BRANO CRITICO di Maurizio VITIELLO (1977)

 

La nuova sociologia, quella intesa dagli operatori come momento essenziale per una trasformazione dinamica e radicale del tessuto sociale rivolge la sua attenzione in tutte le direzioni. E, più propriamente, la sociologia dell'arte contiene In sè il calcolato e consapevole intento di registrare le istanze culturali per definire il "plafond" umano e sociale; i tratti, in effetti, delle generazioni in corso e future, non trascurando la "storicità" dei tempi. Il tutto con l'intenzione di promuovere una crescita culturale ed artistica attraverso un'opera "mediata" di sensibilizzazione indirizzata a tutti gli strati sociali. Interessarsi, quindi, per chi, come me, è legato fortemente a questa corrente decentrata della sociologia, degli artisti è doveroso. Risulta un rapporto "privilegiato" ma essenziale per una conoscenza profonda, sostenuta nell'ottica obbligata "di far ricerca", per tratteggiare, combinare e definire "Il puzzle" odierno delle tendenze nell'arte. Dopo questa breve parentesi, inquadrare F. Lignano, risulterà più chiaro. L'artista vive un suo momento particolare, il suo rapporto con l'ambiente è frenato non da osservazioni partigiane ma da continue analisi sulla realtà. Verificare la realtà con il proprio quotidiano lavoro e trasmetterlo con i mezzi espressivi condensati nell'uso della spatola rappresenta un significativo dato del pensiero nell'eludere una partecipazione nella corrente cosmopolita di maniera. Il mondo interiore reso da F. LIGNANO, filtrato dalle proprie maglie ideologiche, occasione questa di mostrare la sua buona fede, é coerente ma non particolarmente dinamico. Il decisivo contributo nell'analizzare il perchè della vita racchiude il suo lento ma inalienabile raggiungimento di coordinate culturali più mature. L'uso spasmodico, caparbio della spatola dichiara lo sfogo della propria energia, nella ricerca viva di delinearsi uno stile. Lo stile caratterizza una personalità in evoluzione. E' possibile dimensionarsi ricavando da un substrato ricco di emozioni, di esperienze il senso del nuovo, del giusto. I paesaggi tormentati, costruiti con passione, con ostinata pazienza introducono il "lettore" delle tele di Lignano nel mondo attivo di chi attinge dal crogiuolo emozioni per sedimentarle nello spessore di un'esistenza provocata e continuamente controllata.

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BRANO CRITICO di Aldoina FILANGIERI di CANDIDA (2003)

 

Nell’autodidatta, la tecnica si genera dalla sperimentazione, dall’indagine, la tecnica, diventa una scoperta e non una grammatica dell’apriori che precostituisce e limita la necessità creativa.

Incuriosito dall’Impressionismo, mosso dall’astrattismo, raggiunto da Van Gogh, Ferdinando Lignano ha incontrato il ‘suo segno’nel 69’, percorrendo in macchina i paesini della Calabria e Basilicata.

I suoi paesaggi, non sono dipinti ma precisamente costruiti con la spatola, come un muratore dell’universo, edifica con la stessa materia, cieli, colline e case, ogni paesaggio è un unisono di particolari che vibra, è il battito dell’ ‘Intero’ che ci resta, è la memoria e non il ricordo di un qualcosa che ci si attacca agli occhi.

I suoi lavori, emergono in luoghi e tempi privi di ingombri e condizionamenti, dove e quando il suo Io ha una possibilità di dilatarsi per occupare uno spazio con una possibilità di apertura anche se infinitesimale.

Il materico all’inverso, è il risultato della tecnica della linoleografia che si basa sullo svellere anziché sull’aggiungere come nei paesaggi, ma è solo un’apparente differenza perchè la matericità è sempre presente, solo che nella linoleografia lo è al negativo e negli olii al positivo.

Nei suoi lavori in digitale, la fisicità si evapora in prospettive all’infinito, oramai solo materiate dalle Idee, in un iperuranio perfettamente tridimensionale, dove fluttano il concetto di spazio, e il pensiero molecolare prima che s’incarni.

La rotondità è del mondo, il mondo è un cerchio, è sferico, il mondo siamo noi, il mondo è ‘l’intorno’ che guardiamo, è l’illusione della curva dell’orizzonte che vediamo.

I suoi titoli raccontano i quadri, ma raccontano anche solo se stessi o ancora altre storie, i suoi titoli hanno una loro autonomia poetica e sembrano stare lì come in un rapporto di passeggera e servizievole empatia.

Il Viaggio, è il titolo della mostra , il viaggio è la costante che si evolve e che si trasforma nel corso di tutta l’opera.

Il viaggio, è una percorrenza concreta, un’effettività della realtà…nei Paesaggi.

Il viaggio, è un’esplorazione nella propria vita attraverso un’osservazione oggettiva di stati umani e non…nelle Linoleografie.

Il viaggio come ricerca della forma attraverso lo studio del corpo…i Nudi.

Il viaggio come racconto intimo scritto nella sua mente e mai raccontato, un dolore che ha sfondato nuove frontiere nel suo essere e che noi in punta di piedi e con grande rispetto avviciniamo non per leggere ma per percepirne solo la dolcezza del suo sussurrìo…nel Virtuale. 

Napoli,24 marzo 2003

 

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