epidemia si incontra, senza dubbio, ben salda, e
la vigilanza epidemiologica deve mantenersi all'erta.
Il Centroamerica
chiede aiuto di fronte alle inclementi piogge
ottobre 1999 - Oltre 68 morti e decine di migliaia di evacuati sono stati il
risultato delle intense piogge che hanno colpito il Centroamerica per oltre venti giorni e
che hanno causato gravi danni materiali, aumentando lo sconforto lasciato dall'uragano
Mitch nell'ottobre dello scorso anno.
Secondo l'agenzia DPA, la regione ha chiesto, lo scorso fine settimana, la solidarietà
internazionale per affrontare l'emergenza.
Anche se non esistono cifre precise, i Governi e altri enti dell'area hanno cominciato a
fare le stime delle grandi perdite, in particolar modo per la distruzione di grandi
estensioni di coltivazioni, come pure di abitazioni, ponti, strade e altre infrastrutture,
ha riportato AFP.
In Guatemala, organizzazioni di produttori hanno valutato in 1.9 milioni di dollari le
perdite per la distruzione della raccolta di mais. Il Ministero delle Opere Pubbliche e
dei Trasporti del Costa Rica ha valutato in 3.4 milioni di dollari i danni a ponti, strade
e fognature, ma non esiste ancora una valutazione delle perdite in agricoltura,
soprattutto nella provincia di Guanacaste nel nord del paese, dove le coltivazioni sono
state completamente allagate.
Le autorità di El Salvador hanno annunciato che oltre 4.000 ettari di coltivazioni sono
state seriamente danneggiate e hanno stimato in circa 3 milioni di dollari le perdite
all'agricoltura. Le notizie ufficiali dell'Honduras parlano di 96 abitazioni distrutte e
di oltre mille danneggiate parzialmente, oltre a 15 ponti abbattuti, tra gli altri
disastri.
Il numero dei morti per straripamento dei fiumi, inondazioni e crolli era di 22
nell'Honduras, 13 in Nicaragua, 12 in Guatemala, 10 nel Salvador, 10 in Costa Rica e 1 a
Panama. Il numero degli evacuati era di 12.604 in Honduras, circa 12.000 in Guatemala,
10.000 nel Salvador, 5.000 in Costa Rica e oltre 7.000 in Nicaragua.
Il Programma Mondiale delle Nazioni Unite per gli Alimenti ha avvertito sulla minaccia per
la sicurezza alimentare nell'istmo, mentre i ministeri della sanità di Nicaragua, Costa
Rica, Honduras e Guatemala hanno mantenuto un allarme sanitario, in quanto molte comunità
erano senza acqua potabile, che scarseggia anche nei rifugi degli evacuati, e alcuni
villaggi ne hanno consumato da pozzi contaminati.
La
popolazione urbana è cresciuta di 120 milioni in 30 anni e vive in miseria
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ottobre 1999 - Esperti di vari paesi che hanno partecipato al seminario
ibero-americano sull'abitazione, hanno segnalato che negli ultimi trent'anni la
popolazione urbana povera in America Latina è cresciuta di circa 120 milioni di unità e
vive in condizioni precarie di abitazione.
Al seminario, che è iniziato il 27 settembre nella città di Cuernavaca, capitale dello
stato centrale di Morelos (circa 90 Km. a sud della capitale messicana), hanno partecipato
rappresentanti di 14 paesi e almeno 300 esperti.
Il rappresentante della Bolivia, Alberto Calla García, del Consiglio di Scienza e
Tecnologia, ha indicato che questa crescita rappresenta un 40 % della popolazione urbana,
e le persone che hanno abbandonato la campagna per stabilirsi nelle cinture delle grandi
città vivono in condizioni di emarginazione sociale e di estrema povertà.
Calla García ha dichiarato che attualmente 30 città latinoamericane concentrano un
milione di persone e altre 35 oltrepassano i 600.000 abitanti, e questa crescita
accelerata provoca una situazione in cui i nuovi nuclei mancano di un'abitazione dignitosa
di alternative di sviluppo.
La rappresentante della Colombia per le reti di abitazioni rurali, Clara Angel Ospina, ha
criticato i programmi di governo dei paesi latinoamericani che dimenticano i poveri e
obbligano le famiglie rurali a emigrare verso le città.
In Colombia, ha aggiunto Ospina, almeno un milione di contadini sono stati estromessi
dalla campagna e obbligati a emigrare in zone urbane per il rischio di restare senza mezzi
di sopravvivenza.
Il rappresentante del Messico, Jorge González, coordinatore della rete di abitazioni
rurali nell'Iberoamerica, ha spiegato che la mancanza di abitazioni è un comune
denominatore in America Latina, che si accentua nella parte nord del Centroamerica e nei
paesi delle Ande, come la Bolivia.
Jorge González ha detto che ancora nei paesi latinoamericani più avanzati come Messico,
Argentina e Brasile, il problema dell'abitazione è critico, le cinture di miseria si
caratterizzano per capanne dove si ammucchiano migliaia di persone.
Il coordinatore della rete di abitazioni rurali ha spiegato che il sudest del Messico, le
zone aride dell'Argentina e il nordest del Brasile sono le zone dove il problema
dell'abitazione e della migrazione rurale risultano più gravi.
Morti e danni materiali per intense
piogge
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settembre 1999 - Senza essersi riavuto da nessuno dei disastri causati
dalluragano Mitch alla fine dellanno scorso, il Centroamerica è nuovamente
vittima delle sorprese della natura che, nello scorso fine settimana, ha colpito la
regione, questa volta con intense precipitazioni.
Le forti piogge che gli scorsi sabato e domenica hanno colpito la regione, hanno provocato
vari morti. Prensa Latina ha riferito che più di quattromila persone sono state evacuate
e si sono riportati considerevoli danni materiali, principalmente in Nicaragua e in
Honduras.
La Commissione Permanente per le Emergenze (COPECO) dellHonduras ha informato che
fino a questo 20 settembre erano morte nel paese sette persone, mentre circa 2.270 sono
state danneggiate ed evacuate, oltre 315 case distrutte o danneggiate parzialmente oltre a
nove ponti distrutti. Vaste aeree si sono trovate inondate e prive di comunicazione. Sono
state messe in pericolo le piantagioni di banane, cereali e canna da zucchero.
Nel mentre, in Nicaragua, la crescita dei fiumi ha costretto la protezione civile a
evacuare oltre 300 famiglie dalle regioni di León e Chinandega. In totale sono decine di
migliaia gli alluvionati in tutto il paese. Secondo la AFP, le precipitazioni hanno
inondato e distrutto circa il 50 % di mais, fagioli e grano, ciò che renderà più dure
le difficili condizioni dei contadini della zona.
Nel Salvador, il bilancio lasciato dal temporale è stato di quattro morti, oltre mille
famiglie danneggiate e perdite nelle coltivazioni fino al 90 %.
Il Guatemala ha avuto la stessa sorte delle nazioni vicine: fonti ufficiali hanno riferito
a PL che più di mille persone erano state evacuate, mentre la crescita dei fiumi non
aveva permesso di conteggiare i danni materiali.
Le autorità della Sanità in Costa Rica hanno iniziato i controlli sanitari di fronte al
pericolo che sopravvenga un focolaio di malattie nella nazione in cui sono state
alloggiate circa 1.400 persone.
Le piogge sono iniziate la scorsa settimana come effetto delluragano Floyd e sono
aumentate per una depressione tropicale nel Golfo del Messico.
Lotta unilaterale antidroga
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settembre 1999 - Le informazioni sulla "lotta antidroga" nel
continente giungono con regolarità ai giornali.
Soltanto qualche settimana fa, una riunione di esperti dellOrganizzazione degli
Stati Americani (OSA) ha concordato a Toronto la stesura di un cosiddetto "Meccanismo
di valutazione multilaterale" per la lotta antidroga.
Il futuro documento, secondo le spiegazioni, dovrà misurare 80 indicatori per giudicare
gli sforzi che ogni paese latinoamericano fa e, tra questi, lo sradicamento della
coltivazione in particolari luoghi.
Simultaneamente si è saputo che gli Stati Uniti hanno concesso alla Colombia 15 milioni
di dollari per "rafforzare le azioni del Piano Nazionale di Sviluppo
Alternativo", la cui filosofia, secondo la direttrice dello stesso, è quella di
aumentare linvestimento nello sviluppo rurale e di eliminare le cause delle
coltivazioni illecite tra i contadini indigeni.
Unaltra notizia ha riferito della visita del capo del Comando Sud dellEsercito
statunitense, generale Charles Wilhelm, a Tegucigalpa per riproporre la cooperazione
antidroga con lEsercito honduregno "ponendo al centro la lotta al
narcotraffico".
A queste recenti informazioni vorremmo aggiungere che ci sono tre convegni internazionali
sulla droga, tutti riferiti allofferta e al narcotraffico, mentre il problema chiave
della domanda è stato lasciato soltanto alle politiche nazionali.
Chiave non è un modo di dire. Secondo uno studio della Giunta della Fiscalizzazione di
Droghe delle Nazioni Unite presentato questanno il consumo di droghe
colpisce oltre 190 milioni di persone nel mondo, tra cui 13 milioni di cocainomani.
Il maggiore consumatore sono gli Stati Uniti, con oltre dodici milioni di
tossicodipendenti, con la tragica aggravante di un aumento enorme (166% nel 1994-95) nella
fascia di età tra i 12 e i 17 anni.
Kofi Annan, segretario generale dellONU, ha definito spaventoso il mercato
internazionale della droga. Secondo il suo rapporto del 1998, questi 190 milioni di
consumatori spendono 400.000 milioni di dollari allanno, "ciò che lo colloca
al secondo posto a livello mondiale, dopo il traffico di armi".
Non è quindi strampalata la conclusone che il problema reale è il gigantesco mercato
mondiale di consumo, con a capo gli Stati Uniti, mentre gli "sforzi", da quanto
si desume, si dirigono verso lo sradicamento delle coltivazioni.
In tal senso Washington ha approvato nel 1986 una Legge diretta a tagliare la droga fuori
dalle sue frontiere, nei paesi produttori. Legge, per giunta, che concede al Presidente
nordamericano la facoltà di certificare che i paesi inclusi nellelenco di quelli
coinvolti, collaborano nella battaglia contro la droga.
Da questa certificazione dipende, per esempio, larrivo dellaiuto economico
nordamericano, compreso il voto di Washington negli organismi finanziari internazionali in
caso di richiesta di crediti.
Vediamo il caso della Bolivia, paese che, dal decennio degli anni 80 è obbligato
allo sradicamento forzato delle coltivazioni della foglia di coca, un arbusto, del resto,
dal consumo millenario tra i quechua e gli aymará.
E non si tratta di tossicodipendenza, bensì la utilizzano tradizionalmente con fini
medicinali e alimentari, poiché, come hanno constatato scienziati dellUniversità
Andina, quella che è considerata la "foglia maledetta" è un ricostituente
energetico, efficace contro la fame, il freddo e il mal daltura, nausee e vertigini.
Per ottenere lo sradicamento di una coltivazione tradizionale, con la quale - secondo dati
degli anni 80 - vivevano 56.000 famiglie (mezzo milione di persone), essendo la
principale zona produttiva la regione del Chapare, dipartimento di Cochabamba, si sono
utilizzati vari metodi. Da una parte un indennizzo per ettaro per sostituire le
piantagioni, finanziamento iniziale dei progetti per altre coltivazioni e luso di
defoglianti, pericolosi e dannosi per lambiente.
Per il 1991, circa 12.000 coltivatori di foglia di coca che avevano accettato di
sostituire le loro piantagioni si trovavano in grave crisi, dovuto al fatto che le loro
nuove produzioni non avevano mercato, mentre il progetto denominato Agroyungas,
sostituzione di coca con caffè nella regione di Yungas a 110 chilometri a nord di
La Paz finanziato dallOrganizzazione per la lotta contro la droga
dellONU, pure falliva.
Ma nel marzo 1995, siccome questa politica unilaterale contro le droghe evidentemente non
fermava né il narcotraffico né il consumo negli Stati Uniti, il rappresentante Dan
Burton, allora presidente del Sottocomitato per le Questioni Continentali, ha proposto di
far stazionare portaerei davanti alle coste della Bolivia e di utilizzarli come base per
bombardare con prodotti chimici le piantagioni di coca.
Un solo dettaglio era sfuggito al congressista Burton: la Bolivia non ha sbocco sul mare
dalla guerra del Pacifico nel XIX secolo e non ha cessato di reclamare internazionalmente
questo diritto.
Il colombiano Ernesto Samper, durante il suo mandato presidenziale nel 1997, ha affermato:
"Il mondo sta perdendo la battaglia contro le droghe illegali: Il problema avrà solo
una soluzione strutturale e definitiva quando tutti i paesi, senza eccezione, assumeranno
le loro proprie, insostituibili responsabilità".
Non è il contadino il responsabile del narcotraffico, bensì lo smodato consumo imperante
in numerosi paesi, essendo gli Stati Uniti il maggiore consumatore. Colà ha radici la
chiave, lo sradicamento del consumo e una reale lotta contro il narcotraffico, giacché
attualmente viene confiscato soltanto circa il 10 % della droga che circola nel mondo.
Proposta
unalleanza regionale di compagnie aeree
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settembre 1999 - Esperti in aeronautica dellAmerica Latina hanno
analizzato a San José, Costarica, le nuove tendenze del mercato internazionale che
presuppongono dure condizioni di concorrenza, e hanno proposto la formazione di un
consorzio di linee aeree regionali.
Gli specialisti hanno anche chiesto di creare unorganizzazione internazionale per
qualificare i servizi delle linee aeree del mondo, un compito che oggi si assume, di
fatto, lAmministrazione Federale dellAviazione degli Stati Uniti (FAA).
Questi sono stati alcuni dei risultati delle Prime Giornate Accademiche su Trasporto Aereo
e Diritto Aeronautico, organizzate a San José dal 9 all11 agosto
dallAssociazione delle Linee Aeree del Costa Rica (ALA), le cui conclusioni sono in
fase di pubblicazione.
Attualmente la FAA assegna tre categorie ai servizi aeronautici. "Quelli della prima
possono volare senza restrizioni verso gli Stati Uniti, quelli della seconda non possono
aumentare i loro voli verso questo paese né cambiare i loro punti di destinazione",
ha spiegato a IPS William Rodríguez, presidente dellALA.
A quelli della terza categorie viene impedito di fare operazioni negli Stati Uniti. Le
categorie della FAA vengono prese come riferimento internazionale e si trasformano di
fatto in una norma mondiale.
Gli esperti hanno stimato che questo sistema può svilire le politiche dei "cieli
aperti", che ricercano lapertura internazionale delle rotte,
leliminazione delle restrizioni, la deregolamentazione delle tariffe, la
liberalizzazione dei voli charter e di cargo, e permettere alle linee nazionali di far
tornare in patria i guadagni.
Nelle giornate di San José si è segnalato che i paesi che hanno firmato trattati di
"cieli aperti" con gli Stati Uniti devono permettere che le linee aeree di
questo paese volino nei loro territori senza restrizioni, però questi paesi possono
vedersi vietare di fare voli verso il territorio statunitense.
"Alcuni ritengono che questa sia una politica di tigre libera contro asino
legato", ha rilevato Rodríguez, segnalando che sarebbe più giusto stabilire un
organismo internazionale per catalogare i servizi, indipendentemente dagli interessi
nazionali.
Nellincontro sono state analizzate le tendenze attuali nellindustria
aeronautica mondiale e, tra queste, il processo che sta portando al raggruppamento delle
linee aeree in grandi conglomerati che coordinano i loro itinerari e condividono le loro
aeronavi, i loro equipaggi e i loro ricambi.
"Tra cinque o dieci anni nel mondo ci saranno solo cinque o sei consorzi di linee
aeree" ha sostenuto Federico Bloch, presidente del Gruppo Trasporti Aerei del
Centroamerica.
Dal 1994 il numero delle alleanze è aumentato da 61 a 163.
Alcuni esperti ritengono necessario formare un consorzio che raggruppi le linee aeree
latinoamericane, molte delle quali stanno restando fuori dai grandi conglomerati
internazionali.
Uno dei consorzi attuali di maggiore importanza è Star Alliance (o Alleanza Stella), che
raggruppa dieci linee aeree capeggiate dalla statunitense United Airlines, assieme, tra
laltro, con la tedesca Lufthansa, la canadese Air-Canada, la thailandese Thai
Airways e la giapponese All Nippon.
Le uniche due linee aeree latinoamericane di questo consorzio sono la brasiliana Varig e
la Mexicana de Aviación.
Soltanto nel 1998 la Star Alliance ha toccato 720 destinazioni con un totale di 1.678
aerei, ha trasportato 213.000 milioni di passeggeri e ha venduto biglietti per un valore
totale di quasi 50.000 milioni di dollari.
"Attualmente, nei nostri paesi latinoamericani, ci sono linee aeree formate da cinque
aeromobili che devono competere con questi consorzi", ha spiegato Ernesto
Rois-Méndez, presidente dellAssociazione Latinoamericana di Aeronautica.
Rois-Méndez ha indicato, inoltre, che le linee aeree dei paesi della regione hanno flotte
molto antiquate i cui costi di mantenimento sono superiori.
Rodríguez ha detto che è indispensabile formare unalleanza latinoamericana,
poiché "di fronte alla realtà attuale, è impossibile che una linea aerea di cinque
o sei aeroplanini sopravviva".
Durante le giornate si è segnalata limportanza che riveste la regione in campo
aeronautico per gli Stati Uniti. Tra il 1990 e il 1997 il traffico tra Stati Uniti e
America Latina e Caraibi è aumentato da 26 a 36 milioni di passeggeri e si prevede che
nellanno 2001 arriverà a 78 milioni.
Passo indietro dell'economia
latinoamericana
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agosto 1999 - Dopo essere cresciuta l'anno scorso solo del 2.3 %, l'economia
della regione retrocederà dello 0.4 % alla fine del 1999, secondo uno studio della
Commissione Economica per lAmerica Latina e i Caraibi (CEPAL), diffuso il 4 agosto a
Santiago del Cile.
La crisi internazionale e i disastri naturali sono segnalati dalla CEPAL come le cause
della caduta del Prodotto Interno Lordo (PIL) regionale dal 5.4 del 1997 al 2.3 del 1998,
come pure della recessione attuale.
Quest'anno "sarà la continuazione di quanto successo alla fine del 1998, con un
quadro di recessione molto pronunciata, soprattutto nell'America del Sud", ha detto
Hubert Escaith, capo dell'unità di analisi macroeconomica di questo organismo.
Nel secondo semestre si dovrebbero vedere segnali di recupero in molte delle economie che
soffrono una forte recessione. Tuttavia, ha aggiunto Escaith, la spinta non sarà
sufficiente a compensare il calo osservata nella prima metà dell'anno.
Il documento afferma che solo nel 2000 la zona riprenderà la sua tendenza ascendente.
Da parte sua, il segretario permanente del Sistema Economico Latinoamericano (SELA),
Carlos Moneta, ha dichiarato che le aspettative generate alla fine del decennio degli anni
'80 da parte delle nuove politiche di apertura e di modernizzazione non sono state
soddisfatte, ogni volta che aumentano i tassi di allarmante povertà.
Intervenendo a una riunione ministeriale per stabilire una posizione comune dell'America
Latina e dei Caraibi, prima della X Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo
Sviluppo (UNCTAD), Moneta ha aggiunto che nei 35 anni trascorsi dalla sua fondazione, le
trasformazioni di questo organismo non si caratterizzano proprio per aver contribuito a un
sostanziale avanzamento dei legittimi interessi delle società.
Ha portato come esempio il fatto che ancora paesi che hanno appena il 15 % della
popolazione mondiale detengono oltre l'80 % del PIL totale.
Il funzionario del SELA ha affermato che la sfida attuale consiste nel cercare la
complementarità tra globalizzazione e sviluppo. Ha ricordato che nel 1996, la IX
Conferenza della UNCTAD coincise con una fase di crescita economica e di prospettive
ottimistiche per l'America Latina e i Caraibi, ma quattro anni dopo la riunione si sarebbe
realizzata in una situazione internazionale e regionale differente.
Non siamo - ha avvisato - in presenza di turbolenze congiunturali, bensì di profonde
perturbazioni le cui oscillazioni colpiscono le fondamenta delle economie nazionali e del
sistema globale, con maggiore intensità nei paesi in via di sviluppo.
CARICOM:
benvenuto ad Haiti e nuovi passi verso lintegrazione
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luglio 1999 - Lingresso di Haiti, gli impegni per lavorare verso un mercato e
uneconomia unici, oltre alla creazione di una Tribunale Caraibico di Giustizia prima
della fine dellanno, sono stati i principali risultati della XX Conferenza dei Capi
di Governo della Comunità dei Caraibi (CARICOM).
Il gruppo, formato da 26 anni, ha dato il benvenuto al suo membro numero 15, Haiti, il
paese più povero della regione. Nel fare lannuncio ufficiale insieme al primo
ministro di Santa Lucia, Kenny Anthony, il presidente haitiano René Preval ha affermato
che "per noi la globalizzazione vuol dire innanzitutto regionalizzazione".
Il CARICOM è impegnato in un ambizioso progetto per creare un mercato e uneconomia
unici, come un passo in più nel suo processo dintegrazione, anche se concederà
alla debole economia haitiana un periodo di tempo di adattamento, secondo quanto hanno
spiegato i governanti caraibici.
La popolazione del gruppo regionale che raggiunge ora i sei milioni di abitanti,
raddoppierà con linserimento della nazione francofona che oltrepassa i sette
milioni di persone.
Le altre 14 nazioni che lo compongono sono Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize,
Dominica, Granada, Guyana, Giamaica, Montserrat, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, San
Vicente e le Granadinas, Suriname, Trinidad e Tobago.
I Capi di Governo hanno anche approvato di creare un comitato che dovrà rendere concreti
i passi necessari per istituire il Tribunale Caraibico di Giustizia, massimo tribunale
della regione, che permetterà alla maggioranza di questi paesi di rendersi indipendenti
dal Consiglio Privato britannico, con sede a Londra, che opera come ultima istanza
giuridica.
Il documento per la creazione del tribunale dovrà essere pronto in ottobre per la firma
dei presidenti caraibici e permettere in tal modo che il nuovo sistema giuridico, con sede
a Trinidad, entri in vigore nello stesso momento del mercato e delleconomia unici
previsto per la fine dellanno.
Anche se le sue economie sono abbastanza asimmetriche, il CARICOM ha approvato un
protocollo che facilita lintegrazione regionale dei paesi più vulnerabili.
Vertice di Rio:
decisioni strategiche di fronte al secolo XXI
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giugno 1999 - Il Vertice dei Capi di Stato e di Governo dellUnione
Europea con i Presidenti dellAmerica Latina e dei Caraibi che incomincia a Río de
Janeiro, potrebbe essere unopportunità per accorciare le distanze tra le due grandi
regioni in materia di scambio commerciale.
LEuropa, prevalentemente occupata della sua stessa integrazione, si è allontanata
dallAmerica Latina, però può difficilmente prescindere in futuro da questo
continente che costituisce il 25 % dellumanità.
Di questo sono consapevoli i 15 Presidenti che si daranno appuntamento con i loro colleghi
latinoamericani e caraibici nella metropoli brasiliana, dove cercheranno di prendere
decisioni che garantiscano la loro crescente presenza nellemisfero.
Tuttavia lincontro non sarà meno importante per i 33 Paesi di questa parte del
mondo che vi saranno rappresentati. Alcuni dei loro Presidenti hanno criticato
ripetutamente il protezionismo della UE in campo agricolo. "Vogliamo migliori
condizioni di accesso ai mercati europei" ha dichiarato il Presidente uruguayano
Julio Sanguinetti nello scorso maggio. Il brasiliano Fernando Henrique Cardoso, da parte
sua, ha sottolineato in una recente intervista citata dallagenzia AFP, "il
desiderio e la capacità del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) di trattare
senza restrizioni le questioni agricole con la UE".
Mentre gli europei vogliono una maggiore apertura dei mercati latinoamericani per i loro
manufatti e difendono settori come quello agricolo, i latinoamericano chiederanno coerenza
in tal senso. "Se accettiamo questo per voi, anche noi abbiamo diritto di fare lo
stesso", ha detto alla UE tramite lagenzia Xinhua, la direttrice della
Divisione per il Commercio Internazionale della Commissione Economica dellONU per
lAmerica Latina, Vivianne Ventura.
La Ventura ha ritenuto ingiusto che la logica del libero commercio valga soltanto per i
paesi sviluppati e non per quelli in via di sviluppo. Questa differenza è stata sentita
dal diplomatico brasiliano Jorio Dauster come lipocrisia e la falsità del discorso
della globalizzazione, nel senso che i paesi ricchi non si globalizzano, poiché non
aprono i loro mercati.
Lungi dallascoltare le decisioni della UE, lAmerica Latina dovrà modificare
la sua strategia interna riguardo alla sua stessa integrazione e intraprendere, come fa
lEuropa, azioni volte a difendere gli interessi nazionali e regionali.
I Presidenti che saranno presenti a questo Vertice a partire dal 28 giugno, parleranno
essenzialmente di temi economici in una città come Río de Janeiro dove, al di là delle
sue belle spiagge e costruzioni, ci sono due milioni e mezzo di persone che
quotidianamente improvvisano le loro case nelle stipate favelas, con un
alto indice di disoccupazione. Simile è il panorama nel resto della regione. Una forte
motivazione che spinge lAmerica Latina verso lintegrazione.
Mercosur: per il coordinamento
economico
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giugno 1999 - I paesi membri del Mercato Comune del Sud si sono riuniti nella
capitale paraguaiana con l'obiettivo di attenuare l'incidenza dei problemi economici e
politici che scuotono questo gruppo regionale dall'inizio di quest'anno.
Come grande proposta strategica e asse principale dell'appuntamento, i Presidenti di
Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay hanno presentato una proposta per fare passi
concreti verso il coordinamento macroeconomico.
L'intenzione è quella di avviarsi verso un patto che collochi il Mercosur sulla falsariga
di una specie di Accordo di Maastricht, come quello che ha fissato norme per l'Unione
Europea obbligando gli Stati coinvolti a una stretta disciplina fiscale.
Questo permetterebbe, secondo gli analisti, di evitare in futuro i contraccolpi che
provocano le crisi finanziarie in altre regioni del pianeta, come pure di riscattare
l'immagine di questo blocco commerciale che è rimasta seriamente danneggiata dopo la
svalutazione brasiliana dello scorso gennaio, come conseguenza di un attacco speculativo
contro il real.
D'altra parte, il Ministro degli Esteri brasiliano, Luis Lampreia, ha annunciato che
questo 16° Vertice avrebbe adottato decisioni sulle relazioni con l'Unione Europea. In
tal senso, il Presidente argentino Carlos Ménem ha detto che è necessario che il
Mercosur richieda alle nazioni del Vecchio Continente l'eliminazione dei sussidi alle loro
produzioni e ha annunciato che questa richiesta sarà portata alla riunione, alla fine di
questo mese, di Río de Janeiro, dove si svilupperanno due istanze parallele, una
UE-America Latina e Caribe, e l'altra UE-Mercosur-Cile.
Non resta altra alternativa a questa comunità di nazioni - nel mezzo dell'accelerata
globalizzazione, della crisi finanziaria internazionale e dell'imminente apertura di un
nuovo ciclo mondiale di negoziati commerciali - che rivitalizzarsi, approfondendo il
processo di integrazione della propria economia e avanzare verso una posizione paritaria,
insieme ad altri blocchi nel panorama economico internazionale.
LOrganizzazione
degli Stati Americani e linterventismo degli Stati Uniti
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giugno 1999 - Criticata per la sua dipendenza dai disegni di Washington,
lOrganizzazione degli Stati Americani (OSA) ha affrontato nella sua 29° Assemblea
Generale un processo di riforme per tentare di avviarsi verso una tendenza
dintegrazione della regione. Però molti dubitano del fatto che i risultati
favoriscano, realmente, il necessario cambiamento nellorientamento di questa
istituzione.
Oltre alle discrepanze su come affrontare lattuale crisi economica e sociale, una
buona parte della riunione è stata dedicata a discutere un vecchio tema il cui nocciolo
è la bramosia interventista degli Stati Uniti, etichettata questa volta con il nome di
"rinnovamento democratico".
Il progetto nordamericano pretenderebbe, niente di più e niente di meno, la creazione di
un cosiddetto "gruppo di amici" che, insieme al Segretario Generale
dellOSA, dovrebbe decidere cosa fare nel caso in cui, secondo la loro valutazione,
la democrazia fosse "minacciata" in qualcuno degli Stati membri.
La maggioranza dei 34 Ministri degli Esteri partecipanti si è mostrata diffidente o
contraria a tale idea. Il venezuelano José Vicente Rangel lha definita
"sproporzionata", dato che la storia dimostra che "la democrazia si salva
per mezzo degli stessi popoli".
"Questo è un continente molto diffidente di fronte a qualsiasi proposito
interventista", ha detto Rangel.
Una diffidenza che, senza dubbio, è nata dalle esperienze che le nazioni dellarea
hanno vissuto riguardo agli interventi militari degli Stati Uniti.
E chiaro, come ha detto il Ministro degli Esteri del Perù, Fernando Trazegnies, che
questo "gruppo di amici" permetterebbe di legalizzare lintromissione in
uno Stato ipoteticamente in conflitto, senza lautorizzazione dello stesso.
Rappresenterebbe un assenso per applicare in questo continente lo stesso schema che la
NATO ha applicato al Kosovo: il bombardamento e lintervento militare con qualsiasi
pretesto.
Per ora gli Stati Uniti non hanno ottenuto lapprovazione delle loro pretese, ma che
il tema venga riproposto nella prossima assemblea che avrà luogo in Canada nellanno
2000. La filosofia di "LAmerica agli americani", lanciata nel secolo
passato per tentare di puntellare un presunto diritto imperiale dintervento negli
affari interni latinoamericani, non è stata abbandonata.
Difficilmente il rafforzamento della democrazia partecipativa parte del seno
dellOSA, perché neppure essa stessa - come ha detto il ministro Rangel - possiede
unadeguata democrazia interna.
Comunità Andina: di
fronte alla sfida dell'integrazione
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giugno 1999 - Il blocco più antico delle nazioni dell'America Latina, formato
da Bolivia, Ecuador, Perù, Colombia e Venezuela, ha spiegato le vele del suo 30°
anniversario con il proposito di costituire prima dell'anno 2005 un mercato comune che
rispecchi la sua piena integrazione.
Sembra facile, ma la via da percorrere è minata da ostacoli, perché per arrivare a
questa meta ciascuno di questi paesi dovrà prima risolvere i propri problemi interni.
Durante l'11° Vertice dei Governi Andini, effettuato nella città colombiana di Cartagena
de Indias, il presidente venezuelano Hugo Chávez ha domandato: "Come possiamo
integrare in un solo corpo, corpi disintegrati?". Tutte le nazioni partecipanti al
processo mostrano un panorama sociale simile a quello che Chávez ha descritto per il
Venezuela: "Un 80 % di poveri, la metà dei bambini non frequenta le scuole, oltre il
20 % di disoccupazione..."
Gli analisti considerano che nei 30 anni di sforzi per la propria integrazione, la
Comunità Andina (CAN) ha ottenuto solamente un aumento del commercio tra i suoi membri,
che è passato da 100 milioni di dollari nel 1970 a 5.600 milioni di dollari nel 1997. Ma
quello che è certo è che questo incremento ha avuto poca o nessuna ripercussione a
livello sociale.
A prescindere da questo e dalla recente rinascita di misure protezionistiche per alleviare
le situazioni nazionali, i capi del Gruppo hanno riconosciuto la necessità di andare a
fondo nella loro integrazione. Il Documento di Cartagena raccoglie i quattro punti di
questa fase: mercato comune, agenda sociale, sviluppo delle frontiere e politica estera
comune.
Creare consigli di coordinamento tra i ministri dell'area economica, l'armonizzazione
delle politiche macroeconomiche e ridurre l'inflazione a meno del 10 %, figurano tra le
direttive di un mercato comune. Il Vertice ha stabilito anche che i negoziatori del CAN
concludano con il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay un accordo
integrazionista che dia luogo a sua volta a una zona sudamericana di libero commercio.
Allo stesso modo è stato raggiunto un accordo sul fatto che Panama si incorpori al CAN
dopo che vengano trattati con questo paese accordi sulla cooperazione doganale e sul
flusso commerciale.
L'agenda sociale cercherà di creare lavoro nella zona e di migliorare i livelli della
salute e dell'educazione dei 108 milioni di abitanti tra boliviani, colombiani,
ecuadoriani, peruviani e venezuelani.
Nelle prossime riunioni, su proposta del Venezuela, sarà analizzata la richiesta
boliviana di accesso al mare, perso durante la cosiddetta Guerra del Pacifico (1879-1883)
che vide confrontarsi Bolivia e Perù contro il Cile.
Compiaciuto per la proposta, il presidente Hugo Bánzer ha dichiarato che questo significa
"un punto fisso nella nostra vita comunitaria e una svolta fondamentale dell'ottica
sul futuro dell'integrazione regionale".
"Non abbiamo altri trenta anni per sperimentare politiche e azioni. Il futuro non
ammetterà nuove posticipazioni né attitudini vacillanti", ha detto Bánzer. Forse
le sue parole non riscuotono l'approvazione del mondo intero, ma sicuramente quella
dell'intera Comunità Andina.
L'impero delle banane
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aprile 1999 - Si sostiene che tutto cominciò quando nel 1870 il capitano di una
nave, Lawrence Baker, imbarcò in Giamaica 160 caschi di banane, dando inizio a quello che
sarebbe diventato un lucroso affare
Per Baker sembra essere stato vero, poiché nel 1876 fonda la Boston Fruit Company e
amplia il ventaglio dei suoi mercati di acquisto: Cuba, Santo Domingo, Costa Rica,
Nicaragua, Panama e Colombia.
Già dal 1898 la banana aveva conquistato un suo spazio ed esistevano più di un centinaio
di compagnie bananiere, che importavano negli Stati Uniti circa 16 milioni di caschi.
L'anno successivo alcune di queste si fondono nella United Fruit Company, con un capitale
iniziale di 20 milioni di dollari. Per molti è la nascita dell'impero delle banane,
poiché si approprierà di terre in Centroamerica, Ecuador, Colombia e nei Caraibi.
Nel 1930 il capitale investito si era moltiplicato fino a 250 milioni di dollari. Il che
è facilmente comprensibile: per ogni dollaro ricavato dalle banane, la United Fruit
otteneva 86 centesimi, mentre il paese produttore - ovviamente - 14 centesimi.
Come padrona e signora - e, di fatto, lo era - la United Fruit reputava di poter godere di
ogni tipo di privilegi. E' per questo che in Guatemala, nel 1954, cospira e ottiene la
destituzione di Jacobo Arbenz.
Quella cospirazione - ricorda il quotidiano Granma - è stata ordita dai più alti
dirigenti di Washington, dove i fratelli Dulles dirigevano il Dipartimento di Stato e la
CIA e, non a caso, erano allo stesso tempo soci dellufficio legale che rappresentava
la compagnia.
Altri anni, meno facili, aspettavano la United Fruit. Negli anni '60, venti di Rivoluzione
percorrevano Cuba e venivano nazionalizzati 110.000 ettari di terra e due zuccherifici.
Niente sarà più come prima. La compagnia comincia a fondersi con altri monopoli
americani, come l'American Machinery, si trasforma, si maschera nella Chiquita Brands e
poi si suddivide in sussidiarie come la Cobigua, il suo nome in Guatemala, o Tela Railroad
nellHonduras.
Tuttavia il 1998, centenario della United Fruit, viene ricordato in Guatemala, per
esempio, come lanno del licenziamento della metà dei suoi 6.000 lavoratori, o
nellHonduras per la sospensione di 7.500 su un totale di 10.000 lavoratori, proprio
dopo il passaggio dell'uragano Mitch.
I produttori di banane dell'area caraibica - dal canto loro - dove, come si è detto,
tutto è cominciato, sono penalizzati da una sentenza dell'Organizzazione Mondiale del
Commercio favorevole agli Stati Uniti nella sua disputa con l'Unione Europea.
Gli Stati Uniti hanno stimato una perdita di 520 milioni di dollari - l'OMC sostiene siano
191 milioni - per il rapporto preferenziale che l'UE concede ai produttori di banane
facenti parte del cosiddetto ACP (Africa-Caraibi-Pacifico).
Il centenario della United Fruit - o di qualsivoglia dei nomi che ha adottato - non sembra
essere un momento da celebrare in nessuna delle aree delle banane
Giornalismo: una crudele
globalizzazione
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aprile 1999 - Due seminari internazionali sul tema della globalizzazione dei
mezzi di informazione hanno avuto luogo in questi giorni, uno a Santo Domingo intitolato
"Giornalismo e democrazia in America Latina: globalizzazione e integrazione
regionale" e laltro a Buenos Aires sulla "Globalizzazione
dellinformazione".
Nel seminario tenuto nella Repubblica Dominicana cè stata una magistrale conferenza
del presidente Leonel Fernández che ha considerato che si tratta di un processo
controverso e in particolar modo bisogna discutere e riflettere profondamente sulla
globalizzazione delle telecomunicazioni.
In questo senso, il deputato messicano Javier Corral ha messo in rilievo che non è un
segreto che in materia di comunicazioni il processo è stato messo al servizio delle
grandi compagnie multinazionali.
I dibattiti a Buenos Aires, intanto, hanno enfatizzato - data levidenza dei
progressi tecnologici - la saturazione dellinformazione, la rapidità a discapito
della verità e di una minore puntualizzazione giornalistica, aspetti che, di fatto,
allontanano il lettore o il fruitore.
Lagenzia IPS ha raccolto lintervento dellanalista politico e autore di
inchieste argentino Rosendro Fraga, che ha precisato che delledizione domenicale dei
principali quotidiani del suo paese, 8 lettori su 10 leggono solo i titoli e 1 su 14 legge
larticolo completo.
Per esemplificare la saturazione, Ignacio Ramonet direttore di "Le Monde
Diplomàtique", che si è specializzato nel tema della globalizzazione, ha precisato
che è provato che ledizione domenicale del "The New York Times" contiene
più informazioni di quelle che avrebbe ricevuto una persona nel secolo XVIII nel corso di
un anno.
Questo non implica - ha detto - una migliore qualità dellinformazione e -
nonostante vengano presentati molti fatti, anche se frammentati e in forma divertente -
"la noia è diventata il nemico numero uno".
Coincidenza dei partecipanti a entrambi i seminari? I principali mezzi di comunicazione
sono in mano ai mega-gruppi multinazionali. Molta informazione e poca verità.
Comunità
Andina - Mercosur: ottimismo per la zona di libero scambio
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marzo 1999 - Cè ancora spazio per lottimismo riguardo al negoziato per
la creazione di una zona di libero scambio tra la Comunità Andina ed il Mercosur,
nonostante che nella riunione tra i blocchi che si è conclusa la settimana scorsa a Lima,
non si sia raggiunto un accordo tra le parti.
Benché sia difficile che le due parti superino le divergenze prime del termine del 31
marzo che si sono prefissate, lannunciata volontà di ricorrere a meccanismi più
agili suggerisce che il negoziato potrà orientarsi verso la considerazione dei problemi
legati con i cosiddetti "prodotti sensibili", come quelli siderurgici, tessili,
agricoli e dellindustria dellabbigliamento, il cui commercio costituisce lo
scoglio più difficile da superare.
Però luniverso commerciale restante è ampio e può essere il punto di partenza per
cominciare immediatamente con lambizioso piano.
Hugo Aquino, analista economico, ha concordato con altri osservatori nel segnalare che se
le attuali differenze in materia di tariffe doganali non saranno superate entro il 31
marzo, è probabile che si fissi un nuovo termine, forse di sei mesi, per proseguire il
negoziato. "Manca molto, ma manca anche poco", ha detto Aquino alla IPS.
Questo ottimismo dei partecipanti allincontro non è condiviso da tutti: Emilio
Navarro, presidente della Società Nazionale delle Industrie, che raccoglie gli impresari
manifatturieri peruviani, ha osservato che lobiettivo va verso il fallimento.
"Nessuno dei partecipanti alle trattative dei due blocchi vuole cedere i suoi
mercati. I governi proteggono le loro imprese, specialmente nel caso dellArgentina,
le cui autorità sono allarmate per la crescente disoccupazione", ha dichiarato
Navarro.
La Comunità Andina è composta da Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela;
Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay fanno parte del Mercosur.
Guerra delle banane: altro
uragano per i Caraibi
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marzo 1999 - La richiesta degli Stati Uniti che lUnione Europea revochi
alle banane caraibiche alcuni benefici concessi tradizionalmente, minaccia gli accordi che
Washington ha firmato con la regione due anni fa e che includevano argomenti commerciali e
il sistema per affrontare il narcotraffico.
Nelle loro attività contro la frutta caraibica, gli Stati Uniti sono perfino arrivati a
minacciare lEuropa di sanzioni alle sue importazioni per oltre 500 milioni di
dollari, malgrado la contesa sia nelle mani dellOrganizzazione Mondiale del
Commercio (OMC) che dovrà dare il suo responso il prossimo 6 aprile.
Sostenuti paradossalmente dai principi del commercio libero, Washington cerca di ottenere
per le grandi bananiere statunitensi del Centroamerica, il controllo del mercato europeo,
che, secondo Prensa Latina, di fatto già domina si stima per l85
90 %.
Fa pena vedere una grande potenza coinvolta in una guerra con i deboli paesi
dellarea, che puntellano le loro economie con appena il 2 % del mercato delle banane
nel Vecchio Continente, ha opinato un esperto del giornale The Herald, di San Vicente.
Di fronte allintransigente posizione nordamericana, i governi della Comunità
Caraibica hanno avvisato che la cooperazione non può essere a imbuto, con la parte più
stretta per loro, e hanno indicato il legame esistente tra commercio, sviluppo economico,
sicurezza e prosperità. In particolare hanno espresso la loro disponibilità a
rianalizzare quanto ha a che vedere con giustizia e sicurezza, una parte dellaccordo
firmato con la superpotenza del nord nel 1997, che rende possibile la sensibile e
controversa collaborazione antinarcotici.
La banana rappresenta per molte isole dei Caraibi fino al 60 % delle loro esportazioni e
occupa fino alla metà della loro forza lavoro, per cui la posizione statunitense porta
problemi economici che favoriscono lampliamento della povertà e, di conseguenza,
favoriscono il narcotraffico.
Claudius Jean Marie, un abitante di Santa Lucía che coltiva banane da 30 anni, ha detto
recentemente a un quotidiano regionale, secondo Prensa Latina, che mai aveva sentito su di
sé una minaccia così grande, molto maggiore di quella degli uragani o della siccità.
Clinton in
Centroamerica: più promesse che risultati concreti
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marzo 1999 - Delusione è la parola che meglio riassume ciò che ha
lasciato il presidente degli Stati Uniti William Clinton in Centroamerica dopo il suo
incontro con i presidenti della regione la scorsa settimana.
Il vertice, spacciato come conclusione del giro che il capo della Casa Bianca avrebbe
fatto attraverso i paesi che sono stati colpiti dalluragano Mitch, non ha avuto
risultati concreti per quanto riguarda il recupero delle perdite causate dalla
perturbazione. Clinton ha fatto molte promesse, ma senza nessuna garanzia in quanto devono
essere ora approvate dal Congresso nordamericano, dominato dai repubblicani.
Forse il tema dellimmigrazione è stato quello più scabroso, considerando che dallo
scorso 8 marzo sono ricominciate le deportazioni di immigranti illegali
principalmente salvadoregni e guatemaltechi che erano infatti fuggiti dalla
situazione critica in cui si trovavano i loro paesi per il passaggio del Mitch. Secondo
Prensa Latina, Clinton si è limitato a indicare che avrebbe cercato di elaborare
"leggi equilibrate" al riguardo, ma ha avvisato durante tutto il suo giro, che
prima di tutto doveva rispettare quanto stipulato.
Circa 600.000 dei tre milioni di centroamericani che vivono negli Stati Uniti e che
costituiscono inoltre unimportante fonte di introito per i loro paesi, si trovano
oggi a rischio di essere deportati. Secondo dati del Banco Central de Guatemala, citati da
IPS, soltanto gli immigrati di questa nazione hanno inviato alle loro famiglie 2.400
milioni di dollari tra il 1997 e il 1998.
Allo stesso presidente guatemalteco, Alvaro Arzú, sembra "un po
incoerente" che il suo collega statunitense visiti quel paese preoccupato per la
situazione nellarea e che, daltro lato, si disponga la ripresa delle
deportazioni.
Per quanto riguarda la cooperazione e lapertura del mercato ai prodotti
centroamericani, i benefici annunciati risultano restrittivi e limitati, giacché hanno
una durata di solo 21 mesi.
Nemmeno sono bastate le scuse fatte da Clinton per il sostegno che Washington ha dato alle
repressioni e ai massacri commessi nel corso di conflitti civili interni in Guatemala.
Nella decade degli anni 60 gli Stati Uniti hanno addestrato ed equipaggiato le forze
di sicurezza guatemalteche, responsabili dellassassinio di migliaia di civili, ha
rivelato un documento citato dal quotidiano The Washington Post, lo scorso 11 marzo.
Il rapporto recentemente declassificato dai servizi di intelligence nordamericani riflette
anche legami tra lAgenzia Centrale di Intelligence (CIA) e lesercito del
Guatemala negli anni 80, quando questo corpo armato e gli alleati paramilitari
massacravano villaggi indigeni con il beneplacito di Washington.
Benché il presidente Clinton abbia riconosciuto adesso che "è stato un errore che
non deve ripetersi", diverse organizzazioni sociali guatemalteche pensano che questo
non basti. "Niente ci restituirà i nostri mariti, i nostri figli, le nostre
famiglie, ha dichiarato Feliciana Macario, del Coordinamento Nazionale delle Vedove del
Guatemala.
Integrazione turistica nella
Comunità Andina
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febbraio 1999 - Il turismo rappresenta per la Comunità Andina il terzo settore
in ordine di importanza per la generazione di valuta, nonostante che la sua partecipazione
al mercato internazionale sia ancora piccola, appena lo 0.5 % del flusso mondiale e il 3 %
di quello continentale.
Nel 1997 i cinque paesi andini Bolivia, Colombia Ecuador, Perù e Venezuela
hanno registrato larrivo di 3.9 milioni di turisti, cifra quasi esigua in rapporto
ai 600 milioni che si sono spostati questanno in tutto il mondo.
Ma le autorità della regione stanno mettendo a punto un piano per spingere il settore.
Alla fine di gennaio si sono riunite a Lima per studiare la possibilità di promuovere
azioni congiunte e di eseguire progetti di sviluppo di comune interesse.
In questo piano si colloca la creazione di un asse turistico Ecuador-Perù, dopo la firma
da parte di entrambi di un trattato di pace nello scorso ottobre che ha messo fine a una
lunga controversia per via delle frontiere. Il progetto si basa sulle principali
attrazioni delle due nazioni: le isole Galápagos e Machu Pichu.
La natura conserva testimonianze inalterabili del sorgere della vita sulla terra
nellarcipelago ecuadoriano delle Galápagos. E stato lì che lo scienziato e
naturalista Carlo Darwin nel 1835 fece una serie di scoperte che gli permisero di
elaborare la teoria sullevoluzione della specie. Le isole, scoperte dai
conquistatori spagnoli nel 1535, furono nellepoca coloniale un porto per i pirati.
Coloro che visitano oggi Machu Pichu, città di pietra appartenente allimpero degli
Incas restano stupiti davanti al suo incredibile stato di conservazione malgrado il
passaggio del tempo. E ancora un mistero che fine fecero i suoi ultimi abitanti.
Il progetto in fase di studio consiste nellofferta di un pacchetto con le due
destinazioni, anche se la funzionaria di unagenzia di viaggio peruviana ha
dichiarato alla IPS che questo asse potrebbe allargarsi e comprendere la città colombiana
di Cartagena e la zona del lago Titicaca, divisa tra Bolivia e Perù.
Attraverso questa linea tende ad aumentare il turismo nella Comunità Andina che, per la
sua natura e la sua storia, non ha niente da invidiare a nessun polo turistico del
pianeta.
Continua a ridursi il polmone del
pianeta
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febbraio 1999 - Nel 1998 larea boschiva dellAmazzonia ha perduto altri
16.838 chilometri quadrati, il 27 % più dellanno precedente. Questo evidenzia un
aumento del ritmo della deforestazione del così detto polmone del pianeta.
Uno studio realizzato dallIstituto Nazionale delle Ricerche Tropicali del Brasile,
divulgato il 10 febbraio, attribuisce la distruzione allincremento
dellattività di aziende del legno, del bestiame e agricole, che lanno scorso
hanno interessato soprattutto le savane e i boschi tropicali.
LAmazzonia costituisce la maggior riserva di boschi tropicali del pianeta, che
nellultimo decennio è diminuito di un 15% a causa del disboscamento indiscriminato
e degli incendi delle foreste.
Limmenso bacino del fiume con la maggior portata e più lungo del mondo, occupa più
di due terzi dellAmerica Meridionale e comprende territori del Venezuela, della
Colombia, dellEcuador, del Perù, della Bolivia, del Brasile e della Guyana.
Recentemente, gli indigeni ecuadoriani hanno sollecitato la protezione di una zona di
600.000 ettari nella provincia amazzonica di Pastaza, alla frontiera con il Perù,
lunica nella quale rimangono ancora importanti riserve boschive senza
limpronta della civilizzazione moderna.
Da gennaio le autorità ecuadoriane avevano dichiarato protetti vari territori di enorme
potenziale minerario e petrolifero, con un gesto volto a dare priorità agli interessi
ecologici e che deve essere di esempio per i governi americani e per le multinazionali
della distruzione.
Il successo del
supermercato e i suoi rischi sociali
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febbraio 1999 - Studi specialistici segnalano che lespansione delle
grandi superfici commerciali in tutta lAmerica Latina contribuisce a estraniare
ancor più le economie nazionali e genera disoccupazione nel commercio medio e al minuto.
A differenza dellEuropa, nellAmerica Latina le grandi superfici vengono
attrezzate laddove i loro dirigenti lo ritengano conveniente per i loro interessi
commerciali, senza alcun limite legale, tranne quello imposto dalla saturazione delle
capitali che, in gran parte, sono state già coperte dalle catene. Però attualmente le
grandi multinazionali del settore si stanno insediando nelle città dellinterno dove
ci sono ancora zone vergini.
Lespansione permanente dei supermercati e degli ipermercati è spinta soprattutto
dalle imprese europee e statunitensi, le quali hanno acquisito la maggior parte delle
ditte latinoamericane di maggior successo nel campo.
Secondo uno studio congiunto della Banca Interamericana di Sviluppo e della corporazione
degli immagazzinatori e dei proprietari di bar dellUruguay, lascesa del
"supermercatismo", comè conosciuto questo fenomeno, obbedisce a ragioni
economiche, ma anche a quelle socioculturali.
Tra le cause indicano lampliamento e la diversificazione delle offerte di beni e
servizi, il progresso delle comunicazioni e lespansione del credito. Altri analisti
aggiungono il fatto che le donne, che rappresentano più dell80 % di coloro che
fanno compere, non hanno più tempo di servirsi dei piccoli negozi.
Tuttavia la penetrazione crescente delle grandi superfici presenta daltro canto
gravi ripercussioni sullimpiego: per ogni posto di lavoro che crea un supermercato,
se ne distruggono altri sei. I piccoli magazzini ubicati in prossimità perdono nella
concorrenza disuguale e falliscono.
Il supermercatismo comporta altri rischi: siccome queste catene si riforniscono in
generale da ditte di grande importanza, vanno escludendo le aziende regionali; i guadagni
fatti dai supermercati raramente permangono nella località in cui hanno sede.
Su un altro piano, la Federazione Uruguayana degli Impiegati del Commercio ha denunciato
la repressione antisindacale a cui sono sottoposti i lavoratori delle grandi superfici, ai
quali spetta la parte peggiore.
Giornate spossanti che superano le 15 ore, insicurezza sul lavoro, rifiuto di pagamento
degli straordinari e del riposo obbligatorio fanno parte della situazione.
Caffè con aroma di integrazione
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febbraio 1999 - Probabilmente lidea non è stata presa dalla telenovela
colombiana "Caffè con aroma di donna" - nonostante questa abbia fatto il giro
del mondo - ma i cafetaleros (proprietari di piantagioni di caffè) centroamericani hanno
deciso di unificarsi in una Commissione Speciale regionale per promuovere congiuntamente
il loro prodotto.
Echi dellimmaginaria "Associazione dei Cafeteros (raccoglitori di caffè) della
Colombia" che propaganda la telenovela in questione, o dellassolutamente reale
Federazione Nazionale dei Cafeteros Colombiani, o unurgente necessità di fronte
agli assalti del mercato mondiale?
La cosa certa è che i cafeteros dellAmerica Centrale - riuniti in Costa Rica -
hanno fatto un primo passo formando una Segreteria pro tempore che inizierà con
lunificazione delle statistiche e le attività di promozione e che questanno
avrà la sua sede in Guatemala.
Nel campo delle statistiche laccordo precisa che la Segreteria unificherà il numero
dei sacchi raccolti da ciascun Paese, la quantità del caffè in grani commercializzata
nel mercato internazionale e il prezzo medio.
Il blocco delle nazioni dellAmerica Centrale produce annualmente circa 10 milioni di
sacchi da 60 chili, quantità vicina a quella della Colombia (11,25 milioni di sacchi nel
1998) che è il secondo produttore. Il primo produttore mondiale di caffè è il Brasile.
Il caffè - uno dei principali prodotti desportazione centroamericani - ha visto
cadere il suo prezzo nel mercato mondiale. Proprio la Federazione colombiana nella sua
analisi annuale registra nel 1998 un aumento di volume, ma una caduta delle entrate a
causa dei prezzi internazionali.
Lingiustizia ha storia
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gennaio 1999 - Due recenti articoli sulla stampa cubana - Juventud Rebelde e Granma
- sugli scienziati latinoameriacani ai quali si è cercato di strappare la gloria di
rilevanti scoperte nel campo della medicina, danno lo spunto per dei commenti.
Juventud Rebelde scrive che lepisodio più recente riguarda il ricercatore
honduregno-salvadoregno Salvador Moncada, oltretutto anche Premio Príncipe de Asturias
per la Ricerca Scientifica, che secondo quanto è stato pubblicato in diversi articoli
anche della stampa, è lo scopritore, a metà degli anni 80, dellossido di
azoto (NO) come prodotto cellulare.
Ma risulta che lAccademia Svedese ha assegnato il Nobel per la Medicina 1998 a tre
scienziati nordamericani per questa scoperta. Questo fatto ha scatenato una forte protesta
in università e istituti latinoamericani e spagnoli ed è stato qualificato un
"esercizio di discriminazione".
Si fa presente che si cominciò ad assegnare il Nobel nel 1901 e solo nel 1947 è stato
assegnato per la prima volta quello per la scienza a un latinoamericano, il fisiologo
argentino Bernardo Houssay.
Il caso fa ricordare il medico cubano Carlos J. Finlay, scopritore dellagente
vettore della febbre gialla, che aveva esposto la sua teoria nel 1881 alla Conferenza
Sanitaria Internazionale di Washington.
Larticolo di Granma fa riferimento a una cronologia di unagenzia di notizie
nella quale si concede questo merito al nordamericano Walter Reed.
In realtà ci sarebbe da incolpare di poca professionalità questa agenzia o scusare la
sua fiducia, dato che fu proprio Reed, senza pudore né etica, che nel 1901 -
ventanni dopo Finlay - durante il Secondo Congresso Medico Panamericano parlò dei
risultati della ricerca in questo campo senza menzionare lo scienziato cubano.
Naturalmente, con il sempre nebuloso apparato propagandistico nordamericano, sul caso
Finlay-Reed sono molto probabilmente molti gli ingannati nel mondo nonostante il cubano
sia stato proposto in due occasioni per il Nobel per la sua scoperta, senza ottenerlo, e
nonostante lUNESCO abbia instaurato il premio internazionale Carlos J. Finlay nel
campo della microbiologia.
Non significa necessariamente che i nordamericani che ottengono ora il Nobel si siano
appropriati della ricerca di Moncada, si può lavorare nella stessa direzione, ma il
latinoamericano è arrivato ai risultati per primo.
Spetta allAccademia Svedese, a quelli che concedono il Nobel, rispondere di questo
nuovo errore che, collocato in una valenza storica, mostra che va sempre in pregiudizio
degli scienziati e ricercatori - non delle menti né delle intelligenze - che operano nel
mondo sottosviluppato.
Un miliardo di analfabeti
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gennaio 1999 - Nella sua ultima relazione dellanno 1998, il Fondo delle
Nazioni Unite per lInfanzia (UNICEF) ha comunicato che un miliardo di persone - la
sesta parte dellumanità - arriverà analfabeta al nuovo millennio.
Il documento "Lo stato mondiale dellinfanzia nel 1999" è stato fatto
conoscere nella sede dellONU a New York e precisa che oltre 130 milioni di bambini -
73 milioni dei quali sono bambine - non hanno accesso alla educazione elementare.
Carol Bellamy, direttrice esecutiva dellUNICEF, afferma che il mondo "non può
permettersi il lusso di questo enorme spreco di potenziale umano".
LUNICEF ricorda anche che si nega così un diritto umano fondamentale, il diritto
alleducazione, proclamato 50 anni fa nella Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani, e nella Convenzione del 1989 sui Diritti del Bambino.
Questo organismo dellONU precisa che le cifre si riferiscono ai Paesi in via di
sviluppo e segnala la radice economica dellanalfabetismo, il debito estero di 2.2
bilioni di dollari, il che rende loro "estremamente difficile investire
nelleducazione".
Secondo lUNICEF è necessario un investimento di sette milioni di dollari
lanno per i prossimi dieci anni perché tutti i bambini abbiano accesso
alleducazione e sottolinea come questo sia meno di quanto negli Stati Uniti si
investe per i cosmetici e in Europa per i gelati.
Per lAmerica Latina la situazione, sempre secondo lUNICEF, è differente, e
segnala che in essa la frequenza scolastica è superiore al 90%, ma ha bisogno di una
migliore qualità e un accesso equo.
Indica che dei nove milioni di bambini e bambine che ogni anno iniziano le elementari,
quattro milioni ripetono la prima.
Considerando il parametro qualitativo, uno studio dellUNESCO sulla conoscenza della
lingua e della matematica da parte di bambini e bambini della terza e della quarta classe,
attesta che quelli di Cuba sono molto superiori alla media dellAmerica latina.
Lanalisi è stata condotta a Cuba, in Argentina, Bolivia, Brasile, Colombia, Costa
Rica, Cile, Repubblica Dominicana, Honduras, Messico, Paraguay, Perù e Venezuela e, su un
indice massimo di 500 punti, Cuba ha raggiunto 350 e gli altri tra 180 e 280.
Lo studio ha preso in considerazione campioni di almeno cento scuole per ogni Paese.
Oscuro panorama lavorativo per il 1999
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dicembre 1998 - Un panorama per nulla incoraggiante attende i lavoratori
dellAmerica Latina il prossimo anno, quando il tasso di disoccupazione potrebbe
arrivare al 9.5 %, superando quello del 1998, secondo un rapporto dellOrganizzazione
Internazionale del Lavoro (OIT) presentato il 10 dicembre del corrente anno.
Le stime poi, saranno superiori a quelle registrate nel momento più acuto della crisi del
debito estero durante il passato decennio, secondo Victor Tokman, vicedirettore generale
della OIT per le Americhe, menzionato da AFP.
Loscuro panorama per il 1999 è il risultato della crisi del sudest asiatico, a cui
si è aggiunta la recessione in Giappone, la crisi russa e i devastanti effetti del
fenomeno climatico El Niño e degli uragani Georges e Mitch, ha precisato Tokman.
Ha aggiunto che la crescita delleconomia regionale in questanno che sta
passando, equivarrebbe approssimativamente alla metà del risultato del 1997, il che ha
comportato un deterioramento della situazione lavorativa. Il tasso di disoccupazione
nellAmerica Latina è aumentato dal 7.7 % nel periodo gennaio-settembre dello scorso
anno, all8.5 % nello stesso periodo nel 1998.
Il vicedirettore della OIT ha segnalato che lunico indicatore che ha mostrato un
comportamento relativamente positivo per tutti i paesi dellarea è quello dei salari
reali, dovuto allinflazione e allaumento della produttività.
In questa situazione il rapporto suggerisce di mettere in pratica il rispetto dei diritti
base dei lavoratori e lallargamento della capacità per fare udire la voce di coloro
che non sono rappresentati.
Il SELA mostra
una rinnovata disposizione allintegrazione
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dicembre 1998 - La 24° riunione ordinaria ministeriale del Sistema Economico
Latinoamericano (SELA) tenutasi a La Habana ha confermato con un rinnovato accento la
necessità crescente dellintegrazione latinoamericana, ora più necessaria che mai
per affrontare lattuale problematica economica mondiale, qualificata dal presidente
Fidel Castro come "ora decisiva dellumanità".
Fidel ha affermato che cercando nuove vie per i popoli di questa regione, stiamo
necessariamente cercando nuove vie per il mondo, "questo mondo che oggi sta
invischiato in una battaglia per la sopravvivenza, perché marcia sulla stessa barca che
se affonda, affonderà con tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti".
Sia il presidente cubano in un discorso durante lincontro, sia un gruppo di esperti
in una riunione di alto livello, insieme ai rappresentanti dei 28 paesi membri, sia gli
stessi documenti finali dellevento, hanno rispecchiato in modo realistico e
obiettivo gli effetti nella regione della crisi vissuta ultimamente dal mondo per la crisi
finanziaria sorta in Asia e per altri problemi economici e finanziari, uniti ai disastri
naturali.
Al riguardo, uno dei motivi centrali della riunione è stato lincapacità delle
strutture economiche e finanziarie su scala mondiale, e la sue conseguenze in regioni come
lAmerica Latina, di fronteggiare questi problemi, fatto che rivela ancora più
necessaria lintegrazione tra le sue nazioni.
Il documento centrale sottoscritto nellincontro, che ha avuto il nome di
Dichiarazione di La Habana, ha espresso la preoccupazione di fronte al fatto che la crisi
finanziaria "possa condurre a una grave recessione economica internazionale con
effetti negativi per la crescita economica e la stabilità dei paesi dellarea".
La riunione ha messo in risalto limportanza dei vari processi di integrazione
attualmente in corso nellAmerica Latina e nei Caraibi, sui quali ha affermato che
"hanno acquistato rinnovato dinamismo negli ultimi anni" e ha chiamato a
"rafforzarli e a preservarli dagli effetti della crisi finanziaria internazionale e
dagli aspetti negativi della globalizzazione". In questo senso, si è accordato di
riaffermare la decisione del SELA di continuare ad approfondire questi schemi, così pure
di favorire la più rapida convergenza, al fine di raggiungere, nel più breve tempo
possibile, lobiettivo dellunità regionale.
I partecipanti hanno convenuto nella dichiarazione che il processo di globalizzazione
delleconomia internazionale deve essere orientato in modo tale che sia basato sulla
concertazione, sulla cooperazione e sulla solidarietà affinché sia al servizio del
progresso e contribuisca, in modo speciale, alleliminazione della povertà e delle
sue cause, a raggiungere luguaglianza sociale e ad appoggiare lo sviluppo
sostenibile.
Nellultimo dei due giorni di sessioni, lassemblea ministeriale ha concordato
di esprimere il suo riconoscimento al popolo e al Governo di Cuba per la loro ospitalità
e al presidente Fidel Castro per la sua inestimabile partecipazione alla Commissione di
Alto Livello su "La Dinamica delle Relazioni Estere dellAmerica Latina",
tema centrale della riunione.
Tra le 13 decisioni approvate dalla riunione del SELA, organismo che funziona dal 1973, ne
figura una che riafferma il "più energico rifiuto alla Legge Helms-Burton, così
pure a tutti i tipi di misure dirette a rafforzare, ad ampliare e a internazionalizzare il
blocco". Un altro degli accordi principali è stato quello di stabilire
allinterno della struttura dellorganismo un Meccanismo Regionale di
Coordinamento dei Direttori di Cooperazione Tecnica per controllare interventi a favore
degli stati colpiti da disastri naturali.
Un viaggio senza ritorno
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dicembre 1998 - Molto opportuno è stato l'incontro mondiale Voci dei Giovani
sull'AIDS, che con il patrocinio del Programma Congiunto sull'HIV/AIDS (ONUAIDS) si è
recentemente tenuto in India.
Allarmanti sono stati i dati elaborati dagli specialisti sull'altissima incidenza del
virus tra la popolazione giovane, che è naturalmente la più esposta per una vita
sessuale più intensa, ma allo stesso tempo la meno protetta.
I partecipanti hanno convenuto che in molti paesi l'educazione sessuale e l'uso dei
profilattici sono insufficienti, per l'alto costo della protezione e per la vendita
limitata alle farmacie.
Una delegata brasiliana ha annunciato la creazione di un agenzia non ufficiale che ha come
obiettivo principale quello di sensibilizzare i mezzi d'informazione, i periodici, la
radio e la televisione, sulla necessità di un'ampia informazione e di un'ampia propaganda
sul tema.
Il Brasile, secondo quanto detto nell'incontro, occupa il terzo posto nell'incidenza
dell'HIV/AIDS.
L'Organizzazione Panamericana della Salute (OPS), nel suo ultimo documento, mette in
guardia su quello che qualifica come "allarmante espansione dell'AIDS nella
regione" ed esorta i governi a destinare maggiori risorse per combattere la malattia
del secolo.
Il documento è stato reso noto proprio nella Giornata Mondiale della Lotta contro l'AIDS
(1° dicembre) che quest'anno è stata espressamente dedicata alla gioventù.
Quest'ultimo rapporto sull'incidenza dell'AIDS, datato agosto 1998, segnala che nel
continente americano ci sono 915.858 casi, di questi 243.834 in America Latina.
Dal 1991 a oggi sono morti nella regione, a causa di questa malattia, 112.865 persone,
più uomini che donne. Nel 1997 - sempre secondo la OPS - sono stati rilevati 117,57 casi
di AIDS per ogni milione di uomini nel continente e 37,26 casi per ogni milione di donne.
Stati Uniti, Brasile, Messico, Canada e Puerto Rico hanno i più alti indici di mortalità
per AIDS nel continente.
Durante l'incontro tenuto in India dall'ONUAIDS, un rappresentante dell'UNICEF ha
segnalato che i giovani, in certi momenti della loro vita, amano correre rischi, il fumo,
bevande alcoliche, provare droghe, tutte cose che in seguito possono essere abbandonate,
ma l'AIDS - ha avvisato - è un viaggio senza ritorno e questo messaggio bisogna farlo
arrivare con urgenza e in qualsiasi modo.
La realtà oltrepassa la finzione
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dicembre 1998 - Quando Costa Gravas girò nel 1973 "L'amerikano" e
nel 1982 "Desaparecido", alcuni considerarono che questi film fossero lastricati
di esagerazioni.
Nel primo, Ives Montand rappresentava un funzionario della CIA in Uruguay che addestrava
l'esercito e la polizia in tattiche brutali contro gli oppositori della dittatura, e nel
secondo Jack Lemmon interpretava il padre che infruttuosamente cerca suo figlio
"desaparecido" durante il colpo di stato di Pinochet in Cile.
La realtà documentata, denunciata e sofferta in numerosi paesi latinoamericani è
drammaticamente peggiore, dato che decine di migliaia di persone sono state assassinate e
torturate nei decenni delle dittature militari e altre migliaia sono nella terribile
categoria dei "desaparecidos".
I responsabili di tali crimini - descritti nelle due pellicole citate, anche se ce ne sono
altre, per esempio "La storia ufficiale" - sono stati addestrati nella Scuola
delle Americhe, fondata nel 1946 a Fort Gulick, nella zona del Canale di Panama,
trasferita nel 1984 a Fort Benning, Georgia, come risultato della firma del Trattato
Torrijos-Carter (1977).
Si stima che circa 60.000 militari latinoamericani siano stati addestrati in questo
centro.
La Scuola fa nuovamente notizia, dopo che circa tremila nordamericani, tra i quali si
trovava anche lattore Martin Sheen, hanno manifestato davanti alla sua sede.
Protestavano proprio perché da lì sono usciti i responsabili dei
"desaparecidos" latinoamericani, delle tecniche brutali di tortura e degli
assassinii.
I manifestanti esigevano non solo la chiusura di questo centro, molte volte denominato
"la scuola degli assassini", ma che Washington presentasse le proprie scuse.
Non è la prima volta che si richiede la chiusura della Scuola. Lanno scorso, in
aprile, lo ha richiesto il quotidiano "The New York Times", dopo che in febbraio
il Dipartimento della Difesa ha reso noto uno studio - preparato su richiesta del
Congresso - sui manuali che lì venivano utilizzati.
Il Pentagono riconosce che, in violazione delle proprie leggi e dei regolamenti
statunitensi, veniva condotto un addestramento, fino al 1991, con manuali segreti che -
afferma - velatamente approvavano esecuzioni, torture ed estorsioni come tecniche
antisovversive, cioè, "incitavano alla violazione dei diritti umani".
Si riferisce al "Manuale per il trattamento delle fonti", dove sono comprese
tecniche come torture psicologiche e sequestri di familiari dei detenuti, e al
"Manuale terrorismo e guerriglia urbana", dove si raccomanda la
neutralizzazione.
Dopo tanti libri, film e telefilm polizieschi e di spionaggio, il quotidiano "The
Washington Post" si rimette a "rivelazioni" di un funzionario del Pentagono
per spiegare che neutralizzazione nel Manuale equivale ad assassinio.
Alcuni analisti si sono trovati daccordo, dopo lo studio dello stesso Dipartimento
di Difesa, con decine di magistrati, politici, difensori dei diritti umani e familiari
delle vittime, che affermano che grazie alladdestramento dato dalla Scuola delle
Americhe, sono comparsi, per esempio, gli squadroni della morte nel Salvador (sei
sacerdoti gesuiti furono assassinati da uno squadrone in questo paese), e si è aperta la
strada ai "desaparecidos", alle torture (tra queste quelle con gli elettrodi, e
allOperazione Cóndor o alla cosiddetta sporca guerra coordinata, nei decenni
tenebrosi, tra i servizi segreti di Cile, Paraguay, Uruguay e Argentina.
La settima arte molte volte è una denuncia e a volte, come sfortunatamente in questo
caso, la realtà oltrepassa la finzione.
I cambi climatici
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novembre 1998 - E' terminata a Buenos Aires, Argentina, la quarta Conferenza
delle Nazioni Unite sui Cambi Climatici, con un confronto e posizioni divergenti, come è
abituale, tra il nord industrializzato e i paesi in via di sviluppo, rappresentati dal
Gruppo dei 77, portavoce di 132 nazioni.
Anche se la riunione si è conclusa con la firma di un piano d'intervento che cercherà di
instaurare meccanismi per ridurre l'inquinamento ambientale in un periodo di tempo di due
anni, questo risultato non lo si può considerare come un successo.
Dopo nove giorni di discussioni, per esempio, non si è raggiunto un consenso per
instaurare i meccanismi di flessibilità previsti dal Protocollo di Kyoto approvato in
Giappone alla fine del 1997, che stabilisce obiettivi e responsabilità per la riduzione
delle emissioni che causano cambi climatici.
Il nocciolo dei dibattiti è sulla questione che la Convenzione del Cambio Climatico
identifica come principali cause del riscaldamento del pianeta le emissioni di biossido di
carbonio, di metano e di altri gas liberati dalla carburazione di combustibili fossili e
da tutta una serie di attività umane.
Il nord industrializzato - secondo dati forniti nelle varie riunioni - è responsabile del
75 % delle emissioni di gas "con effetto serra" generate dalle attività
produttive, e il Protocollo di Kyoto stabilisce che nel periodo 2008-2012 queste emissioni
dovranno essere ridotte del 5.2 % rispetto al livello di quelle del 1990.
Al contrario, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico e l'Agenzia
Internazionale dell'Energia hanno diffuso statistiche che dimostrano l'incremento del 7 %
delle emissioni di biossido di carbonio tra il 1990 e il 1996.
Gli Stati Uniti sono il primo paese emettitore, seguiti da Cina, Russia, Giappone,
Germania, India, Gran Bretagna, Canada, Ucraina e Italia e, per lAmerica Latina,
Messico, Brasile e Argentina.
Sempre secondo questo documento, l'aviazione internazionale ogni anno aggiunge milioni di
tonnellate di biossido di carbonio, e la deforestazione ne causa l'aumento tra 3.000 e
4.000 tonnellate all'anno.
L'emissione di questi gas è la causa del cosiddetto effetto serra o riscaldamento della
terra con i conseguenti cambi climatici che producono siccità, inondazioni, aumento del
livello del mare per lo scioglimento dei ghiacci polari e uragani ogni volta sempre più
violenti.
Speranze perse
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novembre 1998 - L'uragano Mitch è stato il peggior disastro naturale nella
storia di Honduras, Nicaragua, El Salvador e Guatemala. Non solo per il numero di morti,
dispersi, feriti ma anche per le enormi distruzioni causate alle deboli economie di quei
paesi centroamericani.
In questo modo sono sfumate le speranze di un veloce decollo economico previsto tra un 5 e
un 6 % di incremento del Prodotto Interno Lordo, che lo scorso anno è stato di 29.039
milioni di dollari.
Grandi produttrici di caffè, queste nazioni - insieme al Costa Rica - speravano
nell'insieme di scalzare la Colombia dal secondo posto mondiale che occupa dopo il
Brasile. Perché si abbia un'idea dell'importanza che ha questa zona, le esportazioni di
grano dell'istmo sono arrivate a circa 2 miliardi di dollari nel 1997, quasi il 20 % delle
vendite globali dei cinque paesi.
Ma ora Mitch ha lasciato a terra questi piani. Le cifre ufficiali alle quali si è avuto
accesso sono rivelatrici.
Principale fonte di ingresso di divisa in Guatemala, la produzione di caffè calerà di un
10 %, con perdite valutate in 75 milioni di dollari, mentre in Nicaragua calerà di circa
400.000 quintali, vale a dire il 30 % di quanto era stato preventivato come produzione.
I dati dell'Honduras sono ancora imprecisi, ma il Presidente Carlos Flores ha già
comunicato che il 70 % delle coltivazioni di tutta l'agricoltura è stato distrutto. Per
El Salvador, oltre il 25 % del suo commercio globale è a rischio. Se non ci fosse stato
Mitch, hanno comunicato fonti economiche, il commercio centroamericano quest'anno sarebbe
cresciuto del 12 %, vale a dire oltre 2 miliardi di dollari, e le esportazioni totali
sarebbero state di circa 18 miliardi di dollari.
Viene assicurato che Honduras e Nicaragua tarderanno non meno di dieci anni per
recuperare.
Riassumendo, un vero disastro.
Il Gruppo ACP cerca di
rafforzare la sua unità
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novembre 1999 - Le 71 nazioni dellAfrica, del Caribe e del
Pacifico (ACP) daranno priorità nel 2° Vertice dei Capi di Stato e di Governo, a Santo
Domingo, al rafforzamento della propria unità in modo da agire in blocco.
"Il Vertice ha come obiettivo quello di riaffermare l'unità e la solidarietà del
blocco per agire insieme all'interno di un mondo che presenta molte difficoltà" nel
segno della globalizzazione, ha commentato il diplomatico dominicano Max Puig in
un'intervista a Notimex.
I Capi di Stato e di Governo dell'ACP, nel loro 2° Vertice, hanno stabilito la linea che
il blocco dovrà tenere di fronte alla Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e la
proposta per negoziare con l'Unione Europea un nuovo schema di cooperazione.
Oltre alle 71 nazioni dell'ACP, all'incontro del Gruppo parteciperanno Cuba e cinque
nazioni insulari del Pacifico del Sud come osservatori.
L'incaricato dominicano per le relazioni con i paesi dell'ACP ha precisato che questo
gruppo di nazioni desidera, inoltre, mantenere i propri vincoli con la UE e consolidarsi
come blocco per far sentire la propria voce ai forum internazionali.
Ha aggiunto che il Gruppo dell'ACP - composto da 48 paesi africani, 15 del Caribe, dei
quali solo Belize, Guyana e Suriname sono nel massiccio continentale, e 8 nazioni insulari
del Pacifico - deve avere una propria linea per negoziare i suoi problemi comuni.
Puig ha manifestato il suo beneplacito per il progetto di unificare la posizione che avrà
questo gruppo di nazioni alla 3° Conferenza Ministeriale dell'OMC, che si terrà il 30
novembre a Seattle, Stati Uniti.
I paesi dell'ACP, riuniti al Convegno di Lomé per negoziare l'appoggio della UE,
"hanno bisogno in modo indispensabile di un sostegno, di un appoggio per porsi in
condizioni migliori in vista di affrontare la nuova realtà" dell'apertura di
mercati.
Ha ricordato che la UE dispensa, mediante l'Accordo di Lomé, la cui prima stesura è
stata scritta il 28 febbraio 1975, appoggio economico non rimborsabile, come pure
collaborazione tecnica in diversi settori e facilitazioni doganali alle nazioni dell'ACP.
Commentando il fatto che i Capi di Stato e di Governo dell'ACP sono riusciti durante il
2° Vertice "a tracciare orientamenti sicuri per negoziare con la UE l'ampliamento
dei benefici del Convegno di Lomé", Puig ha indicato che in nessun modo si tratta di
rendere eterna la dipendenza.
In accordo con Puig, le funzioni del gruppo dell'ACP devono smettere di limitarsi ai loro
canali commerciali e di cooperazione con la UE e iniziare a fondere i propri interessi in
una sola voce per ottenere risultati economici e politici nei forum internazionali.
Qualificando incoraggiante l'intenzione di stabilire una proposta congiunta da presentare
alla OMC, ha spiegato che "perfino una buona parte dei paesi in via di sviluppo più
poveri si uniscono per parlare dei problemi che li riguardano".
Puig ha ribadito che "tutti siamo d'accordo sul fatto che il mondo avanza verso le
relazioni basate sul libero commercio, ma non tutti i paesi sono sufficientemente
preparati" per la globalizzazione.
Secondo il diplomatico, l'apertura commerciale e la fine delle concessioni bilaterali,
come quelle che offre la UE ai paesi dell'ACP mediante il Convegno di Lomé,
"metterà una buona parte dei paesi in una situazione molto difficile"
all'inizio del prossimo secolo.
I paesi dell'ACP e la UE realizzeranno dal 5 al 10 dicembre prossimo nella capitale belga
un terzo giro di negoziati per determinare il modello che sosterrà i programmi di
cooperazione dopo la scadenza del Convegno di Lomé il 29 febbraio 2000.
Il diplomatico ha sottolineato che durante l'appuntamento di questa settimana, il blocco
dei paesi rafforzerà la sua unità, con la creazione della Segreteria Generale, che darà
un carattere di permanenza all'esistenza del gruppo e rafforzerà all'interno la propria
solidarietà.
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