PER UNA NUOVA CONCEZIONE DELLA POLITICA

Il 12 marzo 2000, nella sede della "casa dei diritti sociali", a Roma, si è tenuto il 3° seminario di ricerca e critica delle antropologie, intitolato "In principio è la politica".

Dopo le relazioni di Pasquale Colella, Raniero La Valle, Domenico Gallo e Luigi Ferraioli, riguardanti le concezioni vigenti della politica, Raniero La Valle ha concluso con una domanda: "E' possibile fondare la politica su concezioni diverse? dove trovare i principi ispiratori per una nuova concezione della politica?".

In risposta a questa domanda, Orietta Avenati ha ipotizzato un'antropologia e una politica fondate sulla biologia. Le scoperte degli ultimi cinquant'anni - ha detto - nel campo della biologia, della fisica, della paleontologia, dell'economia, dell'archeologia (cito quelle che conosco, ma ce ne saranno anche altre), e soprattutto la nuova concezione non gerarchica e non specialistica della scienza che si è prospettata con Henry Laborit come "nouvelle grille" (1978) e con Fritjof Capra come "nuovo paradigma" (1997), ci propongono una nuova Weltanshaung (visione del mondo). La biologia neo-evoluzionista, per esempio, ci dice che la vita "non è un gioco assassino", che nei miliardi di anni della sua storia la cooperazione, l'associazione e la simbiosi hanno prevalso sulla competizione e sulla selezione.

Riproduciamo qui l'intervento di Orietta Avenati De Marchi, Segretaria generale della Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo.

"Non sono una biologa e quel che dico è confutabilissimo - ha detto Orietta Avenati - ma dai miei recenti studi di biologia neo-evoluzionista ho ricavato la convinzione che anche negli esseri umani, insieme con la competizione e la selezione, debba esistere e prevalere il profondo bisogno di aggregarsi, di cooperare e di condividere. D'altra parte, senza una naturale attitudine a vivere in comunità solidali, la nostra specie non avrebbe mai potuto sopravvivere alle quattro ere glaciali dell'ultimo milione di anni. I mammut non ce l'hanno fatta, e non erano animali stupidi.

"Ma ho chiesto di parlare, in questo seminario, a nome della Lega Italiana dei Diritti dell'uomo, perché, anche per noi, "in principio è la politica", o meglio, in principio sono gli esseri umani come "animali politici", secondo la definizione di Aristotele. Per le signore presenti voglio precisare che abbiamo scelto questa definizione perché Aristotele dice anthropos - maschi e femmine, non dice anér - uomo maschio, poi si contraddice e colloca "donne e schiavi" quasi fuori del genere umano. Ciò fa parte della misoginia della cultura greca (e cristiana) che certo noi non condividiamo. Tanto che, nel 1970, si è costituito alla Lega il "Fronte italiano di liberazione femminile" (un anno prima del movimento radicale).

"Insieme con la definizione di uomo come "animale politico", abbiamo anche definito la nostra scelta di campo: "dalla parte dei governati", e fatto una precisa distinzione fra "politica di gestione" (che riguarda governi e partiti) e "il diritto dei governati di controllare e di partecipazione alle decisioni" (anche questa è "politica").

"A queste definizioni siamo arrivati più di trent'anni fa, dopo che per anni avevamo tentato di ottenere l'applicazione in Italia di alcuni, almeno, dei trenta articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo: occupando le case con i baraccati, le fabbriche insieme con gli operai, l'università insieme con gli studenti. Gli effetti pratici di queste lotte sono stati deludenti.

"Negli anni, abbiamo anche ottenuto, dai partiti, dai governi, dai parlamentari, dalla Corte Costituzionale, dai comuni, dalle amministrazioni provinciali, alcune delle cose che chiedevamo, promovendo comitati e associazioni, ma i risultati non si sono rivelati così liberatori di energia come noi stessi avevamo sperato.

"Perché la nostra vocazione fondamentale è liberazionista dai movimenti di liberazione del terzo mondo, ai manicomi (il Comitato di lotta contro l'oppressione psichiatrica è stato una delle nostre più vistose iniziative), alle donne, alle riforme carcerarie, la spinta principale ad agire è sempre stata questa.

"Il tipo di cultura in cui viviamo, mi riferisco al cosiddetto "mondo occidentale" di cui ormai fa parte anche la Russia - (e ce l'ha confermato oggi stesso Giulietto Chiesa con le sue "ultime notizie"), ci fornisce comodità e facilitazioni che dovrebbero rendere più libera la nostra esistenza, ma crea mortificazioni e complicazioni continue che divorano le energie liberate, le sommergono nei falsi problemi, moltiplicano i bisogni indotti e, soprattutto, ottundono le vere fonti delle nostre energie che sono (secondo le scoperte sul cervello umano degli ultimi trent'anni) i nostri sentimenti.

"A ciò si aggiungono i metodi polizieschi dei nostri "sistemi democratici" che, come dice Noan Chomsky, sono ben più radicali di quelli usati dai sistemi totalitari: " I programmi televisivi sono attentamente studiati con il principale scopo di tenere le persone in condizione passiva ... di fargli fare e pensare cose che impediscono lo sviluppo delle idee ... " Insomma, sono studiati per impedirci di pensare.

"Oggi, la nostra vocazione liberazionista dovrebbe quindi esercitarsi nella "liberazione delle intelligenze" se vogliamo che il pianeta Terra continui ad essere abitabile per la nostra specie.

"Ho riassunto, molto brevemente ed omettendo molti eventi, la storia della ormai cinquantenne Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo, senza intenzioni agiografiche, solo per cercar di spiegare la nostra concezione di "politica": un modo di agire nel sociale, fondato su ben meditati principi.

"E' stata comunque la spinta di una fortissima indignazione morale per quella che alla Lega abbiamo definito "l'aggressione agli Jugoslavi" che mi ha fatto ri-incontrare persone che non vedevo da molti anni, come Raniero La Valle, Luigi Ferraioli, Fulvio Grimaldi e Luigi Cortesi: questa indignazione comune credo ci abbia portato alla convinzione che bisogna trovare il modo di fermarli (lo deduco anche dal prologo di questo seminario). Di fermare questa "accelerazione dell'evoluzione"- così la chiama John Platt, teorico di sistemi alla Massachusset's University - che è solo accelerazione tecnologica. Come dicono molti antropologi, la tecnologia è soprattutto tecnologia delle armi.

"All'evoluzione della tecnologia non corrisponde affatto un'evoluzione della consapevolezza e della comprensione, e le "prove sul campo" di questa produzione accelerata di armi sempre più distruttive hanno creato negli ultimi dieci anni, ai confini orientali dell'Europa, quattro deserti: l'Afganistan, l'Iran, la Jugoslavia e la Cecenia. Per non parlare del resto del mondo.

"Questa cosiddetta "accelerazione dell'evoluzione" ha invaso anche altre tecnologie, dalle clonazioni ai cibi transgenici, conservando le stesse caratteristiche: la fame di finanziamenti e la frettolosità. "Dovrebbe essere possibile fermare, o almeno rallentare, il cosiddetto progresso per aver tempo di capire, per ogni innovazione, quali conseguenze possono derivarne e quali effetti collaterali" - dice Pasquale Angeloni nel suo editoriale della rivista "Tribuna biologica e scientifica".

"Di fronte alle abnormi manifestazioni di tecnologia delle armi ed al corrispondente spiegamento di potenza distruttiva, già nel luglio e nell'ottobre dell'anno scorso, la Lega Italiana dei Diritti dell'Uomo ha fatto due proposte: I°- chiedere che i bombardamenti aerei sulle popolazioni civili vengano messi fuori legge da una convenzione internazionale; II°- chiedere che cessino gli embarghi contro l'Iraq e contro la Serbia.

"Sono obiettivi molto moderati che però possono raccogliere un grosso movimento. Anche se non raggiungeranno grandi risultati, avranno almeno creato aggregazioni umane e portato alcuni a trascendere i propri interessi personali. E' proprio questa capacità di trascendenza tutt'altro che metafisica a caratterizzare, secondo noi, l'animale politico.

"E le aggregazioni di animali, politici, ossia di persone che si sentono responsabili di quel che succede, non solo nelle città-stato del Peloponneso ma nel "villaggio globale" del nostro pianeta, sono oggi più che mai necessarie.

"Le modalità di lotta politica che per decenni noi stessi abbiamo praticato, con la decadenza di leggi e sovranità nazionali di fronte ad una incontrastabile potenza militare, rischiano di essere obsolete in un futuro vicinissimo, anche perché, con la decadenza della "sovranità nazionale", decade anche il ruolo rivendicativo dei cittadini (come dice Claudio del Bello nell'introduzione a "Il rovescio internazionale"). Dovremo inventarci nuove modalità di lotta.

"Ma spetta soprattutto a noi, animali politici europei, l'assunzione di queste responsabilità planetarie, non perché siamo più civili o più intelligenti degli altri, ma perché, come diceva ieri in piazza una ragazza serba "l'Europa è la sola potenza che possa contrastare questa follia distruttiva". Possiamo anche dubitare che i governanti dei paesi europei lo vogliano. Ma sugli altri "governati", noi Europei, abbiamo il vantaggio di essere qui."