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Hatuey e gli indiani di Cuba

Carlo Nobili *

Il cacique taíno Hatuey, originario della regione di Guahaba nell’isola di Hispaniola, all’arrivo degli Spagnoli, lasciata la sua isola, raggiunse Cuba e si stabilì nella regione orientale dove informò gli altri indiani degli orrori di cui era stato testimone nella sua terra. Gli indiani, decisi a lottare contro il nemico, si organizzarono sotto il suo comando e, sfruttando la conoscenza dei luoghi e la fitta vegetazione, tennero in scacco per lungo tempo l’esercito spagnolo comandato da Diego Velázquez de Cuellar, conquistatore e primo governatore dell’isola. Hatuey fu catturato circa tre mesi dopo, vicino alla città di Bayamo, e quindi condannato a morire al palo. Impietositosi, un frate spagnolo tentò di convertirlo al Cristianesimo e di battezzarlo. Il frate parlò all’indiano anche del Paradiso. Si dice che, dopo aver pensato a lungo, Hatuey chiese dove andassero le persone battezzate dopo la loro morte. Il frate rispose: "In Paradiso". Hatuey chiese se anche gli Spagnoli andassero in Paradiso dopo la loro morte. Alla risposta affermativa del frate, Hatuey affermò che preferiva andare all’Inferno invece che in Paradiso perché lì, perlomeno, non avrebbe incontrato Spagnoli.
La storia di Hatuey, considerato come il primo eroe nazionale cubano e simbolo della lotta per l’indipendenza (ma non bisogna dimenticare che oltre a quella di Hatuey, grande considerazione ha anche un’altra figura di fiero indiano, quella del cacicco Guamá, che nel 1528 capeggiò una feroce rivolta contro gli invasori spagnoli), è a tutto oggi molto viva nell’isola, in special modo a Baracoa, dove sorge un monumento a lui dedicato. Molto viva è la sua figura anche a Camagüey e in generale nelle province orientali di Cuba e molti sono ancora coloro che raggiungono in pellegrinaggio Yara, nei pressi di Bayamo, il luogo dove si dice il capo indiano fu arso vivo e dove egli si presenta tuttora sotto forma di luce (la famosa Luz de Yara, su cui vi è molta mitologia), per reclamare l’oro rubato dagli Spagnoli all’isola cubana.
I poeti cubani non hanno mancato di dedicare alla figura di questo coraggioso capo indiano composizioni poetiche; assai conosciuta è, per esempio, questa ode ad Hatuey e alla sua donna Guarina del celebre poeta popolare Juan Cristobal Nápoles Fajardo, detto El Cucalambé, cantor de la cubanía campesina: Con un cocuyo en la mano/y un gran tabaco en la boca,/un indio desde una roca/miraba el cielo cubano./La noche, el monte y el llano/con su negro manto viste,/del viento al ligero embiste/tiemblan del monte las brumas,/y susurran las yagrumas/mientras el suspira triste./Lleva en la frente un plumaje/morado como el cohombro,/y el arco que tiene al hombro/es un vastago de aicuaje./Aunque es un pobre salvaje/y angustia cruel lo sofoca,/desde aquella esbelta roca/donde gime sin consuelo,/los ojos fija en el cielo/y a Dios en su ayuda invoca./Oye el rumor de los vientos/en los atejes erguidos,/oye muy fuertes crujidos/de los cedros corpulentos:/oye los tristes acentos/del guabairo en el corojo,/y mientras su acerbo enojo/reprime con gran valor,/siente a sus pies el rumor/de las aguas del Cayojo./Un silbido se escapo/de sus labios al momento,/con pausado movimiento/una indiana aparecio./Cuando a la roca subio/el indio ante ella se inclina,/fue su frente peregrina/el iman de su embeleso,/oyose el rumor de un beso/y la dijo: Adios Guarina!/Oh! No, mi bien, no te vayas,/dijo ella entre mil congojas,/que tiemblo como las hojas/de las altas siguarayas./Si abandonas estas playas/si te separas de mi,/llorare angustiada aqui/cuando tu nombre recuerde/como el pitirre que pierde/su nido en el ponasi./Que sera de tu Guarina/sin tu amor, sin tu ternura?/Flor del guaco en la espesura,/palma triste en la colina,/garza herida por la espina/del yamaguey en la rama/y cual triste caguama/que a los esteros se zumba,/llorare y sera mi tumba,/La Cienaga de Virama./Oyo el indio enternecido/tan triste lamentacion,/palpito su corazon/y se sintio conmovido./Ahogo en su pecho un gemido/la viramesa infelice,/y el indio que la bendice/y mas que nunca la adora/las blancas perlas que llora/enjuga tierno y la dice:/Oh Guarina! Ya revive/mi provincia noble y bella,/y pisar no debe en ella/ningun infame caribe./Tu ardiente amor no me prive,/mi Guarina, de ir alla./Latiendo mi pecho esta/y mi sentido se inflama,/porque a su lado me llaman/los indios de Guajapa./Yo soy "Hatuey", indio libre/sobre tu tierra bendita,/como el caguayo que habita,/debajo del ajenjibre./Deja que de nuevo vibre/mi voz alla en mi batey/el dulce son de mi guamo/y acudan a mi reclamo/y sepan que aun vive Hatuey./Oh Guarina! Guerra,guerra!/Contra esa perversa raza/que hoy incendiar amenaza/mi fertil y virgen tierra,/en el llano y en la sierra/en los montes y sabanas,/esas huestes caribanas/sepan al quedar deshechas,/lo que valen nuestras flechas,/lo que son nuestras macanas./Tolera y sufre, bien mio,/de tu fortuna el azar,/pues tambien sufro al dejar/las riberas de tu rio./Siento dejar tu bohio,/silvestre flor de Virama,/y aunque mi pecho te ama,/tengo que ser, oh dolor!/Sordo a la voz del amor,/porque la patria me llama./Asi dice aquel valiente,/llora, suspira, se inclina,/y a su preciosa Guarina,/dio un beso en la tersa frente./Beso de amor, beso ardiente;/sublime, sonoro y blando,/y ella con otro pagando/de su amante la terneza/alzo la negra cabeza/y le dijo sollozando:/Vete, pues, noble cacique,/vete, valiente senor,/pues no quiero que mi amor/a tu patria perjudique;/mas deja que te suplique;/como humilde esclava ahora,/que si en vencer no demora/tu valor, aca te vuelvas,/porque en estas verdes selvas,/Guarina vive y te adora./Si volvere, indiana mia!/El indio le contesto,/y otro beso le imprimio/con dulce melancolia./De ella al punto se desvia,/marcha en busca de su grey,/y cedro, palma y jaguey/repiten en la colina,/el triste adios de Guarina/el dulce beso de Hatuey.
In una società fortemente stratificata e regolata da una precisa gerarchia sociale come era quella dei Taíno, la carica di cacique era ereditaria, con trasmissione per via matrilineare: l’erede era cioè il figlio maggiore della sorella del cacique in carica, anche se in alcuni casi la trasmissione avveniva direttamente da padre in figlio. Il cacique, consigliato dai nitaínos (i nobili) e dal behique (lo sciamano), decideva la politica generale del suo dominio ed esercitava la giustizia. I suoi poteri non si fermavano al solo aspetto politico del comando, egli era anche il punto di riferimento della vita religiosa del gruppo; ogni atto del cacique era dunque al tempo stesso politico e religioso. A lui erano riconosciuti attributi semi-divini e i suoi compiti erano anche quelli di controllare i raccolti e organizzare la distribuzione di cibo e beni. Organizzava gli areytos (le feste) e decideva quando andare in guerra. Considerato l’intermediario tra la popolazione e il mondo soprannaturale, il cacique si distingueva, così come i nitaínos, per l’abbigliamento decisamente più ricco rispetto a quello della gente comune (tessuti finemente lavorati, ornamenti plumarî, collane, pettorali, cinture e monili e amuleti in guanin, una lega di oro, rame e argento). Suo oggetto peculiare, oltre allo scettro e al pugnale in pietra, era il duho, il sedile ligneo cerimoniale intimamente connesso al suo prestigio e potere. I caciques possedevano inoltre gli zemi (immagini di divinità) più potenti e sovrintendevano alla loro adorazione. Attraverso la poligamia di cui godeva venivano a formarsi alleanze politiche con gli altri cacicazgos (caciccati).
Sottomessi e vittime delle brutalità della colonizzazione spagnola, della fame e delle malattie importate dagli Europei (vaiolo, morbillo, scarlattina, ecc.), maltrattati e sfruttati nelle encomiendas, i Taíno subirono uno choc iniziale che si manifestò in un rapido e brusco calo demografico. Se all’arrivo degli Europei l’isola di Hispaniola contava oltre un milione di individui, trenta anni dopo essi erano praticamente estinti, sopraffatti dalla "catastrofe" arrivata dal mare. I Taíno preferirono addirittura l’estinzione piuttosto che essere totalmente sottomessi. Affrettarono quindi il loro stesso destino, adottando il suicidio di massa e l’aborto come armi atte a fronteggiare e a riscattare un presente privo di riferimenti culturali conosciuti e di margini di azione che potessero permettere di comprendere e intervenire sulla realtà. Le donne dapprima si rifiutarono di generare figli e quindi, come gli uomini, finirono per impiccarsi agli alberi, non potendo sopravvivere, per il loro scarso numero e il basso sviluppo tecnologico, alla barbarie importata dall’Europa da conquistatori e colonizzatori.
Malgrado la loro precoce scomparsa, i Taíno sono ben presenti nella memoria storica cubana, in quanto viene riconosciuta loro, alla stessa stregua degli altri abitanti indigeni dell’isola, i Siboney e i Guanahatabeys (o Guanahacabibes), un’eredità culturale e un preciso ruolo nel processo di transculturazione del paese. Va ricordato, per esempio, che le figure (immagini e statuine) degli indiani e delle loro divinità hanno un loro spazio negli altari degli orichas della Santería e una iconografia piuttosto diffusa e manifesta in tutto il paese. Nella zona che va da Punta Maisí nella provincia di Guantánamo, sulla costa meridionale, e a Puerto Gíbara, sulla costa settentrionale dell’isola cubana – dove numerosi sono i caseríos (nuclei familiari di discendenza indiana) –, ma soprattutto a Caridad de los Indios, nei pressi del Municipio di Yateras – dove assai vasta è la comunità costituita da discendenti indocubani ben riconoscibili grazie ai caratteri somatici –, è possibile raccogliere ancora oggi testimonianze di letteratura orale indigena (miti, canti e leggende).
Gli indiani lasciarono altre impronte sull’isola: il loro bohío, la piccola capanna fatta di foglie di palma e di legno, si conservò come la caratteristica abitazione del contadino cubano; lasciarono un contributo anche in alcuni vocaboli come batey, definizione del gruppo di edifici attorno ad uno zuccherificio; huracan, definizione delle vorticose trombe di vento che spesso devastavano i raccolti cubani; hamaca, l’amaca, il letto più pratico per i tropici; canoa, l’imbarcazione più pratica, e guajiro, l’agricoltore dai poveri mezzi di sussistenza, così come erano la maggior parte di essi, che coltivava yucca, mais, avocado e patate dolci, tutti vegetali indigeni cubani. Lasciarono un contributo anche alla toponomastica, negli stessi nomi di "Cuba" ed "Havana" (la stessa parola che "savannah", che significa pianura priva di alberi); e nell’arte di coltivare il tabacco (anche tabaco era un vocabolo indiano).
Molto poco è invece rimasto sull’isola cubana della cultura materiale di questo popolo; musei dove si conservano e si espongono comunque loro oggetti sono a Cuba:
il Museo Antropológico Montané all’Avana: un magnifico esemplare di zemi in legno; uno zemi in diorite; un guayo in pietra per grattugiare la yuca (manioca); un vassoio cerimoniale ligneo; diverse asce in pietra (tra cui quella dell’uragano o di Guabancex, dea dell’acqua e della fertilità); vari recipienti in ceramica e amuleti in conchiglia; inalatori in osso per il rituale della cohoba;
il Museo de Armas, all’Avana, dove sono conservate ed esposte armi dell’epoca precolombiana;
il Museo La Periquera a Holguín: amuleti e statuine in osso e pietra;
il Museo del Sitio del Chorro de Maita, a Banes.
Altri musei presso i quali sono conservati ed esposti oggetti archeologici indigeni, non solo Taíno, sono il Museo de Guanabacoa, il Museo de Regla, il Museo del Castillo del Morro, il Museo Nacional de Historia Natural, il Museo de la Revolución e il Museo de la Ciudad de la Habana all’Avana; il Museo Provincial de Historia, a Pinar del Río; il Museo Provincial de Villa Clara, a Santa Clara; il Museo Histórico Pinero (o Museo Indocubano) a Nueva Gerona, nell’Isla de la Juventud; il Museo Provincial de Historia a Pinar del Río, con importanti sezioni sui primi insediamenti siboney; il Museo Provincial de Historia "Ignacio Agramonte" a Camagüey, con importanti sezioni riguardanti la preistoria dell’isola; il Museo Histórico Provincial a Cienfuegos, dove vi è un’interessante collezione di antichi strumenti indigeni; il Museo Histórico La Demajagua a La Demajagua, che conserva una collezione di oggetti ritrovati in scavi archeologici della zona; il Museo Histórico di Guantánamo, con alcune sezioni che documentano le origini precolombiane dell’isola; il Museo Municipal de Trinidad, a Sancti Spiritus; il Museo Provincial de Granma e il Museo Carlos Manuel de Céspedes, a Bayamo; il Museo Isabelica, a Santiago de Cuba. Istituti dove vi sono invece reperti antropologici e paleontologici indigeni sono il Museo de la Sociedad Espeleológica de Cuba, il Laboratorio de Antropologia de la Universidad de La Habana e il già citato, tutti all’Avana; il Grupo Espeleológico Guaniuanico e il Comité Espeleologico de Pinar del Río, a Pinar del Río.
Quello che segue è invece un elenco dei maggiori siti archeologici dell’isola cubana:
Cueva del Ají (conosciuta anche Ajíes o Los Ajíes), nella Sierra de Galeras (Barrio: Merceditas; Viñales; Provincia: Pinar del Río). Sito dei Guanahatabey;
Cueva Caliente, nella Valle de Pica Pica, a nord-ovest della Sierra de Sumidero (Barrio: Sumidero; Pinar del Río; Provincia: Pinar del Río);
Chica de Canilla, nella Falda Nord del Pan de Guajaibón, nella zona chiamata "El Quemado" (Barrio: Sagua; Consolación del Norte; Provincia: Pinar del Río). Sito dei Siboney;
Cueva de los Huesos, nella Falda Sud del Pan de Guajaibón (Barrio: Sagua; Consolación del Norte; Provincia: Pinar del Río). Sito dove sono stati ritrovati vari resti umani;
Cueva de los Huesos, nella Punta de la Sierra, Los Acosta, Sierra de los Organos (Barrio: Punta de la Sierra; Guane; Provincia: Pinar del Río). Sito dove sono stati ritrovati vari resti umani;
Cueva del Indio, situata nella Loma del Indio a N-NO del villaggio di San Diego (Barrio: San Diego de los Baños; Consolación del Sur; Provincia: Pinar del Río). Una delle testimonianze archeologiche più preziose dell’isola;
Cueva del Indio, situata nella Loma del Indio a N-NO del villaggio di San Diego (Barrio: San Diego de los Baños; Consolación del Sur; Provincia: Pinar del Río). Una delle testimonianze archeologiche più preziose dell’isola;
Cueva de los Muertos, nella parte nord del mogote della Sierra de San Vicente nella Provincia di Pinar del Río. Grotta dove sono stati ritrovati vari resti umani;
Cueva de la Pintura, a due km a nord di Cabo Francés (Barrio: La Grifa; Guane; Provincia: Pinar del Río). Sito dei Guanahatabey;
Cueva Playa del Rosario, a Playa del Rosario, Mariel, a Est dell’Arroyo Doña María (Barrio: Merceditas; Viñales; Provincia: Pinar del Río). Sito ricco in resti umani e conchiglie;
Cueva de José Miguel (Viñales; Provincia: Pinar del Río). Una delle testimonianze archeologiche più preziose dell’isola;
Cueva de Macurijes (Municipio de Guane; Provincia: Pianr del Río). Resti umani;
Cueva Cinco Cuevas, nella Sierra del Arzobispo, a Est del río Jaruco (Barrio: Santa Cruz del Norte; Santa Cruz del Norte; Provincia: La Habana);
Cueva de Cotilla, nella Loma de Cumbre Hermosa (Barrio: Cotilla; San José de las Lajas; Provincia: La Habana);
Cueva de los Huesos, nella Caleta de Carapachibey (Barrio: Punta del Este; Isla de la Juventud; Provincia: La Habana). Sito dei Siboney;
Cueva de Garay, al km 5 della strada che va da Bauta a Baracoa (Barrio: Baracoa; Bauta; Provincia: La Habana). Testimonianze di varia natura;
Cueva de Lamas, a 2 km a Sud-Est della Playa Santa Fe, sul lato est del río Santa Ana, in una piccola altura vicino alla strada che va a Matiel (Barrio: Cangrejeras; Bauta; Provincia: La Habana);
Cueva del Muerto, nella Finca Las Charcas (Barrio: Navío; Melena del Sur; Provincia: La Habana). Varie testimonianze, tra cui frammenti di crani umani;
Cueva no. 1 de Punta del Este (conosciuta anche come Cueva del Humo e Cueva de Isla), a Punta del Este, estremo Sud-orientale dell’Isla de la Juventud (Barrio: Punta del Este; Isla de la Juventud; Provincia: La Habana). Una delle testimonianze più preziose della archeologia indocubana (siboney in particolare);
Cueva no. 3 de Punta del Este, a Punta del Este, estremo Sud-orientale dell’Isla de la Juventud (Barrio: Punta del Este; Isla de la Juventud; Provincia: La Habana). Una delle testimonianze più preziose della archeologia indocubana (siboney in particolare);
Cueva de Tarará, nella zona di Tarará tra la Vía Blanca e le alture di Bacuranao (Barrio: Bacuranao; Guanabacoa; Provincia: La Habana). Sito dei Siboney;
Cueva del Vaho (conosciuta anche come Bao-Cueva de los Dos Pisos), vicino alla Vía Blanca (Barrio: Santa Cruz del Norte; Santa Cruz del Norte; Provincia: La Habana);
Cueva de Florencio (conosciuta anche come Cueva funeraria de Carbonera), a 1 km e mezzo dalla costa, davanti al villaggio di Carbonera (Barrio: Camarioca; Matanzas; Provincia: Matanzas). Sito dei Siboney (Aspetto Guayabo Blanco) dove sono stati ritrovati resti umani;
Cueva de Simpson (conosciuta anche come La Campana), nelle alture di Simpson (Barrio: San Luis; Matanzas; Provincia: Matanzas);
Cueva de Carlos Ayala, ai margini di una piccola altura conosciuta come La Popa, a Nord della città di Trinidad (Barrio: Tayaba; Trinidad; Provincia: Las Villas). Sito dei Guanahatabey;
Cueva del Chino, nella Loma del Chino, nel cayo Lucas, Bahía de Buena Vista (Barrio: Cabecera; Yaguajay; Provincia: Las Villas);
Cueva del Indio, sul margine di sinistra del Cayo Aguada, a Est di Caibarién, nella Bahía de Buena Vista (Barrio: Cabecera; Yaguajay; Provincia: Las Villas). Vi sono stati ritrovati un percussore e un pettorale sferico;
Cueva de los Niños, nella Falda nord del Cerro a Sud del Cayo Salinas, Bahía de Buena Vista (Barrio: Cabecera; Yaguajay; Provincia: Las Villas). Resti umani e lavori in conchiglia attribuibili ai Siboney (Aspetto Cayo Redondo);
Cerro de Tuabaguey (Camagüey; Provincia: Camagüey);
Caguanes (Camagüey, Provincia: Camagüey);
Cueva La Patana (conosciuta anche come Cueva del Agua e Cueva de las Cucarachas) (Barrio: Gran Tierra; Baracoa; Provincia: Oriente). Interessanti graffiti taíno;
Cueva las Cuatrocientas Rozas, a 1 km a Est-Sudest del villaggio di Banes (Barrio: Mulas; Banes; Provincia: Oriente);
Cañada Honda, Cuadro 261, Sitio No. 3 (Banes; Provincia: Oriente). Resti umani attribuibili alla cultura Sub-Taína;
Cueva de Seboruco, a 5 km a Sud-Sudest di Mayarí (Barrio: Guayabo; Mayarí; Provincia: Oriente). Uno dei siti più importanti della archeologia indocubana;
Sitio Levisa, Mayarí (Provincia: Oriente);
Cueva del Muerto, vicino a Santiago de Cuba (Santiago de Cuba, Provincia: Oriente). Testimonianze di un insediamento precolombiano;
Cueva de Hornos, vicino a Sancti Spíritus. Grotta naturale abitata dagli indigeni, dove sono stati fatti alcuni ritrovamenti paletnologici;
Cueva de la Ceiba (Barrio: Casilda; Trinidad; Provincia: Las Villas). Resti umani attribuibili alla cultura Sub-Taína.


* Carlo Nobili è antropologo americanista del Museo Nazionale Preistorico Etnografico "Luigi Pigorini" di Roma.