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I medici mettono in guardia contro le bibite a base di cola
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settembre 1999
- Il consumo di bevande a base di cola stimola la decalcificazione nell’organismo, avvertono i medici e un’associazione di protezione dei consumatori del Messico, che hanno preso di mira le transnazionali Coca-Cola e Pepsico.
Articoli di stampa, interviste alla radio, conferenze, convegni e corsi sono gli strumenti usati dai medici per mettere in guardia contro i rischi di un forte consumo della famosa bibita, che in Messico è di 160 litri all’anno per abitante e ciò, secondo i dati della privata Associazione Messicana di Studi per la Difesa del Consumatore (Amedec), rappresenta per le transnazionali vendite annuali per 11.800 milioni di dollari.
Il consumo di bibite in Messico "costituisce la più seria distorsione delle nostre abitudini alimentari", poiché, oltre a "portare all’ingestione di calorie vuote, cioè con zero proteine, vitamine e minerali, a lungo andare provoca perdita di appetito e malnutrizione", ha sottolineato l’Amedec.
Le grandi imprese del settore "spendono all’anno in pubblicità circa 500 milioni di dollari, con cui inducono i messicani a ridurre il consumo di alimenti nutritivi come il latte, che costa il 35 % di meno di una bottiglia di qualsiasi bibita gassata", ha informato l’Amedec.
Per invertire "la tendenza così radicata tra i messicani di consumare in modo smisurato bibite a base di cola, la cosa più conveniente è di proibire ai nostri pazienti, senza alcuna deroga, di ingerire questi prodotti", ha detto a IPS Claudio Argote, uno dei medici che esorta a diminuire il loro consumo.
Ha dichiarato che, a seguito di una revisione minuziosa della bibliografia esistente su questo tema e del lavoro con decine di pazienti, i medici perseguono il duplice obbiettivo di orientare la popolazione su un’alimentazione adeguata e sui "nefasti effetti del bere bibite alla cola".
Tuttavia, solo di recente la loro lotta ha cominciato ad avere una divulgazione adeguata, ha aggiunto Argote, vicepresidente del Collegio Medico dei Chirurghi di La Laguna, con sede nella città di Torreón, nello stato settentrionale Coahuila.
Gli studi esistenti avvalorano l’ipotesi che il consumo di dette bevande favorisce l’incidenza di fratture e la diminuzione della mineralizzazione ossea. Tutte contengono sostanze nocive all’organismo, ma "la caffeina e i fosfati fanno diventare le bibite alla cola particolarmente dannose".
La caffeina, oltre a "creare dipendenza, colpisce la pressione arteriosa, fa aumentare la frequenza cardiaca e provoca una stimolazione cerebrale", ha detto il professionista.
La combinazione di zucchero raffinato e fruttosio con l’acido fosforico altera l’equilibrio di calcio e fosforo, arrivando perfino a impedire l’assorbimento del ferro nell’organismo, ha rilevato Argote. Allo stesso modo, "l’ingestione smisurata di acido fosforico impedisce l’assorbimento del calcio".
Questa "è una temibile minaccia per lo sviluppo delle ossa dei bambini e dei giovani e aumenta i rischi per le donne di contrarre l’osteoporosi", ha aggiunto.
Le filiali messicane di Coca Cola e Pepsico, consultate da IPS, si sono astenute dal commentare le affermazioni dei medici e di Amedec sul prodotto.
D’altra parte, ha indicato che coloranti quali l’E-150, che conferiscono il caratteristico colore delle bibite alla cola "sono stati messi in rapporto con deficienze di vitamina B-6, iperattività e basso livello di glucosio nel sangue".

Esposizione su venti secoli di cultura Maya
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agosto 1999 - Più di venti secoli di cultura Maya sono esposti al pubblico nella capitale messicana, rappresentati da oltre cinquecento opere create, prima dell'arrivo degli europei in America, dagli indigeni di Messico, Guatemala, El Salvador, Honduras, Costa Rica e Belize.
La mostra, la più grande che sia mai stata allestita sulle attività preispaniche nel continente, è stata inaugurata nel Collegio di San Idelfonso, dove rimarrà fino al 31 dicembre.
Il presidente Ernesto Zedillo ha rivolto un invito affinché sia visitata con uno sguardo di orgoglio per il passato e di speranza per il futuro. "E' una riaffermazione della nostra identità, unità e fiducia nel Messico", ha sottolineato.
La civiltà Maya è da ammirare per molte ragioni. Anche se era formata da varie etnie con diversi idiomi, abitudini e modi di relazionarsi con l'ambiente circostante, ha avuto in comune la forma di organizzazione sociale, economica e politica, così come espressioni artistiche, conoscenze scientifiche e abitudini religiose.
I Maya hanno creato il sistema di scrittura più avanzato d'America, combinando segni fonetici e ideogrammi, e possedevano un'elegante architettura in pietra, così pure due calendari, uno solare di 365 giorni e un altro rituale di 260 giorni, che combinavano per formare cicli di 52 anni.
Così come hanno trattato di scienza, i Maya hanno prodotto arte sotto l'influsso della religione e della politica. Per la curatrice dell'esposizione, Mercedes de la Garza, non esistono elementi che permettano di supporre che avessero un concetto di arte e che il loro obiettivo fosse solo la ricerca della bellezza. I lineamenti dei volti e delle mani delle loro sculture racchiudono un significato ancora da decifrare.
Per circa 3.400 anni, questo popolo ha vissuto negli stati messicani dello Yucatan, Campeche e Quintana Roo e nelle zone di Tabasco e del Chiapas, così pure nell'occidente dell'Honduras, nel Salvador e in tutto il territorio del Guatemala e del Belize. Circa 400.000 Kmq. in totale.
Costruì grandi città nel mezzo della foresta, come Palenque, Tikal e Copan, e lasciò un’inestimabile testimonianza di storia scritta su pietre incise.
La mostra comprende opere inviate dai musei di questi paesi, tra le quali vi sono due teste di stucco della tomba di Pacal, a Palenque, nel Chiapas, una lapide di Chichen Itza, nello Yucatan, e un altare di Copan, nell'Honduras, tra le altre.
Copan è stata ai suoi tempi una delle più importanti città del mondo maya, per la sua ricchezza culturale. Secondo l'antropologo statunitense William Fash, lì sono nate le espressioni più complesse di questa civiltà.
"Dagli anni '70 abbiamo trovato una serie di costruzioni con una notevole ricchezza geroglifica". L'esperto ha precisato in una conferenza impartita, come parte delle attività collaterali dell'esposizione, che nella costruzione dell'edificio del gioco della palla si trovano resti di almeno 16 figure di diversa grandezza che rappresentano la Guacamaya Real, che nella mitologia di Copan è il dio Sole, divinità centrale della vita del popolo.
Il presidente Zedillo ha rimarcato che questa esposizione fa parte delle attività con le quali i messicani celebreranno la fine del secolo XX e l'inizio del secolo XXI.
Non significa pertanto dare semplicemente un'occhiata al passato, perché andare verso le radici culturali e storiche di un popolo significa camminare con passo sicuro nella direzione del futuro.

Rifiuto delle accuse di petrolieri statunitensi
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luglio 1999 - Un gruppo di produttori indipendenti di petrolio degli Stati Uniti hanno presentato una domanda contro il Messico per una supposta "pratica sleale" nella vendita dell'idrocarburo, fatto che le autorità messicane hanno qualificato ridicolo e hanno avvisato che potrebbe danneggiare le relazioni commerciali e politiche con Washington.
Il gruppo 'Committee to Save Domestic Oil', composto da 12 aziende statunitensi, ha portato la querela il 29 giugno alla Commissione per il Commercio Internazionale e al Dipartimento di Commercio degli Stati Uniti contro l'Arabia Saudita, il Venezuela e il Messico, tre dei maggiori esportatori di greggio del mondo.
Queste tre nazioni hanno intrapreso iniziative per ridurre l'offerta mondiale del combustibile, fatto che ha contribuito a far aumentare i prezzi negli ultimi mesi. Oggi il barile di petrolio si colloca a circa 16 centesimi, 5 in più dell'inizio di quest'anno.
Però i querelanti aggiungono che queste nazioni vendono il prodotto a prezzi inferiori ai costi di produzione.
L'accusa non ha molto senso, dato che nel caso del Messico lo sfruttamento, la produzione e la commercializzazione sono dell'impresa statale Pemex e questo ente "non può autofinanziarsi vendendo sottocosto all'estero", ha segnalato all'agenzia IPS il Segretario per l'Energia, Luis Tellez.
Un altro degli argomenti con cui il Ministro ha ribattuto l'accusa si basa sul fatto che il suo paese deve allinearsi ai prezzi internazionali, in quanto il petrolio è un prodotto regolato dal commercio mondiale.
La Pemex realizza le sue vendite agli Stati Uniti - suo mercato naturale - secondo queste norme e rispettando gli accordi del Trattato di Libero Commercio dell'America del Nord. In questo modo oltre il 70 % delle esportazioni di greggio messicano finiscono alla nazione del nord, fatto che significa circa 1.1 milioni di barili al giorno.
"Il Messico seguirà tutti i canali legali e non permetterà la calunnia né avrà alcun accordo extralegale", ha assicurato Tellez.
I querelanti chiedono che venga stabilita un'imposta per dumping del 33.7 % sul petrolio messicano. Se la petizione verrà accolta, questo implicherà inevitabilmente un serio danno per l'economia di questo paese, in quanto le vendite dell'idrocarburo finanziano più del 30 % del bilancio dello Stato.
Secondo quanto indicato da funzionari della Pemex, le autorità commerciali degli Stati Uniti hanno 20 giorni per pronunciarsi se dar corso o meno alla richiesta.

Polemica legge sul patrimonio culturale
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luglio 1999 - Dalle piramidi maya come quella arcifamosa di Chichen Itza fino alle pitture di Diego Rivera e di Frida Kahlo, sono innumerevoli i meravigliosi monumenti, zone e beni archeologici, storici e artistici, che il Messico possiede.
Con l'avallo di tutti i partiti politici è stato presentato al Senato un progetto di legge su questo patrimonio, che ha scatenato forti critiche, comprese marce di protesta e incandescenti articoli di stampa. Archeologi, studenti e personalità di diversi settori sociali lo considerano promotore della privatizzazione e del saccheggio.
Secondo l'agenzia di notizie DPA, il nuovo progetto concede diritti a stati e a comuni per proteggere e amministrare i beni patrimoniali, promuove l'iniziativa privata e il collezionismo e riforma l'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH) che è stato finora il principale ente incaricato della preservazione di questi valori. Al suo posto, verrebbe creato, sotto l'egida della Segreteria dell'Educazione Pubblica, un nuovo organismo decentralizzato che raggrupperebbe altre istanze interessate al tema.
Uno dei punti più polemici è quello relativo alla concessione dell'uso e della fornitura di beni a istituzioni e a persone fisiche e morali. "Non è difficile immaginare quello che potrebbe succedere se qualche corporazione, per esempio la Coca Cola, con un ampio appoggio economico, fosse autorizzata a utilizzare, disporre e custodire, per esempio, le rovine del Monte Albán", ha messo in guardia l'analista Gilberto López Rivas.
I lavoratori dell'INAH, organizzati nel Fronte Nazionale per la Difesa del Patrimonio Culturale, hanno annunciato che realizzeranno nelle prossime settimane, altre massicce marce per le vie centrali della capitale per chiedere la deroga del progetto che, a loro giudizio, pretende "di concentrare la ricchezza culturale in poche mani", ignora "gli interessi delle popolazioni indigene" e lascia "nelle mani dei politici quello che spetta agli specialisti". Le discussioni sono arrivate persino al Senato, dove fino a poco tempo fa vi era consenso. Anche se all'inizio il Partito della Rivoluzione Democratica (PRD) approvava la futura legge, adesso la contrasta, perché "non solo avallerebbe il risvolto privato dei collezionisti, ma anche la compravendita", ha dichiarato il senatore di questa organizzazione, Carlos Payán.
Con tutta questa polemica, che le autorità culturali del paese affermano debba prolungarsi, sembra improbabile per ora che la nuova legge venga approvata prima della fine dell'anno.
In ogni caso il dibattito risulta interessante, soprattutto perché si tratta di un tema molto vincolato alla identità messicana.

Luce sul misterioso tramonto dei Maya
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maggio 1999 - Alcuni aspetti della storia di una delle più importanti culture indigene della nostra America, la cultura Maya, potrebbero essere modificati da un recente ritrovamento archeologico avvenuto nella antica città messicana di Palenque.
Secondo l’agenzia IPS, un altare ritrovato dimostra che i Maya arrivarono in questa zona del meridionale stato del Chiapas 200 anni prima di quanto si era finora creduto. Sono state anche ritrovate iscrizioni che menzionano governanti di Palenque finora sconosciuti, cosa che potrebbe far luce sul mistero della sua sparizione.
Studiosi dell’Istituto Nazionale di Antropologia assicurano che si tratta dei ritrovamenti relativi al mondo maya più importanti dal 1949.
Questa civiltà si estese nei territori delle attuali repubbliche del Messico - negli stati dello Yucatán, Campeche, Quintana Roo, Tabasco e parte del Chiapas - del Guatemala e del Belize e di parte dell’Honduras e di El Salvador, in un territorio che comprendeva circa 400.000 km2 più dei due terzi del territorio che occupa tutta la Spagna.
Molteplici sono le creazioni che testimoniano il loro talento. Ancora oggi le loro conoscenze matematiche destano meraviglia: parecchi secoli prima che gli indiani elaborassero il sistema decimale e il concetto dello zero e che questi passassero in occidente, i Maya già li utilizzavano; se nel calendario moderno c’è un margine di errore di tre giorni ogni 10.000 anni, nel calendario solare dei Maya, di 365 giorni, il margine è di sole due giornate. Ugualmente ammirevoli sono il sistema di scrittura geroglifica, supportato da una preziosa ricchezza di informazioni, così come una magistrale architettura che ha permesso la costruzione di edifici allineati agli astri in città che, inspiegabilmente, furono poi abbandonate.
La fine di questo popolo continua a essere misteriosa, benché alcuni studiosi affermino che solo una profonda decadenza politica avrebbe potuto distruggerlo; altri la attribuiscono a guerre per il potere tra i diversi gruppi che l’avevano creato e non manca chi pensa che siano stati distrutti da forze esterne.
Le sole zone maya del Messico sono annualmente visitate da 600.000 persone che ammirano le decine di centri cerimoniali e le città che ancora si ergono nella selva tropicale, testimonianze della grandezza e dello splendore di una civiltà i cui discendenti costituiscono oggi uno dei gruppi sociali più poveri del Centroamerica e del Messico.

Morti premeditate alla frontiera con gli U.S.A.
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marzo 1999 - Il rafforzamento della vigilanza alla frontiera tra il Messico e la California contro gli immigrati è risultato inutilmente mortale, poiché non è riuscito a impedire né a ridurre il flusso delle persone che cercano di passare senza documenti, principalmente in cerca di lavoro.
La stessa Pattuglia Frontaliera statunitense riconosce che per eludere questa strategia, le persone senza documenti cercano tratti nei quali i giorni sono infuocati e di notte si congela. Così più di 360 sono morti in deserti, montagne e canali di irrigazione, le nuove vie dell’immigrazione.
Una denuncia in proposito dell’Unione Nazionale delle Libertà Civili degli U.S.A. (ACLU) evidenzia che questo risultato era stato pianificato dalle autorità. Il documento comprende dichiarazioni di un capo della Pattuglia che non ha bisogno di commenti: "Vorremmo vederli tutti nel deserto, in luoghi desolati dove li prendiamo".
Non meno raggelanti sono state le parole dell’ex-procuratore di San Diego, Alan Bersin, quando ha detto davanti al Congresso nel 1997 che la strategia consisteva nell’ "alterare drammaticamente l’abitudine degli immigrati per costringerli a passare per zone molto più inospitali".
Bersin sapeva che in estate nessuno può portare acqua sufficiente per passare l’area desertica di 150 chilometri della contea Imperial dal Messico.
La ACLU denuncia anche che gli agenti hanno sottoposto i detenuti ad "abuso sessuale, razzista, li hanno colpiti con bastoni, randelli, pugni e calci, hanno rifiutato di dar loro da mangiare, da bere e di alloggiarli o di farli curare se erano malati o feriti".
Questo è il modo con cui gli U.S.A. curano le loro frontiere e praticano i diritti umani

Sottoposto un’altra volta al giudizio di Washington
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febbraio 1999 - Tutti gli anni gli Stati Uniti finiscono per imporre al Messico il processo di certificazione antidroga, nonostante il rifiuto del Governo messicano di questo modo unilaterale di procedere.
Abitualmente, alcune settimane prime dell’annuncio della certificazione, programmata per i primi giorni di marzo, gli Stati Uniti cominciano a preparare il terreno: per una straordinaria coincidenza in Messico viene arrestato qualche capo della droga, mentre dalla parte statunitense si ascoltano voci di censura contro questo Paese. Alla fine Washington impone sempre il suo verdetto.
Dal 1996, la nazione con il maggior consumo del mondo di stupefacenti - la sua popolazione spende ogni anno circa 100 miliardi di dollari in droghe - sottopone diversi Paesi a una valutazione che può sboccare nella certificazione piena, nella certificazione per interesse nazionale o nella "decertificazione". Quest’ultima "qualifica" priva di aiuti finanziari il Paese valutato.
Alla vigilia della visita che Clinton sta per effettuare a Mérida, l’ambasciatore statunitense Jeffrey Dadidow affermava che il Presidente non avrebbe parlato della "valutazione" di Washington con il suo omologo messicano, ma ha sostenuto che il tema del traffico di droga sarebbe stato sicuramente trattato. I partiti messicani di opposizione affermano che se ci fossero stati dubbi sulla certificazione, non sarebbe stato effettuato il viaggio.
Tuttavia, Clinton dovrà decidere al più tardi il 1° marzo la polemica "approvazione", dopo aver ricevuto le raccomandazioni della Segretaria di Stato Madeleine Albright, con la quale nei giorni scorsi si è incontrata una delegazione messicana ad alto livello capeggiata dal Ministro dell’Interno, Francisco Labastida.
"E’ risultato chiaro che il Messico sta facendo uno sforzo straordinario, il più grande della sua storia, per combattere la criminalità e lottare contro il narcotraffico" ha detto Labastida al termine dell’incontro.
Ma questo sembra importare assai poco a Washington. Il portavoce del Dipartimento di Stato, James Rubin, non ha usato mezzi termini nel dichiarare che "ciò che si valuta nella certificazione è se stanno cooperando, non se hanno avuto risultati".
Malgrado il quotidiano The Washington Post abbia pubblicato recentemente che il Congresso degli Stati Uniti cercherà ancora una volta di annullare la probabile certificazione del Messico da parte della Casa Bianca con la motivazione di una sua insufficiente cooperazione, Rubin ha respinto quelle considerazioni e ha riconosciuto che le autorità messicane "stanno cooperando molto strettamente".
Il governo di Ernesto Zedillo si rifiuta di consegnare alla giustizia statunitense cinque impiegati di banca implicati in operazioni di riciclaggio di denaro proveniente da operazioni di narcotraffico, scoperti con l’operazione Casablanca, un’indagine segreta effettuata dagli Stati Uniti in Messico e in Venezuela senza consultarsi con le autorità di questi Paesi.
"L’Operazione Casablanca ha violato accodi bilaterali di cooperazione antidroga" ha detto il procuratore generale messicano, Jorge Madrazo, che ha aggiunto che se il rifiuto di consegnare gli accusati produrrà delle conseguenze sulla certificazione "il problema sarà degli Stati Uniti, dato che il Messico è sempre stato contro questo processo".
Qualunque sia la decisione finale, implicherà una volta di più che Washington si arroghi il diritto di approvare o no ciò che succede al di là delle sue frontiere e della sua sovranità.

Guerra di bassa intensità alla frontiera
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gennaio 1999 - Uno studio dell’Università nordamericana di Huston e di quella messicana di Monterrey qualifica come "guerra di bassa intensità" le operazioni che intrattengono le forze combinate del Servizio di Immigrazione e Naturalizzazione, la Guardia di Frontiera, la polizia e anche effettivi militari nordamericani, alla frontiera - di 3.200 chilometri - con il Messico.
Il documento accademico avverte che attraversare la frontiera illegalmente è diventata un’avventura estremamente pericolosa. Tale considerazione è avvallata da un rapporto della stessa Cancelleria messicana nel quale si afferma che l’anno scorso sono morte circa 300 persone in questo tentativo e che quasi un centinaio sono state uccise, ferite o picchiate dalla Guardia di Frontiera.
Organizzazioni non governative hanno denunciato in questo senso i continui abusi di autorità della Guardia di Frontiera contro gli arrestati privi di documenti, i quali, per di più, vengono maltrattati e ingannati dai propri trafficanti che li pigiano in vagoni ferroviari, in camion o in furgoni da trasporto e li trasportano attraverso zone desertiche.
Nel 1991 gli Stati Uniti hanno iniziato la costruzione sulla frontiera di un muro di lamine d’acciaio, nei punti cosiddetti caldi - che il New York Times ha definito impenetrabili - hanno aumentato il numero di barriere alte 3.5 metri, resistenti agli spari, ai martellamenti o agli urti delle macchine, e hanno incrementato notevolmente il numero degli agenti, equipaggiati con sofisticati strumenti per la rivelazione e la visione notturna.

Il Supertaco
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novembre 1998 - L'anno prossimo i messicani, ogni volta che mangeranno la loro tradizionale frittella (taco) - un alimento preispanico elaborato a base di mais - ingeriranno un cocktail di vitamine. Adesso, preparati in laboratorio, diventeranno 'Supertacos' contro la denutrizione.
Studi ufficiali indicano che un'alimentazione carente uccide 30.000 bambini ogni anno e ne condanna altri sette milioni a una vita breve e con una marcata inferiorità fisica e mentale. Inoltre il 10 % degli abitanti soffre di anemia e il 75 % degli indigeni è denutrito.
La situazione dovrà cambiare a partire da marzo 1999, secondo l'accordo raggiunto tra il governo del presidente Ernesto Zedillo e gli industriali che producono il popolare alimento. L'accordo prevede l'aggiunta nell’impasto della frittella di un composto a base di ferro, zinco, vitamina B e altri prodotti essenziali allo sviluppo.
Ogni messicano mangia una media di 3.000 'tacos' all'anno e consuma una media giornaliera di 250 grammi di mais. Nei gruppi sociali più poveri, tra questi gli indigeni, il quantitativo sale a 400 grammi pro-capite.
Con tante frittelle sulla tavola, le autorità e gli industriali hanno individuato che lì radica una delle chiavi per lottare contro la scarsa alimentazione.
Secondo la IPS, la decisione di creare il 'Supertaco' è dovuta al fatto che il mais perde molte delle sue proprietà durante la lavorazione industriale.