Numerosi rimangono ancora oggi i quesiti da
sciogliere intorno al monumento di Ilaria del Carretto, che
attualmente si conserva nella sacrestia della Cattedrale di
Lucca. Tali questioni - che hanno alimentato la fortuna critica dell'opera e
accresciuto l'aura di mistero che da sempre circonda il monumento - riguardano la
collocazione cronologica, l'ubicazione e la struttura originarie del sepolcro, il ruolo
avuto da Jacopo della Quercia e da eventuali collaboratori nella sua realizzazione,
nonché l'identificazione dell'effigiata, da alcuni riconosciuta in Maria Caterina degli
Antelminelli, prima moglie di Paolo Guinigi. Cenni storici Le nozze tra Ilaria del Carretto dei Marchesi di
Savona e Paolo Guinigi, che fu Signore di Lucca tra il 1400 e il 1430, vennero celebrate
con grande sfarzo nel febbraio del 1403. Dopo il matrimonio non consumato con la
giovanissima Maria Caterina degli Antelminelli, che peraltro aveva procurato al Guinigi
una cospicua eredità, Paolo si assicurò la continuità del casato con la nascita di
Ladislao nel 1404 grazie all'unione con Ilaria del Carretto. L'otto dicembre dell'anno
successivo, l'allora ventiseienne consorte del Signore di Lucca morì dopo aver dato alla
luce la secondogenita, cui venne imposto il suo stesso nome. La giovane sposa venne
sepolta nella Cappella di Santa Lucia fatta edificare nel 1404 da Francesco Guinigi nel
giardino della sua villa suburbana, addossata al convento di San Francesco, luogo
ordinario di sepoltura dei componenti della famiglia. A copertura della tomba terragna
venne posta la scultura con l'effiggie della defunta magistralmente espressa da Jacopo
Della Quercia (analoga sistemazione verrà adottata dallo stesso Jacopo dieci anni più
tardi, per la tomba dei coniugi Trenta nella basilica di San Frediano). Con la caduta
della Signoria guinigiana (1430), a seguito di una sommossa popolare, vennero saccheggiati
non solo i palazzi ma anche le tombe di famiglia. La lastra marmorea raffigurante "la
bella donna del Guinigi", divelta dal pavimento, venne in seguito trasferita in
Cattedrale e collocata precariamente nel transetto destro davanti l'altare dei Santi
Giovanni e Biagio giuspatronato della nobile famiglia. Si riferisce con ogni probabilità
a questa lastra tombale l'ingiunzione fatta a Matteo Civitali dal Vicario del Vescovo il
12 dicembre 1488 affinchè "sotto pena di scomunica e di 25 ducati" riconsegni
all'Opera della Cattedrale "il sepolcro marmoreo di cui si è appropriato senza
licenza dell'operaro". E' dopo questa data che qualche artista gravitante attorno al
cantiere del Duomo, volendo esaltare l'incomparabile bellezza della scultura, ha pensato
di realizzare un sarcofago eseguendo le fiancate con i putti reggenti festoni
concordemente ritenute dagli storici dell'arte di esecuzione posteriore, ma sulla cui
paternità si trovano divisi oscillando da Francesco di Valdambrino (Bacci, Carli,
Sanpaolesi) a Benedetto da Maiano (Del Bravo) a Matteo Civitali (Baracchini e Caleca). Il Monumento Nel monumento sepolcrale di Ilaria - la cui
esecuzione era verosimilmente quasi ultimata nell'aprile del 1407, quando il Guinigi si
risposò - Jacopo della Quercia dimostra ancora
profondi legami con il linguaggio di Antonio Pardini, presso il quale dovette avvenire la
sua formazione nell'ambito del vivace cantiere della Cattedrale lucchese sullo scorcio del
Trecento. Tale dipendenza si manifesta nelle affinità registrabili con la pardiniana
lastra tombale di Sant'Agnello nella stessa sacrestia, nella comune deferenza all'operato
di Andrea e soprattutto di Nino Pisano, nonché nelle evidenti conformità con la
produzione del senese Francesco di Valdambrino, pure gravitante intomo alla fabbrica del
Duomo lucchese.
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