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QUELLO CHE E' SUCCESSO NELL'ECONOMIA MONDIALE DAL DOPOGUERRA AD OGGI

 

Tutto ebbe inizio dopo la seconda guerra mondiale. Il mondo occidentale era collassato, distrutto da una logorante guerra che aveva cancellato milioni di vite e distrutto quello che era l'economia d'allora.

L'America, al contrario dell'Europa, era messa meglio: aveva un'economia migliore, non così logorata come quella europea. Il resto dell'economia nel mondo era praticamente assente: l'Africa, l'Asia, il Sud America non sapevano neanche il significato di questa parola; il Giappone lo sapeva ma sapeva anche che perdendo la guerra sarebbe diventata un ricordo.

Lo scenario quindi era un'America con un'economia presente ma malmessa, l'Europa ed il Giappone con un'economia persa, distrutta dalla guerra ed il resto del mondo con un'economia mai nata.

Partendo da questa realtà, il mondo occidentale, rimboccandosi le maniche, riuscì a ricreare un'economia consumistica di successo che coinvolse l'America, l'Europa ed il Giappone arrivando fino alla metà degli anni settanta con il ceto medio delle popolazioni occidentali e giapponesi ricco, opulento, in grado di spendere quanto guadagnato in un vortice consumistico che rendeva apparentemente più forte la rinata economia del dopoguerra.

Gli altri paesi del mondo rimasero fuori dal gioco: le popolazioni dell'Africa, della Cina, dell'India e del Sud America povere erano e povere rimasero, dimenticate dalle popolazioni ricche occidentali e nipponiche le quali vivevano beatamente nel loro benessere; ma purtroppo qualcuno si accorse di loro: gli industriali.

Questi scoprirono la moltiplicazione del pane e dei pesci, scoprirono come decuplicare i loro guadagni; non che prima guadagnassero poco, guadagnavano tanto, eccome, comunque il giusto per un'attività fatta di rischi e considerando anche che contribuivano a formare un ceto medio, nella popolazione occidentale e nipponica, benestante, ricco, rispetto al resto del mondo.

Il trucco era semplice: bastava produrre nei paesi poveri dove la manodopera costava praticamente nulla e vendere i manufatti nei paesi ricchi ad un prezzo da ricchi. Questa geniale idea prese piede più o meno agli inizi degli anni settanta. I furboni industriali occidentali vendettero alla propria gente che questa era una grande opportunità per i paesi poveri, si dava loro finalmente un'occasione per lenire se non addirittura eliminare la povertà che li affliggeva. Certo era una bella storiella, peccato che fosse solo questo: una bella ed interessata storiella.

Per circa quindici, vent'anni gli industriali applicarono una delocalizzazione di massa, le grandi industrie presero armi e bagagli e trasferirono le loro produzioni nei paesi poveri: in Cina, in India, in Taiwan, in Asia ed in tutti quei paesi dove ci fosse povertà a sufficienza da sfruttare per il bene dell'industria e degli industriali occidentali.

L'Africa per qualche strano tacito accordo non venne utilizzata per questo giochetto; l'Africa probabilmente doveva essere solamente, si fa per dire, un enorme magazzino di materie prime dove si acquistava a prezzi scontati grazie a regimi e dittatori corrotti messi al potere, guarda caso, proprio dai paesi ricchi occidentali. Per il popolo africano, forse, il peggior nemico fu una parte del popolo africano che tra una guerra e l'altra non perdeva tempo nel sfruttare la propria gente per nome e conto del popolo occidentale.

Inutile dire che di tutta questa ricchezza prodotta i paesi poveri non videro neanche un dollaro, ma, strano a dirsi, neanche i paesi ricchi che intanto cominciavano ad esserlo sempre meno. Infatti il ceto medio dei paesi occidentali si trovava a fronteggiare una situazione che andava contro tutte le regole economiche, quasi fisiche si può dire. La gente doveva comprare i manufatti prodotti nei paesi poveri ad un prezzo da ricchi e fin qui nulla da dire, poi, però, doveva reintegrare i soldi spesi con soldi nuovi e mentre la prima parte gli veniva bene, la seconda non tanto. Per poter reintegrare i soldi spesi ci voleva il lavoro, proprio quel lavoro che ormai si era perso grazie alla delocalizzazione nei paesi poveri quindi inesorabilmente il ceto medio occidentale si avviava senza speranze ad una fase d'impoverimento sempre maggiore.

I primi ad accorgersene furono le istituzioni bancarie e finanziarie le quali vedevano il patrimonio dei paesi ricchi, attraverso i quali realizzavano profitti consistenti tramite le commissioni di gestione e le speculazioni borsistiche, sempre più assottigliarsi.

A circa metà degli anni novanta la popolazione occidentale era ormai decotta nonostante fosse in un apparente splendore; nessuno lo voleva ammettere ma i paesi ricchi cominciavano ad assumere i connotati tipici dei paesi poveri e probabilmente lo sarebbero diventati se il mondo bancario e finanziario, come in passato avevano fatto gli industriali, non si fossero inventati un trucchetto: cominciare a produrre, valorizzare e vendere il debito. Il concetto, nella sua forma più stilizzata, era semplice: una banca od il mercato finanziario dichiarava e vendeva un credito che aveva ricevuto da un' altra banca od istituzione finanziaria la quale dichiarava, a sua volta, di avere ricevuto il credito da un'altra banca od istituzione finanziaria e così via fino ad arrivare al debitore il quale generalmente era uno spiantato che aveva ipotecato tutto il suo futuro per seguire un sogno di benessere e stile di vita che i mezzi di comunicazione di massa gli avevano inculcato nel cervello.

In questo periodo nacque la finanza creativa misto truffa e la parola d'ordine fu avidità.

Il mercato bancario-finanziario si scollò sempre più dalla realtà e dalla economia reale basata sulla produzione di manufatti. I bancari-finanzieri ebbero delle continue e ripetute orgie di avidità, adottarono il massimalismo: tutto doveva fruttare il massimo a qualsiasi costo sociale ed ambientale. Questa fu l'epoca dei derivati selvaggi, delle obbligazioni fasulle e dei mutui assurdi dati a gente che, pur appartenendo una volta al ceto medio, grazie alla delocalizzazione, era diventata ormai povera ed impossibilitata a far fronte alle tanto temute rate del mutuo.

Alla fine del primo decennio del nuovo millennio il sistema è saltato.

La delocalizzazione selvaggia reclama il conto: i paesi poveri sono rimasti poveri ed i paesi ricchi si sono ritrovati poveri. Nonostante il trucco banco-finanziario gli abbia dato dieci, quindici anni di vita in più, il sistema economico-consumistico globale si è incrinato pesantemente e nessuno sa come ne usciremo e se ne usciremo con una guerra globale.

Forse se gli industriali non avessero attuato il trucco della delocalizzazione, se non avessero dato retta all'avidità che impera sempre in ognuno di noi e se si fosse regolamentato un pochettino di più il famoso mercato libero rendendolo un po' meno libero e più rispettoso dell'ambiente, il sistema economico-consumistico sarebbe durato di più.

Forse, ma non lo sapremo mai.

 

Vinica

Aprile 2009

 

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