.....Riccarda ed Angelo raccontano....... |
una
goccia d’acqua nell’oceano della necessità, ma una goccia d’acqua
che sarebbe mancata all’oceano se non ci fosse stata.” Pensando a
questa frase di Madre Teresa di Calcutta trovata in un libro di Dominique
La Pierre, ho pensato con mio marito di affrontare per la seconda volta un
viaggio nel nostro amato Perù.
Un’adozione
a distanza fatta circa 4 anni fa, grazie all’Associazione Amici del Perù,
ci ha permesso di conoscere un mondo che non trovo le parole per
descrivere. Un viaggio che si è rivelato prima di tutto un cammino alla
scoperta di se stessi e poi degli altri. Nella
città di Cuzco vive da quasi 10 anni un missionario laico Maurizio Caneva.
Nei dipartimenti periferici della provincia ha fondato 2 comedor, mense
per bambini e un dispensario medico. L’occasione che si presenta
quest’anno per andare là è l’inaugurazione del nuovo Comedor di
Paguro, un paese situato 80 Km a sud di Cuzco. Quest’anno non siamo soli
ma in sette perciò il viaggio non è solo un confronto con la realtà di
là, ma anche un saper vivere con gli altri, un saper condividere e
accettare quello che ci viene offerto. I nostri amici e familiari sono
scettici riguardo alla partenza e scherzando ci dicono:”Ma come una
festa di venerdì 17?” Ebbene sì, questa è la data scelta per
inaugurare il nuovo edificio. Incuranti di queste considerazioni ci
avventuriamo in un viaggio ai limiti della sopravvivenza. La meta, Paguro,
un paesino sperduto sulle Ande a 3200 m di altezza raggiungibile solo con
un pullmann che parte da Cuzco. Il
pullmann accoglie passeggeri fino ad esaurimento, si vedono persino posti
in piedi e con noi viaggiano un cane e una pecora. La strada non è
asfaltata e così stretta che non ci passano due macchine. Il viaggio dura
circa due ore se non succedono imprevisti come forare una gomma o il
motore che si fonde. Per arrivare al paese si passano anche vette della
cordigliera andina che raggiungono i 4000m; il paesaggio è
impressionante, direi desolante, solo terra e sassi. A quell’altezza
sembra di essere sospesi sul mondo. Fortunatamente alla vettura non
succede niente ed arriviamo al paese verso le sei del pomeriggio, lì è
già notte. Le
ragazze che collaborano con Maurizio ci vengono ad accogliere. Esse vivono
con i loro figli nel vecchio edificio, un mercato ortofrutticolo, dormono
tutte in una stanza e la stanza dove mangiano e cucinano ha solo un tavolo
e quattro seggiole. In un angolo c’è il bagno: una
buca scavata nel cemento. Tutto è uguale all’anno passato come se il
tempo si fosse fermato. In quello spazio non c’è posto anche per noi
così ci hanno trovato una sistemazione all’ostello pubblico: una stanza
sopra un ristorante che odora di cherosene e di cucina. Ci sono dieci
letti in cui oltre a noi dormono anche persone che al mattino seguente
devono prendere il pulman per tornare a Cuzco. Al
mattino ci alziamo presto e facciamo colazione con le ragazze, mate de
coca e biscotti che abbiamo portato noi. Assunta, una di loro, ci dice che
se vogliamo possiamo andare a vedere il nuovo Comedor e iniziare a
preparare qualcosa per la festa. Ci incamminiamo ma ad
un certo punto la strada è interrotta perché degli uomini stanno
costruendo con argilla e acqua i mattoni per una nuova casa. Essi si
fermano e ci lasciano passare. L’edificio della mensa è come quella
goccia in un oceano, ma risplende di una tale luce che rimaniamo
abbagliati. L’intonaco esterno è di un bel bianco, cosa rara visto che
solo pochissime case sono completate. Con nostra grande sorpresa la casa
non è finita, è solo al grezzo, mancano porte e finestre e i solai
interni. Nel cortile ci sono ancora le pietre scavate per costruire i
fondamenti e il fango usato per costruire i mattoni. Maurizio ci dice che
all’inaugurazione sono invitate tutte le autorità del paese dal sindaco
al prete ai professori della scuola e saranno lì per le ore 13.00.
Dobbiamo rimboccarci le maniche e così spostiamo le pietre, rastrelliamo
il fango e prepariamo gli addobbi. Per
l’ora stabilita tutto è pronto e la festa con la sua scenografia che
all’inizio sembrava impossibile da realizzare in quelle condizioni è
allestita. Vengono pronunciati i discorsi di tutte le autorità del paese
ed anche il discorso del responsabile dell’Associazione Amici del Perù,
è un momento di grande commozione e in sottofondo la chitarra suona la
melodia della messa. Le donne i bambini e gli uomini scherzano e ridono,
non spesso gli capita di poter abbandonare il quotidiano. Ai commensali
viene offerto il maiale preparato dalle donne del paese accompagnato da
una bevanda tipica, la “chicca”. I bambini ballano le danze della
selva e in quel momento chiamano anche noi a ballare. Sentiamo allora di
essere così vicini che tutte le differenze ci accomunano. La
festa durerà fino a sera inoltrata ma noi verso le 21.30 decidiamo di
andare a dormire. Siamo così stanchi che non sentiamo neppure l’odore
del cherosene in camera, ma ci accomuna il pensiero che da tempo non ci
divertivamo così, solo con cose semplici e pensando che la cosa più
importante è conoscere il prossimo. La nostra avventura non è che
l’inizio di un cammino che ci accompagna ogni giorno, ci aiuta pensare
che quei bambini sono il futuro del paese e devono magari grazie anche al
nostro piccolo ed umile aiuto vincere la loro scommessa.
|