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Tredici giorni che sconvolsero il mondo
Nel 1919 il giornalista, poeta e saggista statunitense John Reed scrisse un bellissimo e
appassionante libro dal titolo "Dieci giorni che sconvolsero il mondo", sugli
avvenimenti che tra ottobre e novembre di due anni prima portarono alla caduta dello zar e
al trionfo della Rivoluzione russa.
Ora, parafrasando quel titolo, potremmo dire che nellottobre del 1962 i giorni che
"sconvolsero" il mondo furono addirittura tredici. Lintero pianeta visse
quellarco di tempo riportando la mente agli orrori di Hiroshima e di Nagasaki con la
differenza che, rispetto allolocausto nucleare della fine della Seconda Guerra
Mondiale, erano passati diciassette anni e pertanto le armi di distruzione avrebbero avuto
un effetto ancora più devastante.
Cuba rappresentava un elemento nuovo nel confronto della guerra fredda tra le due
super-potenze dellepoca. La Rivoluzione cubana aveva già resistito a diversi tipi
di aggressione, orchestrati sia dallAmministrazione repubblicana di Dwight
Eisenhower sia da quella democratica di John Fitzgerald Kennedy. Neppure la cocente
sconfitta alla Baia dei Porci aveva fatto cambiare mentalità ai governanti statunitensi
che, come i mafiosi, i gangster e i biscazzieri di Miami, pensavano sempre che avrebbero
"festeggiato il prossimo Natale a La Habana", ritornello ripetuto poi, ogni
anno, per altri quarantanni. Ma intanto, in quel periodo, erano allo studio nuovi
piani di intervento diretto contro Cuba.
LUnione Sovietica - con Kruscev come Primo Ministro e come Segretario del PCUS -
acquistando i prodotti cubani e fornendo in cambio petrolio e macchinari, aveva permesso
alleconomia cubana di far fronte a un blocco che ogni volta veniva reso sempre più
duro. Oltretutto, un paio di giorni prima dellattacco alla Baia dei Porci, Cuba
aveva proclamato il carattere socialista della propria Rivoluzione.
In questo contesto, gli interessi cubani di difendere la propria Rivoluzione dagli
attacchi provenienti dal nord e gli interessi dellUnione Sovietica di giocare una
carta pesante nella partita con gli Stati Uniti, trovarono il loro punto di unione
nellapprontamento a Cuba di basi per missili a media e a lunga gittata.
Naturalmente questo avvenimento scatenò le ire degli Stati Uniti che, dopo avere scoperto
i lavori di approntamento per mezzo di aerei-spia che volavano ad alta quota, presentarono
allAssemblea delle Nazioni Unite le fotografie delle basi e dichiararono che non
avrebbero mai accettato una tale situazione.
Dal 16 al 28 ottobre 1962 - in unaltalena di avvenimenti, tra ripetuti scambi di
messaggi tra le due super-potenze, definizioni degli armamenti che i sovietici
qualificavano "difensivi" mentre gli statunitensi li giudicavano
"offensivi", convogli di navi russe cariche di missili in viaggio
nellAtlantico verso Cuba, un blocco navale dellIsola da parte degli Stati
Uniti eufemisticamente chiamato "quarantena", un aereo-spia U-2 statunitense
abbattuto su Cuba da un missile sovietico SAM, contrapposizioni tra "falchi" e
"colombe" allinterno del Comitato Esecutivo del Consiglio di Sicurezza
Nazionale degli Stati Uniti sul fatto di bombardare Cuba con ordigni nucleari tutto
il mondo visse questi incalzanti eventi con il fiato sospeso e tra grandi manifestazioni
che chiedevano la pace. Mai si era andati così vicini a quello che avrebbe potuto
diventare il terzo conflitto mondiale e che, forse, nessuno avrebbe mai potuto raccontare.
Alla fine il buon senso prevalse e la storia finì con il ritiro dei missili da parte
sovietica in cambio di un impegno non formale degli Stati Uniti a non invadere Cuba.
Non brillarono, gli Stati Uniti, perché dimostrarono ancora una volta la loro arroganza e
la loro doppiezza, tramutandosi da aggressori in aggrediti. Adlai Stevenson, in quegli
anni Ambasciatore permanente degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, durante una
riunione del suddetto Comitato Esecutivo disse: "La gente si chiederà certamente
perché è giusto per gli Stati Uniti avere basi in Turchia, ma sbagliato per i russi
avere basi a Cuba", e per avere affermato questo concetto venne bollato come
traditore dai "falchi" della Casa Bianca. Poco tempo dopo la fine della Crisi,
anche i missili in Turchia vennero rimossi, sia perché ormai ritenuti superati sia
perché il futuro di questo tipo di armamenti avrebbe in seguito preso la strada dei
vettori intercontinentali e dei sommergibili atomici. Cè anche da aggiungere che
forse gli Stati Uniti non avrebbero mai osato utilizzare ordigni atomici su Cuba, poiché
lIsola è troppo vicina alle loro coste e questo fatto avrebbe comportato notevoli
problemi ambientali per la ricaduta di particelle nucleari nelle zone meridionali degli
Stati Uniti.
Non brillò neppure lUnione Sovietica, partita in quarta e costretta poi a fare
unimbarazzante marcia indietro. E vero, lobiettivo di bloccare
uninvasione diretta a Cuba venne raggiunto, ma il fatto di avere ritirato i missili
da Cuba senza previamente avere consultato Fidel Castro lasciò ai cubani non solo
lamaro in bocca, ma anche la sensazione di essere stati usati Per come si concluse,
rimase anche il dubbio che tutta quanta loperazione venne orchestrata per
raggiungere lo scopo di fare ritirare i missili statunitensi dalla Turchia, piccolo
risultato in rapporto alla grandezza del rischio che si corse: le guerre si sa quando
cominciano, ma non si sa quando finiscono.
Brillò, invece, il popolo di Cuba che in questo frangente si mobilitò totalmente e
dimostrò una grande dignità e una grande compattezza, rivendicando il pieno diritto al
possesso di qualsiasi arma per scoraggiare i ripetuti propositi di invasione da parte di
un nemico potente e prepotente. Fidel Castro, a dimostrazione della fermezza dei principi
cubani, negò perfino laccesso a Cuba agli ispettori delle Nazioni Unite incaricati
di verificare sul posto, come da accordi tra Stati Uniti e Unione Sovietica,
lavvenuto smantellamento delle basi. "Cuba non è il Congo", fu la sua
sprezzante risposta.
Anche il Che, nella sua famosa lettera di addio a Fidel, scrisse al riguardo: "Ho
vissuto magnifici giorni e ho provato al tuo fianco lorgoglio di appartenere al
nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della Crisi dei Caraibi. Poche volte come in
quei giorni uno statista brillò tanto alto ....".
Sono trascorsi quarantanni e gli Stati Uniti non hanno più tentato di far cadere la
Rivoluzione cubana attraverso un intervento diretto. Per cercare di abbatterla, durante
tutto questo periodo di tempo, hanno usato altri sistemi, meno appariscenti ma certamente
più insidiosi e subdoli. Se finora non hanno raggiunto il loro obiettivo è perché di
fronte a loro hanno trovato un popolo compatto e ben guidato dai propri dirigenti.
Durante una celebrazione del 26 Luglio, nel 1995 a Guantánamo, Fidel ha
affermato: "La Rivoluzione cubana non la si può distruggere né dal di dentro né
dal di fuori". Vorrà dire che a Cuba potranno recarsi a festeggiare tutti i
prossimi Natali solamente le persone che la amano e che la rispettano.
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