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Grande successo di pubblico al Festival di La Habana del Cinema Latinoamericano

La Habana, 8 dicembre 2001
Il cielo sopra La Habana è carico di film ma anche di pioggia, una pioggia a scrosci alternata a lame di sole; piccole perturbazioni residue di una stagione 'ciclonica' che non si decide a lasciare il passo allo straordinario inverno cubano, tiepido e asciutto, che durerà fino ad aprile.
Lunghe code di cubani di tutte le età, non solo di giovani ma anche di uomini e signore mature, attendono per entrare nei molti cinema che proiettano i film del Festival Latinoamericano e anche quelli delle cinematografie di altre parti del mondo. Ma le preferenze di questo colorito e vivace pubblico vanno comunque ai film del continente latinoamericano.
Quello dell’affluenza di spettatori al Festival di La Habana è un vero spettacolo nello spettacolo, perché molto probabilmente andrà a superare il record dello scorso anno di oltre mezzo milione di biglietti venduti, una cosa inimmaginabile in qualsiasi altra grande manifestazione di cinema al mondo. Per dare un'idea dirò che a Venezia il numero degli spettatori paganti del Festival non arrivano al 10 % di quelli cubani. Per non parlare dei prezzi: qui si entra con due pesos, duecento lire.
Lunghi serpentoni di pubblico, dunque, davanti ai cinema e lunghe attese in genere tranquille e pazienti ma, come è successo giovedì sera, qualche volta con resse e spintoni: fuori dal cinema ‘Yara’ c'erano tremila persone per duemila posti e la calca è stata inevitabile. Solo lungo la Calle 23 nel quartiere del Vedado i cinema ‘La Rampa’, ‘Yara’, ‘Riviera’, ‘Chaplin’ e ‘23 y 12’, propongono oltre settemila posti moltiplicati per cinque proiezioni al giorno, dalle 10 del mattino a mezzanotte, ma ciò non basta a soddisfare le richieste.
Siamo a metà della grande rassegna di La Habana e molte pellicole ancora devono essere presentate nelle varie sezioni dei concorsi: quello dei ‘Premi Coral’ riservato ai lungometraggi (presidente della giuria il nostro Marco Bechis), quello ‘opera prima’ e altri premi collaterali come quello della critica internazionale presieduto da un altro italiano, il collega Umberto Rossi.
Dal punto di vista filmico c'è un elemento da porre subito in rilievo, quello della notevolissima vitalità e straordinaria salute, nonostante i tanti problemi economici e sociali del continente, del cinema latinoamericano, in particolare di quello messicano, vera potenza produttiva e di straordinario vigore espressivo e stilistico. Ha impressionato il film DE LA CALLE di Gerardo Tort, un quarantenne di Città del Messico con lunga esperienza di regista pubblicitario ora alla sua opera prima. DE LA CALLE è ambientato nelle fogne e nei suburbi della capitale messicana e racconta le vite disperate e violente di giovani dannati della megalopoli messicana di venti milioni di abitanti. Lo stile è simile a quello del precedente AMORE PERROS, il film messicano che lo scorso anno vinse tanti premi in tutto il mondo. Anche Y TU MAMÁ TAMBIÉN di un altro regista messicano, Alfonso Guardón, ha suscitato un forte successo di pubblico per la intensità narrativa di un viaggio dalla capitale verso l'oceano compiuto in auto da due amici diciottenni e da una giovane signora spagnola che darà loro l'iniziazione sentimentale (e sessuale). Ma il viaggio apparentemente felice sotto il sole cela il dramma. La donna, pur bella e vitale, è condannata dal cancro.
Esplosivo di colori e umori anche il film cileno LA FIEBRE DEL LOCO, diretto da Andrés Wood, che racconta della combattuta pesca di un costosissimo frutto di mare in un villaggio dell'estremo sud cileno. Ambientazione, attori, dominio della macchina da presa di eccellente livello, ritmo spettacolare. Più introversa la produzione di un'altra delle cinematografie grandi dell'America Latina, quella argentina, ma sempre con un notevole spessore di capacità espressiva. ROSARIGARINOS, di Rodrigo Grande (due vecchi amici ladri escono di prigione, dopo trent'anni, per tentare l'ultimo colpo della carriera), EL LADO OSCURO DEL CORAZÓN di Eliseo Subiela (seconda parte di un viaggio dentro i drammi e i misteri amorosi), EL HIJO DE LA NOVIA, di José Campanella, sono alcuni titoli di film argentini di rilievo.
Cuba, nel mentre, ripone le sue ambizioni ai premi con il lavoro di un maestro come Humberto Solas (MIEL PARA OSHÚN), e c’è attesa anche per il film cileno TAXI PARA TRES, di Orlando Lubbert, anch'esso, tra l'altro, candidato al prossimo Oscar come il già citato film messicano Y TU MAMÁ TAMBIÉN.
In questo quadro d'insieme (vedremo i premi assegnati dalle giurie il prossimo giovedì 13 dicembre) di grande ed estroversa vitalità del cinema latinoamericano, spicca il contrasto inevitabile e ineludibile con la rassegna dei film italiani che sembrano davvero provenienti da un altro mondo, un mondo ricco ma di sicuro freddo, depresso, nevrotico e complicato sia nelle tematiche che nello stile che dove non è patinato è asfittico. Mi riferisco ai film italiani ‘nuovi’, recenti. Davanti alla forza espressiva senza complessi dei film latinoamericani pieni di drammi, un film come LUCE DEI MIEI OCCHI è risultato per il pubblico cubano che affollava il cinema ‘Riviera’ davvero una storiella surgelata. Meno male che c'è la rassegna dedicata a quel gigantesco attore che si chiama Gian Maria Volonté con i suoi film ‘vecchi’, firmati da registi che portano i nomi di Paolo e Vittorio Taviani, Elio Petri, Francesco Maselli, Giuseppe Ferrara.
Marzio Castagnedi

 

Un film argentino e il pubblico cubano trionfano al Festival del Cinema Latinoamericano di La Habana

La Habana 13 dicembre
Molto al femminile la conclusione del 23° Festival Internazionale del Nuovo Cinema Latinoamericano di La Habana, nel senso che sia il primo sia il terzo premio, per i film lungometraggi a soggetto, sono firmati da donne: Lucrecia Martel, regista di LA CIÉNAGA (Argentina) e Marise Sistach autrice di PERFUME DE VIOLETAS (Messico).
Per gli stessi film sono anche stati assegnati i premi alle migliori interpreti, Graciela Borges per LA CIÉNAGA e la rivelazione Ximena Ayala, straordinaria attrice diciassettenne di PERFUME DE VIOLETAS. Aggiungiamo che in particolare il cinema messicano si sta confermando più che mai una vera grande potenza cinematografica non solo per la dimensione produttiva ma anche per la vivacità e pienezza espressiva e lo stile originale.
Il secondo dei tre premi ‘Coral’ principali è andato al film brasiliano A LA IZQUIERDA DEL PADRE firmato da Luiz Fernando Carvalho. Il premio opera prima (ricordiamo che lo scorso anno questo premio andò allo straordinario film messicano AMORES PERROS) in questo 23° Festival habanero è stato assegnato ex-aequo ai film 25 WATTS (Uruguay) firmato da Pablo Rebella e Pablo Stoll e NADA diretto dal giovane regista cubano Juan Carlos Cremata.
La giuria ‘Fipresci’, cioè' della stampa estera, presieduta dal nostro Umberto Rossi, ha premiato ancora due film assieme: Y TU MAMÁ TAMBIÉN del messicano Alfonso Quarón, e UNA CASA CON VISTA AL MAR di Alberto Arvelo, regista venezuelano.
Ancora un premio, quello della stampa cattolica è andato a un film argentino, EL HIJO DE LA NOVIA. Come rapido commento ai premi, dirò che LA CIÉNAGA, il film vincitore, è già stato distribuito in Italia un anno fa: è un dramma esistenziale che riguarda la dissoluzione morale di una famiglia argentina nella ambientazione di una cadente casa di campagna e al bordo di una vecchia piscina colma di acqua putrida: la ciénaga significa infatti ‘palude’. Palude materiale e morale disperante. Lo stile, claustrofobico, è intenso e personale.
PERFUME DE VIOLETAS racconta una dura storia di Città' del Messico nel mondo giovanile dove la violenza pervade le strade e le scuole tra l'indifferenza della società.
Per quanto riguarda le opere prime, 25 WATTS racconta la abulica e squallida giornata di tre giovani di un quartiere di Montevideo, mentre il cubano NADA racconta in chiave brillante e ironica, con molto humour e originali invenzioni visive, il sogno di un’impiegata delle poste di ottenere un visto per gli Stati Uniti.
Premiati anche documentari da una giuria presieduta dallo scrittore Eduardo Galeano. 90 MILLAS (Stati Uniti) di Juan Carlo Zaldivar (l'eterno sogno-incubo delle famiglie separate di cubani tra le 90 miglia che separano Cuba dalla Florida), ONE DOLLAR (Spagna), di Hector Herrera (sguardo crudo sulla piaga della criminalità giovanile a Panama), ESTADIO NACIONAL (Cile), di Carmen Luz Parot (il dramma del tristemente famoso stadio di Santiago del Cile usato come grande carcere dal regime fascista di Pinochet), QUANDO LO PEQUEÑO SE HACE GRANDE (Puerto Rico), di Mariem Pérez Riera, sulla rivolta del popolo portoricano contro la base militare Usa di Vieques.
Per la sezione dei film sull'America Latina di autori non latinoamericani, sono stati premiati CAMINANTES dello spagnolo Fernando León (la marcia degli zapatisti verso la capitale messicana) e SACRIFICIO di Erik Gandini e Tarik Saleh, giovani cineasti della tv svedese. Ricordo che questo video è stato presentato a Milano dall’Associazione di Amicizia Italia-Cuba nell’ottobre scorso. SACRIFICIO riapre la ricerca su chi tradì Che Guevara nel 1967 in Bolivia. Premiati ancora TAXI PARA TRES (Cile) per la miglior sceneggiatura e segnalazioni speciali per i film cubani MIEL PARA OCHÚN di Humberto Solas e VIDEO DE FAMILIA di Humberto Padrón.
Sciorinata tutta la inevitabile e doverosa lista dei premi (questa sera, giovedì, grande serata finale di premiazione nella sala Charles Chaplin della Cineteca di Cuba) sono da rimarcare alcune caratteristiche fondamentali. La grande vitalità' delle cinematografie del continente latinoamericano che, pur tra evidenti problemi economici, propongono un rilevante numero di film con qualità tematiche e stilistiche (a contrasto, osservare certe cinematografie europee - non affondiamo il coltello nella piaga di casa - che sembrano davvero in cattiva salute).
L'importanza del Festival di La Habana, ignobilmente snobbato dalla stragrande maggioranza dell'informazione italiana. E' una forma di chiusura culturale davvero ‘provinciale’, ingiustificata e imperdonabile. Poiché abbiamo le città e le strade intasate di macchine e telefonini, chissà perché ci sentiamo ‘superiori’ in tutto, e invece in un grande appuntamento di cultura e di società come quello di La Habana (e qui c'è davvero buona parte del mondo) c'è molto da imparare anche per noi inguaribili eurocentrici.
A proposito di fenomeni strani e sconosciuti, da rilevare che a questo 23° Festival di La Habana sono stati battuti tutti i record di pubblico. I biglietti venduti sono stati circa ottocentomila e arriveranno a sfiorare il milione poiché con un'usanza tutta latinoamericana, caraibica e cubana è stato deciso che, anche se il Festival chiude ufficialmente giovedì 13, le proiezioni dei molti film premiati proseguiranno fuori programma per altri tre giorni fino a domenica 16 dicembre per soddisfare le richieste del grande, entusiasta, informato e colto pubblico cubano.
Se qualcuno mi trova un altro Festival del cinema al mondo (Cina e India escluse per ovvi motivi) che in 13 giorni sfiora il milione di presenze, offro non una ma un abbonamento di cene nei migliori paladares di La Habana.
MARZIO CASTAGNEDI