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"Ricordo che una volta accompagnai mio
padre all'inaugurazione di una fabbrica per il montaggio di biciclette, destinate al
consumo cubano. A quell'epoca, date le condizioni economiche di Cuba, la vendita di
biciclette (e di molti altri prodotti) era scarsa.
Appena arrivati, ci fecero entrare nel salone dove si trovavano le biciclette finite. Io,
che allora avevo sei o sette anni, le guardavo estasiata, e stavo paragonandole alla mia,
sulla quale ormai con le ginocchia toccavo il manubrio e che andava a pezzi tanto era
vecchia, quando l'Amministratore della fabbrica mi chiese se ne volessi una in regalo.
Credo che non ebbi nemmeno il tempo di rispondere, perché mio padre stava già dicendo
che io avrei avuto la bicicletta quando lui avesse potuto comprarmela; e che né
l'Amministratore della fabbrica aveva diritto a regalare, come se fosse sua proprietà, un
oggetto che era stato prodotto dagli operai e che pertanto apparteneva a loro, né lui
come Ministro dell'Industria aveva diritto a riceverlo in maniera diversa da qualsiasi
altro cittadino; così la discussione si chiuse almeno per il momento.
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Non so se poi l'abbia proseguita
con quel compagno, ma con me sì, perché era visibilmente contrariato, e mi spiegò che
stavamo vivendo una situazione rivoluzionaria, nella quale uno degli obiettivi da
raggiungere era precisamente l'abolizione dei privilegi per una minoranza, proprio mentre
la maggioranza della popolazione viveva molto modestamente, e che un rivoluzionario deve
essere sempre di esempio e comportarsi secondo i propri principi.
E' finita che la bicicletta l'ho avuta solo molto tempo dopo, in quanto lui aveva diversi
figli da mantenere e il suo stipendio non era superiore a quello di un operaio
specializzato".
testimonianza di Hilda Guevara Gadea |
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