PSICOLOGIA PRENATALE

 

 

La vita della giovane coppia

 

La vita di coppia, che precede il momento stesso della fecondazione, va incontro a tutta una successione di crisi connesse alla costituzione del nuovo nucleo familiare e alla revisione-modificazione dei ruoli precedentemente acquisiti. La crescente richiesta dell’ambiente pone inoltre il costante problema delle risorse economiche.

La diversa dimensione di responsabilità fa nascere il bisogno di garantire alla nuova famiglia il diritto alla casa, alla privacy, ad un futuro, alla procreazione libera dai condizionamenti, che oggi stanno alla base del ridottissimo numero di nascite.

Per questi e per altri motivi è necessario sostenere le giovani coppie attraverso servizi adeguati che non devono però scadere nell’asettico assistenzialismo.

Il matrimonio rappresenta, in base ad una definizione puramente etica e giuridica, il momento di unione fisica, morale e legale di un uomo e di una donna e questo impegno richiede la presa di coscienza del vivere in due.

Con la vita coniugale, ed il conseguente distacco dalla famiglia d’origine, i due coniugi raggiungono la piena indipendenza e questo li incoraggia verso un percorso equilibrato di maturazione.

Sempre di più però, in un epoca in cui tutto è in crisi, questo equilibrio diviene fragile e va soggetto a dissesti che possono sfociare in una rottura del rapporto e in una possibile separazione.

Una delle cause che determina tale frattura ed il disagio individuale e sociale conseguente è individuabile nella mancanza d’amore che la famiglia stessa non riesce più a garantire. Un’educazione prematrimoniale che focalizzi i complessi problemi morali, fisiologici, relazionali e sociali inerenti al matrimonio, e quindi chiarisca ogni possibile dubbio, sicuramente, offre la possibilità di costruirsi una base più solida ed un’esistenza felice pur nella mutevolezza degli investimenti affettivi ed emotivi.

La sessualità e la ricerca di partner ed oggetti di realizzazione sessuale diversa, stimolata dalla cultura dell’erotismo ad ogni costo, irrimediabilmente mina continuamente il rapporto a due. Il bisogno di piaceri personali viene perciò anteposto ai doveri familiari.

Va poi ricordato che un ingente numero di delusioni profonde e angosce riguarda il dubbio sulla capacità stessa di procreare e sulla necessità di assicurarsi la vita eterna attraverso una discendenza.

Il bisogno di avere dei figli, oltre ad essere correlato con la pulsione riguardante l’istinto a perpetuare la specie, ha diversi altri complessi significati culturali e simbolici.

Vi sono bisogni e aspettative diverse come: la necessità di confermare la somiglianza psico-fisiologica, religiosa e culturale con il gruppo d’appartenenza, di essere adatti agli scopi prefissati dal proprio ruolo sessuale, la capacità di rigenerare se stessi.

In genere possiamo notare come il problema della procreazione trova, di solito, i due giovani coniugi d’accordo mentre invece le differenti richieste relative al soddisfacimento dei sensi possono creare uno stato, più o meno intenso, di conflitto.

La sessualità matrimoniale è in ogni modo legata alla relazione profonda della coppia oltre che al desiderio di amare e gratificazioni sessuali che si esprime seguendo linee che sono del tutto individuali.

Alcune spiacevoli situazioni possono determinare il crollo delle illusioni riguardanti il rapporto, oltre che interferire sulla possibilità di avere un bambino.

Le disarmonie di tipo affettivo possono intaccare quei sentimenti di generosità, di affettuosità e di amore che sostengono i momenti più delicati della coppia come la fase di gravidanza della donna. Queste brevi considerazioni devono farci riflettere poiché ogni crisi dei genitori può interferire con lo sviluppo cognitivo del bambino.

 

 

 

Psicofisiologia della riproduzione

 

Per l’uomo, la vita si svolge seguendo un ritmo più o meno graduale che va dalla nascita alla vecchiaia e che vede la stessa posizione di paternità poco traumatica.

La donna invece deve, in un certo senso, subire l’azione della natura e le oscillazioni profonde che determinano, con l’inizio della gravidanza, una trasformazione sia fisica sia psichica che sconvolge il suo stesso schema psico-corporeo. La donna sa per sua stessa natura come partorire e cosa le occorre per salvaguardare la vita del bambino che cresce dentro di lei.

Il sostegno di compagno sensibile e affettuoso, che sia informato sui complessi dettagli di quest’evento, pone la donna stessa in una posizione di calore e di conforto emotivo. Molti degli aborti spontanei sono imputabili al rifiuto della gravidanza, a traumi psico-fisici diversi, oltre naturalmente ai fenomeni prodotti da alcune patologie.

La bambina fin dalla nascita va ad assumere, suo malgrado, il ruolo di “femmina” e di conseguenza cresce in tale dimensione che comprende i vissuti relativi alla maternità. Questa consapevolezza va, però, sostenuta da una corretta educazione e preparazione psicoprofilattica al parto che dovrà considerare:

 

1) L’esatta valutazione delle conoscenze rispetto al parto e ai pregiudizi e superstizioni ancora oggi esistenti, attenuazione della cultura del dolore che avvolgono il concetto di maternità e di femminilità;

 

2) Un equilibrato orientamento psicologico e morale che veda come punto di riferimento le reali necessità individuali della donna;

 

3) Un’adeguata preparazione psicologica e psico-fisica e per le primipare un periodo, più o meno lungo, di allenamento per affrontare l’esperienza del parto nel modo più tranquillo e naturale possibile;

 

4) Il bisogno di correggere l’attuale concezione meccanica del parto che viene, in molti istituti, effettuato in modo frettoloso seguendo il principio diffuso del risultato con minimo dispendio di energie e di mezzi;

 

5) La necessità di coinvolgere il partner per maturare assieme quest’esperienza di vita in una condizione che rinforzi il vissuto di fiducia in se stessa e di sereno coraggio della futura madre;

 

6) Lo svolgimento quanto più naturale possibile del parto che offre notevoli vantaggi anche al nascituro;

 

7) Un’azione psicologica di sostegno atta a valutare i vissuti inconsci e le proiezioni riferite alla costruzione del bambino immaginario che può provocare la crisi post-partum di rifiuto del bambino reale.

 

Durante il rapporto di coppia la donna realizza la sua primaria funzione biologica che prevede il rapporto con un individuo della stessa specie, appartenente all’altro sesso, e che sia in grado di trasmettere l’elemento mancante della catena riproduttiva: il seme.

Se il rapporto coincide con la fase di ovulazione, che avviene all’incirca a metà periodo tra una mestruazione e l’altra, l’ovulo incontrerà uno spermatozoo capace di conquistarlo. Avrà così inizio una stupenda avventura che si risolverà nella creazione di un nuovo essere simile alla madre e al padre.

Nel corso del primo mese, la mancanza del ciclo mestruale, accompagnata da alcuni stati di malessere: nausea, appetito continuo, sensazioni di vertigine, sbalzi di umore, ecc. annunciano che qualcosa nel corpo della madre sta cambiando. La necessità di sapere, di certezza, spinge la coppia verso un esame clinico che andrà ad annullare ogni dubbio. La donna comunque, tranne che in alcuni casi o disturbi patologici (gravidanza isterica), a livello inconscio avverte quest’evento.

Il nostro amico ovulo intanto continua a crescere finché l’embrione raggiungerà nell’ottava settimana i 4 cm di lunghezza e crescerà ancora fino a quando il feto non raggiungerà le dimensioni del pieno sviluppo corporeo verso l’ottavo ed il nono mese.

Già nell’ottavo mese, il bambino, ha buone possibilità di sopravvivere alla vita extrauterina perciò una nascita pretermine, pur nelle sue complicazioni fisiche e psichiche non sempre costituisce un dramma.

I vissuti che accompagnano la coppia e le relative crisi dovute alla gravidanza vengono sempre di più correlate ad aspetti sia di tipo psicologico che sociali ed economici.

La modificazione dei ruoli, la conferma del rapporto che la nascita di un figlio sottolinea e la conseguente revisione di eventuali progetti di separazione. Inoltre, la mancanza di una casa e di un lavoro stabile diventano problemi spesso insostenibili che richiedono un supporto concreto della comunità; tutto ciò si accentua enormemente nel caso di ragazze sole e di relazioni extraconiugali.

Programmare una nascita implica il coinvolgimento di vissuti profondi e di risorse psichiche che tendono a sconvolgere la coppia non preparata psicologicamente all’evento pur nella dimensione biologica e naturale nella quale il parto si esprime.

 

 

 

 

La vita segreta prima della nascita

 

La psicologia prenatale, che costituisce una solida disciplina affermatasi soprattutto in Europa, rappresenta una branca della psicologia unica nel suo genere non soltanto perché tratta un argomento insolito e ancora molto misterioso, ma anche per il carattere prettamente pratico delle sue ricerche.

Gli studiosi, appartenenti a questa disciplina, sono consapevoli del fatto che, attraverso l’effettuazione di rigorosi esperimenti, sia possibile intervenire già nella fase prenatale per eludere differenti notevoli problemi emotivi e debilitanti creando nel futuro nascituro i presupposti per affrontare la vita in modo più concreto e naturale.

Questi studi costituiscono anche una speranza per psicologi e medici oltre che per molte famiglie visto che concederanno maggiori possibilità di anticipazione e di prevenzione di molte interruzioni volontarie o inconsce della gravidanza. Tutto ciò parte della considerazione che le emozioni materne hanno un influsso notevole nella psiche del nascituro, quand’egli è ancora allo stato fetale, che possono segnare tutta la sua futura vita: se s’imprime nella mente del bambino il coraggio e l’ottimismo ci vorranno grandissime avversità per poterlo cancellare.

Intorno agli anni 40-50, alcuni ricercatori, fra cui P. Fodor, D. W. Winnicott, F. Kruse, D. Stott, giunsero alla straordinaria conclusione che tutte le emozioni materne influenzavano notevolmente lo sviluppo del feto.

Verso la metà degli anni 60, con l’acquisizione di nuove metodologie in campo psicologico biologico e medico, queste affermazioni furono incontestabilmente confermate. Si giunse così alla decisione finale che il feto è un essere fornito di innumerevoli capacità. Già verso la quinta settimana possiede un complesso patrimonio di azioni riflesse.

Al quarto mese il feto riesce a chiudere gli occhi, a corrugare la fronte e a storcere la bocca, infatti, se il ventre della madre è accarezzato socchiude gli occhi in segno di piacere. Più tardi, se, durante un esame il suo cuoio capelluto è stimolato, egli sposta la testa; in questo periodo egli acquisisce la capacità di discriminare i sapori. Inoltre, riesce a comunicare stati di benessere o di ostilità con calci e sobbalzi tanto che se la madre è spinta o urtata il feto si ritrae.

Dalla ventiquattresima settimana in poi il feto è continuamente in ascolto, il suono che ama di più e che gli conferisce la certezza che tutto sia tranquillo è il ritmo del cuore materno. La maggior parte delle ricerche, confermate da numerosi studi di psicologia, fisiologia, neurologia, biochimica, riguardano il bambino nell’utero dai sei mesi in poi, confermando che da questa data in poi egli è in grado di apprendere, ricordare o ascoltare.

E. Carnetti in una sua ricerca afferma che l’antico ricordo del battito cardiaco materno può influenzare i nostri futuri gusti in fatto di musica.

Vivaldi è uno dei compositori sicuramente preferiti dal nascituro e quando è ascoltato, fa si che la sua cadenza cardiaca si regoli ed i movimenti bruschi diminuiscano di frequenza. Altri autori come Brahms, Beethoven e la musica rock in genere provocano nella maggior parte dei feti dei turbamenti che sono segnalati con calci.

A conferma di ciò, alcune pazienti in avanzato stato di gravidanza, seguendo le nostre prescrizioni, avevano smesso di frequentare i concerti ed i locali eccessivamente rumorosi perché i loro bambini reagivano violentemente a queste situazioni stressanti.

La musica influisce a tal punto sul feto da condizionare il talento di alcuni illustri musicisti tra cui A. Rubinstein, Y. Menuhin, Brott, i quali hanno affermato che la loro grande passione per la musica, con molto probabilità era nata nel periodo prenatale. Il precoce talento dello stesso Beethoven, costituisce un esempio più che convincente.

 

 


 

La vignetta è di Eugenio Lo Gullo (1995)

 


Brott, in particolare, raccontò che molta della sua capacità di eseguire dei pezzi ad orecchio dipendeva dal fatto che sua madre, violoncellista, durante la gravidanza li suonava continuamente.

Persino alcune abitudini alimentari possono essere condizionate prima della nascita. Difatti, una nostra amica, che ora lavora da diversi anni in tv, amava condire molte pietanze con esagerate dosi di aceto perché la madre durante la gravidanza aveva bevuto una bottiglia intera di questa sostanza.

Sono molte le donne in gravidanza che manifestano, durante i nove mesi di attesa, comportamenti bizzarri ed alcune arrivano a mangiare le loro stesse feci, forse per la comparsa di tratti psicotici. In altri casi però, queste condotte sottolineano la necessità di assicurarsi degli elementi basilari per l’organismo: sali minerali, vitamine.

Sicuramente non tutto quello che accadrà alla madre durante i nove mesi condizionerà irrevocabilmente il futuro del suo bambino, ma indubbiamente, i pensieri e le emozioni materne influenzano la nuova vita ed essi, a differenza dell’ereditarietà genetica, sono indubbiamente più controllabili.

Come affermato più volte, il rapporto con un uomo che garantisca sostegno ed amore alla donna, prima e durante e dopo la gravidanza, non può che influire positivamente sul sua psiche e, attraverso di lei, sul suo sistema immunitario. Per questo motivo niente è più dannoso, per il benessere psicofisico del bambino, di un padre che trascuri o maltratti la moglie.

Un fattore altrettanto importante e l’impegno che egli ha nei confronti del rapporto di coppia: i sentimenti che nutre per la partner, il modello di padre che ha acquisito nel suo sistema familiare di origine, eventuali problematiche personali, lavorative, economiche.

Naturalmente, da un punto di vista psicologico, l’uomo, non essendo organicamente legato al futuro nascituro, viene a trovarsi in una posizione di netto svantaggio alla quale può ovviare, ad esempio, comunicando direttamente o attraverso la madre.

Il bambino nell’utero ode i rumori e percepisce la voce del padre e vi sono, difatti, prove certe che il tono paterno abbia un ruolo significativo per l’equilibrio emotivo del bambino, anche perché impara a riconoscerla e a reagire ad essa.

Un aspetto molto importante che dobbiamo richiamare alla memoria è che la madre nel periodo della gravidanza, se non intervengono situazioni di rischio accertato, non deve modificare drasticamente le sue abitudini di vita, ma ricordare che dubbi occasionali, ansie, piccoli stress, fanno parte della normale condizione di esistenza.

 

 

Utero affittasi

 

Un considerazione a parte meritano i bambini concepiti attraverso il metodo della fecondazione artificiale.

La fecondazione artificiale è una tecnica utilizzata sempre di più da molte coppie la cui moglie è sterile. Essa è attuata tramite trasferimento del liquido spermatico del marito ad una donna che si sostituisca alla madre, che porterà a termine la gravidanza ed al momento della nascita consegnerà il bambino alla coppia.

Un utero in affitto dunque per un bambino che diverrà in seguito il figlio adottivo di una donna che non lo ha partorito, ma che si prenderà cura di lui.

Da un punto di vista medico non esistono problemi in quanto, essa è un’operazione considerata “semplice”, economica e sicura al 100%. L’aspetto legale concerne solo la stesura di un contratto che chiarisce l’interrogativo riguardante il possesso del figlio, quasi fosse una merce.

Da un punto di vista psicologico bisogna, innanzi tutto, chiedersi quali siano i motivi che inducano una coppia sterile ad avere un figlio “a metà” invece che adottarlo, pur riconoscendo le peripezie burocratiche interminabili che questa pratica richiede. C’è poi un’altra questione da considerare: per quale motivo una donna accetta di far crescere dentro di se per nove mesi un bambino, con le conseguenti vicissitudini riferite alla gestazione e al momento del parto, che poi, come madre naturale, affiderà ad un’altra donna? Lo fa solo per denaro o per il desiderio inconscio di essere fecondata?

Ad ogni modo, la madre in affitto, proprio perché tale, cercherà in ogni possibile modo di non essere coinvolta emotivamente nella gravidanza, di non coltivare momenti di affetto per il bambino che deve nascere, anche perché se lo facesse, sarebbe per lei poi troppo difficile accettarne il distacco. Tutto ciò, fa si che questa non attui nessun tipo di rinuncia: smettere di fumare o bere, assumere sostanze e farmaci a rischio, oppure scegliere un parto naturale piuttosto che pilotato.

Le sue percezioni emotive, che possono essere ambigue e contrastanti, sicuramente andranno ad influenzare la personalità del figlio. Il bambino, una volta raggiunto lo stato adolescenziale che è condizionato dalla ricerca di un’identità, se non è supportato da un valido sostegno psicologico, andrà incontro a crisi devastanti nelle quali vi sarà il bisogno di ricercare la madre naturale.

 

 

Fecondazione in vitro

 

Le attuali considerazioni di tipo medico definiscono il metodo della fecondazione in provetta molto semplice.

Si tratta, in pratica, di rimuovere chirurgicamente la cellula-uovo matura della madre e di fecondarla in vitro con lo sperma del padre. Dopo questa operazione l’ovulo fecondato è innestato nella madre.

Sotto molti aspetti questa strategia, anche da un punto di vista psicologico, risulta essere quasi ideale, soprattutto, per alcune delle più comuni cause di sterilità femminile. In questo caso, la donna non solo è fecondata dal marito, ma porterà il figlio durante tutta la gravidanza ed avrà così il modo di vivere questa fantastica esperienza. Il bambino si svilupperà, quindi, in una madre molto premurosa e piena di amore che farà di tutto perché cresca nel modo più sano ed equilibrato possibile. Ciò è dovuto anche all’enorme attesa ed alle aspettative relative al bisogno di essere madre. Alcune piccole crisi vengono però osservate, anche in questo caso, perché la donna può portarsi dietro la percezione di incapacità naturale a procreare.

Vi può essere la possibilità che insorgano dei dubbi riguardo al fatto che l’ovulo utilizzato o lo sperma, per un errore dei medici, non appartenga alla moglie e al marito o che solo uno di essi è risultato utile e che i medici per evitare problemi alla coppia abbiano utilizzato un altro ovulo o altro liquidi inseminale.

E’ possibile prevedere al 100% che il patrimonio genetico, durante il trasferimento dell’uovo fecondato non sia danneggiato?

Questi metodi, benché utili in determinate e occasionali circostanze, vanno soggette ad un controllo continuo che non prescinda dai valori etici e dal rispetto per la vita umana. Inoltre, dobbiamo costatare, che in troppi casi, si utilizzato in modo indiscriminato tecniche fra le quali: il monitoraggio del feto, il parto pilotato, l’uso di incubatrici e forcipi, del parto cesareo, senza riuscire a prevederne le conseguenze bio-psicologiche; in nome del progresso, della scienza e della ricerca che molto spesso nasconde losche manovre speculative.

 

Un parto a misura di bambino

 

La prima importante esperienza che il bambino dovrà affrontare è sicuramente costituita dall’atto della nascita. Infatti, egli sarà sottoposto ad un brusco mutamento delle condizioni ambientali. Se durante il periodo di gestazione egli si sentiva protetto, ed era oramai consapevole del suo mondo, delle sensazioni, dei rumori e della temperatura, al momento della nascita egli entra in contatto con un ambiente completamente diverso, pieno di rumori, luci intense e variazioni termiche.

La nascita va a costituire il primo shock emotivo e fisico a cui il bambino è sottoposto; un evento chiaramente traumatico che non sarà mai dimenticato del tutto, sebbene solo di rado egli riuscirà a rievocare spontaneamente quel ricordo. Sembra, infatti, che il parto produca una specie di amnesia a causa dell’ossitocina (ormone corporeo che induce le contrazione uterine e la lattazione) prodotta durante il travaglio. Una differenza sostanziale esiste tra parto eutocico e parto cesareo, tra parto spontaneo e parto indotto:

 

-Nel parto indotto la carenza di ossitocina è sostituita con l’immissione per endovena di pitocina (forma sintetica dell’ossitocina) e questo fa si che la madre non crei un rapporto armonico né con se stessa né con il bambino in quanto nessuno dei due si trova pronto per l‘evento;

 

-Nel parto cesareo il bambino sarà privato di quel attimo di estremo piacere che vivono i bambini nati naturalmente; infatti, molti di essi da adulti sentiranno l’esigenza di avere un contatto fisico e potranno manifestare disturbi riguardanti la concezione della spazio.

 

I parti podalici (il bambino nasce con i piedi avanti) ed i travagli prolungati possono divenire fonte di problemi che si manifesteranno nell’età adulta. Altrettanto ansiogeno è il punto terminale del travaglio, quando il bambino è afferrato all’improvviso e trascinato fuori in modo violento. In relazione a tutto ciò F. Leboyer intuì la necessità di seguire il parto con tecniche più naturali e premurose. Prese in considerazione il fatto per il bambino sarebbe stato diverso nascere in un ambiente e in un’atmosfera calda e rassicurante piuttosto che in contesto colmo di luci intense, bip elettronici, percepito come freddo ed impersonale.

L’avvenimento più considerevole dell’interrelazione madre-bambino avviene al momento del parto, inteso come fase di inizio di una profonda relazione simbiotica extrauterina. Le sensazioni che la madre prova al momento del parto hanno una grandissima influenza sull’andamento del medesimo, così come la prima crisi relativa al confronto fra il bambino fantastico, idealizzato ed il bambino reale che può determinare un primo rifiuto del neonato stesso. Se essa è invece preparata all’evento e si presenta rilassata e sicura ci sono poche probabilità che il parto e le fasi successive creino difficoltà se, invece, si dimostrerà smodatamente ansiosa e conflittuale i rischi potrebbero aumentare.

Da numerose ricerche risulta che le donne ansiose, generalmente, hanno una complicanza durante il parto che vanno da piccoli problemi insignificanti a parti prematuri fino, addirittura, ad aborti.

Tutto ciò, in realtà, non vuol affermare che gli stress della madre debbano inevitabilmente danneggiare il figlio. Prestando però maggiore attenzione alla salute fisica e psichica della donna in stato di gravidanza certi rischi potrebbero sicuramente essere annullati.

In qualunque modo si sia svolto il parto, è fondamentale il contatto del bambino con il corpo della madre. I vissuti riferiti al primo contatto andranno ad influire sul futuro senso di sicurezza emotiva.

I neonati che dopo il parto hanno avuto un contatto prolungato con la madre manifesteranno una maggiore disponibilità verso gli altri ed una funzionale autosufficienza rispetto a coloro che sono stati allontanati dalla madre.

D’altronde tutto ciò è stato abbondantemente dimostrato da numerose ricerche che vedono Harry e Margaret Harlow come massimi esponenti.

Questi ricercatori dimostrarono che i cuccioli di molte specie, nel caso sperimentale le scimmiette reshus, preferivano il contatto con una madre artificiale fatta di spugna morbida e calda piuttosto che con una di fil di ferro, in modo particolare nei momenti di ansia e paura.

 

 

 

Copyright by: Eugenio Lo Gullo

1999-2000

 

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