|
La Habana, 1° aprile 1965
"Anno dell'Agricoltura"
Cari vecchi,
una volta ancora sento i miei talloni contro il costato di Rocinante: mi rimetto in
cammino col mio scudo al braccio.
Sono passati quasi dieci anni da quando vi scrissi un'altra lettera di commiato. A quanto
ricordo, mi lamentavo di non essere un miglior soldato e un miglior medico; la seconda
cosa ormai non mi interessa, come soldato non sono tanto male.
Nulla è cambiato essenzialmente, salvo il fatto che sono molto più cosciente, il mio
marxismo si è radicato e depurato. Credo nella lotta armata come unica soluzione per i
popoli che lottano per liberarsi, e sono coerente con quello che credo. Molti mi diranno
avventuriero, e lo sono; soltanto che lo sono di un tipo differente: di quelli che
rischiano la pellaccia per dimostrare le loro verità.
Può darsi che questa sia l'ultima volta, la definitiva. Non lo cerco, ma rientra nel
calcolo logico delle probabilità. Se così fosse, eccovi un ultimo abbraccio.
Vi ho molto amati, ma non ho saputo esprimere il mio affetto; sono, nelle mie azioni,
estremamente drastico, e credo che a volte non abbiate capito. Non era facile capirmi,
d'altra parte: credetemi almeno oggi.
Ora, una volontà che ho educato con amore d'artista, sosterrà due gambe molli e due
polmoni stanchi. Riuscirò.
Ricordatevi, ogni tanto, di questo piccolo condottiero del secolo XX. Un bacio a Celia, a
Roberto, a Juan Martín e a Pototín, a Beatriz, a tutti. A voi un grande abbraccio di
figliol prodigo e ostinato
Ernesto |