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Bassa intenzione di voto in Argentina
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ottobre 2002 – Nessuno degli aspiranti presidenti in Argentina conta su più del 15 % delle intenzioni di voto, mentre circa il 12 % degli elettori pensano di astenersi dall’andare a votare. Secondo un’inchiesta dell’agenzia di consultazioni ‘Equis’, la figura che riscuote più simpatie è quella del governatore della provincia di Santa Fé, Carlos Reutemann, del Partito Giustizialista (PJ), che tuttavia insiste sul fatto che non si presenterà come candidato alle elezioni presidenziali del prossimo marzo. Senza contare Reutemann, il primo posto nelle preferenze è dell’ex-Presidente Adolfo Rodríguez Saá, con il 14.2 %, seguito dal governatore di Santa Cruz, Néstor Kirchner (PJ), con il 12.2 %.

Lavagna scarta la piena liberalizzazione del tipo di cambio in Argentina
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ottobre 2002 – Il Ministro argentino dell’Economia, Roberto Lavagna, ha smentito "totalmente" che la Banca Centrale smetta di intervenire sul mercato di divisa per regolare la quotazione del dollaro, come chiede il Fondo Monetario Internazionale (FMI). In un’intervista pubblicata dal quotidiano locale ‘Infobae’, il Ministro ha sottolineato il fatto che "non esistono le condizioni" per compiere quello che richiede il FMI a "tutti" i paesi con i quali negozia un accordo creditizio. L’Argentina, che alla fine dell’anno scorso aveva sospeso il pagamento dei suoi debiti con i creditori privati, aspira a un riallineamento "a lungo termine e con una riduzione del capitale".

Ushuaia, località con la maggiore radiazione ultravioletta del mondo
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settembre 2002 – Fonti ufficiali divulgate dall’agenzia EFE hanno informato che Ushuaia, la città più australe del mondo, è stata recentemente il luogo con maggiore radiazione ultravioletta del mondo a causa dell’assottigliamento della cappa di ozono in questa regione.
All’inizio di questo mese, per la durata di due giorni, come lo avevano previsto esperti della Stazione di Controllo Atmosferico Mondiale, un "buco di ozono" si è mantenuto su questa città, situata a 3.580 km. a sud di Buenos Aires, in Argentina.
La Terra del Fuoco, e in particolare Ushuaia, ha registrato un aumento della radiazione ultravioletta, dove la cappa di ozono raggiunge 198 unità Dobson, notevolmente al di sotto delle 300 che dovrebbe avere in una situazione considerata normale per la zona.
Il direttore di Epidemiologia della provincia, Carlos López, ha raccomandato agli abitanti di proteggere i bambini dall’esposizione ai raggi solari di fronte al pericolo dell’aumento della radiazione ultravioletta, che provoca cancro alla pelle, cataratta o indebolimento del sistema immunitario.

Il FMI invierà all’Argentina un progetto di lettera di intenti
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settembre 2002 – Il Governo argentino ha annunciato che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) invierà un progetto di lettera di intenti affinché venga valutato, nei momenti in cui i negoziati per un aiuto finanziario tra questo paese e l’organismo sono in una via cieca. Una missione del FMI ha avuto, all’inizio di settembre, incontri con il Ministero dell’Economia e con la Banca Centrale.
Settimane fa, l’Argentina aveva inviato una bozza di carta di intenti all’organismo, che comprendeva riforme al suo penalizzato sistema bancario e la promessa di controllare l’emissione monetaria.

Le isole Malvine e il petrolio
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settembre 2002 – I disegni occulti di cui si parla nella storia per dare inizio a una guerra vengono alla luce in questo secolo della comunicazione immediata. Gli annali riportano che il motivo che ha portato a conflitti bellici di ogni grandezza è la ricerca o il possesso di determinate risorse naturali. Il petrolio è uno di questi.
Se provate a guardare, troverete che l’Irak, il Golfo Persico, il Caucaso, la Cecenia, l’Afghanistan, sono alcuni dei conflitti moderni in cui è coinvolto l’oro nero.
Vent’anni fa, assistette a una breve guerra tra una delle sue nazioni, l’Argentina, e uno degli ultimi paesi colonialisti, la Gran Bretagna. Il conflitto era per le Isole Malvine (che gli inglesi chiamano Falklands).
Era in Argentina l’epoca delle dittature militari, e il presidente di turno, Leopoldo Galtieri, per varie cause interne, decise di trasporre l’attenzione sulle Malvine, isole che dal secolo XIX, quando il grande paese sudamericano raggiunge la propria indipendenza dalla Spagna, reclama come sue.
La storia della scoperta nel 1520 da parte della Spagna dell’arcipelago di circa 12.000 kmq. nel sud dell’Oceano Atlantico (a circa 150 km. dalla costa continentale argentina e a 12.500 km. da quella della Gran Bretagna), e anche la sua geologia, dato che si trova sulla piattaforma sottomarina argentina, aprono il caso. Anche la cartografia dell’epoca lo comprova.
Ma la Gran Bretagna ha scritto un’altra storia e si attribuisce la scoperta nel 1690, quando una nave battente la sua bandiera navigò attraverso lo stretto di San Carlo (già denominato) e il suo capitano lo chiama Falkland Sound, come riconoscimento verso un aristocratico con questo cognome che aveva patrocinato il viaggio.
Durante il secolo XVII le isole furono visitate, e vi furono insediamenti, di pescatori francesi, provenienti per la maggior parte dal porto di Saint Malo, da cui Maluinas, divenuto Malvinas.
Francesi e britannici si stabilirono nelle isole per tutto il secolo XVIII, fondando paesi, in particolare dei porti, ma gli spagnoli non si sentivano tranquilli e reclamarono i loro diritti in virtù della scoperta e del Trattato di Tordesillas (firmato nel 1494 e per il quale la Spagna e il Portogallo si ripartirono il mondo da scoprire).
I francesi se ne andarono e gli inglesi furono sloggiati. Tutto questo movimento non significò che nelle isole continuassero insediamenti di pescatori inglesi, francesi e perfino nordamericani. La Spagna continuò a occupare le isole fino al secolo XIX quando con l’indipendenza passano al nuovo Governo argentino, che ne prese possesso formalmente nel 1820.
Londra riconobbe l’indipendenza argentina nel 1823 e nel 1825 firmò con Buenos Aires un Trattato di Amicizia, Commercio e Navigazione, e nonostante ciò nel 1833 occupò Puerto Soledad, si impadronì del territorio e cacciò via la popolazione argentina, "importando" nuovi abitanti di origine britannica.
E’ il punto di origine delle proteste argentine al Foreign Office, che si trasforma in una grande protesta fino ai nostri giorni. Nel 1965, il Comitato di Decolonizzazione dell’ONU e la stessa Assemblea Generale determinarono che il caso delle Malvinas era speciale e nel 1979 il Movimento dei Paesi Non Allineati appoggia la sovranità argentina sulle isole. Nel 1976, il Comitato Giuridico e l’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani avevano riconosciuto all’Argentina il suo "indiscutibile diritto sulle Isole Malvinas", e nonostante ciò gli Stati Uniti nella guerra del 1982 appoggiarono la Gran Bretagna, suo alleato nella NATO.
La prima cosa dopo l’occupazione nel 1833 fu la creazione della Compagnia (privata) delle Isole Falklands, nella capitale, Puerto Argentino, ribattezzata Port Stanley. Secondo statistiche del 1990 (prese da Internet), questa compagnia possiede il 46 % della terra dell’arcipelago, ed è proprietaria del 90 % degli altri affari (banche, magazzini, depositi di lana).
Questi stessi dati aggiungono che la Compagnia delle Isole Falklands è una filiale del gruppo Charrington and Chemical Products Ltd., proprietario dell’altro 54 % delle terre, e questo, a sua volta del gruppo Coalite Industrial Holdings, con sede a Londra. Non c’è altro da aggiungere.
La pesca, in particolare calamari e in altri tempi balene, è diventata una delle principali attività economiche, insieme all’allevamento di pecore e alla produzione di lana.
Gli abitanti – attualmente circa 2.400 coloni chiamati kelpers – sono ora naturalmente di origine inglese, anche se solo dopo la guerra degli anni ’80 hanno ricevuto passaporto britannico.
Ma la pesca, anche con il livello raggiunto dopo che è stata dichiarata una zona esclusiva di 200 miglia, non può competere con lo sfruttamento petrolifero e dagli anni ’90 sono entrate in funzione le piattaforme di esplorazione.
Nel 1995, i Governi di Londra e di Buenos Aires hanno firmato un patto per lo sfruttamento petrolifero della zona, ma, secondo la stampa argentina, questo non ha fermato gli inglesi che concedono licenze senza interpellare l’Argentina.
La più recente è stata la vendita di permessi di esplorazione a un consorzio "multinazionale" per perforare una superficie di 57.700 kmq. a sud dell’arcipelago, in acque rivendicate dall’Argentina.
Questa multinazionale – secondo il ‘Clarín’ – è formata dall’inglese Global Petroleum Ltd., dall’australiana Hardman Resources e dalla Falkland Islands Holdings.
Per qualsiasi paese è un sogno poter trovare grandi riserve di petrolio, risorsa di importanza vitale che, come abbiamo detto, è stato ed è causa di innumerevoli conflitti. Nel caso delle Malvine, per ora niente sembra indicare che l’Argentina abbia una parte di questa possibile abbondanza. Nonostante Tordesillas, Magellano e l’ONU.

Dove sono gli alimenti?
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settembre 2002 – Se parliamo dei mali del neoliberismo, il suo esempio più attuale è l’Argentina, dove la crisi economica conduce alla fine delle illusioni nel popolo soffocato dalla miseria e dalla disperazione.
La foto di centinaia di argentini che fanno la coda nelle strade per ricevere un piatto di minestra, danno fastidio e a volte commuovono in particolar modo molti esperti, perché conoscono la straordinaria ricchezza che esiste nel paese australe. A prescindere dai disastri della cattiva amministrazione di questo paese e dal dramma che stanno vivendo là, siamo restii ad accettare il fatto che non si intravedano soluzioni in una nazione che raggiunge la maggior produzione di alimenti del mondo per abitante.
Secondo la IPS, il dottor Fernando Villa, decano della Facoltà di Agronomia dell’Università di Buenos Aires, definisce inconcepibile questa situazione.
Nonostante le difficoltà attuali, l’Argentina, con 36 milioni di abitanti, produce 70 milioni di tonnellate di grano all’anno. Praticamente due tonnellate per persona, sei volte la dieta necessaria, e l’equivalente alimentare per 200 milioni di consumatori.
Tuttavia, la proporzione di persone con mancanza di alimentazione necessaria è passata in un anno dal 35.9 al 53 % della popolazione.
Se quanto accade è questo, allora ci sarebbe da chiedersi: dove sono gli alimenti in Argentina?
Il Governo di Eduardo Duhalde non dà risposta alla questione perché non ce l’ha, o non la vuole dare per evitare di affrontare i potenti interessi nazionali e stranieri colpevoli di questa situazione, che è un prodotto di un modello economico e politico ingiusto le cui radici sono nelle dittature militari che hanno provocato migliaia di vittime, e della corruzione dei governanti successivi che hanno consegnato al dominio straniero l’economia e le risorse del paese.
Ci sarebbe da ricordare che le dittature militari degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso si sono caratterizzate per l’indebitamento dello Stato e delle aziende pubbliche, aggiungendo la necessità di divisa per il selvaggio incremento delle importazioni di armi e di altri articoli.
Le compravano negli Stati Uniti, che aveva promosso il golpe militare.
Si aggiungano le fortune inviate all’estero da politici e da imprenditori argentini. Dall’inizio della dittatura nel 1976, il debito estero argentino è cresciuto da meno di 8.000 milioni di dollari a oltre 70.000 milioni (oggi supera i 130.000 milioni).
Il paese ha dovuto sborsare oltre 200.000 milioni di dollari di interessi, ma il debito è continuato a crescere per l’aumento degli interessi imposti dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna.
La privatizzazione incrementata durante i regimi di Ménem e di De la Rúa ha lasciato nelle mani di enti stranieri favolose rendite monopoliste, grazie agli aumenti dei prezzi nei servizi di comunicazione, energia, strade e altro. Intanto, Duhalde convalidava il blocco e la confisca dei risparmi nelle mani delle banche – circa 47.000 milioni di dollari – svalutava la moneta nazionale e con altre misure ha garantito agli istituti bancari la libera disponibilità delle divise, ben conservate nei paradisi fiscali.
Al contrario, il 44.2 % della popolazione si trova sotto il livello di povertà, l’assistenza medica è stata ridotta, la mortalità infantile è salita a 28 per ogni mille nati vivi, le entrate dei lavoratori sono diminuite di oltre il 20 %, i disoccupati ammontano a milioni e l’esplosione sociale è sempre più intensa.
La risposta di quelli che sfruttano il paese è quella di cercare formule per attenuare la crisi che loro stessi hanno creato. Sono arrivati perfino a manovrare per un possibile colpo di Stato mediante una formula golpista "legalizzata".
Sarebbe una specie di via pseudocostituzionale e autoritaria. Anche se, ci sono pure militari che rifiutano di prendere nelle loro mani la brace ardente.
Così vanno le cose nel granaio del Cono Sud.

Grandi inondazioni in Argentina
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agosto 2002 – In Argentina vi sono state gravi conseguenze per le inondazioni provocate dalle intense piogge e dallo straripamento dei fiumi, che hanno causato 5 morti, in municipi situati a sud e a ovest della capitale federale.
Le gravi inondazioni che hanno colpito un vasto settore della cosiddetta Grande Buenos Aires, hanno provocato l’evacuazione di 2.500 persone, che sono state alloggiate in scuole e dipendenze governative.
Le inondazioni continuano in 12 distretti della periferia di Buenos Aires e dell’interno della zona. Il temporale si è steso tra le città di Carmen de Patagones (all’estremo sud di Buenos Aires) e di Trelew (Chubut), su un fronte di ottocento chilometri. La pioggia continua e il vento hanno causato la chiusura dei porti della regione.

Pre-candidato presidenziale favorevole a un avvicinamento agli Stati Uniti
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luglio 2002 – Il governatore della provincia di Salta, nel nord dell’Argentina, e pre-candidato alle elezioni presidenziali del 2003, Juan Carlos Romero, ha detto che l’uscita dalla crisi economica e politica passa attraverso il recupero della fiducia e delle relazioni privilegiate con gli Stati Uniti. Questo seguace peronista ha manifestato, in un intervento nel Centro di Studi Strategici e Internazionali (CSIS), di Washington, che "la chiave sta nel recupero della fiducia, nel cercare di mettere nuovamente l’Argentina sulla strada da dove veniva, poiché la relazione con questo paese deve essere privilegiata, come lo era stata da 10 a 20 anni fa". Romero aspira a essere eletto, nel prossimo novembre come candidato presidenziale nel tradizionale Partito Giustizialista per le elezioni anticipate del 30 marzo del prossimo anno. Finora, gli altri pre-candidati peronisti sono l’ex-Presidente Carlos Ménem (1989-1999), e l’ex-Presidente Adolfo Rodríguez Saá e il governatore della provincia di Santa Cruz, Néstor Kirchner

Due giovani morti per aver chiesto lavoro e cibo
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luglio 2002 – Lo scorso 26 giugno sono morti, a causa della repressione poliziesca, Darío Santillán, di 21 anni, e Maximiliano Kosteki, di 25, mentre partecipavano a una affollata manifestazione a Buenos Aires, per chiedere lavoro e cibo.
La protesta era stata convocata da varie organizzazioni di disoccupati, conosciuti come "piqueteros", e il loro obiettivo era quello di sbarrare le principali vie di accesso alla capitale argentina.
Gli incidenti più gravi hanno avuto luogo al ponte Pueyrredón, che unisce Buenos Aires con il settore Avellaneda, a est della città. Lì un gruppo di disoccupati si è scontrato con la polizia con pietre e bastoni.
Dopo settimane, il panorama nazionale continua a essere caldo, in quanto oltre 3.000 persone si sono riunite in Plaza de Mayo, di fronte al Palazzo Presidenziale della capitale argentina, per chiedere cambiamenti al modello economico, aumenti salariali e cibo.
"Mafiosi" è stato uno degli epiteti usato da uno degli oratori contro i tecnici del FMI, in visita al paese per valutare la possibilità di negoziare un pacchetto di aiuti di diversi milioni.
Un altro degli spunti polemici ruota attorno all’annuncio delle prossime elezioni anticipate da parte di Duhalde per marzo 2003, alle quali, incredibilmente, ha intenzione di candidarsi Carlos Ménem.
L’oppositore Mario Capello, dell’Unione Civica Radicale, ha espresso il suo disappunto per quanto segnalato che "al posto di risolvere i gravi problemi economici, finanziari e sociali che ha l’Argentina, già siamo passati al tema elettorale".
Secondo gli esperti la convocazione alle elezioni risponde a esigenze del FMI per raggiungere un accordo con l’Argentina. L’organismo ha indicato che il principale problema del paese è politico.

Istituzione argentina conferma gli alti indici di povertà
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giugno 2002 – L’Istituto Nazionale di Statistica e Censimento (INDEC), dell’Argentina, ha confermato che nel marzo scorso c’erano nel paese circa 15.345.000 poveri, vale a dire il 42.6 % dei 36 milioni di abitanti. Di questo settore, 5.655.300 persone sono indigenti, ossia, le loro entrate sono insufficienti per coprire l’alimentazione di base. Tuttavia, la società privata di ricerche Equis, indica che la povertà ha già raggiunto 18 milioni di persone, la metà della popolazione totale dell’Argentina, e che gli indigenti sono 6 milioni.

La Guerra delle Malvinas continua a mietere vittime
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giugno 2002 – Circa 270 veterani argentini della guerra delle Isole Malvinas si sono suicidati negli ultimi 20 anni e la maggior parte dei sopravvissuti del conflitto con le truppe britanniche sono disoccupati o non hanno un’abitazione dignitosa. I motivi dichiarati per il suicidio sono diversi e molte volte non hanno relazione con la guerra.
La maggior parte dei 10.000 sopravvissuti, con circa 40 anni di età e protagonisti in questa contesa nell’Atlantico del Sud, che durò due mesi dal suo inizio il 2 aprile 1982 fino alla resa dell’Argentina, non trovano pace.
Il 75 % dei veterani è disoccupato e il 60 % ha difficoltà per vivere in un’abitazione dignitosa, secondo la Federazione degli Ex-Combattenti delle Malvinas, che raggruppa oltre 100 circoli in tutto il paese.
Capita di frequente incontrare sui treni della metropolitana di Buenos Aires i veterani delle Malvinas che chiedono elemosina ai passeggeri, per lo più indifferenti. Alfredo Avalos, uno di loro, ha cinque figli, è disoccupato e riceve una misera pensione di guerra.
Oscar Poltronieri è considerato il più grande eroe civile vivente in Argentina, con varie decorazioni per il suo coraggio in combattimento.
Come Avalos, ha cinque figli. Poltronieri ha lavorato per 17 anni in un’azienda casearia, ma è disoccupato da tre anni. Vive con la pensione che riceve dopo la sua fugace presenza nella guerra.
In occasione del ventesimo anniversario della fallita invasione militare delle Isole Malvinas, il Presidente Eduardo Duhalde ha partecipato, il 2 aprile scorso, alla cerimonia principale di commemorazione, nella città australe di Ushuaia, capitale della Terra del Fuoco. Nella provincia più vicina alle Isole, più di 2.000 veterani hanno sfilato con uniformi e bandiere.
Il Presidente ha esortato gli argentini a vedere nei soldati delle Malvinas un esempio dello sforzo che si deve fare per uscire dalla crisi economica.
Circa 650 argentini sono morti nei poco più di due mesi di guerra. Il dopoguerra ha prodotto altre vittime, quelli che si sono suicidati. Secondo Héctor Beiroa, le principali cause di questa tragedia silenziosa vanno ricercate nell’indifferenza generalizzata dopo quella fallimentare incursione militare ordinata da un Governo illegittimo.

I Poder Provinciali argentini insistono su elezioni anticipate
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giugno 2002 – Il Presidente dell’Argentina, Eduardo Duhalde, è ogni volta sempre più pressato dai suoi governatori peronisti, che insistono per convocare elezioni anticipate. Aggiungono che l’attuale Presidente ha dimostrato di non essere conseguente alla dura situazione nazionale, compromettendo con le sue misure la sovranità nazionale. José Manuel de la Sota, Governatore di Córdoba, ha segnalato la convenienza del fatto che Duhalde indica elezioni una volta concluse le trattative con il Fondo Monetario Internazionale (FMI). Allo stesso modo, Felipe Sol, dirigente della provincia di Buenos Aires, ha preteso un rinnovo delle cariche elettive a tutti i livelli senza distinzione, e Néstor Kirchner, di Santa Cruz, segnala la "pulizia" presidenziale al più tardi per il prossimo mese di dicembre. Questi pronunciamenti, secondo gli analisti, evidenziano le lotte per il potere, non solo tra i membri del peronismo, bensì anche nel partito Unione Civica Radicale (UCR), e tra i diversi partiti alternativi che compongono il Parlamento argentino.

Critica situazione degli emigranti centroamericani
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giugno 2002 – La VII Conferenza Regionale sull’Emigrazione, effettuata questa settimana in Guatemala, ha discusso il grave panorama di quelle persone che emigrano dall’America Centrale, in particolar modo verso gli Stati Uniti, in cerca di migliori condizioni di vita. Margarita Hurtado, rappresentante della Tavola Nazionale per le Migrazioni in Guatemala, ha denunciato in un evento parallelo, la Rete delle Organizzazioni per le Migrazioni, la mancanza di rispetto per i diritti degli emigranti. La maggior parte dei centroamericani di questa categoria, ha sostenuto la Hurtado, sono trattati come delinquenti o terroristi, fatto che contraddice la Convenzione dell’ONU che ha stabilito nel 1990 il rispetto del libero movimento e il diritto al lavoro, senza tenere conto della loro situazione migratoria. L’attivista si è battuta per un’instaurazione regionale di protezione per le persone in questa situazione che con i loro piccoli invii di rimesse aiutano pure i loro familiari e fanno parte dell’identità nazionale di ciascun paese al quale appartengono.

L’Argentina tenta di rispettare le richieste del FMI
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maggio 2002 – La Camera Bassa argentina ha approvato la Legge sui Fallimenti, ma si è attardata nel dibattito sulla deroga della cosiddetta Legge di Sovversione Economica, mediante la quale venivano puniti i delitti finanziari. Se fosse derogata, oltre 30 banchieri sarebbero esonerati dal comparire in giudizio per la fuga di capitali, avvenuta in Argentina nello scorso dicembre. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) condiziona la concessione immediata di nuovi crediti alle tanto attese modifiche alle leggi sul fallimento, di sovversione economica e ai patti fiscali tra Buenos Aires e le province.

L’Argentina ridurrà il suo personale diplomatico a causa della crisi
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maggio 2002 – Il quotidiano argentino ‘El Clarín’ ha reso noto le recenti dichiarazioni del Ministero degli Esteri argentino, in cui si annuncia la chiusura delle sedi diplomatiche in Bulgaria, Jugoslavia, Giamaica, Trinidad e Tobago, Kuwait, Singapore, Senegal e Zimbabwe, oltre a vari consolati argentini negli Stati Uniti, Germania, Spagna, Svizzera, Ecuador e Sudafrica. Il Ministro delle Relazioni Estere, Carlos Ruckauf, ha aggiunto al quotidiano di Buenos Aires che la misura è stata presa per la difficile situazione che attraversa il paese, fatto che provocherà il rientro di 120 diplomatici e un taglio del 13 % del personale che lavora in quelle dipendenze.

Crisi e disperazione fanno la fila davanti alle banche
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maggio 2002 – Una moltitudine di persone scontente dell’Argentina sta protestando per avere una stabilità economica e una definizione politica, qualcosa di molto incerto in questo paese che, dopo cinque mesi di profonda crisi sociale, sembra non avere visto ancora il peggio. Buenos Aires, Neuquén, Salta, Entre Ríos e San Juan sono perenni scenari di proteste per le strade, sia per l’impossibilità di ritirare dalle banche risparmi e salari, sia per le ristrettezze della vita e per l’aumento della disoccupazione.
Roberto Lavagna non solo è l’attuale depositario della fiducia del Presidente Argentino Eduardo Duhalde, ma anche della maggior parte dei governatori provinciali, che lo hanno sostenuto alla sua promozione a capo del Ministero dell’Economia.
Il precedente Ministro, Remes Lenicov, è stato costretto a dimettersi a causa dell’ira nazionale che si era sviluppata all’annuncio della conversione di circa 40 milioni di pesos – ossia 12.500 dollari – come depositi fissi, in buoni pubblici con scadenza a 5 e a 10 anni.
Sia i poteri locali sia la popolazione meno impoverita si sono arrovellate in grandi rompicapi tentando di immaginare come avrebbero potuto tornare in giro i loro risparmi, i loro salari, i loro bilanci, se lo Stato decideva di assumere la condizione di "mago" con la pretesa di sostenere i fondi bancari, quando a tutti era nota la sua insolvenza.
Il piano di convertire i risparmi in buoni è fallito di fronte al rifiuto dei governatori e dei parlamentari che sostenevano che tale misura non avrebbe per niente fermato la fuga di capitali. I risparmiatori stanno avendo accesso, attualmente, al loro denaro con il contagocce, grazie a sentenze giudiziali contro lo Stato, per mezzo di richieste di blocco dei loro conti.
La fuga dei fondi dalle banche pende come una seria minaccia alla stabilità, già incerta, dei sistemi bancari e di cambio argentini. Tuttavia, la popolazione considera che la situazione non è per niente facile, perché da questa sorgeranno laceranti immagini di pensionati e di padri di famiglia di fronte alle banche che chiedono la restituzione dei loro averi.
Molti respingono la possibilità che i loro risparmi vengano restituiti in quote e gestiti dalle logiche di incapaci banchieri che li hanno lasciati senza soldi per comprare gli alimenti e per pagare l’affitto.
Il Governo è obbligato, pertanto, e di fronte a un così desolante panorama di caos nazionale, a cercare uno strumento che gli permetta di pagare pensioni e salari e altri debiti.
Duhalde e Lavagna si trovano di fronte ad altri seri problemi per la pressione dell’inflazione a causa della libera fluttuazione del peso che ha perso più del 70 % del suo valore di fronte al dollaro dal gennaio di quest’anno.
In dichiarazioni al ‘Clarín’, Lavagna ha enfatizzato la necessità di "dare ossigeno all’attività economica. Non ci sarà qualsiasi tipo di cambio fisso, senza la libertà dei mercati" e ha aggiunto che "le banche riapriranno senza restrizioni la quotazione del dollaro per favorire le compravendite bancarie".
Ma quello che preoccupa Duhalde, soprattutto, è l’avvicinarsi di un eventuale accordo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), di cui ne ha bisogno, secondo lui, come l’aria, non solo perché la crisi e l’incertezza personale di ciascun argentino medio si allontani in tempo, bensì più che mai per tirare fuori l’Argentina, con l’aiuto del neoliberismo, dal peggior momento della sua storia istituzionale.

Respinta dal giudice argentino la scarcerazione di Cavallo, ex-Ministro dell’Economia
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aprile 2002 - Julio Speroni, giudice penale nel settore economico, ha respinto la richiesta di scarcerazione di Domingo Cavallo, al quale i suoi avvocati difensori tentano di togliere l’imputazione per sospetto contrabbando di armi in Ecuador e Croazia, durante il governo di Carlos Ménem. Cavallo è stato arrestato la scorsa settimana in attesa di giudizio, dal quale ci si attende che sia condannato anche per abuso nell’utilizzo della sua carica per fini disonesti. Questo funzionario è inoltre famoso, in Argentina, per aver applicato a oltranza tutte le "imposizioni" del FMI, le quali hanno portato alla crisi economica e sociale nel suo paese.

Argentina, in attesa
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aprile 2002 - Un successo che sarebbe stato considerato insolito in un’altra epoca in Argentina, è invece ora diventata notizia: la vendita di automobili di lusso è calata del 35 %, in compenso sono cresciute del 50 % le vendite di veicoli blindati.
Questo è interessante per le fasce più alte che possono acquistare i suddetti articoli. Al contrario, non dice niente alla grandissima maggioranza delle persone che non possiedono neppure cibo per alimentarsi, poiché la situazione attuale di vita continua a essere la stessa che ha provocato la crisi che continua dallo scorso dicembre.
L’insicurezza economica, la visita del FMI e lo scontento sociale fanno temere persino i circoli del potere argentino abituati a sperperare fino a 39.000 dollari per la protezione tra vetri antiproiettili e pneumatici rinforzati.
Robert Pitchar, presidente della filiale Armoring degli Stati Uniti a Buenos Aires, ha informato il quotidiano ‘El Cronista’ che "l’instabilità ha accelerato l’aumento di questa linea di prodotti automobilistici, grazie alla quale abbiamo fatturato 2.5 milioni di dollari".
Nonostante i dubbi dei grandi dirigenti argentini, dei diversi movimenti di base territoriale, dell’associazione dei poveri e disoccupati, del movimento dei picchetti e di altre organizzazioni sociali, gli stessi che hanno preteso le dimissioni di due presidenti, la situazione si mantiene ora in uno stato di calma apparente.
C’è attesa, più che delle decisioni del FMI, di una risposta politica del Presidente, Eduardo Duhalde, al quale è sollecitato un monitoraggio cittadino sull’applicazione del bilancio pubblico, sulla trasparenza e onestà politica, sulla fine dei privilegi e sulla lotta alla corruzione.
Il Fronte Nazionale contro la Povertà (FRENAPO) ha tenuto, parallelamente all’imposizione di un pacchetto di misure governative, la sua prima assemblea generale, domandando l’assicurazione di un lavoro per le persone disoccupate, che sono aumentate fino al 30 % nei dintorni di Buenos Aires.
Secondo i dati ufficiali dell’Istituto Nazionale di Statistiche e Censimenti (INDEC), la povertà in Argentina è presente nella vita quotidiana di 14 milioni di abitanti, il che significa il 40 % dell’intera popolazione.
Con questo panorama negativo della realtà argentina, l’attuale esecutivo ha posticipato l’annuncio di nuove misure economiche, che sono rimaste sospese dall’organismo multilaterale, di fronte alla richiesta di Duhalde di 9.000 milioni di dollari di prestiti bancari.
Con l’intento di spianare la strada dell’FMI, l’attuale Governo ha informato che avrebbe raddoppiato dal 10 al 20 % la trattenuta alle esportazioni agricole, del bestiame e industriali, allo scopo di incassare 3.764 milioni di dollari per coprire, sostiene, il deficit di tesoreria occorso in seguito alla recessione.
Le granaglie e i semi oleosi avranno un incremento della loro ritenuta fino al 20 %, i prodotti manufatti l’avranno del 10 %, mentre quelli di elevata fattura, come le calzature, saranno incrementate solo del 5 %.
Queste misure sono viste con diffidenza dai governatori provinciali, che temono per le produzioni locali, in lieve ripresa per la svalutazione, ma la parte peggiore spetta alla popolazione, la quale deve affrontare una vertiginosa inflazione, con aumenti di prezzo fino al 40 % nel settore alimentare. Questa situazione è considerata da José Ignacio de Mendiguren, Ministro dell’Industria, "profondamente incresciosa, ma necessaria".
Tuttavia, lo stesso, ha valutato che è fondamentale ricostruire il sistema finanziario, perché senza credito non c’è attività, da qui l’importanza dell’aumento delle ritenute sull’esportazione che è da ritenere come un male non desiderato.
Buenos Aires aspira ad abbassare il deficit fiscale o a equilibrare i suoi conti pubblici attraverso la ritenuta alle esportazioni e allo stesso modo stimolare un programma di assistenza sociale, per il quale si stanzierebbero sussidi di 150 pesos mensili a 12 milioni di disoccupati. Verrebbe, a questo punto, da domandarsi: "Cosa succederà agli altri 12 milioni di individui che invocano una soluzione definitiva?

Il Senato argentino non ha potuto approvare un nuovo buono di cambio
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aprile 2002 – Il Senato argentino non ha potuto approvare un pacchetto di misure, tra le quali era compresa l’istituzione di un titolo pubblico o buono di cambio obbligatorio per tutti i titoli a termine fisso, bloccati nel congelamento dei depositi più conosciuto come "corralito". I buoni avrebbero operato sostenuti dal dollaro e avrebbero potuti essere utilizzati per pagare imposte, ma crescenti proteste popolari attorno all’edificio del Congresso lo hanno nonostante il fatto che fosse protetto da circa cinquecento agenti di polizia e da barriere metalliche. La situazione si è complicata con le dimissioni del Ministro dell’Economia, Jorge Remes.

L'inflazione si ripercuote sui settori poveri argentini
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marzo 2002 - L'inflazione in Argentina si è fatta sentire con maggior forza nei settori impoveriti, tra i quali si distingue la popolazione delle città, dove la metà degli abitanti è sotto la linea della povertà, secondo un recente studio economico divulgato dal quotidiano argentino "La Naciòn". L'indice dell'aumento dei prezzi, lo scorso mese, è stato del 3,1%, ma per i poveri è più significativo l'incremento del costo dei generi alimentari che è pari al 4,6%.
"Se lo scenario non cambia, dice il giornale, l'inflazione dei più poveri sarà del 71%, mentre quella dei più ricchi sarà del 28,4%, il che evidenzia le disuguaglianze sociali imperanti."

Numerose speranze ma ..... troppi problemi sociali
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marzo 2002 – Ancora nell’occhio del ciclone della crisi economica, sociale e finanziaria, l’Argentina pone tutte le sue aspettative di recupero nei negoziati con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) da cui aspetta la riattivazione dei suoi crediti in dollari, congelati nel dicembre scorso e senza i quali poco o niente, secondo fonti ufficiali, può fare.
Il Dipartimento per le Operazioni Speciali del FMI, rappresentato dal suo direttore Anoop Singh, è giunto a Buenos Aires con l’intenzione di "soccorrere" la nazione sudamericana dopo un acuto periodo di difficoltà che hanno provocato nel dicembre scorso, l’alternarsi infruttuoso di vari Presidenti e un massiccio scontento nazionale a tutto campo sul territorio argentino.
La prospettiva di questa società latinoamericana si leva come un interrogativo sull’autenticità del modello economico neoliberista imposto "a fondo", prima da parte di Carlos Ménem e dopo da parte di Fernando de la Rúa, che nel recente passato hanno seguito alla lettera le raccomandazioni dello stesso FMI.
Jorge Remes Lenicov, Ministro argentino dell’Economia, ha insistito sulla necessità di arrivare a un accordo con l’ente mondiale senza altri ritardi, mentre Marc Grossman, sottosegretario per gli Affari Politici del Dipartimento di Stato nordamericano, ha manifestato il proprio benestare per la missione del FMI.
L’eliminazione della parità del peso con il dollaro, la sua libera fluttuazione, gli aggiustamenti proposti per l’anno 2002, il patto fiscale con le province, così come l’estensione fino al 15 aprile affinché i risparmiatori possano trasformare il loro denaro in buoni, sono alcuni degli aspetti principali apparentemente risolti di fronte ai mediatori finanziari.
"La nostra delegazione farà una valutazione complessiva dei progressi che fa l’Argentina in tutte le principali aree del suo programma economico", ha affermato a Washington, prima del viaggio, Thomas Dawson, direttore delle Relazioni Estere del FMI.
Tra i punti nevralgici, che possono condizionare un eventuale accordo, si evidenziano, inoltre, la conclusione delle riforme strutturali pendenti, ossia, quella del sistema finanziario e di quello fiscale, e la rinegoziazione, per la fine di aprile, del pagamento del debito estero.
L’ombra del debito, a prescindere dall’ottimismo governativo, persiste nell’analisi locale. Così il quotidiano ‘El Clarín’, nella sua edizione digitale del 7 marzo, s’interroga sulle affermazioni del Presidente, Eduardo Duhalde, che ha assicurato che "in maggio o in giugno usciremo dalla recessione".
Più della metà della popolazione di 36 milioni di argentini vive in povertà, la classe media è immersa in un’acuta depressione di 44 mesi di crisi, la disoccupazione è intorno al 22 % e il debito estero del paese è di 141.000 milioni di dollari.
Alcuni giorni fa, il 26 febbraio, una moltitudine di persone affamate della località di Campana, nella provincia di Buenos Aires, ha smesso di intravedere, chiedendo cibo, che le numerose speranze riposte nel FMI risolvano definitivamente le sue pressanti necessità.
Da un’altra parte, lo sciopero dei distributori di latte, conosciuti come mansueti, ha portato alla luce gli errori nei diversi anelli della catena di produzione e vendita. Allo stesso modo, lo sciopero degli insegnanti argentini ha richiamato l’attenzione sul ritardo nel pagamento dei salari, sulle pessime condizioni degli immobili scolastici e anche sulle disuguaglianze nel sistema d’insegnamento.
Un’eventuale emergenza sanitaria nel paese è un’altra delle verità impossibili da nascondere, avverte ‘El Clarín’, per le controversie tra i laboratori e lo Stato, il quale non si è ancora deciso a istituire una lista di base di medicinali a bassi prezzi, palliativo più che necessario alle sofferenze dei pazienti cronici, come a esempio i diabetici, molti dei quali si sono visti, alla fine dell’anno, i giorni contati per mancanza di insulina.

Governatore argentino chiede il voto a favore di Cuba
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marzo 2002 – Nestor Kichner, governatore della provincia argentina di Santa Cruz, ha criticato la posizione del Ministero degli Esteri del suo paese di allinearsi alla campagna statunitense contro la Rivoluzione cubana in materia di Diritti Umani. "Ribadisco la mia solidarietà permanente con un popolo fratello come quello cubano. La mia posizione su Cuba è chiara e pubblica da moltissimi anni e spero che una volta per tutte il Governo assuma un comportamento dignitoso per tutti gli argentini", ha chiesto il politico.

Lavoratori argentini contrari a una base militare statunitense nella Terra del Fuoco
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febbraio 2002 – La decisione del Governo della Terra del Fuoco di cedere parte del proprio territorio per il dislocamento di una base militare statunitense è rifiutata dal Sindacato Unificato dei Lavoratori dell’Educazione di questa provincia. Per mezzo di un decreto provinciale approvato dal Governatore, Carlos Manfredoffi, è stata consegnata all’esercito degli Stati Uniti una porzione di territorio per l’installazione di un osservatorio al servizio del Sistema Internazionale di Vigilanza per la Prevenzione e la Proibizione di Test ed Esplosioni Nucleari. I lavoratori insistono nel denunciare il pericolo potenziale che corre la sicurezza nazionale, ben più in là della zona, per l’esistenza di un enclave di questo tipo.

La crisi si acutizza e si estende
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febbraio 2002 – In Argentina niente assomiglia più a quello che c’era prima, dato che una miseria sempre più galoppante continua a estendersi senza sosta accompagnata dall’incertezza di una prospera classe media di altri tempi. L’eco costante di alcuni colpi persistenti sul fondo delle pentole indica l’attuale malcontento per le misure economiche previste dal Presidente argentino, Eduardo Duhalde.
Dopo forte critiche da parte di tutta la società e della Corte Suprema, il Governo argentino ha dovuto sospendere per decreto le sentenze dei giudici contro il "recinto" finanziario, misura che rendeva quasi impossibile ai risparmiatori il fatto di disporre liberamente del proprio denaro depositato in banca.
La Corte suprema, alla fine di gennaio 2002,. aveva dichiarato incostituzionale questa disposizione statale e Duhalde ha dovuto concedere ai cittadini l’accesso, per un periodo di sei mesi, ai loro risparmi.
Ha annunciato, inoltre, un nuovo piano economico sul ruolo del peso nell’economia e una certa flessibilità del "recinto" riguardo ai salari.
Nonostante le incoraggianti previsioni governative, per molti analisti regionali il caos argentino durerà a tempo indeterminato poiché il substrato che ha scatenato questa situazione è ancora intatto.
Otto Boye, segretario Generale del Sistema Economico Latinoamericano (SELA) ha considerato che "la moratoria dichiarata dall’Argentina non ha precedenti, perché mai era stata presa questa decisione da un paese che aveva un debito così grande, un debito di 140.000 milioni di dollari".
Valutazioni di questa portata economica indicano, allo stesso tempo, il grave indebitamento a cui è sottoposto il continente americano e quello che è peggio, ha aggiunto Boye, "ogni abitante delle nostre terre, compreso i bambini, ha un debito di 1.500 dollari di debito estero".
Secondo il funzionario, l’Argentina è il paese più colpito da questa situazione, per cui ha stimato che diventa imprescindibile la ricerca di "forme più eque" per il pagamento del debito, con facilitazioni remunerative, compatibili all’esecuzione di programmi di sviluppo economico.
A ragione si dice che le azioni umane assomigliano alle valanghe della natura che tracima i suoi impeti di pioggia, lava o fango. Gli argentini fanno fede di ciò di fronte alla non rassegnazione a un destino scelto da terzi e voltando la schiena alle loro carenze domestiche.
Le agenzie di notizie riportano quotidianamente le grandiose concentrazioni nelle strade di Buenos Aires o le manifestazioni nella leggendaria Plaza de Mayo, che hanno come protagonisti anche i disoccupati, i settori studenteschi, le casalinghe, organizzazioni sindacali e i piccoli commercianti.
Il ponte Pueyrredón, tra la capitale federale e il sud del cono urbano, è stato occupato agli inizi della settimana, a Buenos Aires, dai manifestanti in corteo pacifico fino al Ministero del Lavoro e alla Casa del Governo.
Aníbal Verón, dirigente del Movimento dei Disoccupati, ha chiesto la creazione di 15.000 posti di lavoro, come pure la stesura di un’agenda che porti a un’uscita dai pressanti problemi del più popoloso e povero distretto di Buenos Aires, La Matanza.
Da un’altra parte, la provincia di Neugún, nella Patagonia argentina, ha fatto partire una grande campagna sindacale come nella provincia di Mendoza, dove i livelli di povertà corrispondono a quelli nazionali, il 40 % del totale, e anche la disoccupazione è notevole dovuta ai quasi quattro anni di recessione economica.
Victor de Gennaro, capo della Centrale dei Lavoratori Argentini (CTA), è un fervente sostenitore delle proteste popolari, dato che a suo giudizio "le politiche sociali con le quali il Governo vuole compensare le differenze d’entrate non arrivano a questo fine e così, alla fine dell’anno, avremo tra 1.5 e 2 milioni di poveri in più".
Jorge Remes Lenicov. Ministro dell’Economia, ha insistito nell’affermare che l’eventuale piano prevede un cambio con il peso di 1.4 di tutti i depositi in dollari.
Il capitale dei risparmiatori verrà attualizzato sulla base dell’indice dei prezzi al consumo e sarà possibile rinegoziare gli interessi. Inoltre, quelli che hanno depositi inferiori ai 30.000 dollari potranno cambiare il loro capitale con un titolo del Governo cambiabile a lungo termine.
In previsione di finanziare tutti questi cambi, l’Amministrazione emetterà moneta fino a un massimo di 3.500 milioni di pesos nel 2002, di questi 1.000 milioni saranno anticipati dal Tesoro Nazionale, che significa, ha precisato, che il Congresso dovrà approvare un nuovo bilancio preventivo ufficiale.
Esperti argentini non sembrano essere d’accordo del tutto con Lenicov e hanno delle perplessità riguardo alle relazioni dell’Argentina con il Fondo Monetario Internazionale (FMI).
La cosiddetta posizione ortodossa del FMI sembra essere d’accordo, per il momento, con la libera fluttuazione del peso, la parziale liberalizzazione del "recinto" e alla eliminazione delle imposte sugli interessi, però molti si domandano fino a quando.

Creata in Argentina una commissione contro alti magistrati
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ebbraio 2002 – Sergio Acevedo presiede la Commissione Parlamentare che dovrà sviluppare le indagini giudiziarie per un futuro processo contro alcuni dei nove membri della Corte Suprema Argentina. La Camera dei Deputati ha dato il suo benestare a questo processo politico, che comprende quaranta procedimenti d’ufficio, mediante il quale si deve chiarire una serie di sentenze risalenti al precedente Governo di Carlos Ménem. Da parte sua, Eduardo Duhalde, attuale Presidente argentino, considera inopportuno il processo, in quanto si rifiuta di riconoscere l’irregolare azione di questi magistrati e in particolar modo la convalida di controverse leggi che hanno provocato privatizzazioni nel settore pubblico.

Sollevazione nazionale, strenna di fine anno
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gennaio 2002 - Con la velocità vertiginosa provocata dagli avvenimenti sociali, l'Argentina ha cambiato rotta politica, in meno di 72 ore, di fronte alla forza dello scontento popolare che a viva voce invocava le dimissioni di Fernando de la Rua, così come l'adozione di misure economiche favorevoli alla maggioranza.
In circostanze mai vissute prima e in ragione della rinuncia del Presidente, si è formato un Governo provvisorio incaricato di indire le future elezioni del 3 marzo. Dopo il giuramento dell'attuale Presidente ad interim, Adolfo Rodríguez Saá, è stato fatto l'annuncio di una probabile uscita dalla crisi e dai tragici avvenimenti prima delle feste di fine anno.
Grazie a un'inefficiente politica e alla cieca sottomissione al neoliberismo e ai dettati del Fondo Monetario Internazionale (FMI), il paese australe attraversa forse uno dei peggiori momenti della sua storia: depressione economica, grandi fughe di capitali, crescente indebitamento estero, privatizzazione dei settori più importanti; energia, servizi pubblici, aerolinee ed un'importante protesta sociale.
Fernando de la Rua ha adottato, negli ultimi 12 mesi, sette pacchetti economici che, lontani dal migliorare il panorama interno, hanno spinto l'Argentina sull'orlo del fallimento. Solo nell'ultimo trimestre hanno varcato le frontiere del paese circa 700 milioni di dollari, l'ammontare del debito estero è arrivato a 147.000 milioni di dollari e la disoccupazione urbana è aumentata del 20 %. Dei 36 milioni di abitanti, un terzo vive sotto gli indici di povertà.
I tagli alla spesa pubblica e l'impossibilità ad accedere ai risparmi bancari hanno minato la pazienza della nazione che si è stancata dei discorsi altisonanti e delle promesse di soluzione del Governo, tuttavia la goccia che ha colmato il vaso è caduta quando De la Rúa ha fatto appello alla fiducia del popolo argentino per più tardi scaricargli la responsabilità della crisi economica.
"Il discorso di De la Rúa mi ha dato molto fastidio, chiama all'unità degli argentini e i miei genitori sono falliti e con l'acqua alla gola. Questo non si può più sopportare", ha dichiarato al "Resumen Latinoamericano", Mariela Zallago, una studentessa dell'Università Statale di La Plata.
I saccheggi in cerca di cibo, contro aziende commerciali nei dintorni di Buenos Aires, hanno reso palese l'opposizione dei più colpiti, dovuta a una tangibile incertezza giornaliera di cibo, luce e delle altre necessità basiche.
Numerose dimostrazioni hanno chiesto la cacciata del Ministro dell'Economia, Domingo Cavallo, che alla fine "ha fatto le valigie", lasciando De la Rúa con molti problemi, senza risolvere, in particolare, l'acuto conflitto di Governo tra il potere centrale e le province.
L'Argentina si è svegliata, il 20 dicembre, con la notizia di un decreto presidenziale che stabiliva lo stato d'assedio per un mese, ma la misura è stata un'illusione durata tre soli giorni. La "diga" interposta tra De la Rúa e il popolo si è spezzata il 23 dicembre, abbattuta dallo scontro con una stanca, ma decisa massa popolare.
Un concerto di pentole è servito da sfondo alle proteste di migliaia di persone indignate contro la repressione poliziesca che ha causato, in Plaza de Mayo, la morte di 30 manifestanti, duemila feriti e altrettanti fermi.
"C'era un piano ufficiale per uccidere", ha assicurato al quotidiano "Pagina 12", Maria Servini, giudice di Buenos Aires incaricata di una causa contro la mattanza del giorno 20, detonatore delle dimissioni presidenziali.
"Esisteva un ordine per uscire a uccidere, di ciò non ho dubbi e vi sono le prove delle prime 25 persone colpite nelle vie che vanno dall'edificio del Congresso alla Casa Rosada", ha aggiunto il magistrato.
La Servini utilizza l'evidenzia degli impatti di pallottole sparate da pistole di nove e dieci millimetri; è sua opinione che tutte le vittime siano state colpite a bruciapelo, alla testa o in zone vitali.
Con un tasso equivalente al 46 % del Prodotto Interno Lordo (PIL), il debito estero dell'Argentina sarà nuovamente rinegoziato con i creditori del Fondo Monetario Internazionale (FMI), cui è stato annunciato ufficialmente la moratoria del pagamento, una delle rivendicazioni più attesa da tutti.
Il nuovo Governo ha deciso, anche, per i primi mesi del 2002, la circolazione di una terza moneta, l'argentino, che insieme al dollaro e al peso dovrà cercare di stabilizzare, poco a poco e in maniera ordinata, l'uscita dall'attuale sistema di convertibilità cercando di ripristinare liquidità nel sistema monetario e poter affrontare tutti i debiti contratti da De la Rúa.
Rodolfo Frigeri, Ministro delle Finanze, ha informato che "questo sarà un buono di corso legale non convertibile, con il quale si potrà pagare sia gli stipendi sia le imposte, così come beni e servizi".
"Intendiamo iniziare una corsa contro il tempo per vedere se prima di 90 giorni possiamo reintegrare il 13 % che è stato tolto dagli averi dei pensionati", ha precisato.
Ha dato conto anche sulla creazione di un milione di posti di lavoro promesso dall'attuale presidente Rodriguez Saá, che ha dato il via, il 26 dicembre, a 116.000 progetti d'impiego con la concessione di un buono di pagamento equivalente a 200 pesos o 200 dollari.
Secondo il Ministro dell'Interno, Rodolfo Gabrielli, "quest'iniziativa significherà dare una risposta alla gente che ha problemi di lavoro, ma non vogliamo che ciò sia visto come un sussidio, poiché pretendiamo dare lavoro e dignità, non solo cibo".
Il sorriso si è impadronito del volto di Hebe de Bonafini, presidentessa delle Madri de Plaza de Mayo, dopo l'annuncio di un Progetto di Liberazione di tutti i prigionieri politici e sociali, per mezzo del quale saranno scarcerate 2.400 persone, condannate nel 1984 per la loro lotta contro le violazioni dei diritti umani.
"Il Presidente Rodriguez Saá, quando ci ha ricevute, è stato molto ricettivo alle nostre esigenze, che sono ben conosciute nel mondo intero", ha spiegato l'attivista politica, "perché l'unica cosa che chiediamo da tanti anni è e sarà giustizia, ma questa non sarà completa senza l'espulsione dalle fila dell'esercito dei genocidi del passato".
"Nessun colpevole di assassinio sfuggirà alla sua condanna. Per questo stiamo lavorando", ha confermato al giornale "El Clarín", Alberto Zuppi, Ministro di Giustizia, che ha parlato sugli attuali impegni per giudicare tutti gli ufficiali indagati per crimini di lesa umanità.
In sintonia con la nuova aria che si respira in Argentina era impossibile voltare la schiena a un argomento tanto sensibile, indissolubilmente legato agli atti di violenza commessi durante la dittatura militare e, specialmente, alla sparizione di migliaia di civili, che per le Madri de Plaza de Mayo è ancora un incubo.

Domande senza risposta
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gennaio 2002 - Mentre gli interrogativi sulla crisi argentina si moltiplicano, il paese affonda nel caos e nell’incertezza provocati dalle politiche economiche neoliberiste.
Trascorsi i primi mesi del 2002, il nuovo Governo guidato da Eduardo Duhalde si prepara a svalutare di circa un terzo il valore della moneta nazionale, da dieci anni incatenata alla parità con il dollaro.
Nonostante gli esperti insistano nel considerare potenzialmente benefica l’istituzione della Legge d’Emergenza, che fisserà la quotazione del peso argentino rispetto al dollaro a 1.40, l’opinione pubblica manifesta perplessità circa il rischio reale di raggiungere un’iperinflazione uguale a quella degli anni Ottanta.
Duhalde ha tuttavia assicurato che "porrà le basi di un rinnovato modello economico, all’interno del quale la politica sociale costituirà uno dei presupposti fondamentali". La conversione in pesos delle tariffe dei servizi pubblici, dei prestiti bancari e delle commissioni delle carte di credito rappresentano alcune delle contromisure sbandierate dal Presidente, che continua tuttavia a ripetere che "non ci si può aspettare che questi provvedimenti diano i risultati sperati dal giorno alla notte".
Le ragioni dell’esplosione della crisi argentina sono essenzialmente di carattere finanziario: la recessione economica che da tre anni a questa parte non ha fatto che aggravarsi, le restrizioni applicate ai prelievi bancari ai danni dei risparmiatori, il peso del debito estero che ha raggiunto la cifra favolosa di 147.000 milioni di dollari. A tale situazione, già di per sé disastrosa, si sono aggiunti l’aumento del tasso di disoccupazione, la mancanza di liquidità finanziaria, i tagli ai servizi sociali e i disaccordi tra le autorità provinciali e il Governo centrale.
Dopo un primo momento critico, in occasione del quale lo scorso 20 dicembre la morte ha lasciato il suo tragico segno in 30 famiglie, in seguito alla repressione della polizia, negli ultimi mesi il paese sta tentando di recuperare la rotta, attraverso provvedimenti che vanno nella direzione opposta rispetto ai dettami del FMI e delle altre organizzazioni finanziarie mondiali, che con le loro ricette neoliberiste hanno condotto l’Argentina al collasso economico.
Intanto il Ministro dell’Economia Jorge Remes Lenicov ha annunciato che il Governo è pronto a rinegoziare con il FMI. Per il momento si parla di un periodo di transizione, durante il quale, per cinque mesi, gli organismi finanziari internazionali valuteranno il funzionamento del doppio cambio: 1.40 pesos per dollaro, da utilizzare per le operazioni di commercio estero e il cambio libero, che si impiegherà per le altre transizioni finanziarie.
Il Ministro ha inoltre affermato che, secondo le stime del Governo, nel febbraio 2002 l’aiuto creditizio del FMI dovrebbe ammontare a una cifra compresa tra i 15.000 e i 20.000 milioni di dollari, precisando che nel frattempo si procederà alla valutazione delle politiche economiche da adottare per il futuro.
Mentre una nuova squadra è impegnata a progettare le strategie economiche e a pianificare i futuri equilibri tra i partiti all’interno della formazione governativa, nella prospettiva di una prossima stabilizzazione del paese, la popolazione continua a interrogarsi su come sopravvivere a questo difficile momento, che alcuni hanno giustamente definito "critico".
L’aumento dei prezzi di numerosi prodotti di prima necessità ha infatti immediatamente preceduto la svalutazione della moneta. Tuttavia il Governo ha spiegato che non intende esercitare un controllo totale su tali variazioni, ma, come ha affermato il Ministro Lenicov, limitarsi a "fissare dei tetti massimi di prezzo soltanto per prodotti a carattere monopolistico, come medicinali e carburanti, mentre il resto seguirà la libera fluttuazione determinata da domanda e offerta".
Nonostante le voci diffuse, attestanti un aumento inusitato dei prezzi sia dei prodotti di importazione, sia di quelli nazionali, il Ministro dell’Economia ha esortato i consumatori e le associazioni a loro tutela a "discutere e a contestare con decisione i nuovi prezzi, perché proprio da questa azione di contrasto dipende il successo del piano economico del Governo".
L’introduzione delle misure anticrisi potrebbe avere come conseguenza l’insorgere dell’inflazione, i cui effetti negativi inciderebbero, in ultima istanza, anche sul tenore di vita della maggior parte della popolazione, di qui l’importanza del controllo statale per ridurre i rischi di tale eventualità.
Di fronte a questa situazione, gli argentini si pongono domande diverse rispetto a quelle che impegnano la loro classe politica: alcuni si interrogano sulle prospettive future del loro paese, tuttavia la maggior parte, dato il grado di povertà in cui versa, trova a malapena una soluzione ai più immediati problemi di sopravvivenza.
Carlos Ménem prima e successivamente Fernando de la Rúa si sono fatti incantare dal miraggio delle privatizzazioni a oltranza e dalle ricette neoliberiste. I disordini sociali hanno però dimostrato che gli argentini non credono ai tocchi miracolosi di queste bacchette magiche.

Il difficile momento che sta attraversando la società argentina richiede solidarietà e rispetto da parte di tutti
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Dichiarazione del Governo di Cuba
gennaio 2002 - Il Governo di Cuba osserva con profonda preoccupazione l'enorme pressione che manifestano i paesi esteri in merito alle misure adottate dal Governo del Presidente Edoardo Duhalde per trovare una via d'uscita alla drammatica situazione in cui attualmente si trova il paese. E' evidente la mancanza di comprensione e di solidarietà di alcuni Governi e aziende multinazionali del sistema finanziario internazionale e delle sue istituzioni.
La filosofia neoliberista argentina è fallita. In questo paese vediamo ora le vere intenzioni di coloro che hanno derubato i popoli dell'America. Sono vergognosi l'egoismo e la meschinità con cui si comportano coloro che sono stati i principali responsabili della crisi del popolo argentino. Le aziende e le banche che hanno ottenuto sostanziosi guadagni con il sudore e il sacrificio di questo popolo, nostro fratello, gli speculatori e i ladri che hanno saccheggiato il patrimonio di questa nazione e che hanno portato il paese alla bancarotta e i Governi di alcuni paesi industrializzati che oggi fanno pressione a difesa dei loro interessi, dovrebbero ammettere che il popolo argentino merita l'opportunità di risollevarsi.
Il difficile momento che sta attraversando la società argentina richiede solidarietà e rispetto da parte di tutti. Adesso c'è bisogno di comprensione e non di pressioni, di appoggio alle misure, per di più legittime, che sta tentando di attuare il nuovo Governo per evitare la bancarotta definitiva del paese.
Cuba esprime la sua fiducia nel popolo argentino e nella sua capacità di superare la difficile situazione attuale e conferma la sua simpatia e il suo appoggio a tutte le decisioni del Governo argentino che effettivamente siano mirate esclusivamente alla difesa degli interessi del paese, compreso il recupero della produzione dell'industra nazionale, la promozione delle esoportazioni, la crescita dell'occupazione, la protezione dei suoi lavoratori, la imprescindibile e necessaria integrazione al MERCOSUR e il miglioramento delle condizioni di vita del suo popolo.
In questo momento difficile, e come sempre, Cuba sarà solidale e fermamente vicina al popolo argentino.

La Habana, 10 gennaio 2002


Crisi a tempo di un tango tragico
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dicembre 2001 - Il presidente argentino, Fernando de la Rúa, tenta di minimizzare gli errori economici commessi durante il suo mandato coinvolgendo l'intera nazione, cercando di convincere la gente della responsabilità collettiva delle nefaste misure finanziarie che hanno condotto il Paese alla rovina. Tuttavia, come sempre succede, "la fune si spezza sempre dalla parte più debole", perciò a rimetterci sarà la popolazione argentina.
Le conseguenze dell'applicazione a oltranza delle strategie neoliberiste, in osservanza delle quali non si è fatto che privatizzare a destra e a manca - dall'industria petrolifera e i giacimenti statali, alla compagnia aerea di bandiera, alla quasi totalità dei servizi pubblici - all'Argentina è rimasto ben poco da offrire al mercato, considerando anche la fuga di capitali senza precedenti e un debito estero che ha raggiunto cifre astronomiche.
A tutto ciò bisogna aggiungere che sia Carlos Menem durante i suoi due mandati consecutivi, sia il suo successore De la Rúa hanno costretto il Paese a una adesione incondizionata alla politica finanziaria degli Stati Uniti, obbedendo passo passo ai dettami economici stabiliti da Washington.
Le conseguenze catastrofiche di tali scelte non si sono fatte attendere: questo paese sudamericano ha cessato di appartenere agli argentini, che si trovano schiacciati tra la dollarizzazione a oltranza e la svalutazione della loro moneta; una situazione resa ancora più grave dall'atteggiamento degli Stati Uniti, che ora hanno voltato le spalle al paese, escludendo la possibilità di ulteriori finanziamenti internazionali di aiuto all'Argentina.
In questi giorni davanti alle banche si sono formate lunghe file di persone in attesa di ritirare i 250 dollari settimanali fissati dal Governo, che ha deciso di limitare le quote dei prelievi per timore di esaurire le riserve di denaro liquido.
Domingo Cavallo, il Ministro dell'Economia, ha affermato che la restrizione nell'uso dei depositi bancari è imprescindibile, evitando tuttavia di spiegare in che modo i cittadini, che non possono ritirare i propri risparmi, pagheranno gli affitti, le bollette della luce e dell'acqua o faranno la spesa, visto che il peso è equiparato al dollaro e i prezzi sono alle stelle.
Si pensi infatti che a Buenos Aires il costo dell'affitto di un appartamento di tre locali è di circa 1.000 dollari, mentre una razione alimentare di base per quattro persone comprendente latte, pane, burro e carne costa la "modica" cifra di 400 dollari mensili.
Di fronte a una situazione come questa, il ministro Cavallo ribadisce la necessità di portare a compimento alcune misure economiche fondamentali del pacchetto "di salvataggio": conseguimento del deficit zero, controllo dei trasferimenti di capitale all'estero, potenziamento della dollarizzazione dei depositi bancari per porre freno al flusso dei dollari in uscita verificatosi nei mesi scorsi.
Sicuramente le parole di Cavallo sono state accolte con un sorriso ironico da molti economisti argentini, considerato che negli ultimi tre mesi sono già fuggiti dal paese capitali per un ammontare che va dai 400 ai 700 milioni di dollari, per timore di una svalutazione del peso.
In tale frangente, De la Rúa e i ministri del suo Governo tentano di esimersi dalle loro responsabilità, dichiarando di trovarsi legati mani e piedi a uno stato vittima di attacchi speculativi che vanno a unico beneficio dei "fondi avvoltoio", in modo analogo a quello che è successo in Russia e in Ecuador.
Le stesse persone che in soli tre anni sono state capaci di far raddoppiare il debito estero argentino, che ammonta attualmente a 132.000 milioni di dollari, fanno ora sapere ai loro rappresentanti provinciali che bloccheranno gli aiuti forniti dal Governo centrale di Buenos Aires, costringendoli inevitabilmente a tagliare la spesa sociale.
In Argentina la crisi di Governo è diventata una realtà, così come sono reali le catastrofiche conseguenze sociali determinate dall'applicazione incondizionata delle misure economiche neoliberiste: la disoccupazione nelle aree urbane sale al 20 %, mentre il modello argentino "partorisce" 200.000 nuovi poveri ogni giorno.
Matías Bello, un giovane di 26 anni, non si è lasciato ingannare dai discorsi dei suoi governanti e ha deciso di trovare da solo una soluzione ai suoi problemi. Il suo suicidio davanti alle telecamere della televisione ha portato drammaticamente allo scoperto la disperazione della gente.
"I debiti che ho lasciato quando me ne sono andato di casa, aggiunti agli interessi accumulati, non potranno mai essere saldati con il poco che guadagno" - ha affermato il giovane prima di spararsi.

L’angoscia invade un paese in crisi
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ottobre 2001 – Beatriz Blanco è un’argentina di classe media, psicologa, coniugata, con due figli e in buona situazione economica. Nonostante ciò vive in ansia, teme di perdere il suo lavoro, soffre al pensiero che possano licenziare suo marito ed è depressa per gli amici che sono emigrati.
I sentimenti della signora Blanco, di 34 anni, sono condivisi oggi in Argentina da milioni di persone di fronte alla severa recessione che si trascina da tre anni, alla disoccupazione e alla sensazione che ormai non conta più il livello educativo e culturale per ottenere un avanzamento sociale.
Un’inchiesta realizzata in agosto dall’agenzia di sondaggi Ricardo Rouvier ha segnalato che il 93.8 % degli intervistati ha dichiarato di provare angoscia, tristezza, depressione o amarezza a causa della crisi socio-economica, mentre appena il 3.5 % ha manifestato speranze in un cambiamento positivo.
Gli intervistati hanno risposto che le cause del malessere, in ordine decrescente, sono la mancanza di un futuro, carenza di lavoro o timore di perderlo, la grande quantità di disoccupati e di poveri, la sofferenza per quelli che se ne sono andati dal paese, "perché non abbiamo nulla", "per l’indifferenza dei politici" e "perché non ci sono cambiamenti".
I timori sul lavoro si basano sul fatto che la disoccupazione è salita al 16.4 % della popolazione economicamente attiva, il sottoimpiego ammonta a un altro 15 % ed esiste una percentuale imprecisata di persone "demotivate" che ormai non cercano più un lavoro.
L’inchiesta ha sottolineato che, anche se l’angoscia è generalizzata, la classe media è la più tormentata dalla possibile perdita di aspetti che finora facevano parte della sua vita quotidiana, come l’invio dei suoi figli nei collegi privati, l’accesso a prestazioni mediche a pagamento e a club sportivi, l’acquisto di vestiti e i viaggi.
La signora Bianco, che lavora in un centro assistenziale pubblico e cura determinati pazienti, ha commentato all’agenzia di notizie IPS che "nell’ospedale si vedono gli effetti più gravi della crisi. In questo posto arrivano pure persone della classe media che già non possono più andare in una clinica privata".
Inoltre, alcuni pazienti del suo consultorio privato già non sono più in grado di pagare il trattamento.
"Il problema sta nel fatto che io pago l’affitto per il consultorio e arriverà il momento in cui non potrò proseguire se non aggiungerò i soldi per le spese", ha commentato. Mentre nell’ospedale, che prima rappresentava le sue "entrate sicure", la situazione non è migliore, dato che i salari vengono pagati in ritardo e con tagli.
L’incertezza sul futuro della famiglia della signora Blanco si aggrava davanti alla situazione di suo marito, che è un grafico.
"Un giorno lavorava per conto proprio, ma è molto difficile affrontare le spese da soli. L’anno scorso era riuscito a entrare in un grande studio, che ha buoni clienti, ma questo mese i dirigenti hanno avvisato che la situazione non è buona, perché molti clienti non possono pagare", ha spiegato.
L’angoscia per il timore di perdere il lavoro era stata studiata in un sondaggio realizzato dall’agenzia di risorse umane ‘RHO’ tra le maggiori 500 aziende del paese..
La ricerca ha messo in luce che il 62 % dei dirigenti lavora sotto pressione e assicura che questa situazione è "visibilmente maggiore" di quella registrata l’anno precedente.
Colpite dalla recessione e dalla caduta dei consumi, molte aziende lavorano in un ambiente ad alto stress, preoccupazione e angoscia generalizzata per la difficoltà di raggiungere gli obiettivi.
Un problema che molte volte viene risolto con tagli da parte delle aziende più deboli: il dirigente a carico dei progetti.
In tal senso, la Camera delle Assicurazioni dei Rischi sul Lavoro ha informato che quest’anno sono notevolmente aumentate le malattie cardiache e le allergie provocate dallo stress, oltre che la perdita dei capelli, le irritazioni sulla pelle, ulcere e gastriti.
In altri casi la crisi economica ha risvegliato stati di ansietà che avrebbero potuto rimanere sopiti in un individuo che non vive sottoposto a tensioni.
Lo psichiatra Daniel Bogiaizián, dell’Associazione Argentina degli Stati d’Ansia, ha spiegato all’agenzia di notizie IPS le diverse manifestazioni della malattia derivata da situazioni di lavoro ed economiche.
"Una cosa è l’ansietà di base che provoca il timore di perdere il lavoro oppure la mancanza di lavoro, altra cosa è uno stato acuto di ansietà. Quest’ultimo non è in relazione alla crisi, ma questa può scatenare situazioni che erano bloccate", ha puntualizzato.
Bogiaizián ha indicato che la caduta del livello di vita o dei consumi di una persona può essere il catalizzatore di un processo che forse sarebbe avvenuto in ogni caso.
"Le persone con questo tipo di stato di ansietà avrebbero potuto vivere senza molte difficoltà, ma adesso si recano di più dallo psichiatra perché nel lavoro ci sono maggiori esigenze di rendimento, di esposizione di fronte ai gruppi, di conferenze e di altre attività", ha sostenuto l’esperto.
Ma ai problemi di salute affrontati da molti argentini a causa della situazione economica locale, si aggiunge l’ansietà provocata dagli attentati terroristi negli Stati Uniti.
"Se qualcuno avesse avuto ancora qualche tenue speranza, o una struttura sostenuta in modo fragile, con l’attentato alle Torri Gemelle di New York, sarebbero crollate anch’esse", ha osservato intervistata dall’agenzia di notizie IPS la psicoanalista Liliana Canesa.
Di fronte a questo panorama, gli ospedali pubblici con divisione di psichiatria hanno realizzato in questo mese la cosiddetta ‘Settimana degli Stati di Ansietà’ affinché le persone con problemi di angoscia e con paure potessero avvicinarsi ai consultori.
Terapeuti che hanno lavorato in queste strutture hanno scoperto l’esistenza di un’enorme quantità di persone che soffrono di tristezza e di angoscia, senza che questo fatto sfoci in un grave sintomo di malattia psichica.

Più regali di povertà per gli argentini
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novembre 2001 - A poco meno di due mesi dalla fine dell’anno, i 37 milioni di Argentini riceveranno in regalo, per queste feste, un gran pacco esente da prosperità e abbondanza ma, al contrario, pieno d’aggiustamenti economici e penurie.
Alla situazione economica deteriorata si somma una crisi di Governo, nella quale la rinuncia del Ministro dello Sviluppo Sociale, Juan Pablo Cafiero, ha messo a nudo i propositi del capo della nazione sudamericana, Fernando de la Rúa, di ridurre il preventivo e le risorse previste per i progetti sociali.
Il taglio dovrebbe oscillare tra il 75 ed il 90 % del fondo dello sviluppo sociale, che era stato stimato in circa 300 milioni di dollari.
Nonostante ciò, l’attuale ministro del settore, il radicale Daniel Alberto Sartor, ha assicurato in modo contraddittorio che manterrà i ritmi stabiliti dal benestare pubblico, ma con una marcata tendenza al risparmio.
Sondaggi di opinione, eseguiti da Gallup Argentina e divulgati dal quotidiano La Nación, hanno dimostrato l’esistenza di una coscienza popolare sul fatto che il paese sia in un vicolo senza uscita sino a che i governanti continuano ad applicare misure neoliberiste.
Per il 71 % degli intervistati, la situazione economica è peggiorata nel 2001, con la conseguente ondata di licenziamenti, e alla domanda sulle prospettive di questa situazione, il 43 % è sicuro che l’evoluzione sarà negativa con una notevole recrudescenza economica nella vita familiare e lavorativa.
Altro argomento sensibile è il pagamento del debito estero, a proposito del quale il 42 % degli argentini pensa che dovrebbe esserci una ristrutturazione del medesimo allo scopo di ridurlo, mentre il 22 % sostiene la sua cancellazione definitiva.
La dollarizzazione dell’economia nazionale è stata motivo di preoccupazione per il 63 % della popolazione in quanto ricordava le critiche al precedente Governo di Carlos Ménem, precursore della cosiddetta "formula magica" tanto di moda in alcune strategie latinoamericane.
Coscienti del loro decorso storico, gli argentini, tuttavia, hanno creduto di trovare in De la Rúa delle possibilità di miglioramento, visto che la recessione, iniziata nel 1998, si è appropriata della vita quotidiana provocando la chiusura di 2.000 aziende e la sparizione di altre mille; il settore degli elettrodomestici ed elettronici è stato colpito per un 50 % ed i commerci con il Brasile ogni giorno trovano nuovi ostacoli.
Con il passare del tempo si sentono frustrati, data l’incompetenza dell’amministrazione presidenziale, che non è riuscita a risolvere questi problemi, e al contrario si va rafforzando l’idea che si acutizzerà la disoccupazione e la crisi economica.
Tutto ciò ha suscitato un elevato livello di sfiducia negli investitori stranieri che hanno aumentato considerevolmente i tassi d’interesse fino a portare il debito estero argentino a più di 132.100 milioni di dollari.
Con il fantasma di una moratoria che si aggira per l’Argentina, il Ministro dell’Economia, Domingo Cavallo, è andato negli Stati Uniti, sperando nella sensibilità nordamericana, discutendo sulla possibilità di un prestito di 10.000 milioni di dollari per varare un pacchetto di assistenza finanziaria.
Cavallo pretende che la Banca Mondiale (BM), il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e anche la Casa Bianca, eroghino dei fondi speciali con i quali poter finanziare un’operazione di scambio dei titoli pubblici.
Precedentemente il FMI aveva assegnato a Buenos Aires circa 3.000 milioni di dollari destinati al riacquisto o al cambio dei buoni, il che farebbe supporre un alleggerimento per il suo debito estero che genera ogni anno interessi per un valore di 10.000 milioni di dollari.
Tutti questi problemi economici e finanziari si ripercuotono, indubbiamente, nelle crisi di Governo attuali, tra cui la più significativa è quella tra l’amministrazione centrale e le province.
Queste ultime si sono pronunciate contro l’annuncio di Fernando de la Rúa di tagliare le risorse che storicamente vengono ripartite tra le 24 province della nazione sudamericana.
La citata compartecipazione federale esige l’adempimento degli impegni statali, mentre Buenos Aires insiste nel "tirare la cinghia" per pagare i debiti con gli organismi internazionali.
I governatori provinciali hanno proposto che si continui a erogare, ogni mese, circa 1.364 milioni di dollari, e che, inoltre, i propri debiti di 500 milioni di dollari siano pagati medianti buoni, con un tasso d’interesse non superiore al 7 %.
Seppur è certo che il futuro scenario argentino non è per niente allettante per la popolazione, nemmeno per il suo Presidente sarà migliore.
La recente sconfitta nelle Elezioni Legislative gli servirà, come pure, per valutare la temperatura politica del suo Governo, che ha perso contro gli oppositori giustizialisti.
Il Partito Giustizialista ha conquistato un’importante vittoria al Senato e alla Camera dei Deputati, crescendo nel primo da 39 a 41 seggi e da 98 a 110 nella seconda. Intanto l’Alleanza di Governo che ha portato De la Rúa alla Casa Rosada nel 1999, ha visto ridotta la sua partecipazione nei due organi di potere.
Questo panorama politico farà sì che, inesorabilmente, De la Rúa cercherà nuove alleanze con il giustizialismo.
Il che se risolverà il rompicapo, servirà a rinnovare la fiducia, non solo dei suoi sostenitori, ma anche di tutti gli argentini, che lo tacciano di malgoverno, al servizio di paesi stranieri e dei suoi interessi.

Giovani argentini chiedono la libertà dei cubani detenuti in Florida
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ottobre 2001 - Dirigenti di diverse organizzazioni universitarie e giovanili argentine hanno preteso a Buenos Aires la liberazione dei cinque cubani imprigionati da quasi tre anni in un carcere federale nordamericano.
La richiesta è contenuta in una dichiarazione il cui testo sostiene che questi cittadini di Cuba "sono stati accusati falsamente di spionaggio e sottoposti a innumerevoli vessazioni durante un processo viziato da irregolarità che fanno sì che esigiamo la loro immediata liberazione".
Il documento è stato consegnato all’Ambasciatore cubato in Argentina, Alejandro González ed è firmato dai presidenti delle Federazioni Universitarie Argentine e di Buenos Aires e dai Comitati Nazionali e della capitale della Gioventù Radicale, rispettivamente Manuel Terradez, Oscar Zoppi, Pablo Javkin e Marcelo D’Ambrosio.
Sottoscrivono pure la dichiarazione i Segretari Generali delle Assemblee Nazionali e del porto di Franja Morada, ramo studentesco del Partito Unione Civica Radicale, Hernán Rossi e Emiliano Yacobitti.
Il testo indica che Cuba è stata sottoposta per decenni all’aggressione e al blocco nordamericani e "ha tutto il diritto di adottare le misure necessarie per prevenire e difendersi da atti terroristi, allo stesso tempo di evitare provocazioni che possano portare alla perdita di vite innocenti di cubani e di statunitensi"
Aggiunge che Cuba non rappresenta alcuna minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti e accusa Washington di praticare la tortura psicologica e di impedire che gli accusati accedano a una giusta difesa.
I firmatari esigono la sospensione dell’embargo contro Cuba e l’interruzione del finanziamento alle mafie controrivoluzionarie che operano nel territorio nordamericano, e che considerano paraventi per il traffico di droga e armi e per il riciclaggio di soldi.
Esprimiamo la nostra solidarietà con i detenuti, cittadini iscritti nel sogno di tutti i latinoamericani che sperano che la formazione di una società libera, giusta e ugualitaria sia la madre dell’uomo nuovo preconizzato da Ernesto Che Guevara, dice il testo.
Antonio Guerrero, Gerardo Hernández, Fernando González, Ramón Labañino e René González si trovano in una prigione federale di Miami da 34 mesi, accusati di attentare contro la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Cresce la lista delle vittime del Piano Condor
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ottobre 2001 - Un giudice federale argentino ha aggiunto al processo dell’ex dittatore Jorge Rafael Videla, altri 70 casi di sparizioni forzate avvenute come parte del cosiddetto Piano Condor nella decade tra il 1970 e il 1980, ha riferito Prensa Latina.
L’ex capo della giunta militare che ha governato l’Argentina tra il 1976 e il 1981 si trova in arresto preventivo domiciliare da tre anni per un’altra causa relativa alla sottrazione, all’occultamento, alla detenzione e alla cancellazione dell’identità di cinque bambini e alla falsificazione dei loro documenti.
Adesso il giudice Rodolfo Canicoba Corral gli ha imputato 70 "casi precisi" di persone fatte sparire con la forza. La risoluzione giuridica, che allarga il processo a Videla, lo indica responsabile di "amministrazione immediata" dei casi compresi nella causa e dispone di estendere il congelamento dei beni dell’ex capo militare da uno a due milioni di pesos (uguale in dollari).
D’altra parte e da Montevideo, Prensa Latina riferisce che il colonnello uruguayano in pensione Manuel Cordero, accusato di violazione dei diritti umani, è tornato a rivendicare i sequestri, le torture e le sparizioni durante la dittatura, quale metodo di lotta contro l’opposizione.
Le dichiarazioni di Cordero sono state riportate dal settimanale conservatore Búsqueda e hanno provocato il più energico rifiuto dei settori sociali e politici locali.
L’ex ufficiale è accusato di aver partecipato attivamente al repressivo Piano Condor dei regimi militari sudamericani e, specialmente, alla persecuzione e al sequestro di oppositori nella vicina Argentina.
Fonti parlamentari hanno commentato che il Governo del presidente Jorge Battle e la giustizia dovrebbero agire immediatamente davanti alle dichiarazioni di Cordero, che hanno definito terroristiche.