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Roma
18 marzo XXI
[Protocollo:
d’ordine atti 23-3-43]
Duce,
questa
fu la mia casa.
Ho
perso tutto: i mobili, oggetti d’arte, libri, lettere, appunti. Non ho
più una fotografia di mio padre, del mio cane, delle donne che mi
hanno amareggiato la vita per dieci anni [o] me l’hanno profumata per un’ora.
Voi
sapete che non sono uno scrittore immorale. Il mio Esperimento di Pott
Vi è piaciuto.
Voi
sapete che non sono ebreo, sebbene una pratica congelata negli archivi
affermi questa infondata inesattezza.
Non
posso lavorare né in cinematografia né nel giornalismo. Il
ministero della Cultura Popolare mi vieta, con una sorveglianza feroce,
di vendere cinque lire di fosforo.
L’Eccellenza
vostra è inflessibile nel punire i colpevoli, ma è altrettanto
rigida nel ristabilire la giustizia. Il vostro genio avvolge l’universo,
ma il vostro cuore si curva sulle piccole miseri. Per questo Vi si esalta
e Vi si ama.
Concedetemi,
Duce, un colloquio di qualche minuto, mi guarderete negli occhi e vedrete
che non sono indegno del vostro sguardo.
Vi
ringrazio della Vostra benevolenza.
Pitigrilli
Albergo
Dragoni
Roma
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