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Dal quotidiano Il Mattino |
Venerdì 22 Gennaio 1999 |
I RETROSCENA DELLOPERAZIONE
I ragazzi del ribaltone
fra incontri segreti
e la paura di fallire
PIETRO PERONE
Non è mancato nulla alla telenovela del ribaltone, ampiamente raccontata per le
conseguenze politiche, le cadute di stile, gli insulti e le risse. Ma anche per limprevista
designazione di un presidente, Andrea Losco, che sciava beatamente sulla neve delle Alpi,
quando a Napoli cominciava a circolare il suo nome, tanto che alla prima telefonata
rispose: «Scherzi, non ci credo...».
E invece il diktat dei popolari contro gli uomini di Mastella presenti nella giunta
Rastrelli, portò inevitabilmente al nome di Losco. In un sol colpo, infatti, il Ppi fece
fuori il casertano, Domenico Zinzi e il napoletano, Giuseppe Scalera, ma chiuse la porta
in faccia anche allavellinese Concetta De Vitto, colpevole di aver preso parte alla
prima edizione del governo regionale. E fra i consiglieri «semplici» dellUdr, il
47enne Losco è lunico ad avere alle spalle esperienze amministrative.
Fu così che in una delle tante telefonate fra il segretario regionale Villari e il leader
Mastella «lipotesi-Andrea», fra qualche incertezza, cominciò a prendere
consistenza, sponsorizzata da Villari che di Losco è amico da sempre: «Alla fine mi
accuseranno di aver favorito la persona che conosco meglio, ma credetemi non cera
alternativa...», si scusava poi il segretario nelle ore della scelta definitiva. E
Clemente? «Lascia fare.... per poi verificare sul campo, nel corso di una riunione, le
opinioni degli altri», diceva sempre Villari. E fra un sì convinto e altri di
circostanza, lex presidente della commissione Bilancio divenne quindi il candidato
alla presidenza della giunta per nome e conto del centro sinistra. Non mancarono i no,
come quello di Antonio Iervolino, ritornato nella fila di un Cdu che potrà nascere in
Consiglio grazie allarrivo dellex assessore forzista, Marco Cicala, luomo
più fedele ad Antonio Martusciello. Cicala sarà quindi solo un «giocatore» in
prestito, pronto a tornare nei ranghi se Iervolino dovesse deviare dalla promessa di
restare allopposizione.
Lex assessore allUrbanistica, intuito che sarebbe rimasto fuori dallesecutivo,
pronunciò infatti il fatidico no durante una passeggiata con Mastella nel porto di
Napoli, lontano da occhi e orecchie indiscrete, fra promesse di collegi al Senato, limpegno
per la nomina di capogruppo e eventuali deleghe che il neo presidente era pronto a
concedere. Uno dei tanti contatti personali che si sono susseguiti in queste settimane.
Molteplici quelli fra Villari e il segretario diessino Allodi, che oltre a scoprire di
essere della stessa generazione, hanno ripescato nella memoria amici in comune e una
giovinezza parallela. Non è lunica storia personale che pare si sia incrociata nel
travagliato percorso del ribaltone: nella lunga notte delloccupazione dellaula
consiliare, lassessore Antonio Lubritto, il più democristiano di tutti fra quelli
dellUdr, confessò al diessino Andrea De Simone, «compaesano» di Salerno, finanche
un passato in Potere operaio, noto gruppo dellestrema sinistra sessantottina.
Aneddoti e inconfessabili colloqui segreti, come quello organizzato dal parlamentare del
Ppi, Argia Albanese, per convincere il recalcitrante socialista Simeone che di votare la
nuova giunta proprio non ne voleva sapere. Decisivo fu poi lintervento del leader
della Uil, Pietro Larizza, che insieme con il segretario campano, Enrico Cardillo,
riportarono Simeone sulla via del centro sinistra.
Mai come domenica scorsa, però, le sorti del ribaltone sono infatti sembrate
definitivamente compromesse. Il Consiglio riconvocato per il lunedì mattina avrebbe
dovuto sancire definitivamente il fallimento delloperazione, visto che il capogruppo
popolare, Giovanni Grasso, dopo aver atteso invano il voto, era dovuto partire per Milano
dove da tempo aveva prenotato un ricovero allospedale San Raffaele. E così il
trentunesimo voto del centro sinistra pareva volato via. Che fare? Panico fra Allodi e
Villari, responsabili dei due principali partiti della coalizione. E svanisce anche la
speranza che il presidente del Consiglio, Raffaele Calabrò, possa essere presente, come
avrebbe garantito telefonicamente a Grasso. Calabrò appare prima indeciso, poi prende
tempo... Alle otto di sera la risposta negativa. Il panico del pomeriggio diventa quasi
rassegnazione. Si decide di compiere lultimo tentativo: parte una delegazione per
Torre del Greco guidata dalludr Zinzi. Obiettivo labitazione dellud
Smimmero. Da Milano, intanto, Grasso vuole essere informato: se è indispensabile torno,
fa sapere. Nessuno gli dice di no. Un silenzio che diventa unimprecazione daiuto.
A Roma, sul telefonino del popolare Renzo Lusetti, arriva una telefonata di Angelo Sanza,
della segreteria dellUdr: domani salta tutto, da Napoli giungono notizie nere... E
così si mette in moto la «macchina romana» dei partiti, con i diessini che non chiedono
larrivo di Grasso, ma fanno capire che non ci saranno nuovi tentativi per eleggere
la giunta. Si verifica con lospedale la possibilità di un «permesso» di poche
ore: elicottero fino allaeroporto, corsa in Consiglio, rientro nel pomeriggio.
Grasso decide: ci vado. Alle 13,45 è già in aula, a Milano nuovamente alle 17. Arriva
nel frattempo anche Smimmero: la delegazione dellUdr è riuscita a convincerlo. Il
ribaltone passa quindi con 32 presenti, 31 sì e un astenuto.
Storia recente, mentre nel passato remoto del ribaltone cè il vertice decisivo in
casa-Mastella dellottobre scorso. Prologo un vertice del Polo, convocato nel Palazzo
di via Santa Lucia per discutere di un rimpasto in giunta. Ma il coordinatore forzista,
Antonio Martusciello, arriva con circa due ore di ritardo, facendo saltare i nervi alludierrino
Villari. E così il giorno dopo, il partito di Cossiga, entrato da poco nel governo di
Massimo DAlema, comincia a tuonare contro Rastrelli e il centro destra. Giorni di
polemiche, poi il vertice a San Giovanni di Ceppaloni, nella villa del segretario. Cerano
proprio tutti quel sabato mattina, quando si decise che i cinque assessori si sarebbero
dimessi. Un incontro in salotto, con Mastella che fece subito intendere la possibilità di
ottenere la presidenza della giunta in base a un accordo romano. Poi lasciò soli i
«suoi» dieci consiglieri, congedandosi con un «fatemi sapere...». Il tempo di vestirsi
al piano di sopra, per andare a Benevento, che il dato era tratto: «Daccordo,
facciamo così», disse in coro la pattuglia mastelliana.
Il ritorno precipitoso a Napoli, la lettera di dimissioni, i telefonini della giunta
riconsegnati alle rispettive segreterie, rapidamente smantellate dal solerte ex assessore
al Personale, Marcello Taglialatela. Poi la revoca del «governatore» e lavvio
delle lunghe e tumultuose trattative nella sede del Ppi, in via Santa Brigida. Il quasi
omonimo ristorante è stato fra i luoghi più frequentati, insieme con Ciro e Salvatore a
Mergellina. Fra pizze e piatti di spaghetti, il centro sinistra ha dato il benservito a
Rastrelli, ma soprattutto ha dovuto continuamente sedare gli scontenti, ora in attesa che
le promesse siano mantenute, fra deleghe che il presidente si accinge a consegnare a
semplici consiglieri e alcuni posti pronti per essere occupati. In primis la direzione
della scuola di polizia municipale di Benevento e la sostituzione di Losco alla presidenza
della commissione Bilancio. Il ribaltone, quindi, non è ancora finito.
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