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Con l'intento di stimolare un dibattito sull'impostazione della ANALISI MENTALE, riporto una affermazione che mi sembra significativa e che riprendo dal mio libro TEORIA DELLA TECNICA: Ogni tecnica è principalmente costituita, più che dalla teoria da cui proviene, dalla maniera di essere del terapeuta. La medicina è il medico stesso, la tecnica la sua maniera di somministrarsi.

 

2002/7/17
( Questa breve nota è basata su una intuizione che mi è stata riferita dalla collega, Dr. Silvana Manconi)

AMORE E MAGIA


La soluzione magica alla propria problematica, è una scorciatoia apparente, che improvvisamente ci si offre o viene offerta. Dà speranza di superare, in un sol colpo, le elaborazioni e le fatiche che ogni operazione costruttiva richiede.
In sintesi, è basata sulla negazione della realtà e delle difficoltà alle quali la vita ci confronta. In altri termini, è uno dei modi con i quali tentiamo di superare il confronto con la morte, al quale siamo continuamente sottoposti. E' un modo illusorio di reagire; è infatti sostenuto dalla negazione, che è una modalità anestetica di difesa. L'amore nel quale l'altro sembra deputato a salvarci la vita, a darci eterna felicità ha una notevole componente magica. E' uno stato intenso e piacevole perché ci permette di evadere dalle difficoltà ella fatica quotidiana e dalla presenza della morte.
Non so dire a che cosa corrisponda biologicamente la maniera mentale di difendersi adoperando negazione e anestesia. Mi viene fatto di pensare a quelle sostanze farmaceutiche che interferiscono sulla conduzione neurale bloccandola o rallentandola. E' forse possibile che il meccanismo di negazione sia un blocco, di origine mentale, equivalente a simili variazioni.
Per inciso: le medicine psichiatriche agiscono se hanno azioni simili a quelle che possono essere generate da mutamenti o stimoli psicologici o ambientali. Di fatto ogni variazione mentale, che sia originata da stimoli fisici o psichici avviene per mezzo di mediazioni fisico chimiche. Le differenze tra gli effetti provocate dai due livelli, sono piuttosto quantitative che qualitative.
Di fatto, la magia è un modo di saltare, scavalcare la realtà; ci dà l'illusione che, nei punti nei quali essa sembra avere il potere di intervenire,noi siamo più forti delle circostanze e quindi, come ho detto, della morte.
Ogni religione ha, è evidente, una fortissima componente magica. Tutte le religioni, in particolare, la nostra, manipolano infatti la morte fino al punto di negarla. La religione cristiana tenta, addirittura, di trasformarne la ineluttabilità, invertendo la morte in una forma superiore di vita. La vita reale è declassata ad una sorta di prova, di esame, utile soltanto per meritarsi l'eternità. Ogni negazione tuttavia, mostra, in trasparenza, ciò che nega. Sappiamo infatti che l'unica forma di eternità che sembra comprensibile è quella della vita del collettivo. Quella che spetta a ciascuno di noi, è, purtroppo, il nulla, senza fine.

2002- MADRI OMICIDE L' omicidio del piccolo Samuel ha destato e desta ancora reazioni emotive comprensibili, ne vediamo il riflesso negli organi di comunicazione. Nessuno, infatti, vorrebbe che l'assassina fosse stata veramente la madre che sconcerta con il suo comportamento e le sue trovate.L'eventualità non sembra comunque accettabile, perché urta con quello che vorremmo credere e ritrovare sulla sacralità della maternità e l'amore per i figli. Siamo stati tutti figli e abbiamo avuto paura di perdere il sostegno dei genitori. In realtà il rapporto con i figli è sempre ambivalente. Essi sono un prolungamento della vita, ma non della nostra vita personale. C'illudiamo tuttavia di continuare a vivere attraverso di loro. In sostanza diamo parte della nostra vita e riceviamo in cambio speranze. Senza speranza in un futuro che non sarà più nostro, non si farebbero figli e la vita collettiva si spegnerebbe. I figli continuano a vivere, mentre noi progressivamente ci spegniamo. E' un motivo di conflitto, perlopiù negato. E' anche vero che siamo desiderosi e capaci di amare i figli perché li percepiamo come parti di noi; di fatto lo sono stati. Le madri sono le schiave della specie. Costrette a trasformarsi, da fanciulle che erano, in macchine riproduttive. Trascinate da necessità biologiche, si ritrovano spesso perse in un meccanismo che toglie loro individualità e libertà. Possono anche desiderare tutto questo, altrimenti si sentono delle escluse, ma rancore ed intolleranze profonde sono sempre in agguato e possono prevalere sull'amore e sul dovere di accudire la prole. Voglio dire che alcune madri tentano di rifarsi dall'asservimento al collettivo con il riprendersi i figli, psicologicamente annientandone l'individualità. Ne negano la nascita e ne impediscono lo sviluppo. E' una maniera, non apparente, di ucciderli. Sono mosse da forze primitive delle quali sono ignare ma che le rendono egualmente asservite. La disgraziata madre di Samuel ha forse commesso un terribile omicidio, non è, profondamente, molto diversa da altre che sono delle omicide inconsce: queste agiscono nei confronti dei figli con mezzi psichici, queste senza sapere quello che fanno e senza che altri possano accorgersene. Se quella donna è giunta a tanto, è persona irresponsabile, molto malata. E' una donna debole che ha ubbidito a comandi profondi che non ha filtrato: consistono in spinte che altre padroneggiano o manifestano con comportamenti e pressioni nei confronti dei figli, che sfuggono alla percezione comune ma che divengono fortemente lesivi. Quella che chiamiamo civiltà richiede la canalizzazione delle forze dalla vita e della morte, lungo binari che assicurino la continuità della specie. Le madri debbono proteggere i figli; il loro difficile ruolo è enfatizzato anche per questo motivo. Se riescono a condividere affettivamente il compito loro affidato potranno ricavarne benessere per se e per il figlio, altrimenti saranno soggette alle richieste alterne di vita e di morte, che il collettivo imporrà loro. E' la medesima civiltà che permette massacri di intere popolazioni e ne da giustificazioni morali. Non mi pare ci si debba stupire troppo se una povera donna esegue i medesimi ordini ai quali ubbidiscono potenti capi di governo ed interi eserciti.

La vita primitiva, collettiva, biologica si muove e ci muove secondo le sue regole. L'individuo tenta di filtrarle per utilizzarle e insieme proteggersi e proteggere il suo ambiente. Lo sviluppo della nostra parte individuale, del pensiero autonomo, della capacità di comprendere è conoscere, è il patrimonio della civiltà. Ne fa parte il nostro lavoro. Debolezza, paura, invasioni negative, pressioni collettive, possono infrangere quanto abbiamo cercato di costruire. Torniamo così ad essere trascinati da ciò che non siamo e non conosciamo. Ubbidiamo senza capire a cosa sia e perché sia, ma ci aggrappiamo, per giustificarci a piccole, vuote motivazioni.

 

2002-03-06 IL COLLETTIVO, I RUOLI, LA RELIGIONE Dicono i religiosi di varie confessioni che il nostro destino è determinato perché voluto dalla volontà divina. Secondo alcune impostazioni, anch'esse religiose, quella cristiana prevalente tra quelle, esisterebbero anche discrete capacità del singolo all'autodeterminazione. Mi pare che il conflitto così descritto possa invece ricordare la relativa distinzione che abbiamo cercato di riconoscere, tra vita collettiva ed esistenza individuale. In definitiva, il prevalere del cosiddetto destino mi pare consista nella necessità del collettivo di valersi dei singoli come sue frazioni sostituibili, alle quali sono assegnati compiti ben determinati, perché utili alla sua sopravivenza. Essi sono tendenzialmente rigidi ed inamovibili. In parte si oppone a ciò la possibilità che ciascuno possiede di difendere la sua singola entità con reazioni proprie, così come si difende ogni cellula quando è singolarmente aggredita. Non sempre, sappiamo, la reazione del singolo coincide con gli interessi del collettivo. Il collettivo assegna a ciascuno, un ruolo dal quale gli sarà difficile allontanarsi perché egli è necessario al funzionamento dello stesso

E' questo un esempio di destino le cui origini difficilmente potranno essere conosciute ma che il collettivo saprà adoperare per sua convenienza, così come adopererà strutture coscientemente non riconoscibili ma che potranno inserirsi in organizzazioni collettive e in rapporti interpersonali che a loro siano adeguati. Il collettivo inoltre potrà servirsi dei singoli sommergendo resistenze e residui d'individualità, ghermendo la parte collettiva che è in ciascuno, specie quando la morte richiede i suoi diritti perché la decimazione sembra necessaria. La patria chiama oppure un Dio vuole la guerra santa. Anche i popoli soggiacciono ad un loro destino.

 

2002

L'AMORE

Dai giornali abbiamo la notizia che sarebbero stati individuati i centri cerebrali ove risiede la possibilità di innamorarsi. Si attiverebbero, appunto, al solo vedere la persona amata, alcuni centri basali del cervello. Avverrebbe inoltre una variazione del ricambio della serotonina, simile a quello tipico della malattia ossessiva compulsiva. Vi sarebbe ancora un aumento dell'afflusso di adrenalina nel sangue.

Tutto ciò è interessante, non v'è tuttavia alcuno studioso della mente che non sappia che qualsiasi operazione psichica e fisica si compia insieme con variazioni biochimiche. E' sufficiente pensare, camminare, mangiare perché ciò avvenga. Si tratta di reazioni somatiche e psichiche che si svolgono sempre in parallelo, ma in livelli diversi (.per inciso, anche la psiche è una frazione biologica) Sappiamo ancora che non esiste, se non quantiitativamente, alcuna differenza tra reazioni patologice e fisiologiche. Inoltre è sufficiente svolgere compiti intellettuali intensi perché si abbiano variazioni del ricambio della serotonina, come accade nelle malattie ossessive. Qualsiasi atto ripetuto ed intenso, come quelli pertinenti a lavori interessanti e di responsabilità (interventi chirurgici, psicoterapie, dibattiti politici e scientifici, controllori di volo ecc.) creano siuazioni biochimiche eguali a quelle ora descritte per l'amore.

L'afflusso aumentato di adrenalina è comunque egualmente presente durante qualsiasi stato emotivo intenso. Esso avviene sempre con il contributo dei centri cerebrali della base.

Ciò detto, mi pare che la ricerca così reclamizzata non aggiunga niente a quanto comunemente si sappia, cioé che l'innamoramento e l'amore sono stati emotivi intensi e talvolta continuativi. Capisco però che simili divulgazioni hanno la finalità di impressionare i "laici" e fare spettacolo. Sappiamo ancora che la pretesa di essere scientifici non è degli scienziati, ma di quelli che si fanno maestri senza essere stati attenti e studiosi scolari.

In sintesi: dobbiamo curare l'amore con delle compressine?

 

/2002

Si parla continuamente di torti e ragioni, specie in politica ma non soltanto, in base a parametri diversi: morale, costumi, leggi, buonsenso, partiti presi, pregiudizi, religione. Si dice di quello che è giusto o sbagliato e ciascuno crede di essere il difensore del giusto. E' vero che molti sono in malafede, sanno cioè di mentire, molti altri però sono sicuri di lottare per una giusta causa. Il fatto è, il mio mestiere di analista me lo insegna, che siamo tutti trascinati dalla lotta per la vita e la morte, lotta che conduciamo in maniera prevalentemente biologica e inconscia e che ci costringe a comportamenti e posizioni emotive incompensibili a noi stessi. Non sappiamo, in genere, perché agiamo i nostri modi personali; siamo spesso obbligati a percorrere la strada che ci suggeriscono la paura e la dificoltà di vivere.

Nella pratica, purtroppo, hanno "ragione" i più forti, i vincitori .Mi dispiace doverlo riconoscere. Oggi hanno ragione gli USA, chi ha vinto le elezioni, chi è più ricco e chi ha acquisito popolarità. .

 

 

2002/

Si discute su lotta alla prostituzione e dell'eventuale apertura delle famose casa chiuse. E' una di quelle questioni sulle quali non può esistere alcuna obbiettività perchè ciascuno è trascinato da proprie posizioni emotive, spesso non chiare a se stesso. Si intrecciano pregiudizi, ideologie, preferenze sessuali, tabù e obbedienza, a insegnamenti religiosi o a posizioni morali poco definite.

La prostituzione è un fenomeno inevitabile, la sua repressione ha sempre recato, nella migliore accezione, incremento della sua condizione di clandestinità, accompagnato dall'aumento dei fenomeni di delinquenza e peggioramento della situazione sanitaria collettiva.

Nei casi peggiori ha portato a grave emarginazine delle donne che si dedicano a quella professione, con conseguenze, per loro molto gravi, sul piano sociale, su quello sanitario e della sicurezza personale. Ancora oggi prositute di strada vengono regolarmente massacrate.

Che fare? Ogni soluzione presenta inconvenienti. Una regolamentazione di stato sembra una ulteriore maniera di trarre profitto della possibilità di schiavizzare la sessualità femminile, incoraggiandola e insieme tassandola. E,' per altra parte, un tentativo, se riuscito, di proteggere le operatrici e i loro clienti dalla delinquenza, dallo fruttamento e dalle malattie.

Cosa è più lesivo per la libertà femminile? Essere autorizzate ufficialmente a vendersi o farlo semiclandestinamente?

E' possibile dare dignità ad una attività, disprezzata ma insieme ricercata, che è sempre esistita ed esisterà?

Sono domande alle quali ogni risposta sembra opinabile. Mi piacerebbe sentire le diverse opinioni.

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TORTO E RAGIONE

Soffro quando sento e vedo dibattiti sulle carneficine in Palestina e su quelle in Afganistan, seguite alle stragi di New York. Non soltanto perchè i morti ammazzati, anche se lontani, ci fanno sentire responsabili, ma soprattutto perché tutti i partecipanti ai dibattiti perseguono accanitamente propri punti di vista di parte, sicché ciascuno è sicuro d'avere ragione mente l'altro, avversario o nemico, ha sempre torto.

Nessuno ricorda che stragi e guerre sono sempre state, tutti avevano allora ritenuto d¹avere ragione ad ammazzare il nemico cattivo. Io credo che torto e ragione non esistono nelle uccisioni di massa, siamo tutti vittime e trascinati da qualcosa che è più forte della nostra singola volontà. E' quello che io chiamo il collettivo, esso agisce con la sua logica crudele. E' la necessità della materia vivente di regolare l'equilibrio della specie bilanciando e organizzando nascite e morti. Siamo tutti assoggettati e passivi nei suoi riguardi; ci muoviamo però, razionalizzando e giustificando forze che non compendiamo.

Siamo vittime e carnefici insieme: a turno i popoli sono diventati esecutori inconsapevoli, ma convinti d'avere ragione; si sono alternati nell'obbedire al brutto compito di dare e ricevere morte. Ora tocca agli arabi, agli americani e agli israeliani. Per opporci, possiamo soltanto cercare di adoperare le capacità percettive e reattive individuali per non farci confondere da ideologie, schemi e chiacchiere.

E' proprio questo che cerchiamo di fare con il nostro lavoro analitico, che è un paziente artigianato. Siamo però costretti, purtroppo,a schierarci dalla nostra parte, quella nella quale viviamo e lavoriamo. E' fatta dalla nostra famiglia, la nostra gente, il nostro popolo: i gruppi ai quali apparteniamo.

Ii discorsi su torti e le ragioni, servono soltanto a giustificarci. La realtà è che il mondo si muove per rapporti d forze e ciascuno deve lottare per la sua sopravivenza. Abbiamo una sola, piccola vita. Senza di quella non ci sono torto o ragione di cui appenarci.

2001 11 2001

Ideologie e barbarie.

Gli ultimi kamikaze palestinesi sono borghesi colti. Ciò significa che la cultura non filtrata non serve a ragionare ma annebbia la ragione, perché è una somministrazione passivizzante che viene dall'esterno. La stessa cosa va detta per le ideologie politiche e religiose che in luogo di renderci più ragionevoli e sensibili si sovrappongono alle nostre capcità di pensare e percepire. Accade così che coloro che ubbidiscono alla pseudocultura o ad ideologie che si proclamano superiori, si muovono in realtà a livelli infimi e baarbaricii, soggetti al collettivo più primitivo che li uccide e li costringe ad uccidere.

 

 

 

 

uelle questin