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LE AZIENDE

 

Le aziende sono dei soggetti economici il cui unico scopo è quello di produrre sempre il massimo guadagno a qualunque costo, pagato da altri, e con qualunque mezzo. Di questo dobbiamo prenderne atto e non stupirci più di tanto poiché questa è la loro natura, è la loro indole alla quale non ci si può opporre. Sono entità insensibili, impassibili a quello che succede intorno a loro, alle conseguenze provocate dal loro modo di operare, non hanno né odio né amore ma solo una percezione cinica ed affaristica della realtà che le circonda la quale deve essere piegata ai loro bisogni. E' inutile cercare ragione, logica, dialogo con questi soggetti se non si parla con la loro stessa lingua: il profitto.

Ogni loro azione ed intendimento è mosso solamente da questa unica logica ovvero il profitto estremo, motore di tutte le loro decisioni ed azioni. Se si è al di fuori di questa logica, non c'è dialogo, non c'è speranza di raggiungere accordi che non prevedano guadagni.

 

Le aziende sono comparabili a dei virus, a dei batteri parassiti e dannosi come la scabbia, l'ebola il cui unico scopo è vivere ai danni di un organismo ospite fino a portarlo alla distruzione infatti non hanno autolimitazione, se lasciate senza controllo sono in grado di distruggere il tessuto economico ambientale nel quale sono innestate e conseguentemente di autodistruggersi.

Non si deve cercare di ragionare con loro, non hanno cervello, seguono unicamente il loro istinto lucrativo, è come se si cercasse di convincere a parole, col dialogo, un mulo a spostarsi: è impossibile, lo si convince solo con le briglie od il bastone non certo con la ragione.

Esse vagano per le praterie economico-finanziarie fiutando tutto quel che è attorno alla perenne ricerca del cibo monetario. Non ritengono di avere valore sociale quindi non considerano gli effetti prodotti sulla gente, nel bene e nel male, dei loro comportamenti.

Non ci si deve scandalizzare più di tanto per il loro modo di agire, l'importante è capire ed accettare, senza ipocrisia, la loro vera essenza e cercare di regolarla per prevedere il più possibile i danni od i vantaggi arrecati alla società. Se li conosci li eviti, dice un proverbio. In questo caso se le conosci puoi cercare di utilizzare i vantaggi che creano e ridurre i danni che producono. Se si comprende questo, si compie un importante passo nella gestione dei rapporti da intrattenere con esse.

 

Queste non si curano né delle minacce né delle accuse nei loro confronti, non gli importa nulla di quello che la gente pensa di loro. Se compiono illeciti è inutile mettere i loro dirigenti in galera per modificare i comportamenti aziendali. Tanto i dirigenti sono sacrificabili anzi si mangiano tra loro rigenerandosi in continuazione. Per l'azienda conta il profitto ad ogni costo e questo vale molto di più di qualche dirigente caduto in disgrazia. D'altronde i dirigenti questo lo sanno quindi non c'è da impietosirsi troppo quando il dirigente di turno che cade in disgrazia, piange e si dispera facendo finta di essere stato inconsapevolmente inghiottito in un meccanismo più grande di lui.

Le aziende hanno il terrore della perdita dei soldi e della perdita di previsione del profitto. Quindi l'unico deterrente a fronte di illeciti commessi è una pesante sanzione economica comminata dagli organi giudiziari e di controllo. Queste sanzioni, se reali e dure, sono in grado d'influenzare i consigli di amministrazione molto più delle leggi o delle proteste sociali. Solo in questo modo si possono condizionare i comportamenti criminosi o contrari all'etica sociale ed ambientale.

Questo è senz'altro un tema di confronto che l'azienda è disposta ad ascoltare.

 

E' troppo comodo fare soldi e creare flusso di cassa per gli azionisti a scapito dell'ambiente e della salute dei cittadini. Perché io privato cittadino debbo permettere che tu azienda, con i tuoi proseliti, possiate realizzare guadagni enormi a scapito del mio futuro, della mia agiatezza sociale?

Infatti non lo devo permettere, non è giusto, anche perché non ci si guadagna in due: uno perde e l'altro guadagna.

Una decisione utile, sempre detta ma mai attuata, potrebbe essere quella di far pagare alle aziende una tassa sul danno sociale ed ambientale che producono, pur nel rispetto delle leggi vigenti, per invogliarle a comportamenti virtuosi atti a ridurre i danni arrecati.

 

Le aziende hanno avuto un sesto senso ed una capacità impressionante nel creare e sfruttare il fenomeno della globalizzazione attraverso il quale si è sfruttata la parte povera del mondo per realizzare enormi guadagni a scapito del ceto medio dei paesi ricchi. In questo contesto la devastazione ambientale perpetrata da questi incoscienti è stata totale ed incontrollata ed adesso tutta la popolazione mondiale, che di tutta questa ricchezza prodotta non ha visto nulla, sta incominciando a pagare un caro prezzo. E questo sempre e solo per far fare tantissimi soldi ad una club ristretto di ricchi e super ricchi, quest'ultimi novità assoluta nella storia dell'uomo, non erano mai esisti prima.

L'esistenza di questo club serve a qualcosa sulla Terra? Serve alla Terra?

Ne è valsa la pena privare un enorme numero di persone del loro futuro, della loro salute per permettere la nascita di una nuova figura sulla scena mondiale ovvero il super ricco?

Ognuno può dare la risposta che meglio crede ma quando nei comportamenti umani si individuano sfruttamenti di persone a vantaggio di altre persone, di solito numericamente minori, non si può certo parlare di giustizia quindi non si può considerare questo eticamente giusto.

 

Come già accennato, le aziende non ritengono di avere alcuna utilità sociale ed ambientale ma solo un'utilità fine a se stessa. Non si deve sperare che queste possano portare avanti politiche sociali e solidali. L'utilità sociale ed ambientale deve essere imposta dallo Stato con la forza della rappresaglia economica. Se tu azienda oltre ad impegnarti legittimamente per lucrare non ti sforzi per avere un'utilità sociale ed ambientale io Stato ti impongo il pagamento di salatissime penali per il mancato obbligo. I cittadini componenti di una democrazia devono pretendere dai propri delegati politici un'azione di controllo costante sui comportamenti aziendali al fine di generare l'utilità sociale ed ambientale necessaria per la buona salute dello Stato.

 

Da quando è iniziata l'era industriale, le aziende sono diventate sempre più numerose e sempre più grosse. Oggi giorno una singola azienda è in grado di conficcare le proprie radici del profitto in ogni angolo del globo succhiando linfa economica e lasciando in cambio deiezioni di povertà. Ormai molte aziende sono così grosse che paradossalmente non conviene farle fallire poiché produrrebbero disastri ancora maggiori di quelli che produrrebbero se rimanessero in vita. Questo in effetti comincia ad essere un problema per cui, se gli Stati fossero governati da persone sensate e non interessate, dovrebbero impedire la crescita a dismisura delle aziende limitandone l'espansione a dimensioni accettabile tali per cui non possano influenzare l'andamento economico e sociale a livello globale. Grazie alle enormi dimensioni alle quali sono giunte, ormai sono in grado d'influenzare le politiche nazionali ed internazionali mettendo, grazie al loro potere economico, politici prezzolati nei posti chiave di uno Stato. In un contesto del genere non ci si può aspettare nulla di buono, ogni forma di controllo è vanificata, le decisioni prese da questi politici saranno volte soltanto agli interessi delle aziende e non certo dei cittadini.

 

Resta comunque il fatto che nell'economia attuale, così come è organizzata, le aziende, soprattutto quelle manifatturiere, giocano un ruolo primario nel creare benessere che si concretizza nel ceto medio, asse portante di uno Stato democratico. Quindi hanno un'importante utilità sociale, anche se per loro la cosa è indifferente, e lo Stato deve pretendere, anche contro la loro volontà, che effettivamente oltre a produrre lucro producano anche un bene sociale che di riflesso possa incrementare la qualità di vita del singolo cittadino.

 

Nell'odierna economia mondiale, uno Stato è ricco ed ha la possibilità di permettersi un ceto medio benestante solo se all'interno del suo territorio vi è una elevata produzione di beni e questo lo si ha solamente grazie alle aziende manifatturiere le quali producono beni in grande quantità da vendere ad un mercato locale od internazionale. Il terziario ovvero i servizi alle aziende od i servizi di carattere finanziario non concorre direttamente a formare il ceto medio poiché è strettamente dipendente dalle aziende manifatturiere inoltre, per sua natura, ha un carattere prettamente parassitario che non produce propria ricchezza ma si appropria della ricchezza altrui infatti se ipoteticamente dovesse crollare l'economia reale, l'economia dei servizi evaporerebbe in un lampo.

 

L'azienda ha un rapporto d'amore e d'odio nei confronti della manodopera, ne ha bisogno ma non ne vorrebbe e non per odio ma semplicemente per soldi. Pur realizzando, nei paesi ricchi, delle fabbriche ad alto capitale strumentale per ridurre il più possibile l'utilizzo di lavoratori preferisce andare nei paesi poveri del mondo per installare fabbriche, anche a bassa automatizzazione, nelle quali utilizzare ampia manodopera a basso costo. Purtroppo il costo di quest'ultima sembra essere sempre l'unico parametro attraverso il quale realizzare profitti senza guardare ad altre possibilità tipo la razionalizzazione dei guadagni ai livelli medio alti della popolazione aziendale.

 

Piaccia o non piaccia, le aziende, così come siamo organizzati, hanno un'utilità sociale ed economica. Per eliminarle ed non averne bisogno si dovrebbe sovvertite l'ordine mondiale dove l'economia non sia più basata sulla produzione di merci indotte dal consumismo, il che può essere possibile ma molto improbabile

 

Vinica

Dicembre 2009

 

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