FINE 800 - 900

I MAESTRI DELLE AVANGUARDIE: PITTURA E SCULTURA

Dopo di Picasso un sempre maggior numero di artisti diede per scontato la "forma" era sempre più importante del soggetto. A Picasso guardarono molti protagonisti delle avanguardie storiche, anche per criticarne e superarne le posizioni, come Umberto Boccioni. Egli riconosceva al cubismo il merito di aver ridato solidità alla visione, superando la "liquefazione" degli oggetti propria degli impressionisti, e di essersi sganciato dalla logica della rappresentazione per fare della pittura uno strumento autonomo della conoscenza; ma egli vedeva nei modi cubisti un atteggiamento astrattamente intellettuale, con risultati che peccavano di staticità: l'oggetto, sezionato e ricomposto, perdeva vitalità e finiva per apparire privo di spessore. A questa visione statica Boccioni contrappose il dinamismo futurista, che riconosceva in ogni oggetto, un movimento interno, universale, assoluto. Paul Klee, mettendo in rapporto fra loro linee, ombre e colori, accentuando in un punto ed alleggerendo in un altro, vedeva emergere a poco a poco sotto il suo tratto forme che suggerivano alla sua immaginazione un soggetto reale o fantastico. De Chirico giungeva a piena maturazione stilistica nelle opere che dipinse a Parigi tra il 1911 ed il 1915: il suo linguaggio era già pienamente metafisico. Modigliani, che considerava l'opera di Picasso un punto di riferimento essenziale ma non una forma da imitare, colse delle nuove ricerche espressive solo spunti da mediare ed elaborare e personalmente: infatti il suo stile non è riconducibile a nessuna formula o corrente particolare.

PICASSO

LA FAMIGLIA DI ACROBATI (- GÖTEBORG- 1905)

In quest'opera i personaggi sono inseriti in un'atmosfera malinconica ed un po' infelice, che sottolinea il dualismo della vita degli attori, oscillante tra realtà e finzione. Questa vena di tristezza nostalgica diventa uno degli elementi determinanti del periodo rosa, in contrasto con la tragica drammaticità delle figurazioni del periodo blu.

3 DONNE ALLA FONTANA ( NEW YORK- 1921)

in quest'opera i corpi femminili potentemente modellati ed il loro drappeggio ricordano le sculture antiche e persino le scanalature delle colonne. Tutto, persino il colore smorzato che richiama i modi dell'affresco, mira ad un effetto volumetrico. Si tratta di un lavoro che riecheggia anche la distensione ed il sollievo dell'umanità dopo gli anni della guerra, la speranza di una nuova Arcadia che sarebbe sorta dalle rovine dell'Europa in sfacelo.

GUERNICA (- MADRID- 1937)

Guernica è stata dipinta dopo il bombardamento dell'omonima città basca da parte dei franchisti durante la guerra civile spagnola. La scelta di rinunciare al colore significa affidare all'efficace contrasto del bianco e nero il senso di tragedia e d'angoscia della rappresentazione. Lo schema è tagliente ed essenziale, lo spirito di denuncia si rivela attraverso la forte emozione figurativa della composizione, in cui si avverte il tema del massacro degli innocenti risolto nella semplicità della struttura d'impianto neoclassico. Diverse sono le fonti: dalla tradizione classica dei profili delle figure a certi dettagli che richiamano Grunewald, dalla pittura di Raffaello a quella di David. Molteplici sono anche le congiunzioni da sottolineare: l'idea di interno- esterno, che la composizione continuamente tiene in sospensione, così come il richiamo alle diverse fonti di illuminazione ed alla costruzione aperta delle "Demoiselle d'Avignon". La ferocia delle figura si congiunge a quella degli animali: su una donna che piange con il bambino riverso domina il doppio sguardo del toro; sotto una lampada elettrica nitrisce il cavallo atterrito da tanta ferocia; d'altro lato il guerriero morto con la testa reclinata richiama i tratti del disegno infantile. La figura della "donna che piange" ossessionerà a lungo l'artista, così come altre forme elaborate in Guernica, figure mostruose e conflittuali che costituiranno la matrice interiore con cui leggere le future realtà figurative.

BOCCIONI

STATI D'ANIMO II. GLI ADDII (- NEW YORK- 1911)

In quest'opera Bocconi ricerca uno stile per tradurre in immagini sensazioni ed emozioni. Le linee diventano un prolungamento dinamico dello stato d'animo del soggetto, una trasposizione oggettivata di una percezione. Negli Addii la visione appare confusa e caotica; la locomotiva s'incunea in un aggrovigliato gioco di linee che ricordano il concitato disordine della partenza e simulano abbracci convulsi.

GIORGIO DE CHIRICO

I quadri di De Chirico raffigurano indubbiamente oggetti riconoscibili ed elementi architettonici, calchi dell'antico, ritagli di luoghi e di citazioni, ma i vari "pezzi" sono posti tra loro in relazioni inedite e sorprendenti. Ne nasce innanzitutto la mancanza di un legame, diretto con la realtà (perciò si tratta di un'arte metafisica, cioè che prescinde dalla realtà della natura e della storia e che è priva di ambizioni conoscitive) e poi un senso di mistero, di enigma. L'enigma rimane irrisolvibile, ma non per questo è destinato a produrre angoscia: semplicemente la pittura afferma la sua volontà di parlare d'altro rispetto alla realtà, la sua assoluta autonomia. Bisogna inoltre tener conto che molti accostamenti che ci sorprendono nelle tele metafisiche nascono da propositi di ironia, o addirittura da una volontà parodistica nei confronti di certi assemblages cubisti.

IL GRANDE METAFISICO (- NEW YORK- 1917)

Questo soggetto ricorre in molte opere dell'artista. In mezzo ad un piazza, dove si ritrova la tipica atmosfera metafisica delle "Piazze d'Italia", si erge una specie di misteriosa colonna- statua composta da blocchi di legno e squadre, misti a drappeggi e ad altri oggetti. In cima spunta, di schiena, un personaggio- manichino che sembra guardare lontano, oltre il mondo che gli sta sotto.

L'INCERTEZZA DEL POETA (- LONDRA- 1913) Su una sorta di palcoscenico, che già sottolinea il distacco dal reale e la proiezione nella finzione, si dispongono, in primo piano, un torso femminile acefalo e un casco di banane; all'orizzonte corre una vaporiera ed emerge la silhouette di un veliero; sulla destra si aprono le profonde arcate di una prospettiva architettonica. Il senso d'inquietudine che circola nell'opera non presuppone un mistero risolvibile, né tanto meno allude a tematiche psicoanalitiche di matrice freudiana: la pittura rivendica orgogliosamente la sua capacità di creare un mondo che non esiste.

EDWARD MUNCH

Il norvegese Edward Munch (1863-1944) faceva un uso del colore non descrittivo ma funzionale all'evocazione di stati d'animo associati a lunghe pennellate ripetute quasi ritmicamente a suggerire flussi emotivi e dinamici. Munch cercava di dare evidenza a stati della mente eccitati ed eccessivi dettati da situazioni in cui l'intensità emotiva arrivava ai limiti del sopportabile: l'angoscia, il grido, la gelosia, la malinconia, la morte nella stanza.

Il GRIDO (1893, olio su tavola)

Quest'opera è la più famosa di Munch. Sono rappresentati la città, il fiordo, il sole al tramonto e le nuvole. In primo piano si nota l'urlo: un urlo che attraversa la natura e che l'artista stesso udì, e rappresentò attraverso i colori, soprattutto nelle nuvole tinte di rosso sangue.

PELLIZZA DA VOLPEDO

Nasce ad Alessandria da un'agiata famiglia di possidenti terrieri, si forma presso l'Accademia di Brera, poi alla scuola di Belle Arti di Roma e Firenze. Frutto di questa sua educazione è il gusto per i ritratti e le nature morte, per la caratterizzazione sociale e l'introspezione psicologica. Nel 1895 si ritira a lavorare a Volpedo, a contatto con la natura: nei lavori di questi anni si evidenzia una vena simbolista. Nel 1902 presenta "Il quarto stato" alla Quadriennale di Torino. L'insuccesso del quadro chiude la fase sociale dell'artista , che si dedica alla pittura di paesaggio, senza trascurare la dimensione umana. Nel 1907 si toglie la vita, in un momento di grande sconforto, aggravato dalla morte improvvisa della moglie.

IL QUARTO STATO (Milano, 1898-1901)

Nel 1890, con un disegno intitolato "sciopero", Pellizza avviò una serie di lavori di ispirazione socilae che sfociò nel quadro "Il quarto stato". La composizione fu criticata per l'aspetto artistico e formale: se ne criticò la mancanza di movimento, la tecnica laboriosa e faticosa. Acquistata nel 1920 dal comune di Milano per pubblica sottoscrizione, l'opera fu sottratta alla pubblica visione fino alla metà degli anni '50. L'opera inizialmente doveva chiamarsi "Il cammino dei lavoratori". Pellizza eseguì cartoni nuovi e disegni dei personaggi e del paesaggio di Fiumana, di cui mantenne l'impianto complessivo. Nell'opera, l'artista modifica il gruppo in primo piano, ridefinisce la massa scioperante alle spalle dei primi tre, riduce il numero che caratterizza gli atteggiamenti con maggior precisione, trasformando un'immagine complessiva di folla in una composizione chiara e ben strutturata. Per l'uomo al centro l'artista studiò il modello dal vero elaborando la figura fino a che i contrasti di luce modellassero le superfici in larghe pieghe a definire una decisa ed efficace mossa plastica. Altrettanto fece con gli altri due personaggi in primo piano: l'uomo a sinistra e la figura della donna per cui posò la moglie Teresa. Le pose nei personaggi maschili sono rese statuarie dalla fermezza del modellato, mentre l'atteggiamento della donna, la cui lunga veste è panneggiata come quelle dell'antica statuaria greca, sembra incoraggiare l'avanzata dei due uomini. Alle spalle di questo gruppo c'è una schiera completa di personaggi, quasi tutti uomini, che discutono tra di loro, disposte senza continuità su un piano parallelo. Le figure si presentano in veduta frontale, tranne quelle laterali, che discutono agli estremi la scena. I personaggi con il loro gestire delle mani segnano una linea ondulata che anima l'incidere della schiera. Alle spalle di questa prima fascia, alcuni lavoratori si fanno schermo dal sole con la mano portata sopra gli occhi, altri recano bambini o cesti sulle spalle, altri guardano davanti a se. Il paesaggio di fondo è una natura solitaria, un paesaggio formato da cespugli, sopra i quali si innalza un cielo dai coloro di un acceso tramonto, con blu, rosa e viola. Le figure volgendo le spalle a questo srpuscolo, avanzano verso la prima luce solare, traducendo, nella contrapposizione della luce e dell'ombra, i significati simbolici. La precisione al dettaglio, l'acutezza nell'esprimere sensazioni e movimenti attraverso la pennellata, le calde colorazioni dei volti dei personaggi dell'opera danno la sensazione di trovarsi non davanti a una tela ma a una vera e propria massa che avanza.


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