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Alcuni discorsi di Fidel Castro
1953 – Santiago de Cuba

Fidel

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All’alba del 26 di luglio, un pugno di ragazzi si lancia all’assalto della caserma Moncada. Armati di dignità e cubanità e di qualche schioppo per la caccia agli uccelli, si battono contro la dittatura di Fulgencio Batista e contro mezzo secolo di colonialismo camuffato da repubblica.

Alcuni, pochi, muoiono in combattimento, ma più di settanta sono finiti dall’esercito dopo una settimana di torture. I torturatori strappano gli occhi a Abel Santamaría e ad altri prigionieri.

Il capo della ribellione, catturato, pronuncia l’arringa della propria difesa. Fidel Castro ha la faccia di un uomo che dà tutto, che si dà tutto, senza chiedere niente in cambio. I giudici lo ascoltano, attoniti, senza perdere una parola, ma la sua parola non è per quelli baciati dagli dei: lui parla per quelli pisciati dal diavolo, e per loro, e in loro nome, spiega ciò che ha fatto.

Fidel rivendica l’antico diritto di ribellarsi al dispotismo:

- Quest’isola dovrà sprofondare in mare prima che acconsentiamo a essere schiavi di qualcuno…

Maestoso, scuote la testa come un albero. Accusa Batista e i suoi ufficiali, che hanno cambiato l’uniforme con il grembiule del macellaio. Ed espone il programma della rivoluzione. A cuba potrebbe esserci cibo e lavoro per tutti, e in abbondanza:

- No, questo non è inconcepibile…

da "MEMORIA DEL FUOCO" di Eduardo Galeano