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Intervista di Franco Di Gaspare e Marco Papacci al Colonello Josè Galardy Alarcon membro dell’Unione degli Storici di Cuba e della Commissione Municipale di Storia del Partito Comunista Cubano di ContraMaestre a Santiago de Cuba. galardy1.jpg (15805 byte)

D: Colonello Galardy può dirci brevemente chi è Lei e di cosa si occupa oggi?

_R:Mi chiamo Josè Manuel Galardy Alarcon sono nato a Jiguanì nel 1933,attuale provincia di Granma nel sud dell'’ Isola. I miei genitori erano contadini e mio padre morì quando avevo quattro anni. Lasciò mia madre con cinque figli, per questo motivo ho vissuto la mia infanzia con molte difficoltà, spesso rasenti alla miseria. Chi ci insegnò a leggere e scrivere fu mio fratello maggiore
che aveva avuto la possibilità di frequentare la scuola. All’età di dieci anni facevo il lustrascarpe e vendevo bibite ai passeggeri degli autobus che passavano per il mio paese. A dodici anni mia madre riuscì ad affidarmi ad un contrattista delle costruzioni e così iniziai a lavorare come muratore. Dopo tre anni fui assunto come domestico nella casa di Federico Fernandez Casa che era proprietario dello zuccherificio America Libre. Dopo un paio d’anni tornai a fare il muratore.
La zona dove sono nato, nella provincia di Oriente, è stata difesa durante la tappa coloniale dagli indios taino. Nel 1898 quando i nordamericani intervennero a Cuba nella guerra ispano-americana, consegnarono 16mila ettari di terre ai monopoli americani, per esempio, zone come Palma Soriano, Holguin e Bayamo, le migliori terre finirono nelle loro mani.
Da Jiguanì la mia famiglia si trasferì a Contramaestre. Questo paese è stato fondato il 5 febbraio 1916 dal Presidente della Cuban Railroad Company, la compagnia che aveva il monopolio delle ferrovie a Cuba durante l’intervento americano nell’Isola.
Quando era in costruzione il ponte sul torrente Contramaestre, il personale della Compagnia si rese conto che gli operai che lavoravano alla costruzione erano riusciti a mettere da parte dei risparmi, chiaramente in dollari americani; la Compagnia per recuperare quei soldi si appropriò di 3,5 ettari di terreno e li rivendette agli operai facendoseli pagare in dollari e cosi fondarono questo paese. Non era difficile per un ragazzo dell’epoca rendersi conto che era doppiamente sfruttato, dai proprietari terrieri e delle industrie e anche dall’imperialismo nordamericano.
Avevamo una coscienza sociale molto avanzata, una generazione con una buona coscienza politica.
Non avevamo basi teoriche però avevamo la pratica dello sfruttamento da parte del sistema.

D: Come pensavate di combattere il sistema?

R: I compagni del Partito Socialista Popolare, che rappresentava il Partito Comunista, si avvicinarono spesso a noi, però il loro atteggiamento non era soddisfacente perché partecipava al gioco politico di quel periodo che il popolo di Cuba rifiutava. Noi volevamo un cambio radicale che non fosse la politica tradizionale a cui ci avevano abituati. Vedemmo un poco di luce nella figura di Eduardo Renè Chibas, che combatteva il terrorismo , i giochi politici, la delinquenza, gli assasinii di stato. Chibas affermava che bisognava spazzare via tutti i mali di quella società corrotta.
Per questo motivo iniziammo a simpatizzare con lui e a far parte della sezione giovanile del Partito Ortodosso. Alle prime elezioni del partito venni eletto segretario generale della gioventù ortodossa nel municipio di Jiguanì. Senza dubbio il partito ortodosso nel 1952 avrebbe vinto le elezioni presidenziali. Il governo americano aveva paura di Chibas e di quello che andava proponendo per risolvere i problemi della società cubana. Fu allora che imposero di nuovo Batista, che aveva già governato in passato, con un colpo di stato imponendo di fatto una dittatura.
Da quel momento, la gioventù decise che l’unica via possibile era quella di fare la guerra, la lotta armata per cacciare Batista, prendere il potere con una rivoluzione.
Nel 1953 grazie all’azione di Fidel Castro e dei suoi compagni capimmo quale era il cammino da seguire, con "La storia mi assolverà", il programma futuro della rivoluzione e la scintilla del nuovo processo rivoluzionario. Da quel momento credemmo a Fidel Castro e nella certezza ci unimmo alle forze ribelli nel 1957.
Feci parte della direzione del "Movimento 26 luglio" (M26/7) nella zona di Contramaestre e Jiguanì. Imparai ad usare la dinamite e partecipai alle attività per far conoscere al popolo l’esistenza del M 26/7 e che questo indeboliva con la lotta, la dittatura.
Diverse volte la direzione del movimento rifiutò la mia richiesta di salire sulla Sierra Maestra perche l’organizzazione della clandestinità aveva bisogno della mia presenza nelle città.
Organizzai il movimento nelle città sino al principio del 1958 quando gli organi repressivi della dittatura scoprirono il mio lavoro e quindi fui costretto a salire in montagna.
Mi unii al 3° Fronte comandato da Juan Almeida Bosque che mi suggerì di andare all’ Havana perché il movimento aveva bisogno di compagni capaci di organizzare la lotta clandestina nella capitale. Vi rimasi fino a luglio quando il comandante Josè Manuel Almejeira, mi inviò nella zona di Pinar del Rio per organizzare un fronte guerrigliero sotto il comando di Hermidio Calona Alonzo.
Feci parte di questa colonna e partecipai a varie battaglie fino al trionfo della Rivoluzione.
Rimasi nell’Esercito Ribelle dove frequentai vari corsi e venni preparato culturalmente. In commissione di servizio mi inviarono nel 1963 al Ministero degli Esteri dove venni nominato 3° segretario della missione di Cuba alle Nazioni Unite e il settore dove operavo era quello della decolonizzazione. Ho ricoperto questo incarico per cinque anni.
Nel 1983 per ordine del Comandante Fidel Castro il sottoscritto insieme ad altri 17 compagni fummo mandati in pensione con uno stipendio decoroso affinchè potessimo finalmente riposare; questo perché secondo il Comandante noi non avevamo potuto godere della nostra gioventù. Nel 1986 avevo 52 anni e per la vocazione che avevo nei confronti della Storia iniziai a fare delle ricerche storiche, pagandomi tutte le spese. Insieme ad altri compagni abbiamo scritto per due volte la versione storica della regione dove sono nato.
Ho portato a termine le ricerche sulla storia di molti dei compagni che sono stati in Bolivia con il Che, come ad esempio: Orlando Pantoja, Tania la guerrillera, Eliseo Reyes, Carlos Coello e Josè Maria Martinez Tamayo. Attualmente sto preparando un lavoro sull’origine dei Tainos, dal loro sviluppo fino al trionfo della Rivoluzione, perché ancora oggi i Tainos fanno parte del processo di transculturazione e sono parte della nazione cubana.

D: Come è nata l’idea di scrivere un libro sul guerrigliero Olo Pantoja? Cosa ha provato quando ha saputo che il suo amico faceva parte della missione internazionalista in Bolivia al fianco del Guerrigliero Eroico e che in quella missione vi incontrò la morte?

R: Nel XX° anniversario della battaglia del BANFAL, più avanti ti spiegherò cosa accadde, ero stato invitato alle tribuna delle autorità, nel municipio di Contramaestre, perché ero nativo di quei luoghi e avevo iniziato lì la lotta contro la dittatura di Batista. Il primo segretario del partito di questo municipio, mi propose di scrivere una biografia su OLO PANTOJA perché eravamo stati compagni in molte battaglie. Accettai questo incarico e mi misi alla ricerca di tutti i dati necessari per poter soddifare questa richiesta. Lavorai con OLO dopo il trionfo della rivoluzione, nelle FAR; ricevemmo la stessa preparazione militare, politica e culturale. Ti posso assicurare che tutti i cubani avevano un grande desiderio di compiere missioni internazionaliste sull’esempio di MAXIMO GOMEZ, un dominicano che venne a lottare a Cuba per liberarci dal giogo spagnolo. Noi cubani abbiamo sempre avuto questo debito con l’umanità. Quando OLO mi disse che sarebbe partito per una missione internazionalista, non mi disse dove, provai un po’ d’invidia, perché sapevo che questo per un rivoluzionario era un privilegio. Chiesi al mio comando di inviarmi a compiere una missione internazionalista ma mi risposero che la mia missione, (OLO lascia cuba nel 1963), era quella di andare negli Stati Uniti e che da lì avrei potuto aiutare i movimenti di liberazione. Quindi mi fecero capire l’importanza del mio futuro lavoro.

D:Colonello Galardy mi deve dire che cosa avvenne nella battaglia del BANFAL.

R: Quest’ultima era la Banca Agricola Industriale di Cuba struttura-trucco delle autorità economiche e governative del nostro paese; creata con il presupposto di aiutare i contadini, era in realtà uno strumento di sfruttamento di questi ultimi. La Banfal era proprietaria di alcuni magazzini per conservare il caffè, Batista li trasformò in caserme operative per arrestare la lotta della guerriglia nella zona più orientale della cordigliera della Sierra Maestra. In questa zona erano presenti tre compagnie ed un battaglione dell’esercito della tirannia. Nel dicembre del 1958 questi magazzini/caserme vennero attaccati dalle colonne guerrigliere n°1 e 3 comandate direttamente da Fidel Castro. Le forze ribelli ottennero una grande vittoria nonostante fossero in numero molte inferiore rispetto all’esercito.

D:Colonello Galardy in quale colonna guerrigliera ha combattuto? E’ vero che ha lottato al fianco del Comandante Juan Almeida Bosque? Può raccontarci qualcosa?

R: Feci parte del 3° Fronte Orientale sotto il diretto comando di Juan Almeida Bosque. La principale azione avvenne durante lo sciopero dell’aprile 1958. Ci sono molte cose di cui non si è mai parlato e scritto sulla lotta del 3° Fronte. Il M26/7 aveva fatto grande propaganda per uno sciopero e aveva riscontrato un grande appoggio da parte del popolo. Durante queste manifestazioni villaggi interi si spostarono verso la Sierra Maestra e molti di questi rimasero completamente svuotati.
Gli abitanti del villaggio di Baire si scagliarono contro la caserma dove era alloggiata una compagnia, vale a dire più di 100 uomini armati di tutto punto, gridando nei confronti dell’esercito ed invitandolo ad arrendersi. Quando i militari si resero conto che i manifestanti erano disarmati aprirono il fuoco provocando tre morti e molti feriti. A questo punto gli abitanti di Baire si ritirarono verso la Sierra Maestra e con le poche armi in loro possesso, prepararono un punto d’osservazione in un luogo conosciuto come il PLATANAL. L’esercito quando si rese conto che l’armamento in possesso dei contadini era nulla in confronto al proprio, li perseguitò, distrussero gli appostamenti e uccisero tredici giovani.
Juan Almeida si indignò con l’esercito e si arrabbiò con noi ribelli per quello che era successo.
Gli spiegammo che fu un’ atteggiamento spontaneo degli abitanti di Baire. Noi non avremmo mai permesso uno scontro tra civili disarmati e l’esercito. Ci costò molta fatica convincere gli abitanti di quei villaggi a ritornare nelle proprie case. Fortunatamente l’esercito non mise in pratica nessuna rappresaglia perché avrebbe dovuto sterminare interi villaggi.
Ci tenevo a raccontarti questo episodio per farti capire il valore e l’unità del popolo cubano già in quegli anni. Posteriormente ci fu un processo nei confronti di alcuni compagni per quella storia di ribellione. Io credo che se i militari si fossero arresi all’interno della caserma quei cittadini si sarebbero trasformati in eroi. Nessun compagno fu condannato, io fui inviato prima all’ Habana e poi nella Sierra de los Organos nella regione di Pinar del Rio.

D:Lei ha conosciuto il CHE e CAMILO,può raccontarci alcuni aneddoti?

R: Ho conosciuto il CHE nei primi giorni del trionfo della rivoluzione e fu precisamente OLO PANTOJA che mi invitò affinchè io potessi conoscere questo compagno straordinario. In quel periodo si trovava nella Cabaña. Il Comandante Guevara mi raccontò tutta una serie di cose relative al Fronte dove io avevo combattuto. Nella nostra zona di combattimento esistevano due aereoporti, il nostro compito era quello di evitare l’invio di truppe aviotrasportate verso Las Villas in modo da facilitare l’avanzata delle truppe del Che e di Camilo verso La Habana.
Senza ombra di dubbio il numero degli scontri e la grandezza dei combattimenti non si possono comparare con quelli del CHE nella zona di Santa Clara. Sia Lui che io pensavamo che la mia colonna avrebbe potuto fare molto di più. Questo servì come spunto al CHE per torturarmi, nel senso di prendermi in giro insistentemente. Mi accusava, sempre in modo scherzoso, di aver mangiato mucche invece di aver sostenuto combattimenti. A parte questi scherzi, ebbi una grande impressione di lui, un compagno con una preparazione politica-culturale non indifferente; i suoi occhi e il suo sguardo ti colpivano profondamente.
Lo incontrai di nuovo a Ciudad Libertad ,questa volta mi fece appena delle battute scherzose, e poi si riunì con OLO.
CAMILO l’ho conosciuto a Ciudad Libertad. Lavoravo nella direzione dei Servizi Segreti-G2- dello Stato Maggiore dell’Esercito e avevamo gli uffici nello stesso piano dove c’era l’ufficio del Comandante Cienfuegos. Una persona molto umana, non esigeva la disciplina militare, nel senso del saluto, aveva una forma di cameratismo incredibile.
Noi avevamo un compagno che aveva la fama di essere un gran mangione. Questo compagno andava sempre nell’ufficio di Camilo a scroccare del cibo nel frigorifero personale di quest’ultimo e senza autorizzazione alcuna vi prelevava varie cose. Un gionro Camilo lasciò attacato sul frigo un cartello con una scritta che diceva pressappoco così: proibito al sergente Pedro Llorca Mayor aprire questo frigo. Firmato Comandante Camilo Cienfuegos.
Questo piccolo aneddoto per farti capire che l’eroe Camilo, il capo dell’ Esercito, era capace di scherzare con i suoi uomini nonostante la fama, l’incarico e il grado che aveva.

D: Perche’ secondo lei a 33 anni dalla morte del CHE è così attuale il suo pensiero,le sue idee?

R: Bene, credo che la base del pensiero del CHE trae la sua origine, dalla fame, dalla miseria e dallo sfruttamento a cui noi tutti latinoamericani siamo stati sottoposti. E’ così attuale perché più dei 2/3 della popolazione mondiale vive sotto i livelli di povertà. Ti faccio il mio esempio, prima del ’59 vivevo in una casa di legno e foglie di palma, con pavimento di terra, 10 persone in quella casa un giorno mangiavano e non sapevamo se per il successivo ci sarebbe stato il cibo. Non avevamo diritti, potevamo essere assassinati in qualsiasi momento. Questa situazione che noi cubani abbiamo lasciato alle spalle con il trionfo della rivoluzione, la vivono i 2/3 del mondo. Questo è il motivo fondamentale dell’attualità del pensiero del CHE GUEVARA. Se il popolo cubano è stato capace di sconfiggere l’analfabetismo, la miseria, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, gli attacchi dell’imperialismo, altri popoli possono farlo seguendo gli esempi del Guerrigliero Eroico.

D: Lei ha recentemente scritto un libro su Tania la Guerrigliera.Che differenza c’è tra il suo testo e quello delle scrittrici Marta Rojas e Mirta R. Calderòn? Perché dopo tanti anni ha deciso di scriverre un libro su questa legendaria figura di combattente internazionalista?

R: Questo libro ha origine nella biografia di Orlando Pantoja. Quando inizio a scrivere la biografia di OLO, la tipografia che non aveva carta per colpa dell’embargo, decise solo di stampare la cronologia della vita di questo guerrigliero. I compagni del Ministero dell’Educazione che erano rimasti affascinati dal mio libro, propongono che questo testo venga adottato nelle scuole del 7°,8° e 9° grado. Dopo il successo avuto nelle scuole, la direzione della casa editrice decide che, a tutti i componenti della spedizione in Bolivia venisse dedicata o una cronologia o una biografia. Questo tipo di lavoro rientrava nell’ordine degli studi del Ministero dell’Educazione. E’ così che nasce l’idea di scrivere su Tania. Il libro che tu hai citato è un gran testo di carattere investigativo, molto buono. Anch’io l’ho utilizzato. Nel mio testo ci sono tutta una serie di elementi che sorgono durante la mia ricerca e che non sono contenuti nel testo di cui parlavamo prima.
Per esempio Tania era una grande giornalista. Pubblicò diversi articoli per una rivista della Federazione delle Donne Cubane. Articoli di un gran contenuto storico. Il Comitato di Difesa della Rivoluzione, cui lei apparteneva, ci ha fornito molti dati sulle attività da lei realizzate.
Credo sia molto utile riscoprire anche in Europa la figura di questa combattente internazionalista.

D: Più di 40 anni di embargo nordamericano non sono riusciti a piegare la Rivoluzione Cubana. Perché?

R: In parte ti ho risposto nelle domande precedenti. Il popolo di Cuba sa che gli Stati Uniti non hanno mai riconosciuto la belliggeranza dei patrioti cubani. Conosciamo la loro forte intenzione di appropriarsi dell’isola. Gli USA hanno sempre considerato Portorico e Cuba parte del territorio nordamericano. Hanno sempre amato la nostra terra ,il nostro territorio, ma non hanno mai digerito il carattere di noi cubani, ci hanno sempre odiato. Devi sapere che quando gli Stati Uniti intervennero nella guerra ispano-cubana-americana, esisteva un ordine del Segretario di Stato USA dell’epoca, dove si evidenziava la volontà di distruggere e indebolire l’esercito mambì attraverso una guerra fratricida affinchè fossero gli stessi cubani ad autosterminarsi.
Conosciamo bene il capitalismo, l’abbiamo vissuto sotto la tirannia di Batista. Il nostro popolo orgoglioso e forte che tu conosci ha paura di questo sistema e di tutti i problemi connessi.
L’esempio lampante di questo, lo abbiamo nel continente latinoamericano che ci circonda; Santo Domingo, Haiti, Nicaragua, Brasile, Argentina e Cile con i loro immensi problemi che vanno dall’alto tasso di analfabetismo alla miseria, passando per la disoccupazione, la prostituzione, il narcotraffico, la violenza sui minori, gli assassinii per le strade e la mancanza di sicurezza sociale. Tutta una serie di cose di cui fortunatamente la nostra società fà volentieri a meno.
Abbiamo superato il tremendo impatto della scomparsa dei paesi dell’est e il rafforzamento del blocco e nonostante tutto siamo cresciuti economicamente. Già non possono sconfiggerci per fame e miseria. Abbiamo dimostrato una tremenda capacità di resistenza, di coscienza sociale.
La lotta del nostro popolo è la lotta di milioni di diseredati e non smetteremo di lottare sino a quando non sconfiggeremo l’imperialismo. Desidero sottolineare una cosa, abbiamo potuto resistere anche grazie all’appoggio del movimento internazionale di solidarietà che ha sempre creduto nella Rivoluzione Cubana.

D: Qual è l’argomento trattato nel suo libro "ALERTA EN EL AEROPUERTO " ?

R: Dal 1959 fino al 1961 sono stato il responsabile della sicurezza dell’ aereoporto Rancho Boyeros.
Narro gli episodi più rilevanti accaduti nell’aeroporto avanero. Tutto il territorio cubano, isolotti compresi fu oggetto di aggressione da parte dell’imperialismo USA, e come naturale l’aeroporto capitalino era un obiettivo primario. In questi due anni, sequestrarono 11 aerei, assassinarono 4 nostri compagni e 3 rimasero feriti gravemente. Eravamo soggetti a sabotaggi continui. Nel libro racconto gli episodi eroici dei lavoratori aeroportuali e di semplici cittadini. Narro di come la rivoluzione nazionalizzò la compagnia cubana di volo, che era una filiale della Pan American Airwais e di come difendemmo l’aeroporto durante l’attacco mercenario di Playa Giròn.

D: Cosa pensa della condanna di Cuba sui Diritti Umani?

R: E’ un fatto reale che gli Stati Uniti utilizzano il tema dei Diritti Umani per aggredire qualsiasi paese del mondo, non solamente Cuba. Proprio per quello che noi rappresentiamo, per l’esempio che diamo, siamo soggetti a questa condanna manipolata crudelmente e stupidamente dagli USA.
Comprano o minacciano delegati di paesi senza orgoglio per fargli approvare risoluzioni contro quegli Stati che non rientrano nei canoni politici espressi dal loro modo di vedere il mondo.
Nel Kossovo, il pretesto maggiore fu la violazione dei Diritti Umani con la conseguente condanna a Ginevra e poi a New York nel Consiglio di Sicurezza, dando cosi inizio il genocidio della popolazione yugoslava. Il loro sordido tentativo è quello di montare una campagna internazionale contro la nostra isola cercando consensi tra i loro servili alleati e presentarsi al Consiglio di Sicurezza cercando il pretesto per un’azione a cui daranno un nome risonante e quindi inviare le loro forze armate. Il nostro governo ha smascherato queste sporche manovre davanti all’opinione pubbica mondiale e con l’appoggio solidale delle forze progressiste del mondo evita l’utilizzo di questi pretesti per aggredirci. L’imperialismo, che non sta passando momenti felici ,si comporta come un animale ferito e commette delle cose atroci. L’esempio dell’Iraq e poi del Kossovo lo hanno dimostrato.

D: E sul caso di Elian?

R: I paladini della difesa dei Diritti Umani non hanno mosso un dito per il caso del bambino. Si sono fatti condizionare dalla lobby mafiosa di Miami. Il governo invisibile, di destra, quello che in passato ha assassinato i Kennedy ed alcuni anni fa ha fatto esplodere un palazzo ad Oklaoma City, spingeva affinchè si arrivasse ad uno scontro tra i governi di Cuba e quello degli Stati Uniti. Hanno tentato in tutti i modi di ostacolare il ritorno in patria del piccolo. Perfino a Ginevra hanno tentato di manipolare il caso di Elian, consegnando un documento ad un giudice dove si affermava che non si può consegnare un bambino ad un paese dove vengono violati i Diritti Umani. Avrebbero fatto qualsiasi cosa per farci condannare. Il ruolo economico della comunità di destra di Miami influisce molto sulle campagne elettorali, ma non solo su queste. La legge di Ajuste Cubano che è quella che ha dato origine al caso di Elian, oltre ad essere in contrasto con il diritto internazionale è un lucroso affare. I trafficanti di esseri umani per un viaggio da Cuba alla Florida chiedono dai 5mila ai 7mila dollari a persona. Utilizzano dei potenti motoscafi che possono portare fino a 20 persone per volta, neri, bianchi ma fondamentalmente delinquenti. Chi lascia l’isola con questo sistema è semplicemente un antisociale. Il governo statunitense ha degli accordi migratori con Cuba che prevedono il rilascio di 20mila visti ogni anno a cittadini cubani che ne fanno regolare richiesta. Però com’è naturale l’Ufficio di Interessi non rilascia visti ai delinquenti.
Immagina che esiste una voce nel bilancio della camera dei Rappresentanti del Governo USA che dice che bisogna spendere non meno di 2 milioni di dollari l’anno per aiutare la dissidenza cubana, composta da questi personaggi di cui ti stavo parlando. Non lasciano Cuba per motivi politici, o perché sono perseguitati, bensì per motivi economici o perché dall’altra parte dello stretto della Florida ci sono determinate cose che nel nostro paese sono represse, come la prostituzione, lo spaccio di droga. Non è vero che tutta la comunità cubana di Miami è contro Fidel Castro. Lo si è visto benissimo, quando sono scesi in piazza per il caso di Elian, appoggiati dalla Fondazione Cubano Americana, erano poche migliaia.
Non mi soffermo sulle manifestazioni che abbiamo organizzato noi per il ritorno a Cuba di Elian perché il mondo intero a potuto vedere la volontà e la forza di un popolo che esige il rispetto più naturale di questo mondo, la patria podestà.

Grazie molto Colonello Galardy per la sua disponibilità, grazie a nome dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba.