11 aprile 2002 | |
ALPI: CIPRA, GRAVE LO STATO DI DEGRADO (ASCA) - Milano, 11 apr -
E' ''grave lo stato di degradò' in cui si trovano le Alpi. Lo sostiene il
Rapporto 2002 presentato a Milano dalla Cipra, la conferenza
internazionale di un centinaio d'associazioni ambientaliste, in
collaborazione con il Wwf e Legambiente. Solo 10 corsi d'acqua su 100 sono
ancora in condizioni di naturalità e solo il 44% delle stazioni
sciistiche svizzere potrà contare, in futuro, su un innevamento
sufficiente mentre la maggior parte delle località delle preAlpi ma anche
importanti stazioni sciistiche interne rischieranno di rimanere chiuse.
Oltre 100 razze domestiche presenti nelle Alpi rischiano l' estinzione ''a
causa della produttività imposta dai mercati che hanno privilegiato altre
razze dalle rese migliorì'. Secondo il presidente della Cipra Damiano Di
Simine ed il direttore Francesco Pastorelli, è l'intero territorio delle
Alpi in pericolo a causa delle infrastrutturee in progettazione perchè
sul 20% di aree antropizzate, il 4% della superficie è già occupato da
vie di comunicazioni. A quattro anni dall'uscita del primo Rapporto che si
era occupato di natura e paesaggio, di turismo e di trasporti, il secondo
Rapporto va a completare l'opera facendo il punto sulla popolazione
alpina, lo sviluppo regionale e la politica nelle Alpi, i cambiamenti
climatici ed i consumi e la produzione di energia, la pianificazione del
territorio, l'agricoltura di montagna e le foreste. A rischio lo sci sulle
prealpi A rischio lo sci sulle
Prealpi: Le conseguenze dei cambiamenti climatici hanno infatti
ripercussioni sul turismo alpino e sulle stazioni sciistiche a causa
dell'innalzamento della quota minima di innevamento. Lo sostiene il
rapporto sulle Alpi, nel quale si osserva che col perdurare dell'attuale
riscaldamento terrestre, in futuro solo il 44% delle stazioni sciistiche
svizzere potrà contare su un innevamento sufficiente mentre la maggior
parte delle località delle preAlpi ma anche importanti stazioni
sciistiche interne rischieranno di rimanere chiuse. ''Per non parlare -
aggiunge Francesco Pastorelli, direttore della Cipra - degli eventi
meteorici estremi sempre più frequenti, a partire dello scioglimento dei
ghiacciai e delle conseguenti destabilizzazioni dei pendii causate dallo
scongelamento del permafrost. Ma ad essere minacciati sono anche molti
degli endemismi floristici e anche lo stesso limite superiore delle
foreste è destinato a innalzarsì'. Gli indizi che dimostrano la presenza
di alterazioni climatiche si moltiplicano da anni in tutto il pianeta.
Anche se gli scienziati non sono ancora concordi nel quantificarne
l'incidenza, per molti di loro le cause dell'innalzamento medio della
temperatura nell'emisfero boreale è da attribuirsi alle immissioni di
anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili. ''Una catena
montuosa come le Alpi - sottolinea Pastorelli - si presta molto bene come
sistema di preallarme, in queste condizioni orografiche ed ambientali
possiamo avere un'idea del futuro che ci aspetta, non solo sul piano
ecologico ma anche su quello sociale ed economicò'. A rischio estinzione
100 razze animali domestici Oltre 100 razze
domestiche presenti nelle Alpi, peraltro in un numero esiguo di esemplari,
rischiano l'estinzione a causa della produttività imposta dai mercati che
ha privilegiato altre razze dalle rese migliori. L'agricoltura di
montagna, peraltro, è in continuo mutamento strutturale. il numero di
aziende agricole è destinato a calare così come è destinata a calare la
superficie agricola utilizzata e ad aumentare la superficie media delle
singole aziende. Tra le forme di sfruttamento del territorio prevarranno,
soprattutto alle quote più alte, quelle estensive e da parte degli
agricoltori ci sarà una sempre maggiore attenzione per le produzioni di
qualità, unica speranza di sopravvivenza in un mercato sempre più
concorrenziale. Tra i dati sull'agricoltura alpina, va anche rimarcato che
solo il 32% delle aziende agricole è gestito come attività principale e
che il 68% dei titolari di aziende agricole ha più di 45 anni di età. Un
allarme particolare riguarda l'allevamento di bestiame: ''In particolare,
per quanto concerne il territorio alpino italiano - osservano Damiano Di
Simine e Francesco Pastorelli, presidente e direttore della Cipra -,
l'agricoltura risente di una serie di fattori come il diritto successorio
romano che ha creato nel tempo una frammentazione estrema delle aziende
agricole, comportando abbandono di terreni coltivabili nelle zone montane
a eccezione delle aree più favorevoli ubicate nei fondovalle. Rispetto
alle regioni alpine di lingua tedesca, in Italia è ancora piuttosto raro
che le aziende agricole compensino il loro calo di reddito con attività
di tipo turisticò'. Ciascun montanaro ha
270 alberi a disposizione nelle Alpi ci sono oltre
tre miliardi di alberi che corrispondono a circa 270 piante per ciascun
abitante, distribuiti su di una superficie di circa 7.5 milioni di ettari
l'80-90% dei quali costituisce la superficie forestale utilizzabile mentre
il rimanente 10-20% sono foreste inaccessibili, arbustaie o boschi di
scarso valore. ''Ma la superficie delle residue foreste che possono essere
definite vergini all'interno delle Alpi è purtroppo limitata a poche
centinaia di ettarì', fanno sapere Damiano Di Simine e Francesco
Pastorelli, rispettivamente presidente e direttore della Cipra. Le foreste
ricoprono più del 40% del territorio alpino e, oltre a essere uno degli
elementi più caratterizzanti del paesaggio, svolgono una serie di
funzioni essenziali per l'uomo, ad esempio quella di protezione dalle
calamità naturali. Più di 1/5 dei boschi delle Alpi costituisce barriere
naturali indispensabili per salvaguardare i centri abitati e le vie di
comunicazione. Monetizzando il valore di questa funzione si è scoperto
che per la sola Svizzera i servizi e le funzioni svolte dai boschi nei
territori montani equivalgono ad un controvalore di circa 2.6 miliardi di
Euro annui, un importo tre volte maggiore di quanto è stato speso dal
1951 a oggi in opere antivalanghe. ''Ma le foreste montane non svolgono
soltanto una funzione protettiva. Basti pensare a quanto influiscono sul
paesaggio e sulla cultura alpina e a quanto siano importanti per la
conservazione della biodiversità, per non parlare poi del valore
economico del legnamè'. Su arco alpino 2700 km
elettrodotti Per l'Europa centrale le
Alpi costituiscono una vera e propria fabbrica di corrente elettrica,
soprattutto quella necessaria a coprire i picchi di consumo:
ciononostante, benchè prive di centrali nucleari, sono il territorio che
consuma più corrente nucleare di tutta Europa. Le Alpi, infatti, hanno
bisogno di corrente a buon mercato per azionare le stazioni di pompaggio
delle centrali idroelettriche, dove invece la corrente prodotta è di
quella pregiata in quanto vendibile nei momenti di massima domanda del
mercato. ''Lo sfruttamento intensivo dell'energia idroelettrica è tale
che ormai solo il 10% dei corsi d'acqua alpini conserva condizioni di
naturalità - osservano i dirigenti della Cipra -. Buona parte del
fabbisogno energetico delle regioni alpine, come del resto di tutti i
paesi europei, è ancora coperto dall'importazione di fonti energetiche
fossili e, benchè proprio le Alpi siano predestinate per natura a
produrre energia sfruttando fonti più ecologiche come il sole o il legno,
questo potenziale continua a essere largamente inutilizzato. Il risparmio
energetico e la produzione di energia sfruttando la biomassa legnosa
costituiscono dei grandi potenziali finora poco sfruttati per il
territorio alpinò'. Le Alpi sono poi interessate da una vasta rete di
elettrodotti e metanodotti per il trasporto di elettricità e prodotti
petroliferi. Per gli elettrodotti, considerando solo quelli ad alta
tensione (220 kV e 380 kV) esiste una rete di circa 2700 chilometri che
attraversa in lungo e in largo l'arco alpino. I prodotti petroliferi,
consumati e trasformati in Europa e provenienti da altri continenti o dai
porti dove vengono scaricate le petroliere, attraversano l'arco alpino
tramite 1500 chilometri di oleodotti e metanodotti. ''I presupposti per un
futuro energetico sostenibile, non solo nelle Alpi, vanno creati (anche se
ciascun consumatore può e deve fare la sua parte) a livello nazionale e
mondiale, attraverso una riforma del sistema fiscale in chiave ecologica -
propongono Damiano Di Simine e Francesco Pastorelli, presidente e
direttore della Cipra - perchè sui prezzi di vendita dell'energia
ricadano tutti costi reali per la produzione e perchè i cosiddetti
''costi esternì' (danni all'ambiente, alla salute ecc.) vengano
addebitati a chi li producè'. No a nuove autostrade
in montagna Sulle Alpi lo spazio
disponibile per le attività antropiche e gli insediamenti è condizionato
da fattori topografici e spesso non supera il 10-20% della superficie
totale del territorio, per cui non vanno costruite altre infrastrutture, a
cominciare dalle autostrade. Lo sostengono Damiano Di Simine e Francesco
Pastorelli, presidente e direttore della Cipra. ''Già oggi in molte valli
alpine lo spazio utilizzabile è già sfruttato integralmente per gli
insediamenti e le vie di comunicazione. Nonostante manchino dati
statistici omogenei per tutte le Alpi, per quanto riguarda la copertura
del territorio abbiamo oltre il 40% di superficie ricoperta da boschi,
mentre la superficie utilizzabile per coltivazioni, insediamenti, vie di
comunicazione è soltanto il 22% e su questa ricade una forte pressione
antropicà'. La Convenzione delle Alpi configura la pianificazione
territoriale come uno dei 12 campi d'azione nel quale occorre ''garantire
l'utilizzazione contenuta e razionale e lo sviluppo sano e armonioso
dell'intero territoriò'. Obiettivo, questo, che richiede a tutti i paesi
e alle regioni alpine un impegno comune. ''Negli ultimi decenni le
amministrazioni pubbliche e le popolazioni vedono nella pianificazione un
importante strumento di governo del territorio, soprattutto in un
''sistema a rischiò' come quello alpino. I clamorosi insuccessi delle
politiche settoriali e d'emergenza di fronte alla diffusione dei rischi
ambientali e al ripetersi di drammatiche ''calamità naturalì', spesso
aggravate o provocate dalle più dissennate azioni dell'uomo in ambienti
per loro natura fragili e vulnerabili, hanno posto in rilievo - osservano
Di Simine e Pastorelli - la necessità di dare priorità a politiche di
prevenzione basate su piani e programmi sufficientemente ampi e
lungimirantì'. Per la Cipra, ''la pianificazione territoriale nelle
regioni alpine è ancora largamente insoddisfacente: si osserva
innanzitutto un'estrema differenza tra le diverse regioni, un'eterogeneità
nelle leggi, nelle tradizioni e nei metodi di pianificazione che rendono
difficile l'armonizzazione di misure di tutela e gestione del territoriò'.
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