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Quale futuro per i segretari comunali?di Michelangelo La Rocca* |
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La
riforma del titolo V della costituzione ed alcune applicazioni
dell’art.114 della costituzione stessa ( si veda a tale proposito la
modifica dello statuto del comune di Castel di Tora), hanno ridato
interesse ed attualità alla discussione sulla figura del segretario
comunale. L’attuale
dibattito non riguarda solo il ruolo che deve svolgere il segretario
comunale nell’ente locale moderno ma si spinge fino a chiedersi se per
tale funzionario debba ancora esserci un futuro. E’
noto che la figura del segretario comunale è stata negli ultimi quindici
anni all’attenzione del legislatore ed ha subito riforme e modifiche che
non sembrano, purtroppo, ancora arrivate ad un punto di approdo. Il
dibattito e le attenzioni sul segretario comunale vanno inquadrate in un
contesto più ampio della crisi istituzionale che sta attraversando il
nostro Paese della quale il segretario comunale rappresenta, nel suo
piccolo, un nervo scoperto forse anche per la modesta consistenza numerica
della categoria alla quale appartiene. E’
altresì conosciuto come l’Italia a partire dagli novanta stia
attraversando un periodo di transizione che dura da troppo tempo perché
il segretario comunale, per la sua oggettiva fragilità, non ne possa
risentire più degli altri. Due
sono, a nostro avviso, le colpe storiche che vengono attribuite a tale
funzionario: 1-
la collocazione ( a torto o ragione ) della nascita o, meglio, del
consolidarsi della sua figura durante il periodo fascista; 2-
la sua appartenenza allo Stato nonostante svolga la sua opera
delicata ed importante all’interno degli enti locali ( Province e Comuni
). Due
colpe così gravi non potevano non comportare il pagamento di una
pena altrettanto grave in un periodo politicamente caratterizzato
dall’avvento al governo nel quinquennio 96/2001 di alcune forze
politiche della sinistra e dall’irrompere sulla scena politica
dell’ultimo decennio di una forza politica spiccatamente federalista
(all’inizio addirittura secessionista). Si
diceva prima che i segretari comunali dovevano pagare una pena e così è
puntualmente avvenuto. Nel
1997, infatti, i segretari comunali, pur avendo vinto un pubblico concorso
per un posto a tempo indeterminato, sono diventati, dopo l’introduzione
della necessità della conferma in occasione delle elezioni per il rinnovo
della carica del sindaco, funzionari precari ed a tempo determinato.
Con
la medesima riforma ( ma fu vera riforma? ) del 97 gli stessi segretari da
funzionari statali sono diventati funzionari pubblici alle dipendenze di
un’Agenzia autonoma appositamente costituita per la loro gestione. Sembrava
che ce ne fosse abbastanza per poter dire che i segretari comunali
avessero terminato di pagare le loro colpe ma evidentemente non era così
: per questa categoria sembra che al peggio non ci sia mai fine ed ora ci
si interroga, senza troppa diplomazia, se per loro ci debba essere ancora
un futuro. Secondo
noi, che a questa categoria apparteniamo da più di vent’anni, nei
comuni del terzo millennio può e deve ancora esserci posto per i
segretari. Prima
di esaminare le motivazioni di coloro che sostengono la tesi opposta,
appare opportuno chiederci come mai ci sia tanta avversione per la
categoria dei segretari comunali. L’essere
apparsa come una figura nata ( o consolidatasi ) durante il periodo
fascista o come la spia dello stato nei comuni spiega solo una parte di
tale avversione, non tutta; evidentemente c’è dell’altro. Credo
che l’imperdonabile colpa dei segretari comunali sia stata quella di
apparire (e forse essere) all’interno dei comuni i difensori ed i
garanti della legalità, della legittimità, dell’imparzialità e della
trasparenza. Nell’Italia
del dopo tangentopoli una simile colpa non poteva essere perdonata e di
fatto non è stata perdonata. Appena dodici anni fa, in piena epoca di
tangentopoli, è stato solennemente affidato ai segretari comunali il
compito di certificare la legittimità degli atti ed i segretari si sono
fatti carico dell’importante incombenza con scrupolo e rigore. Soltanto
qualche anno dopo ( legge 127/97) si eliminò l’obbligatorietà del
parere di legittimità e si affidò agli stessi funzionari il compito più
sfumato ma egualmente impegnativo di assicurare la conformità degli atti. Contemporaneamente
si cominciava a parlare della fondamentale importanza del raggiungimento
del risultato facendo pervenire il messaggio implicito che
sull’altare del raggiungimento del risultato si potesse
sacrificare anche la legittimità degli atti. La
soppressione dei comitati regionali di controllo e l’attacco ormai
sempre più esplicito all’indipendenza della magistratura sono lì a
testimoniare , se ancora ce ne fosse bisogno, che il valore del rispetto
della legge conosce ormai pochi estimatori e che per questi pochi
malcapitati si preannunciano tempi duri, durissimi. Nella
vita degli uomini, però, niente dura in eterno e credo che in un prossimo
futuro il rispetto della legge tornerà
nuovamente di moda e la figura del segretario ritroverà lo spazio
che merita. Certi
recenti fatti di cronaca hanno chiarito che le doti di certi manager non
sono poi tanto taumaturgiche ed
ormai sono in molti a dubitare dell’opportunità di affidare loro le
sorti di delicati enti ( ASL, comuni, ecc..). Se
solo si avrà la pazienza di aspettare la fine di un certo rampantismo
senza scrupoli ci sarà tempo e modo per ridisegnare una figura di
segretario ben inserita nel comune moderno, capace di concorrere con il
sindaco al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini con efficacia ed
efficienza. Ovviamente
anche i segretari comunali devono capire che chi non s’aggiorna passa di
moda e devono saper assecondare con intelligenza e senso delle istituzioni
le esigenze del vivere moderno con i suoi ritmi veloci, a volte
forsennati. I
segretari devono operare una rivoluzione copernicana nel modo di
rapportarsi alle nuove esigenze degli
enti locali passando dalla cultura dell’atto a quella del fatto. Ormai
bisogna agire ancor prima di pensare, il risultato conta più del modo in
cui si è ottenuto. Non
tutto ciò che sta succedendo nei nostri giorni è positivo, ma a nessuno
è consentito andare contro mano rispetto al divenire della storia e meno
che mai ai segretari. Una
prima riforma da assecondare è quella del cambiamento del nome; credo che
ormai i tempi siano maturi per introdurre la figura del “direttore
comunale” che inglobi in sé le prerogative del segretario comunale e
quelle del direttore generale. La
dicotomia introdotta dalla legge 127/97 credo non abbia giovato a nessuno. Non
ha fatto bene alla
categoria dei segretari che è risultata divisa tra segretari-direttori ed
i segretari semplici, con i primi
meglio pagati dei secondi anche se quasi sempre hanno svolto gli
stessi compiti dei colleghi più fortunati. Non
ne hanno avuto alcun vantaggio i comuni che spesso hanno dovuto sostenere
costi aggiuntivi per avere le stesse prestazioni di prima. Secondo noi una
figura così congegnata, capace di essere manager e consulente, in grado
di essere una sorta di dirigente dei dirigenti e di svolgere il delicato
ruolo di cerniera tra la struttura burocratica e gli organi politici
( sindaci ed assessori soprattutto ) dell’ente non potrà che giovare ad
una moderna ed efficiente gestione dei comuni. Chi
propugna la soppressione dei segretari sostiene che ormai i comuni hanno
una tale e tanta ricchezza di professionalità interne da poter far a meno
di loro. Chi porta avanti questi tesi trascura
il fatto che ogni responsabile o dirigente è portatore di una visione
settoriale che quasi
sempre gli impedisce di avere una visione completa delle esigenze di un
comune. Quante
volte, ad esempio, il segretario ha dovuto mediare tra il responsabile del
servizio di ragioneria e quello dei servizi tecnici per poter realizzare
un’opera urgente e necessaria? .
Chi
al pari del segretario conosce la complessità dei problemi di un comune
(dal servizio elettorale allo stato civile, dal servizio finanziario a
quello dei lavori pubblici, ecc..) ? Ovviamente
una simile figura va inserita nel nuovo assetto costituzionale dello stato
delle autonomie che uscirà dal processo di revisione costituzionale ormai
avviato, sia pure tra contraddizioni e polemiche. Già
la riforma del titolo V della costituzione pone delicati ed urgenti
problemi. Nel
nuovo stato delle autonomie non c’è più spazio per funzionari calati
dall’alto. Si
può e si deve trovare un raccordo tra l’esigenza di autonomia e quella
di unità e credo che la dimensione soltanto regionale dell’albo possa
rappresentare un giusto punto di equilibrio tra le due opposte esigenze. L’emananda
legge di attuazione della recente modifica costituzionale può
rappresentare la sede idonea per una simile modifica allo status dei
segretari. D’altra
parte nessuno può pensare di tornare al comune medievale, autonomia e
unità devono sapere raccordarsi perché l’una non può scadere
nell’anarchia, né l’altra nel centralismo. A
coloro che sostengono che l’autonomia statutaria trova il suo limite nel
solo rispetto dei principi costituzionali, va ricordato che nella
costituzione c’è la riserva di legge per la disciplina del pubblico
impiego L’art.97
infatti stabilisce che: “I pubblici uffici sono organizzati secondo le
disposizioni di legge, in modo che siano assicurati buon andamento e
l’imparzialità dell’amministrazione”. Come
si vede, se si abbandonano i pregiudizi., c’è spazio per ridisegnare la
figura di un “direttore comunale” capace di raccogliere l’eredità
della parte migliore dell’esperienza del segretario comunale per
metterla al servizio dei comuni moderni, autonomi in uno stato unito e
solidale. In tal modo si darà un futuro a questi funzionari che hanno avuto( e per certi aspetti hanno ancora) un ruolo importante nella storia dei comuni e non meritano di essere cancellati con un tratto di penna. Nello stesso tempo le autonomie locali potranno soddisfare i bisogni della collettività amministrata nel rispetto dei principi della legalità democratica, quei principi che sembrano superati ed, invece, quanto prima torneranno di moda! * Segretario della convenzione Borgofranco-Settimo V.(TO) 4
maggio 2002 |