SPROLOQUI
DI DARIO...
asini e lavagne (marzo 2002)
Italia terra di maghi piazzisti e ciarlatani (febbraio 2002)
La scimmia va in tv (gennaio 2002)
CARMELO
BENE ( In morte del fratello Carmelo)
Se
n’è andato nel blu cobalto della notte il condannato, fuori dalla tomba
marcia della democrazia.
Chiedeva
di essere dimenticato nel tempo dell’oblio, per riservarsi l’eternità
nell’umanità morta.Voleva non essere scempiato dai vivi, da quelli che in
questi tempi hanno rimpiazzato l’organico con i pixel. Piscio e merda, odori,
il concime per i fiorellini di campo e le farfalle gli fanno compagnia
:A
lui va bene così. Eterno senza nascere.
Che
ci stiano loro dietro la lavagna della storia! Che la smettano di segnare i
buoni e i cattivi.
Da
troppo tempo gli artisti sono giudicati per le casacche che spesso virtualmente
indossano, piuttosto che per il portato delle loro opere; discriminati
ingiustamente dalle logiche della politica, che fa dir loro cose mai pensate,
prendendone a prestito ideali e pensieri. Il
Novecento, secolo ideologico e gravido di accadimenti, ha trasformato gli
intellettuali in garzoni di bottega dei politicanti, sottoponendoli agli strali
delle fazioni avverse, ancor più che nei secoli precedenti. L’artista, il
pensatore, dalla luce dei tempi umani sono sempre stati guardati con sospetto
dal potere, incensati o buttati nel concio, condividendo le fortune e le
disgrazie dei potenti che servivano. Tali pressioni e censure, l’intellettuale
le ha sempre subite; semmai cambiano i persecutori. Nel rinascimento, gente di
valore come il Bembo, l’Ariosto e quant’altri, erano costretti a decantare
le lodi dei propri ingombranti protettori.
Pertanto,
i politici o chi per loro, dovrebbero evitare di passare a “quarantena”
molti nomi illustri o ricercare in epoche storiche passate una conferma delle
loro ragioni ideologiche. Sottoporre ad esame uno scrittore od un
filosofo morto, estinto da secoli, al fine di rintracciare nel suo
pensiero le proprie idee è ancora lontanamente possibile, ma farne oggetto di
distinguo ideologico, si rivela una sciocchezza aberrante.
E poi a chi giova? Dante è di destra o di sinistra? Ricordo come, anni
or sono, mi fu proposto da un’ organizzazione cattolica oltranzista –
Comunione e Liberazione, per la precisione – di scrivere un articolo
strumentale, dove avrei dovuto decantare il Medioevo e disprezzare l’odiato
Rinascimento, poiché quest’ultimo ritenuto patrimonio del pensiero comunista.
In
ogni tempo e luogo, gli artisti, gli scrittori, gli uomini di lettere di reale e
autentico valore, hanno sempre fotografato, narrato, la realtà intima del
proprio paese cogliendone il senso profondo. Così mi appresto a far io nello
sviscerare l'esprit, l'animo del mio. L'Italia è da sempre fucina di
ciarlatani,dottor ballanzoni, terra di accademici e falsari, paradiso di furbi e
ingannatori, di viscidi e invidiosi. Basti pensare al romanzo che meglio(?) ci
rappresenta: "i promessi sposi". Uno di questi imbonitori ciarlatani
è perfino stato eletto democraticamente al governo della nazione. D'altronde
che può fare l'uomo dinnanzi all'imperscrutabilità del suo destino? Semplice:
vivere e basta! Poiché le cose non cadono dall'alto e trascinarsi via dalla
logica della virtù contro fortuna di rinascimentale memoria, porta ipso facto a
cadere nelle braccia di ottenebratori di coscienze, di espropriatori di animo.
Quindi, davanti al dato reale, che evidenzia come la vita in parte ce la
costruiamo ed in parte "accade", tutti noi avvertiamo inconsciamente
un senso profondo di debolezza.
Il perché
d’una rubrica dal nome così bizzarro è presto detto. Siamo calati in un
magma ribollente di nuove sensazioni, procediamo per inconsuete rotte, ci
perdiamo per ritrovarci in un mondo in cambiamento. Lo sproloquio diventa la
forma stessa di ciò che sarà. Il dialogo assurdo captato per la via, i talk
show orribili ci vaccineranno, pur non volendo, dalla loro realtà, dandoci
spunti di riflessione sulla nostra. Sproloqui vuole essere essenzialmente
un sasso gettato nello stagno, con la speranza che si originino dei cerchi,
delle onde, degli impulsi che scuotano, percuotano il nostro devitalizzato
tempo. Sproloqui è il gusto del paradosso,il sondare e spostarsi sui
territori della vita con l’energia del racconto;esso solo può dare energia
alla vita stessa, nobilitandola. Questo è il principio. Si può esser
d’accordo o meno con tale intento, ma millenni fa, da dialoghi apparentemente
inutili, Platone costruì la sua filosofia.
Quindi
bisogna esser coraggiosi e lanciare il sasso, altrimenti lo stagno sarà immoto
e fangoso, e ciò non lo vogliamo. Movimentare le acque, rompere le dighe dei
pregiudizi, ancorché quando gli stessi sono mascherati da verità scientifiche
inappellabili, da saperi preconfezionati e regimentati, alfine trovare l’Acqua
pulita, che fior di pensatori hanno bevuto per secoli sempre nuova. Lanciare
quindi il sasso per sondare nuovi orizzonti e non fermarsi ai camuffamenti dei
pensieri oziosi o astrusi, talvolta identificati in “ismi” per occultarne il
puzzo mefitico.
Che lo stagno ritorni fiume. Tra i tanti sproloqui, si salvi qualcosa. Forse sarà proprio la zattera giusta per rimanere a galla. I fondali sono limacciosi ed insicuri, ma lo spirito intrepido deve farci scorgere, al fine di combatterli, i mostri delle false libertà, che come sauri striscianti smuovono la terra ed i pensieri per rendere torbide e schiave delle loro aberranti teorie le nostre menti entusiaste e veramente libere. Che da questi sproloqui, mi auguro, possa sortire una zattera, per navigare in acque così infide ed insicure e prendere finalmente il mare.
“Lascia
tutto e seguiti” è il refrain d’una canzone e perdendomi in questo motivo,
mi ritrovo fuori dal labirinto di sciocchezze che la coda del Novecento ha
portato con sè. A cominciare dalla sperimentazione artistica fine a se stessa,
dalla quantità di “ismi” filosofici, da quel rendere fruibile tutto
incondizionatamente, che - citando Carmelo Bene -, ha finito per moltiplicare
l’ignoranza proprio nell’era dell’informazione globale, riducendo al
silenzio gli artisti, quelli veri, confinandoli magari sulle pagine dorate del
Web. Così la mia esistenza (dall’etimo “stare fuori da”) di scrittore, la
scovo nel luogo dove dovrebbe trovarsi il virtuale. La comunità è un termine
pertanto neutro, che può significare gruppo di menti pensanti come mafia di
paese. Essendo fatta di uomini, non è un prodotto pubblicitario; alla maniera
di una cartina al tornasole la comunità del web lascia trasparire ciò che è,
senza inganni durevoli, che non siano quantomeno connaturati alla sua identità.
Detto ciò, occorre inserire in questo discorso la figura dell’artista o del
pensatore qualsivoglia. La retorica del pubblico, nata negli anni settanta, ha
guastato la serietà artistica di tutti quanti, abbassando le cime, innalzando
le buche, portando al trionfo il medio. Con l’andare del tempo il livellamento
verso il basso ha raggiunto profondità incalcolabili. Vuoi la furbizia di
venditori di fumo, vuoi la piaggeria ruffiana di molti pensatori, si è giunti
ad un decadimento del gusto e financo dell’antica sapienza degli artisti, con
la perdita irreparabile di quelle che vengono dette “le fonti”, insomma il
sapere comune di base indispensabile ad ogni arte. Dunque il poeta, il
letterato, il drammaturgo, soffrendo questo impoverimento espressivo e
regressivo, hanno perduto la platea potenziale per assistere ai loro spettacoli,
per fruire la loro materia
letteraria, ascoltare le loro canzoni; la perdita di una platea che nel corso
dei secoli, seppur non numerosa, essi avevano faticosamente conservato.
L’arte
è divenuta, in successione, ostaggio dei partiti e delle ideologie, serva dello
sviluppo tecnologico, funzione industriale, fuga nell’irrazionale e
nell’infantile, primitiva, informale, astratta, pop, immaterica, materica,
semiotica, critica, confondendo - di passaggio in passaggio, di delirio in
delirio - il proprio statuto, le proprie fonti, inquinandole, perdendo il senso
stesso del suo esistere. Oltre alla massificazione estetica, alla
mercificazione, al totalitarismo consumista, hanno nociuto all’espressione
artistica gli sperimentalismi, le avanguardie, le neo-avanguardie, le
trans-avanguardie, le neo-trans-avanguardie (etc.etc.): fenomeni opposti, ma
dall’effetto simile se non equivalente.
In
un mondo dove una poesia può essere messa in relazione, nell’ordine, ad uno
scovolino per Water, alle tette di una valletta, ad interi plichi di note
critiche di Eco, l’artista non è più il creatore e depositario dei valori
dell’opera, e non lo è più come è giusto che sia l’opera stessa.
Secondo queste scimmie innovatrici è il pubblico che decide. Ammesso che
sappiano dare un senso alla parola pubblico. La retorica e sciocca prosopopea
dei settanta, ereditata, ha finito per diffondersi e inquinare tutto uscendone
trionfante. Allora è giusto che le perle non siano date ai porci, o quantomeno non ci si esponga al nugolo numeroso di quelli che per
esistere succhiano le altrui esistenze o le rovinano, in una società dove ci
sono molti Salieri e sparuti e spauriti Mozart. Anche perché quasi mai lo fanno
con qualche competenza e fondamento, bensì per pura invidia.
Si
arriva dunque all’espressione materiale di questo pensiero, alla sua
concretizzazione. Gli artisti infatti, devono banalizzarsi od
intellettualizzarsi, a discrezione, mai
seguire la fiamma alchemica
e creatrice dell’arte, altrimenti ci sarà una gogna televisiva pronta
ad affondarli nel nome del sacro spirito democratico. Questo accade quando si
desacralizza tutto, quando si sputa per sputare; in tempi tali la dissacrazione
fine a se stessa, il cinismo decadente, vendono molto; però è una crudeltà
finta, che mischia ogni cosa per non dare valore a nulla. Così vomitano su
tutto, perché non rimanga niente. Potrebbero essere scoperti! Ritornare nel
buio della propria mediocrità, all’ombra del genio. Ciò li turba.
Sarebbero
questi i “novatori”? Penso di no.
Perciò
il vero artista, che è genio ma anche inconsapevolezza, trova nella rete
l’unico spazio, seppur non immune da gogne, dove quantomeno confrontarsi con
pubblici meno gretti.
In
tal modo vivo io, confinato nel web, pura identità di bit.
Internet
è il mondo dicono. Può darsi, però il mondo non è internet. Quindi, se vi
invitano come poeti, pensatori, scrittori, cineasti o quant’altro in un talk
show, mandateci al posto vostro una scimmia. Saprà farsi valere, davanti a
gente talmente evoluta e di ubiquità indefessa del tipo di Costanzo o Vespa e
nessuno si accorgerà di niente: sarà il vostro nome che innalzeranno. Ogni
salotto troverà la parodia dell’uomo, la scimmia, agitarsi ed incantare le
platee, (sotto o sopravvalutate da certe serpi avanguardiste, secondo le
poetiche), pubblicizzare i libri di un altro (cioè voi), o dissertare infine
del senso ultimo delle cose con il prete esorcista, il trans poeta, il cercatore
di fate, l’atleta canguro, la trapezista dantista, il merlo astro fisico.
Senza muovervi da casa vostra potrete essere quello che la scimmia è per voi,
vivere quello che la vostra parodia demistificata vive per voi. Poi con la
clonazione anche il vostro simpatico amico primate verrà fatalmente
rimpiazzato. Il ciclo continua. Di scannatoio in scannatoio, sarà la scimmia ad
essere torchiata, assillata, denigrata, incensata da gente che molto spesso non
ha i mezzi per farlo.Voi lì, a godervi la tv! E la gloria.
Cari
artisti, siamo in tempi dove in segreto, nelle case, i geni “abbondano”,
fanno muffa, mentre sul canale unico le mezze tacche e gli intellettualoidi
scherzano e banchettano con le scimmie di noi stessi. Il canale unico, la somma
di tutto, il Moloch che ha reso le arti desuete e vecchie:
l’evoluzione. L’evoluzione, quello spassoso primate che vedete e riconoscete
assomigliarvi a grandi linee, se non fosse che veste meglio di voi, firmato,
sponsorizzato. Con l’evoluzione non si scherza, amici!
Pertanto, preparatevi le noccioline, accendete il video registratore e osservatevi; potreste comparire in televisione (il canale unico) e non riconoscervi, nutrendo tuttavia una grande simpatia per il vostro alter ego, il vostro camuffamento parodiante; e a poco a poco prenderci gusto.
Questa Rubrica Nasce Nel Gennaio 2002
a cura di Tungaska