La magica visione dei FENICOTTERI
non si limita all'immediata periferia di
Cagliari, ma riappare negli
stagni di Masainas e Sant'Anna Arresi, nelle saline di Sant'Antioco e in
quelle di Carloforte, nell'Isola di San Pietro.
Contrariamente a quanto avveniva in epoche preistoriche, allorché il SUD
OVEST SARDO era assai frequentato per merito delle sue immense risorse
commerciali, prima con l'ossidiana di Monte Arci e quindi, già in età
del bronzo, per le sue particolarissime ricchezze di minerali metallici
(la rotta mediterranea dei metalli passava da qui), il Territorio,
nonostante le sue bellezze naturalistiche, è ancora oggi pressoché
sconosciuto.
La
Costa dei Delfini, delimitata a Nord da Capo Pecora e a Sud Est dal Golfo
degli Angeli, sul quale si affaccia Cagliari, è senza dubbio tra le più
belle del Mediterraneo, con la maestosità delle sue splendide scogliere,
nei cui anfratti abbondano grotte marine e spettacolari calette. E' così
chiamata perché é assai frequente incontrarvi i simpatici, guizzanti
mammiferi che, non di rado, fanno le loro burlesche apparizioni anche
all'interno dei porti dell'Arcipelago del Sulcis: Sant'Antioco, Calasetta
e Carloforte.
La Costa dei Delfini, ove, oltre ai porti nominati esistono anche quelli
di Teulada, di Portoscuso e di Buggerru, non è solo il regno della pesca
d'altura a ricciole, tonni e pesci spada, ma anche assai adatta a safari
per la fotografia subacquea a cernie, razze e murene, in un meraviglioso
ambiente sottomarino dove è abbastanza facile imbattersi nei relitti di
imbarcazioni di tutti i tempi e nei ruderi di dimenticate città sommerse.
Ma l'incanto di tutta questa immensità di coste, dove il praticare la
vela pare faccia ascoltare il respiro degli angeli e le voci dei delfini,
non è completo se non si considera l'interno del Territorio che esse
racchiudono.
E' un Territorio del quale approfonditi studi archeologici faranno parlare
moltissimo, perché chiave di volta di alcuni intricati e apparentemente
insolubili misteri circa l'evoluzione della civiltà nel Mediterraneo.
Infatti, accanto a zone archeologiche
abbastanza recenti quali le fenicio-punico-romane di Antas, Monte Sirai,
Sant'Antioco, Paniloriga, Bithia e Nora, si trovano, in un intrico quasi
inesplicabile: zone nuragiche e pre-nuragiche, vicino alle quali è stata
pure trovata la traccia fossilizzata dell'elefante nano.
Il massimo del pathos preistorico del Territorio é espresso dalla
Necropoli-Santuario di Montessu, vicino a Villaperuccio, dove, fin dal
3500 a.C., in una valle segnata dal misticismo di una religione arcaica
che qui aveva fatto il centro di riferimento di tutto il Mediterraneo,
veniva praticato il Rito dell'Incubazione consistente nel dormire diversi
giorni e diverse notti accanto alla tomba di un eroe, per sognarlo e,
colloquiando con lui, comunicargli i propri incubi, le proprie
preoccupazioni ascoltando il suo spirito; onde svegliarsi rasserenati e
forse guariti dagli incubi notturni.
L'apparato scenografico di Montessu, con tutte le sue tombe scavate nella
valle a ferro di cavallo (e nelle immediate vicinanze), oltre a dirci che
i protosardi sapevano costruire su progetto, ci dice anche che il
comunicare con i morti della gente di allora è stato anticipatore di
quella pietà per i defunti che caratterizza tutte le odierne civiltà con
le loro religioni.
Nelle
cellette scavate nella roccia si trovano, oltre a particolarità
architettoniche che, pur nella loro barbaricità denotano un sapere
estetico evolutissimo, anche incisioni la cui enigmatica decifrazione
porta a diverse interpretazioni. Nella così detta tomba dedicata al Dio
Toro la volta è scolpita, per alcuni, con raffigurazioni di corna sacre;
per altri, invece, le raffigurazioni, evocano barche preistoriche da
cerimonia (abbastanza simili a quelle raffigurate negli affreschi di Thera,
esposti al museo nazionale di Atene). Qualunque sia la più giusta
interpretazione della volta di codesta tomba occorre sottolineare che la
scala di accesso, composta dai più fantasiosi gradini che mai uomo abbia
saputo costruire, é, in assoluto la più sconcertante dimostrazione
dell'intelligenza di quel popolo semi-sconosciuto che ha concepito la
Necropoli di Montessu e occorre aggiungere che tale "scala"
potrebbe assomigliare a un timone di una imbarcazione preistorica. Nella
così detta tomba della Dea Madre, o delle spirali, il rebus è ancora più
sottile. Prescindendo dai fregi barbarici che le conferiscono una
distinzione regale, le spirali che vi sono scolpite potrebbero
raffigurare, per alcuni che hanno frequentato il Sahara, la costellazione
delle Pleiadi, riferimento base per gli attraversamenti notturni nel
deserto per l'antichissimo popolo dei Garamanti (antichi abitatori del
Fezzan, regione storico-geografica della Libia a sud della Tripolitania).
Per altri le spirali sono un chiaro riferimento alla Dea Madre; ma altri
ancora le interpretano come gli anni dell'esistenza di chi vi è stato
sepolto; in quanto ogni spirale potrebbe significare cinque anni.
Rispettivamente le due tombe sono ubicate a sinistra e a destra della
valle a forma di omega contenente alcune decine di sepolcri.
Da Montessu si scorge, nella piana di Villaperuccio, il tracciato
circolare della città, da tempo sepolta, dove erano probabilmente ubicati
gli alloggi dei sacerdoti del santuario e dei pellegrini che qui
giungevano da ogni parte del Mediterraneo.
A ovest di Montessu si erge l'imponenza
di Monte Narcao, l'altare barbarico del Sulcis, dove la leggenda dice
che sulla sua cima è nato il culto al Dio Toro. Sulla sua piatta sommità,
in effetti, tipica delle giare vulcaniche sarde, troneggia, sul lato di
Montessu, uno straordinario monolito a forma di corna (o di giogo da
buoi) lungo oltre sei metri. Non si capisce se sia stato plasmato dalla
mano dell'uomo o dagli agenti atmosferici. Resti di costruzioni
quadrangolari disseminano la parte più pianeggiante ed erbosa della
sommità mentre, tra le sue variegate zone rocciose e rugose, pare di
vivere nella irrealtà di un fondo marino, pur dominando, dall'alto, la
grande pianura circostante, lambita, laggiù, ad ovest, dal mare (quello
vero) color lapislazzulo.
Ritornando nella zona compresa nel quadrilatero:
Sant'Antioco, Capo Pecora, Siliqua, Capo Spartivento, molte, oltre a
Montessu, sono le zone archeologiche, famose, da visitare: il Tempio di
Antas a Fluminimaggiore; Monte Sirai a Carbonia con il museo archeologico
e il museo paleontologico; la zona archeologica di Sant'Antioco con il
museo etnografico, l'area delle abitazioni in grotta e 1'
interessantissimo museo archeologico.
Ma il SUD OVEST SARDO non detiene soltanto il primato della più grande
concentrazione archeologica del Mediterraneo, esso é un autentico
giacimento culturale da approfondire, come conoscenza emotiva, per quanto
riguarda le sue immense foreste, dove vivono il cervo sardo e il daino
(Assemini. Capoterra. Sarroch, Pula, Domus de Maria, Teulada, Santadi,
Nuxis, Narcao, Villamassargia, Domusnovas, Siliqua, Villacidro,
Gonnosfanadiga, Guspini, Arbus). Non solo giacimento culturale, quindi,
per l'archeologia, non solo per le foreste, non solo per le innumerevoli
grotte tra le quali tre sono aperte al turismo: quelle di Is Zuddas a
Santadi, quelle di Su Mannau a Fluminimaggiore (molto interessante anche
il museo paleontologico) e quelle di San Giovanni a Domusnovas, ma
soprattutto giacimento culturale per le sue tradizioni ataviche di usi,
costumi, feste paesane, artigianato tipico e arte culinaria.
Per gli amanti della flora, va detto che essa é unica, profumatissima, e
nel massimo del suo splendore dal mese di novembre a metà maggio:
corbezzolo, mirto, cisto, lentisco, elicriso, borragine, erica, ginestra,
rosmarino, palma nana, fico d'india, leccio, tamerice, oleandro, mandorlo,
perastro, melograno, pesco. mandarino, arancio, limone, bergamotto ecc.
E i tanto decantati minerali delle famose miniere? Ai collezionisti,
ovviamente, interessano solo quelli rari o almeno quelli più fotogenici.
Si cerca e si trovano: l'argento nativo, l'aragonite, l'anglesite, la
fosgenite, la calcite, la piromorfite, l'emimorfite e tanti, tantissimi
altri.
A Portoscuso e Carloforte (30' da Masainas) sono in funzione le
tonnare. Le grotte marine non si contano. Le spiagge sono un'infinità.
Nei monti minerari si snodano percorsi di una bellezza indescrivibile. In
essi ancora si respira la fatica dì un popolo orgoglioso che ha estratto
per millenni dalla roccia, nel buio e nel pericolo delle gallerie, quei
minerali per cui questa parte di Sardegna è famosa nel mondo: galena
argentifera, blenda, calamina, emimorfite, leadhillite, marcassite,
cerussite, smithsonite, anglesite, sfalerite, malachite, ecc.
E' difficile parlare di tutto ciò che c'è da scoprire nel SUD OVEST
SARDO. In questa descrizione non si è che accennato al complesso di
tradizioni, usi e costumi. Non si è parlato della medicina popolare, cioè
di quell'arte magica così sentita tra i Sardi, con una varietà cospicua
di rimedi per tutte le malattie: dal semplice singhiozzo alla sciatica,
dall'orzaiolo al malocchio, dal mal di denti al mal d'amore.
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