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Günther Anders (Bratislava 1902- Vienna 1992) ha scritto tra l'altro Essere o non essere, Discorso sulle tre guerre mondiali, Il pilota di Hiroshima, Opinioni di un eretico, Stato di necessità e legittima difesa. La sua opera più celebre rimane L'uomo è antiquato, pubblicata in due volumi: il primo del 1956, il secondo del 1980. La frontiera è un brano tratto dal secondo di questi volumi. L'intuizione maturata da Anders già alla metà secolo è semplice quanto inesorabile: il nostro mondo, che si protrae "dopo Auschwitz e dopo Hiroshima", ha visto trionfare non solo una prima rivoluzione industriale (la comparsa delle macchine e del macchinismo), ma anche una seconda (la produzione dei bisogni di massa) e una terza, più pericolosa e pervasiva, che ha alterato inevitabilmente l'ambiente e che compromette quotidianamente l'esistenza stessa della umanità. In un mondo in cui la tecnica è diventato il soggetto della storia, l'uomo risulta superato, antiquato appunto. Il mondo è cambiato, il pianeta diventa sempre più piccolo e indifeso ai nostri stessi attacchi. Il possesso di mezzi sempre più potenti e sofisticati si è rovesciato nella neutralizzazione dell'umano, del suo habitat e del suo immaginario. Dal momento che questo processo coinvolge tutto il genere umano, le vecchie categorie di pensiero e di analisi, cui siamo stati abituati, diventano limitate, obsolete, proprie di un'epoca già passata. Siamo costretti a reinterpretare e a ri-pensare tutto quello che ci riguarda: il rapporto mezzi-fini, il lavoro, le merci, i prodotti e i consumi, l'ambiente, le ideologie, la comunicazione, la cultura, lo spazio, il male… E anche, fra l'altro, l'idea stessa di limite e di frontiera.
La frontiera
di Günther Anders


Quando vent'anni fa, in occasione del congresso antiatomico di Tokio, io dichiarai che il concetto di frontiera (e con esso quello della sfera delle responsabilità esclusivamente nazionali) sarebbe presto diventato antiquato, visto che alle precipitazioni impestate di radioattività non sarebbe importato un fico secco quale terreno sia da considerarsi "di qua" e quale "di là", in un primo momento rimasi inascoltato, giacché al congresso erano venute persone interessate soltanto a questioni tecniche, politiche e intellettuali, non filosofiche.

Alcuni dei nostri anfitrioni, molto patriottici, si spaventarono profondamente quando dichiarai che anche il concetto di sovranità sarebbe diventato relativo, visto che gli effetti di ciò che l'uomo avrebbe fatto "a casa" avrebbero poi avuto luogo in altri paesi.
Gli effetti degli esperimenti atomici non sono, per la verità, l'unico motivo per la fine della validità del concetto di "frontiera". Così, oggi per il governo della Repubblica democratica tedesca è impossibile comandare a bacchetta i propri cittadini, i quali trascorrono gran parte del loro tempo libero nella Repubblica federale, cioè stando seduti davanti a televisori che mediano la loro partecipazione alla vita, alla politica, al gusto, al linguaggio "di là". Anche le onde elettromagnetiche non si curano dei confini politici. Al punto che i teen-agers della Repubblica democratica si vestono già esattamente come quelli della Repubblica federale. Una fotografia di una rivista illustrata scandinava mostra i ragazzi della Repubblica democratica che non soltanto indossano i blue-jeans (il che non sarebbe poi così pericoloso agli occhi del regime, benché questa "moda stracciona" contraddica l'imperativo dell'accuratezza "acqua e sapone" colà in vigore); ma uno dei ragazzi fotografati porta persino una t-shirt con su stampato JOWA UNIVERSITY. È irrilevante se questa maglietta americana sia stata introdotta di contrabbando, attraverso la frontiera, o se sia arrivata lì come regalo, o se il ragazzo se la sia confezionata da sé, secondo un modello visto in televisione. Fatto sta che nell'era dell'elettronica, al concetto di "frontiera" non corrisponde quasi più nulla. Già quando fu costruito, il muro di Berlino era la costruzione più obsoleta del secolo XX.

Assurda la moda della poesia dialettale, che da una decina d'anni sta diventando internazionale. Quando i rappresentanti di questa nuova moda arrivano nel loro luogo di convegno a Nuova Delhi in un jet proveniente dalla Franconia, dai Paesi baschi, dal Brasile o dalla Birmania, contraddicono con il loro modo di viaggiare - con questo comodo saltare di frontiera in frontiera - lo scopo stesso del viaggio, che consiste nella discussione e nella glorificazione del "limitato". Provinciali di tutti i paesi, unitevi! Ma essi riescono a riunirsi, a Nuova Delhi, solo con l'aiuto di interpreti o per il fatto che storpiano tutti quanti la stessa lingua, l'inglese, che è comprensibile oltre tutti i confini ed è la negazione del "limitato". È del tutto escluso che essi si leggano l'un l'altro i loro testi provinciali, giacché nessuno di loro capirebbe l'altro e persino la lingua colta dell'uno, ostile a ogni dialetto, resterebbe incomprensibile all'altro. Questo è il terzo esempio della dialettica della frontiera al giorno d'oggi.


(Tratto da L'uomo è antiquato, 1979)